Domenica 20 settembre 1998 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Bari 0-0

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20 settembre 1998 - 1804. Campionato di Serie A 1998/99 - II giornata

LAZIO: Marchegiani, Pancaro (75' Gottardi), G.Lopez, Fernando Couto, Mihajlovic, Sergio Conceicao (59' R.Mancini), Venturin, Stankovic, Nedved, Vieri, Salas. A disp. Ballotta, Protti, Almeyda, Marcolin, Okon. All. Spinosi - DT Eriksson.

BARI: F. Mancini, De Rosa, Garzya, Neqrouz (77' Innocenti), Bressan, De Ascentis, Andersson, Knudsen, Madsen (46' Guerrero; 84' Spinesi), Osmanovski, Zambrotta. A disp. Indiveri, Sassarini, Campi. All. Fascetti.

Arbitro: Borriello (Mantova).

Note: ammoniti Madsen, Venturin, Zambrotta, Couto e Bressan. Calci d'angolo: 10-4. Recuperi: 3' più 2'.

Spettatori: 43.833 di cui 32.042 abbonati.

Vieri in azione
Vieri braccato dal difensore barese
Il biglietto della gara

Se Fascetti disponesse di almeno uno dei cannoni in dote a Eriksson, la Lazio affonderebbe mentre sta cercando l'identità perduta. Il Bari è organizzato meglio nelle sue ristrettezze, che non prevedono finalizzatori ispirati, pure se Osmanovski e saltuariamente Zambrotta s'improvvisano guastafeste per valorizzare una superiorità corale spesso imbarazzante. I miliardari di Cragnotti ringraziano: lo 0-0, terzo pareggio consecutivo fra campionato e debutto europeo, forse anestetizza l'ira provocata da questa raccolta d'assi veri o presunti, comunque ancora estranei alla realizzazione d'un progetto mirato. Stavolta la gente non fischia, anzi applaude soprattutto ogni intervento di Couto, proposto centrale difensivo dall'allenatore svedese, salvo spostare Mihajlovic sul versante sinistro. E' la prima visibile anomalia nel gruppo sfuso dei fuori ruolo, dove giusto Venturin pressa, recuperando palloni mentre Stankovic, Nedved e Conceicao ruminano scollegati, causa sventagliate scavalcanti da dietro che vorrebbero attivare direttamente l'accoppiata Vieri-Salas. Invece risalta presto la concretezza barese, un 4-4-2 camaleontico e sostanzialmente italianista nei doveri distruttivi ad personam, con l'ottimo libero De Rosa alle spalle dei marcatori fissi Garzya-Neqrouz, senza dimenticare i raddoppi appropriati degli esterni Madsen e Bressan sui califfi dell'attacco biancoceleste. Certo, troveremo ai totali una decina di tiri laziali (sono per lo più punizioni di Mihajlovic e Stankovic, rintuzzate dall'ottimo Francesco Mancini), ma l'unica trovata accettabile arriva addirittura dopo un'ora, quando l'altro Mancini, il fantasista, abbandona la panchina per smarcare Nedved nell'area sguarnita. Botta ravvicinata e precipitosa: il portiere barese non è più disposto alle elargizioni che favorirono Eriksson l'anno scorso, in un rocambolesco ribaltamento finale. Adesso Sven Goran osserva una squadra senz'anima, priva d'un minimo di spinta lungo le corsie laterali. Perché Pancaro e Mihajlovic restano bloccati fra le combinazioni pugliesi. Pare una Lazio destinata sempre a rimpiangere gli assenti. E i rimpianti riguardano in particolare il reparto arretrato, che De Ascentis mette a soqquadro prima dell'intervallo per delegare l'emergente Zambrotta al blitz. No, la mortificazione è risparmiata: Lopez, in spaccata, smorza la conclusione sotto misura, semplificando i problemi di Marchegiani. E' una Lazio che si cerca su cadenze moviolate, assortita apposta per scatenare i raffronti fra chi è sopraggiunto e chi è andato via. Jugovic, dove sei? E che c'entra l'evanescente Conceicao, goffo mimo dell'indimenticabile Fuser ? I cannoni non tuonano. Marcelo Salas svolge i suoi numeri troppo lontano dai sedici metri e, sul percorso, si rimedia tranquillamente qualche misericordioso supplente di Garzya. Vieri è appesantito, spara a salve o sul petto proteso del saltimbanco Francesco, tradendo i disagi derivanti da una manovra priva di verticalizzazioni. Così Fascetti, tecnico ancora amato da queste parti, capisce e tenta di sbancare. Bari a tre punte dall'inizio della ripresa, vagheggiando che il subentrato Guerrero sfondi in contropiede dalle parti di Mihajlovic. Beh, la mossa tattica allontana quanto meno la Lazio dalla sospirata vittoria. Il Bari, bloccati puntualmente i propositori di Eriksson, punta ogni energia negli spazi battuti dallo scattista inalberato, che semina più volte il malcapitato serbo per dilapidare un ben di Dio sotto nelle vicinanze di Marchegiani. Tre sintesi spropositate, trascurando Zambrotta e Osmanovski, meglio appostati. Tre scampati pericoli, che dimostrano la fragilità della difesa laziale, sprovvista di Negro e Nesta. Ma non era più opportuno cautelarsi, rafforzando il settore arretrato? L'interrogativo tormenta gli spettatori dell'Olimpico, poco disposti a lasciarsi incantare dalla collezione dei teorici bomber parcheggiati nel football-ranch di Formello. Allenata poco e male, la Lazio degli equivoci e delle calorie esagerate costringe Sven Goran a irrobustire gli ormeggi nell'inquietante finale di partita. E dopo lo stralunato Roberto Mancini servono i riposati garretti di Gottardi, il portafortuna decisivo nella conquista dell'ultima Coppa Italia. Purtroppo anche Gottardi qua non incide, coinvolto nelle paure e nelle amnesie di un gruppo traballante. Preferibile la povera compattezza dei pugliesi, che ha già fruttato quattro punti in due partite. Tuttavia Cragnotti non dispera. Le sue stelle prima o poi s'accenderanno.

Fonte: La Repubblica