Domenica 27 dicembre 1931 - Torino, stadio di Corso Marsiglia - Juventus-Lazio 1-2

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27 dicembre 1931 - 330. Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1931/32 - XIII giornata

JUVENTUS: Combi, Rosetta, Ferrero, Varglien II, Monti, Cesarini, Munerati, Maglio, Vecchina, Ferrari, Orsi.

LAZIO: Sclavi, Mattei (II), Del Debbio, Rizzetti (Pepe), Furlani, Serafini, Guarisi (Filó), Malatesta, Fantoni (I), Spivach, De Maria - All. Barbuy.

Arbitro: sig. Dani di Genova.

Marcatori: 6' pt Fantoni (I), 7' pt Spivach, 33' Orsi (rig).

Note: freddo intenso. Campo gelato e sconnesso.

Spettatori: 19000.

Fulmine a ciel sereno in casa Juventina. I bianconeri escono battuti da una delle partite che il calendario pareva presentare loro come delle più facili. La sconfitta viene subita, dai campioni in casa propria e viene loro inflitta proprio da una compagine che si era fatto un piccolo nome per mancanza di consistenza e di senso pratico nel campionato di questa stagione. La storia della partita è presto narrata. Essa si può dividere e riassumere nelle due parti nettamente distinte che diedero vita e sostanza al risultato. Prima parte: il periodo che intercorre dal sesto all'ottavo minuto del primo tempo, durante il quale la rocca juventina capitola due volte prima a causa di un tiro secco e rapido come una fucilata, poi a seguito di un malinteso fra due o tre giocatori torinesi. Seconda parte: il rimanente dell'incontro, che vede lo sforzo della Juventus per ristabilire la situazione e risalire lo svantaggio, sforzo altrettanto convulso disordinalo ed inconcludente e vano. La partita si era iniziata fra il disinteresse e la freddezza quasi del pubblico, che pareva considerasse l'incontro come il disbrigo di una pratica di ordinaria amministrazione per la Juventus. Era tale la convinzione degli spettatori in una vittoria dei bianconeri, che al momento in cui gli attaccanti centrali bianconeri mancavano su centro di Munerati un'occasione elementarmente facile per segnare, l'errore non veniva rilevato che con un mormorio che pareva di assoluzione.

V'era tanto tempo per segnare, dato che le ostilità non erano state aperte che da un paio di minuti! Il terreno completamente gelato in alcuni punti, viscido e superficialmente smosso in altri, metteva i giocatori in serie difficoltà e il giuoco non era ne veloce ne interessante. V'era del torpore sul campo come se i giocatori stentassero a vincere il freddo della giornata. Appunto a svegliare dall'intorpidimento generale giungevano improvvisi nello spazio di un paio di minuti, i due punti della Lazio. Al sesto minuto, nel corso di un movimento romano a metà campo, un lungo traversone veniva eseguito dalla destra verso la sinistra. Varglien II, che sostituiva il fratello maggiore, punito di squalifica, attraversava la strada a Rosetta, impediva al compagno di liberare e scivolando quasi sul limite dell'area di rigore, falliva il rimando egli stesso. Fantoni I sopraggiungeva in piena velocità in quell'istante, e, senza fermarsi e prendendo la palla come essa veniva, sparava in porta. La palla, filando a fortissima velocità, rasentava il palo della porta alla destra di Combi ad un palmo da terra e s'insaccava violentemente nella rete, malgrado un gran tuffo del portiere torinese. Uno a zero per la Lazio. Il pubblico non si era ancora rimesso dalla sorpresa di questo punto, che la palla varcava una seconda volta la soglia della porta torinese. Difatti, un minuto e mezzo più tardi, un nuovo allungo dalla destra verso la sinistra era eseguito dagli avanti della Lazio.

Questa volta la palla veniva a cadere in piena area di rigore. Combi usciva e pareva potesse liberare senza soverchia difficoltà. Improvvisamente giungeva però Varglien II, il quale nella precipitazione comprometteva decisamente le cose, portando via la palla al proprio portiere e creando un groviglio tale che Spivach in un dato punto poteva sospingere il pallone nella rete rimasta del tutto sguarnita di difensori. Due a zero. Allora la Juventus parve voler far sul serio. Attacchi su attacchi, ma ordine poco, tanto che in mezz'ora circa di lavoro, una situazione sola favorevole si presentava agli avanti bianconeri, e questa, su traversone proveniente dalla destra, veniva sciupata per il fatto che nessuno degli attaccanti volle o poté prendersi la responsabilità del tiro. Contrariamente a quanto ci si sarebbe atteso, la Lazio non cercava però di vivere sul vantaggio così inaspettatamente raggiunto. Non si chiudeva in difesa, non si dedicava a puri compiti di guastatore. Essa continuava anzi a giuocare, e riusciva a mantenere carattere aperto al giuoco. E così poteva portare di quando in quando puntate offensive alla rete difesa da Combi ed ottener anche undici calci d'angolo. Il predominio era però, in modo netto, della Juventus, malgrado che errori su errori venissero commessi da una buona metà dei giocatori bianco-neri non appena ci si avvicinava all'area di rigore. Come frutto dei predominio stesso giungeva al 33° minuto quello che doveva essere l'unico punto degli juventini nella giornata. Dal Debbio, nella foga del suo intenso lavoro difensivo, toccava nettamente la palla con le mani, alcuni metri entro all'area di rigore. L'arbitro, anche su parere del guardalinee che si trovava più vicino all'azione, poneva la palla al segno degli undici metri. Orsi si rifiutava in un primo tempo di prendere la responsabilità del tiro. Della punizione doveva incaricarsi Monti: la palla finiva alta sopra il palo, ma l'arbitro faceva ripetere il tiro per esser uno dei romani entrato nell'area di rigore innanzi tempo. Tirava allora Orsi, ed era la volta buona: la palla filava diritta sulla sinistra di Sclavi ed andava a scuotere la rete a mezza altezza senza che il portiere laziale potesse nemmeno accennare alla parata.

La ripresa fu tutto un seguito disordinato e convulso di offensive e di sforzi della Juventus per acciuffare almeno il pareggio. Come già nel primo tempo, la Lazio non disarmava, però. Assumeva bensì uno schieramento di maggiore prudenza ai fini difensivi, di quanto fatto nel primo tempo, ma, per tenere a freno gli attaccanti avversari si basava essenzialmente sulla mobilità e sulla velocità dei suoi uomini: ed ogni volta che l'occasione ne porgeva il destro, si difendeva attaccando. Succedeva così che malgrado tutta la pressione esercitata dai torinesi, le occasioni per segnare che si presentavano nel corso della ripresa erano, riassumendo, uguali in quantità e qualità per le due squadre. La Juventus aveva la sua, e la mancava, quando Sclavi deviava col pugno un forte centro di Munerati, ed un paio di attaccanti avevano possibilità di deviare nella rete con un leggero tocco. La Lazio, da parte sua, vedeva ad un certo punto l'ala sinistra De Maria fuggire tutto solo, giungere fino all'area di rigore e tirare in porta: la palla colpiva la base del palo lontano e rimbalzava nelle mani di Combi. Lì fu tutto. L'arbitro diede il termine della contesa, che la squadra della Juventus, nervosa, non era riuscita a portare il punteggio alla pari con l'avversario. La Juventus stessa giuocò forse la sua peggior partita della stagione. Giornata nera per buona parte dei suoi uomini, una di quelle giornate in cui non si azzecca nulla di buono. L'attacco, lento, tardo ed insistente fuor di proposito nel tenere la palla, non riuscì quasi mai a funzionare. Basti il ricordare che il solo suo punto essa lo segnò su calcio di rigore, e che i due tiri più pericolosi indirizzati alla rete di Sclavi nel corso della gara, partirono dal piede di un mediano, Monti. La linea mediana era stata forzatamente rimaneggiata per la ferita riportata da Bertolino e la squalifica inflitta a Varglien I a seguito dell'incontro col Torino.

Varglien II e Cesarini sostituirono gli assenti, ed il cattivo funzionamento dei mediani laterali esercitò certo influenza decisiva sul comportamento della squadra. Cesarini, toccato altrettanto casualmente quanto duramente all'inizio della gara, al punto della sua vecchia ferita allo stomaco, lavorò senza costrutto alcuno e non combinò nulla di buono nemmeno quando, verso la fine dell'incontro, passò al posto di mezz'ala destra. Varglien II incominciò in modo disgraziato: gli infortuni di cui fu inizialmente vittima lo scombussolarono completamente e più non si riprese. I terzini, al confronto, furono più saldi e regolari, Rosetta ebbe un bel primo tempo: con lo sconnettersi della squadra, andò fuori posto e combinò poco anch'egli nella ripresa. Un uomo in ottime condizioni ebbe la Juventus: il centro mediano Monti, esempio tipico di fermezza, di serietà e di volontà per il modo in cui si è rimesso in forma, fece una gran partita sia come arginatore di avanzate avversarie che come costruttore di attacchi bianco-neri. Fu il miglior uomo in campo. La Lazio è una squadra simpatica. Ogni altra unità nostra al posto suo avrebbe ieri fatto ricorso ad una politica puramente guastatrice ed ostruzionistica per conservare il vantaggio acquisito. Salvo negli ultimi minuti della gara, essa continuò invece a giocare spedita e vivace, non privando l'incontro di nessuna delle sue possibilità e caratteristiche. E' un atto di lealtà verso lo spirito del giuoco, che va menzionato ed elogiato.

Come tecnica, nemmeno i laziali non produssero nulla di eccezionale. Ma fu essenzialmente l'incontro in sé che non si prestò al bel giuoco. All'inizio della stagione, contro il Torino, la squadra aveva giuocato meglio, ed aveva perduto. Ieri, in progresso su quell'incontro, la Lazio mostrò di avere dell'animo e della volontà. Quando la partita divenne combattimento, l'unità non scomparve come in altre occasioni, né tentennò: combatté anch'essa in difesa e si conservò aggressiva all'attacco. Individualmente più di metà della squadra si portò bene. Quel portiere di classe che è Sclavi, quel buon giocatore, Furlani, e quegli ottimi elementi che sono, fra altri, Guarisi, De Maria, Pepe e Del Debbio, meritano un incoraggiamento a proseguire con animo e fermezza sulla via intrapresa. Il risultato dell'incontro di ieri, attenuando gli effetti delle recenti amarezze, farà del bene ad una squadra che se lo merita. Giornata rigida, pubblico discretamente numeroso.

Fonte: La Stampa a firma Vittorio Pozzo





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