Domenica 5 dicembre 1976 - Milano, stadio San Siro – Inter-Lazio 1-1

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Stagione

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1909. Campionato di Serie A 1976/77 - VIII giornata

INTER: Bordon, Canuti, Fedele, Oriali, Gasparini, Facchetti, Anastasi, Merlo (60' Bertini), Mazzola (I), Marini, Muraro. (12° Martina, 14° Pavone). All. Chiappella.

LAZIO: Pulici F., Pighin, Ammoniaci, Wilson, Manfredonia, Cordova, Garlaschelli, Agostinelli A., Giordano, Martini L. (75' Lopez), Badiani. (12 Garella, 14° Rossi R.). All. Vinicio.

Arbitro: Sig. Bergamo di Livorno.

Marcatori: 66' Marini G., 78' Giordano.

Note: giornata gelida. Ammoniti: Manfredonia ed Ammoniaci per gioco violento. Angoli 5-5. Lazio con il lutto al braccio per la morte di Tommaso Maestrelli. Per lo stesso motivo, osservato un minuto di silenzio prima dell'incontro che si è trasformato in un lungo e spontaneo applauso da parte di tutti i presenti sugli spalti.

Spettatori: 30.000 circa (16.738 paganti).

Il minuto di raccoglimento
Il commento dell'incontro (dalla rivista "Biancazzurri")
Anastasi prova a sorprendere Manfredonia con un tiro
Da La Stampa: il minuto di raccoglimento
Giordano stretto da Gasparini
Pulici esce su Facchetti coperto da Manfredonia
La rete di Marini
Il pareggio di Giordano

E' stata una partita giocata con la morte nel cuore da parte della Lazio scossa dalla prematura scomparsa del Direttore Tecnico e già allenatore della squadra campione d'Italia 1974, Tommaso Maestrelli. Durante il minuto di raccoglimento le lacrime sono scese su tutti i visi dei giocatori laziali ed era evidente la commozione anche fra i giocatori nerazzurri, colpiti dal lutto per la perdita di uno dei più grandi allenatori italiani.

La Partita: a forza di perdere autobus, l'Inter rischia di trovarsi nel mezzo del cammino ancora al capolinea o nel pressi: anche contro la Lazio ha dato l'illusione al propri tifosi di poter vincere, com'era avvenuto sette giorni prima contro il Milan, e poi li ha amareggiati incassando un gol balordo e rimediando un altro pareggio. A nulla sono valse le cariche guidate da capitan Mazzola e da Facchetti, più che mai splendidi in quello che dovrebbe essere il loro tramonto; a nulla è servita la poderosa rete di Marini che giustamente fa coppia con quella firmata contro il Milan. Questa Inter è proprio da pareggio: il dialogo, nonostante i suoi antichi colossi, diventa difficile sia a centrocampo che all'attacco; la ricerca del pallone è ossessionante, oltre che labile; Anastasi, dopo alcuni scatti e inserimenti che sembravano preludere ad autentica esplosione, è tornato ben presto nel suo cantuccio a ripensare ai fasti bianconeri; Merlo è risultato oggi più che mai l'uomo che cammina, anzi il fantasma che cammina. Chiappella deve avere avuto pena di lui se a un certo punto l'ha tolto dal campo sostituendolo con Bertini: già piovevano dagli spalti raffiche di fischi, già la folla protestava per «mister 720 milioni», un ex atleta che stenterebbe a trovare una collocazione persino nelle vecchie glorie. E a questo punto non venga a dare la colpa al giornali e ai giornalisti: ha calciato due palloni in profondità e li ha sbagliati, al minimo contatto con l'avversario cerca alibi cadendo a terra (e in un mancato intervento di un difensore laziale è incorso addirittura in una simulazione bella e buona convincendo più d'uno che a Verona non fu un episodio casuale). Inevitabile a questo punto che il lavoro di Mazzola, gli assalti all'arma bianca di Facchetti, il correre degli Oriali e dei Canuti si risolva con un nulla di fatto: mancano gli accordi, per cui l'azione diventa spezzettata frammentaria, affidata al caso. E nel calcio i miracoli diventano sempre più rari. Contro una simile Inter, la Lazio teoricamente non avrebbe dovuto neppure faticare per strappare un pareggio e potenziare la propria confortante classifica; ha rischiato invece di perdere a causa della prodezza di Marini, cui ha comunque rimediato il solido Giordano dopo un'azione che ha trovato impreparata l'intera difesa nerazzurra, sbilanciata com'era in avanti alla ricerca di chissà che cosa essendo già in vantaggio e dovendo invece difendere l'esiguo bottino, poiché non era certo in giornata di vena. Una Lazio eccellente in Pulici — almeno un paio di parate strepitose — e nell'acrobatico Wilson; notevole in Manfredonia, giovane di sicuro avvenire, nonché nel biondo Agostinelli, che ricorda Re Cecconi. Vinicio a quanto pare ha miracolato anche Garlaschelli, in splendide condizioni atletiche, e Cordova, impegnato in una saggia regia arretrata. Una squadra che pur non impressionando come nel caso odierno è in grado di recitare a memoria un buon copione e di portarlo sino in fondo senza sbandamenti. Gare come questa si possono vincere o perdere, ma è giusto che finiscano in parità. L'Inter avrebbe potuto legittimare il proprio successo denotando carattere dopo la botta di Marini: macché, si è disunita dando l'impressione, al pari del suo degno compare Milan, di non possedere accortezza e senso difensivo. Si rischia insomma di non concedere più fiducia ad un complesso che assomiglia sempre di più ad un panno corto: tirandolo su ti scopri i piedi, tirandolo giù hai freddo alle spalle. All'inizio di stagione sembrava una squadra destinata a divertire, a provocare fiammate di bel calcio. Ma la realtà del campionato è cruda, addirittura cattiva con chi aveva avuto fiducia in Merlo (un Bertini qualunque è in grado di fare migliore figura), nonché in Anastasi. E' ancora il caso di dire, anche se affermarlo adesso diventa troppo facile oltre che ingiusto, che l'Inter poteva risparmiare un miliardo e mezzo, tenersi Boninsegna e rimediare qualche punto in più in classifica. E quei tifosi che ad inizio di partita chiedevano ancora un po' di comprensione per Chiappella ed i suoi uomini, forse erano gli stessi che ad un certo punto si sono messi a fischiare invocando non si sa bene che cosa in un contesto tecnico e tattico che non ammette alternative, se non una rivoluzione in panchina o una mossa drastica in campo con una nuova apertura ai giovani, una specie di semina per il futuro. Di questo passo, l'Inter è destinata invece ad altri magri raccolti, anche perché Facchetti e Mazzola non potranno in futuro correre, sudare, arrabattarsi, concludere, come hanno fatto oggi. Il panettone natalizio dunque diventa sempre più crudo, insipido anche per uno alla buona come Beppone Chiappella: Sampdoria e poi Napoli, prima della sosta, potrebbero collaborare con chi invoca una variante In panchina denunciando i continui errori del tecnico. I tifosi all'uscita l'hanno contestato al grido di Scemo, scemo!, mentre Fraizzoli è stato definito 'pagliaccio' dal solito centinaio di esagitati che hanno preso di mira poi le auto di alcuni giornalisti e della Rai-tv, scagliando sassi e bastoni. Appena due minuti di gioco avevano permesso allo scarso pubblico di San Siro di ammirare un Anastasi nuovamente pimpante, insolito nello slancio e nella coordinazione: un'azione Mazzola - Gasparini, con cross dello stopper in area, trovava puntuale Pietro, che di testa girava in rete, ma Pulici era lesto a deviare il pallone sul palo destro. Dopo l'uscita di Merlo, nella ripresa, e l'ingresso di Bertini, l'Inter cercava di riorganizzarsi e dava l'impressione di riuscirci. Marini concretizzava le speranze dei nerazzurri con un destro poderoso che mandava la sfera ad infilarsi nel «sette» sulla sinistra di Pulici: una vera prodezza. Non serviva: tredici minuti dopo Giordano, dopo un'azione Cordova-Manfredonia, pareggiava i conti battendo Bordon, uscito dai pali un po' alla disperata e senza molta convinzione, proprio lui che tutto sommato si era sempre difeso con onore.

Fonte: La Stampa