Domenica 27 gennaio 1991 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Torino 2-1

Da LazioWiki.

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27 gennaio 1991 - 2473 - Campionato di Serie A 1990/91 - XVIII giornata

LAZIO: Fiori, Bergodi, Sergio, Pin, Gregucci, Soldà, Bacci, Sclosa, Riedle, Domini, Sosa. A disp.: Orsi, Vertova, A.Bertoni, Troglio, Saurini. All. Zoff.

TORINO: Marchegiani, Annoni, Policano, Fusi, Benedetti, Baggio (64' Carillo), Mussi, Romano, Bresciani, Lentini, Muller (64' Skoro). A disp.: Tancredi, Delli Carri, Atzori. All. Mondonico.

Arbitro: Sig. Amendolia (Messina).

Marcatori: 45' Pin, 69' Pin, 89' Lentini.

Note: ammoniti Bergodi e Bresciani. Calci d'angolo 11 a 3 per la Lazio.

Spettatori: paganti 13.057, incasso 367.365.000 lire; abbonati 15.816, quota partita 460.932.000 lire.

Il biglietto della gara
Un tentativo di Sosa
Una fase della gara
La rete di Pin
L'abbraccio tra Riedle, Pin e Bergodi

Triste domenica per i cuori granata, trafitti dall'assenza di Cravero e Martin Vazquez ma soprattutto dalla presenza di Muller, degnamente assistito da compagni senza fiato né grinta e da un allenatore che ha inciampato sulla sua fama di stratega, sbagliando rovinosamente formazione. Privo anche di Bruno e Sordo, Mondonico teneva gli uomini contati e deve aver considerato antiestetica la promozione a titolare di Carillo, il cui acquisto resta un mistero indecifrabile. Ma la rinuncia all'ex ascolano ha sortito effetti altrettanto nefasti, stravolgendo la posizione in campo di quasi tutti i giocatori. L'elenco delle vittime comincia con Mussi, preferito a Fusi come libero, con risultati sconsigliabili ai deboli di nervi. Non meno bislacco è parso l'impiego di Lentini, che essendo l'unico membro della combriccola dotato di classe, è stato ovviamente dirottato sulla linea dei terzini, a tamponare senza esito le discese del futuro juventino Sergio, mai così irresistibile in questa stagione. La retrocessione di Lentini liberava uno spazio al fianco di Bresciani ed è lì che si è messo a svolazzare il fantasma di Muller, impagabile nello spezzare l'irritante vacuità della sua prova con sprazzi di umorismo anche un po' triste, come quando ad inizio ripresa si è inciampato sul pallone ed è finito a gambe all'aria, sfidando gli sberleffi della platea con la desolata mestizia di chi ormai non se la prende nemmeno più.

Sarebbe infame addossare sul brasiliano l'intero peso della disfatta (perché tale è stata, a dispetto di un punteggio che non tiene conto delle quindici occasioni contro una create dalla Lazio). Merita una citazione anche chi ha avuto la bella pensata di rivoltare i meccanismi di un'intera squadra pur di mandare in campo un calciatore che non sarà mai «da Toro» e che ieri ha deluso persino sul piano della tecnica, sbagliando appoggi elementari. E non bastano Muller né l'alibi degli straordinari infrasettimanali di Coppa Italia a giustificare l'abulia di Baggio, il compassato incedere del logoro Romano, le corse senza scopo di Policano, l'evanescenza di Bresciani e i passaggi all'avversario dello stranito Benedetti. Nel grigiore di una squadra che rispecchia assai poco l'immagine gagliarda che era il patrimonio storico del Toro, si salvano i soliti Fusi, Marchegiani e Lentini, che nel finale si è ribellato alla punizione tattica inflittagli dall'allenatore per andare a rifinire le uniche azioni decenti dell'attacco granata, compreso uno splendido e inutile gol in rovesciata. Contro un Torino alla deriva si è esaltata la Lazio dei pareggi, che dalla collaborazione del prodigo avversario ha tratto lo slancio per abbattere i suoi più incrostati tabù, tornando a vincere e a segnare all'Olimpico dopo cento giorni e 541 minuti. A compiere il miracolo è stato Pin, che gli schemi offensivi di Zoff privilegiano in modo assolutamente sproporzionato al suo ruolo di mediano. L'ex juventino ha segnato due volte di testa, saltando in mezzo a difensori fiacchi e distratti, al punto che per realizzare il primo gol ha dovuto «bruciare» sul tempo non un granata, come sarebbe stato logico, ma il suo compagno di squadra Ruben Sosa. Il solito destino avverso, che però stavolta funziona più da aggravante che da scusa, ha condannato i granata a subire l'1-0 nei minuti di recupero a ridosso dell'intervallo. Fino a quel momento si era visto un torello molle ma almeno fortunato, uscito indenne da una serie impressionante di palle-gol laziali, fra cui un palo di Sosa e un errore a porta vuota del giovane Bacci. Invece la sorte ha voluto ancora una volta inviare il suo immutabile messaggio: per restare aggrappato ad una classifica-Uefa che rischia di diventare sdrucciolevole, il Toro dovrà meritarsi col gioco ogni risultato. E, Muller o non Muller, sarà opportuno che riprenda a farlo al più presto.

Tutto è stato perduto, anche l'onore. Così, almeno, a sentire Mondonico. Mai visto il mister tanto furente. Mani in tasca, sguardo corrucciato, precede le domande: «Partita senza storia, il risultato è bugiardo. Siamo stati fortunati a perdere soltanto per 2 a 1». Povero Mondonico, chissà che fatica fa per dominarsi, per soffocare le parole aspre (contro i suoi fedifraghi giocatori) che gli s'affollano in gola. Riesce, con evidente sforzo, a impedire che toni e messaggi troppo duri si rovescino sulla calca dei cronisti e la sincerità paga il pedaggio ad una certa qual diplomazia: «Non sarà certo questa giornata che ci aprirà gli occhi su certe persone, del Toro sappiamo già tutto, meriti e colpe». Insomma, fuori il rospo, con chi ce l'ha maggiormente? E' chiaro anche ai ciechi che lei è arrabbiato con qualcuno. L'occhio furbo del trainer s'illumina: «Con qualcuno? Affermare ciò sarebbe riduttivo. No, non sono arrabbiato». Deluso, allora. «Nemmeno: dico unicamente questo, so con chi ho a che fare, conosco bene i miei uomini». Dal mucchio, si leva la supplica: «Parli di Muller». Il tecnico granata sbuffa, replica, accalorandosi: «Ecco, questa richiesta la dice lunga, adesso la sconfitta ultrameritata, sì perché nel primo tempo la Lazio ci ha insegnato calcio, ricadrà sul brasiliano. Come al solito Muller fa molto comodo, altroché, ogni responsabilità sarà sua e altri potranno continuare a vivacchiare, a passare un'altra settimana tranquilla. Eh, no, non ci sto a quest'andazzo, ingiusto nei confronti di Luis». L'irato allenatore aggiunge, per scrupolo di chiarezza: «Oggi in campo eravamo in undici solo per numero di maglie», poi confessa errori tattici e scelte sbagliate precisando con un sorriso stentato (l'unico dell'intervista): «Così potrete addossare a me il rovescio». Neppure un mago riuscirebbe a cavare da Mondonico i nomi dei peggiori torinisti, un brandello di indiscrezione comunque la torma dei giornalisti ottiene. Nell'attribuire la paternità dell'inutile gol granata a Lentini, al mister sfugge (oppure è astuzia?): «Diamo a Lentini quello che gli spetta e che in settimana non si parli più per lui di Nazionale». La frusta dialettica del tecnico sibila ancora: «Sento dire che questa partita era uno spareggio Uefa. Magari, così non avremmo più incontri, fine di tutto». Già, però in tal caso in Uefa ci andrebbe la Lazio. «Nelle Coppe europee ci va chi merita». Nuovo sbuffo e nuovo «Basta». Seguito dall'esplicito: «E' la musica di sempre: solo perché il Torino è stato grande si presume e pretende che continui ad esserlo. Invece, dico che i nostri 19 punti sono fieno in cascina». Ehi, ehi, che il «Mondo» si riferisca alla lotta per la salvezza? Non c'è tempo per chiarire il busillis, qualcuno ha gettato un salvagente al condottiero furibondo: «Forse, le assenze di Vazquez e Cravero hanno pesato troppo». Il tecnico non cade nella tentazione del ridicolo giustificazionismo, frusta ancora la sua truppa: «Le assenze hanno influito perché i presenti non si sono dati da fare».

L'unico dribbling riuscito al Torino è quello alla stampa. Gli sconfitti se la filano alla chetichella, rifugiandosi lesti sul pullman irraggiungibile dai cronisti. Dopo la figuraccia sul campo, anche quella post partita: soprattutto se si tiene conto che un incaricato della Lazio aveva chiesto ai giornalisti: «Con quali giocatori volete parlare?» e s'era annotato i nomi assicurando: «Vado nello spogliatoio, qualcuno verrà. No, non è mai successo che il rito dell'intervista sia disertato in massa». Uniche eccezioni alla Grande fuga granata dai taccuini (alla quale ha partecipato anche il presidente Borsano, che vitreo ha visto i suoi poco prodi eroi finire «massacrati» dalla Lazio) Carillo e il capitano Romano. Il primo, tra i sospiri: «Loro, gli avversari superiori, noi peggio ancora di Pisa». Il che è già dire tutto. Il mediano, tra i meno colpevoli in quanto entrato quando la penosa figura era ormai irrimediabile, parla anche della fatica per «la dura gara con l'Inter di mercoledì scorso». Poi, la mette sul fatalista: «Si vede che quest'anno i laziali sono la nostra bestia nera. Già all'andata ci avevano fatto tribolare... quel Riedle è stato un pericolo continuo». Romano non s'appiglia né al fato né alla debole scusa della fatica infrasettimanale di Coppa Italia, a chi gli domanda i motivi della débâcle: «Chissà dove eravamo oggi con la testa. Abbiamo sbagliato tutto, non riusciamo mai a fare il salto di qualità. Non scrivete che siamo forti soltanto contro i forti perché la Lazio s'è rivelata formidabile e avrebbe meritato tutta la nostra concentrazione». Volti finalmente sorridenti nello spogliatoio della Lazio, dopo 13 pareggi che ormai cominciavano ad avere scarsi margini di giustificazioni. Si diceva: la squadra fa gioco, si fa ammirare, riscuote consensi, ma sembra perseguitata da una strana sorte che non le consente di raccogliere per quello che semina. Nelle pieghe dei commenti di un misuratissimo Zoff, non è sfuggito il tono di liberazione da una situazione che stava diventando per lo meno imbarazzante: «Abbiamo disputato l'ennesima partita uguale a tante altre - ha dichiarato il tecnico biancoceleste con voce bassa che tradiva le emozioni vissute sulla panchina - in particolare il primo tempo è stato notevole per l'impegno profuso dai miei giocatori. Ho visto una girandola di azioni che hanno condotto ripetutamente la Lazio vicina alla marcatura. Poi sono arrivati i gol e con pieno merito». Bravo anche Fiori? Ha chiesto una voce leggermente provocatoria, suscitando l'immediata reazione di Zoff: «Il portiere non è mai stato impegnato seriamente e quindi può capitare qualche incertezza che tuttavia non ha inciso minimamente sulla prestazione della squadra che va considerata nel suo complesso». Qual è il suo giudizio sul Torino menomato da assenze importanti? Fiutando il trabocchetto, l'allenatore laziale ha messo subito le mani avanti: «Il Toro si è battuto ugualmente benissimo, in sintonia con le sue caratteristiche. A tratti è stato assai insidioso. Ma non era facile riuscire a contrastare la Lazio di oggi, brava per aver saputo neutralizzare per quasi tutta la gara un avversario di tutto rispetto». L'obiettivo un posto in zona Uefa, viene portato avanti con una certa enfasi nell'ambiente biancoceleste, rinvigorita dal successo ottenuto contro i granata. Ma Zoff, per sua natura poco abituato a viaggiare fra le nuvole, ha commentato seccamente: «Cerchiamo di non perdere d'occhio la realtà. Andiamo avanti, possibilmente con questa andatura e poi tireremo le somme». Senza freni, invece, il presidente Calleri che spalancava completamente la porta alla sua felicità: «La Lazio ha risposto alla grande contro un avversario di notevole spessore, come dimostrano i suoi ultimi risultati. Se il Toro non si è espresso al meglio delle sue possibilità, significa che i nostri giocatori non gliel'hanno consentito. Non nascondo che quando stava per finire il primo tempo, dopo aver sfiorato almeno 4 gol senza riuscire a segnare, mi è riapparso il film già visto in tante occasioni del nostro campionato. Abbiamo disputato uno degli spareggi per acquisire un posto Uefa. I ragazzi hanno conquistato i due punti con il cuore, ma lasciatemi dire che si sono fatti ammirare pure sul piano tecnico. Almeno cinque o sei i risultati di parità, potevano essere altrettante vittorie, sfuggite per fatalità. Lasciamo da parte i rimpianti. La classifica è ottima, se continueremo di questo passo, non dovremmo fallire il traguardo che ci siamo prefissi». Prima di congedarsi, Calleri ha pubblicamente «sponsorizzato» Pin «che meriterebbe almeno una fugace apparizione in Nazionale». In realtà il centrocampista laziale è quasi sempre primo nelle pagelle. Sta disputando un campionato strepitoso che non dovrebbe passare inosservato all'attenzione di Vicini. Ora a Parma e senza paura. Domenica la Lazio sarà ospite del Parma sconfitto duramente dalla Juventus che ha fatto barcollare la fresca notorietà degli emiliani. «Io non credo che la squadra di Scala sia stata ridimensionata - è stato il commento di Zoff -. Nel calcio ci sta pure la giornata storta. Dovremo stare molto attenti evitando di farci condizionare dal risultato scaturito allo stadio torinese. La Lazio giocherà la sua partita, come sempre». Anche Domini consiglia il massimo rispetto per il Parma che con Melli di nuovo in squadra, andrà in cerca di rivincite. «Però non abbiamo paura» ha concluso con aria ancora trionfante per il successo ottenuto sul Torino. Per la Lazio si annuncia la trasferta della conferma e un'altra tappa importante sulla strada che conduce all'Uefa che Calleri non nasconde più di poter percorrere con successo.

Fonte: La Stampa