Calcioscommesse 1986

Da LazioWiki.


Armando Carbone
Claudio Vinazzani
Corrado De Biase

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Stagione


Sei anni dopo, un'altra torbida storia[modifica | modifica sorgente]

Il 2 maggio 1986 si costituiva e veniva arrestato Armando Carbone, braccio destro di Italo Allodi (a quell'epoca dirigente del Napoli) e confessò l'esistenza di un giro di scommesse riguardanti alcune partite di calcio nei campionati professionistici, dalla Serie A fino alla Serie C2, dal 1984 al 1986. Dario Maraschin, all'epoca Presidente del Lanerossi Vicenza, confessò di aver versato 120 milioni di lire per vincere la partita contro l'Asti e lo spareggio contro il Piacenza nel Campionato di Serie C1 1984-1985, ma di non aver truccato nessun incontro nel 1985-86 in Serie B. In realtà vennero raccolte alcune intercettazioni telefoniche che dimostrarono il contrario, soprattutto negli incontri contro Monza e Perugia. Vennero deferite alla Procura Federale della FIGC le seguenti società: Bari, Napoli e Udinese in Serie A, Brescia, Cagliari, Empoli, Lazio, Monza, Palermo, Perugia, Sambenedettese, Triestina e Lanerossi Vicenza in Serie B, Cavese, Foggia, Reggiana, Carrarese Salernitana in Serie C1 e Pro Vercelli in Serie C2.


Da la Repubblica del 3 maggio 1986:

Alla fine Armandino Carbone si è materializzato, tra un temporale e l'altro, in un'atmosfera torinese quasi da estate, seminando un po' di panico ed eccessive misure di sicurezza tra i carabinieri di guardia alla Procura della Repubblica che - mitra spianato - hanno presidiato per tutto il mattino il pianerottolo al quinto piano, davanti all'ufficio del sostituto procuratore Giuseppe Marabotto. Il magistrato, però, ha dato poca soddisfazione al superlatitante del totonero: uno sguardo appena e poi "via, portatelo in questura", ordine che il commissario Salvatore Longo ha prontamente eseguito. Da ieri a mezzogiorno i segreti del totonero, del Napoli, il coinvolgimento di Italo Allodi nel gran pasticcio delle partite presunte truccate, riposano così dietro i "ray-ban" a specchio di Armando Carbone in una camera di sicurezza della Questura di Torino. Fino alla prossima settimana è molto difficile che Marabotto riesca ad inserire il nome di Carbone nel suo fitto carnet di interrogatori. D'altra parte il magistrato aveva fatto capire già nei giorni scorsi che la costituzione di Carbone, a questo punto dell'inchiesta, aveva un significato molto ridotto: "Per fortuna - aveva detto Marabotto - che il nostro ha parlato molto per telefono...". Come dire che qualunque difesa possa accampare (e le interviste rilasciate dalla sua non irresistibile latitanza hanno anticipato che il commerciante dei quartieri spagnoli nega tutto) ci sono ore e ore di conversazioni telefoniche che lo inchiodano al ruolo di burattinaio del gran business di totonero e partite truccate, di gran commis del calcio parlato e chiacchierato, dei gol scommessi, delle promozioni vendute e pagate. Armando Carbone, 43 anni, moglie e due figli, direttore di un grande magazzino di calzature, dovrà spiegare molte cose e impiegare molte parole per venire a capo di un'accusa basata sulle sue stesse conversazioni, vere o finte che fossero, autentiche o millantate.

Dopo quindici giorni di lavoro la nuova inchiesta sul calcio scommesse ha già una fisionomia ben precisa, indipendentemente da quello che dirà o non dirà Carbone. Anche la macchina della giustizia sportiva è in pieno movimento: per cinque giorni consecutivi due collaboratori di Corrado De Biase, il giudice torinese Maurizio Laudi e l'avvocato cagliaritano Carlo Porceddu, hanno interrogato i dieci arrestati. Tutti, chi più chi meno, hanno detto la loro (anche i non tesserati alla Figc, che a rigore avrebbero potuto rifiutare il confronto con i giudici sportivi) e il corpo d'accusa contro gli uomini del football truccato è piuttosto spesso. Dai primi interrogatori degli uomini dell'Ufficio inchieste (peraltro condotti nel riserbo più assoluto) pare che non siano uscite sconvolgenti novità. Si sa, il quadro - specialmente per quanto riguarda la serie B e C - non è esaltante. Ci sono squadre come il Vicenza, il Perugia, la Cavese coinvolte al massimo livello: giocatori e dirigenti. Ce ne sono tante altre chiacchierate e sulle quali le parole di sospetto dovranno essere distillate alla luce dei riscontri sul campo, vale a dire sull'analisi di come sono andate le partite inserite nel tabellone del calcio scommesse. Per quanto riguarda la serie A tutto pare confinato ad Udinese, Napoli (relativamente all'incontro di andata con i friulani), Bari. Voci piuttosto insistenti per quanto riguarda Como e Sampdoria (nelle intercettazioni della polizia c'è l'annuncio dei due pareggi con i quali si conclusero le gare di andata e ritorno nel campionato di quest'anno). Ma nell'elenco delle società citate dai chiacchieroni del totonero ci sono anche Inter, Milan, Roma sulle quali però nessuno azzarda accuse dal momento che si tratterebbe di vere e proprie millanterie. C'è poi il capitolo "nazionali" che il presidente della Figc Sordillo si è premurato di disinnescare a più riprese anche per la coincidenza dell'avvio dell'avventura messicana per i ventidue di Bearzot: tutti negano, a cominciare da Marabotto, per finire a Laudi e Porceddu. Nessun nazionale è coinvolto nel giro di parole che i registi del totonero hanno pronunciato nei telefoni intercettati, e nessuno tra i calciatori che facevano capo al commerciante di tessuti di Cinisello Balsamo, Santo Moriggi, per le loro scommesse. Ci sono però alcune partite sotto il tiro degli inquirenti nelle quali erano presenti giocatori azzurri.

In teoria dunque potrebbe anche capitare che qualcuno di loro rimanga pizzicato dal sospetto visto che è davvero difficile concordare un incontro di calcio all'insaputa di un buon numero di calciatori. Infine, altra questione super delicata, quella relativa agli arbitri. Nell'inchiesta ci sono almeno sette-otto direttori di gara e nelle intercettazioni telefoniche c'è addirittura il nome di uno dei designatori, Gennaro Marchese. Dal canto suo, l'associazione degli arbitri ha ribadito l'estraneità di tutti, ma su almeno un paio di persone gli indizi sono pesanti. Tutte le strade di questo scandalo portano in ogni caso all'Armandino Carbone di via Santa Maria Ognibene che da ieri è a disposizione della giustizia. A differenza di qualche giornalista, i magistrati non si accontenteranno dei suoi "non so", "non c'entro niente", "sono tutte chiacchiere". A casa sua i poliziotti, mentre Armandino se la filava in pigiama da un terrazzino, nella notte del 14 aprile hanno trovato una gran mole di "materiale interessante": agende, indirizzi, nomi, cognomi, numeri di telefono. E anche matrici di assegni di cui uno (per una dozzina di milioni) all'indirizzo di Franco Janich, direttore sportivo del Bari, ed ex del Napoli. Ma dagli sportivi la versione di Carbone è attesa soprattutto per sapere la reale portata del coinvolgimento in questa storia di Italo Allodi, uno dei "maggiori" del calcio italiano. Davvero Armandino ha assistito ad un incontro in cui Allodi e il manager dell'Udinese Corsi si sono accordati per il pareggio? Per le due squadre vorrebbe dire una forte penalizzazione, forse addirittura la serie B.


Da La Stampa del 3 maggio 1986:

Piccolo, tarchiato, occhialuto, folta chioma ricciuta su un volto tondo e roseo, impermeabile beige gettato su una spalla: eccolo Armando Carbone, l'uomo che avrebbe comprato arbitri, truccato partite, falsato le classifiche dei campionati di A, B, C1, C2, raggirato gli allibratori del totonero puntando (e vincendo) fior di milioni su risultati "combinati". Armandino, così è chiamato da amici e conoscenti a Napoli, compare alla Procura della Repubblica di Torino alle 11,43. Si costituisce al giudice del calcioscandalo Giuseppe Marabotto dopo 19 giorni di latitanza. Un evento atteso, annunciato: già mercoledì circolava la voce: "Carbone ha deciso di consegnarsi". Ieri mattina, misteriosamente, la voce e una certezza. Sin dalle 9 il telefono di Marabotto è intasato da chiamate dai giornali di tutta Italia: "A che ora arriva Armandino? E' già da lei?". La sorprendente sicurezza degli interroganti produce uno stupefacente e inedito provvedimento da parte della Procura: d'improvviso ai cronisti è vietato l'ingresso. Mistero su chi abbia deciso il provvedimento, e per qual motivo. Decisione oltretulto incongrua. Carbone non si è ancora presentato, lasciando i giornalisti in strada, davanti all'entrata di via Tasso 1 si ottiene solo una cosa: che il presunto cervello del totonero possa improvvisare altre interviste, dopo quella tranquillamente concessa mentre era ricercato dalla polizia. Ma, davanti ai cronisti Carbone è cieco, sordo e muto. Stretto tra i suoi avvocati Gabri e Celentano, a testa alta e con passo celere, entra nell'ufficio del magistrato. Vi rimane dieci minuti, il tempo di sbrigare le formalità di rito e dire: "Siccome sono malato, ecco qua il certificato medico, ho bisogno che mi siano somministrate ogni giorno queste medicine. Preferirei non essere rinchiuso in un carcere". Il presunto maneggione del football esce in mezzo al commissario della divisione narcotici Salvatore Longo e al maresciallo Rizzo. Viene portato nelle camere di sicurezza della questura.

Si defilano rapidi pure i suoi difensori. "Non sappiamo nulla, ignoriamo perché il nostro cliente abbia deciso di consegnarsi oggi, dove si sia nascosto, chi l'abbia aiutato". E' vero che è arrivato in aereo, da Roma, stamane? "Non ci risulta". Confesserà? Respingerà tutte le accuse? "Impossibile prevedere oggi il suo atteggiamento processuale". Nelle interviste dalla latitanza Carbone ha negato tutto e definito "invenzioni", millanterie", le migliaia di telefonale in cui parla di partite "fatte", cioè combinate sul pareggio, e di partite "da fare". A spada tratta ha tentato anche di difendere il re dei general manager italiani Italo Allodi: "Nelle mie chiamate l'ho tirato in ballo solo per vantarmi" ed il Napoli, che proprio grazie alle sue torrenziali confidenze telefoniche sembra mal messo davanti alla giustizia sportiva: "La società è pulita, mai mi sono dato da fare per truccare sull'X l'incontro tra gli azzurri e l'Udinese del novembre scorso" (finì 1-1 n.d.r.). Armando Carbone sarà interrogato la prossima settimana: gli inquirenti non paiono comunque aspettarsi granché. Dicono: "Potrà sostenere ciò che preferisce, non dimentichiamo che per lui parla già la marea delle sue conversazioni intercettate. Inoltre, Carbone adesso è un imputato in condizioni di difendersi come vuole e non come può. Quindi...".

Grande importanza, invece, gli investigatori continuano a dare ai racconti del negoziante di Cinisello Balsamo Santo Moriggi e dell'impresario di Chiari (provincia di Brescia) Guido Legrenzi. Entrambi sono stati sentiti per decine di ore sia da Marabotto che dagli inquisitori dell'Ufficio inchieste. Dai racconti di uno di essi sarebbe emersa questa novità sconcertante: sette squadre, in serie B, erano d'accordo per aiutare una consorella a salire in A facendola vincere o pareggiare in cambio di favori nel calcio mercato. Moriggi, addirittura, è stato ascoltato dal magistrato penale anche giovedì, per tutta la mattina. Il commerciante è ancora agli arresti domiciliari in un albergo cittadino, forse già oggi potrebbe ottenere la libertà provvisoria. Che è già stato concessa al vice allenatore della Pro Vercelli Antonio Pigino e al funzionario della Banca d'Italia di Pescara Paolo De Rosa. Ieri sera, a lungo, è stato interrogato anche il mediatore di Palermo Giovanni Cutrera (è assistito dall'avv. Giuseppe Bernardo). Pigino non ha avuto il tempo di gioire del ritorno a casa, a Palazzolo Vercellese: ha ricevuto la lettera di licenziamento dalla sua società.


Lazio in C, scoppia la guerriglia[modifica | modifica sorgente]

► In questa pagina LazioWiki ricostruisce attraverso gli articoli di alcuni organi di stampa la cronaca di quei giorni successiva agli eventi di cui sopra. Il 5 agosto 1986 la Commissione Disciplinare della Lega Calcio rende pubblica la sentenza di primo grado con i seguenti giudizi:

Serie A[modifica | modifica sorgente]

► Società:


► Tesserati:

  • Allodi Italo (Direttore Sportivo Napoli): assolto;
  • Corsi Tito (General Manager Udinese): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Janich Franco (Direttore Sportivo Bari): 1 anno di inibizione;
  • Mazza Lamberto (Presidente Udinese): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione.


Serie B[modifica | modifica sorgente]

► Società:


► Tesserati:

  • Agroppi Aldo (allenatore Perugia): 4 mesi di inibizione;
  • Baglioni Fabio (ex tesserato Perugia): assolto;
  • Bura Carlo (ex tesserato Perugia): assolto;
  • Ghini Spartaco (Presidente Perugia): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Maraschin Dario (Presidente Lanerossi Vicenza): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Matta Salvatore (Presidente Palermo): 4 mesi di inibizione;
  • Piaceri Giampaolo (ex allenatore Perugia): assolto;
  • Rizzato Gastone (Direttore Sportivo Lanerossi Vicenza): 4 mesi di inibizione;
  • Rozzi Costantino (Presidente Ascoli): 4 mesi di inibizione;
  • Salvi Giancarlo (Dirigente Lanerossi Vicenza): 3 anni di inibizione;
  • Schillaci Onofrio (dirigente Palermo): 4 mesi di inibizione;
  • Ulivieri Renzo (allenatore Cagliari): 3 anni di inibizione;
  • Vitali Giorgio (dirigente Monza): 4 mesi di inibizione.


► Calciatori:

  • Barone Onofrio (Palermo): 5 mesi di inibizione;
  • Benedetti Silvano (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Bigliardi Tebaldo (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Bogoni Antonio (Cesena): 4 mesi di inibizione;
  • Braghin Maurizio (Triestina): 3 anni di inibizione;
  • Bursi Massimo (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Cagni Luigi (Sambenedettese): 4 mesi di inibizione;
  • Cerilli Franco (Lanerossi Vicenza): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Chinellato Giacomo (Cagliari): 2 anni di inibizione;
  • De Biasi Giovanni (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Di Stefano Oliviero (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Falcetta Franco (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Gasparini Angiolino (Monza): 1 anno di inibizione;
  • Gritti Tullio (Brescia): 4 mesi di inibizione;
  • Guerini Giuseppe (Palermo): 3 anni e 1 mese di inibizione;
  • Lorini Giovanni (Monza): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Manfrin Tiziano (Sambenedettese): 1 anno di inibizione;
  • Massi Sauro (Perugia): 3 anni di inibizione;
  • Majo Valerio: (Palermo): 3 anni di inibizione;
  • Pallanch Andrea (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Pellegrini Claudio (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Piga Mario (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Pintauro Michele (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Ronco Giuseppe (Palermo): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Rossi Maurizio (calciatore anni '80) (Pescara): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Sorbello Orazio (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Vinazzani Claudio (Lazio): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione.


Tratto da la Repubblica del 6 agosto 1986, un articolo racconta il processo svolto a Milano:

Al posto della stangata richiesta e temuta, arriva una stangatina. Assolti, sia pure con formula dubitativa, Allodi e il Napoli; graziati - o quasi - il Cagliari e il Palermo; retrocedono Udinese, Lazio e Perugia. Ed è proprio la squadra umbra quella che si ritrova oggi sul corpo i lividi più dolorosi. L'Ufficio inchieste voleva spedirla in C1, con 15 punti di penalizzazione. Il tribunale ha preferito così: direttamente in C/2, con 5 punti di handicap, L'Ufficio inchieste di Corrado De Biase aveva sollecitato anche diciannove radiazioni. Francesco D'Alessio e i giudici Rodolfo Lena e Livio Brignano hanno concesso un forte sconto: secondo loro, solo nove tesserati dovrebbero dire addio al mondo del pallone. Fra questi, personaggi come Lamberto Mazza e Tito Corsi, presidente e manager dell'Udinese sorpresa con le mani nel sacco, oltre a Spartaco Ghini, ex condottiero reo confesso del Perugia massacrato. Erano le 14,30 di ieri, in un Quark hotel semivuoto come un fortino abbandonato, (solo i giornalisti consegnati facevano la guardia) quando Giuseppe Coscarella, emozionato segretario generale della Lega, ha letto il verdetto, sei paginette con l'intestazione "Figc-Lega nazionale", "comunicato ufficiale n. 20".

La lettura del dispositivo è durata una decina di minuti: "La commissione disciplinare della Lega nazionale professionisti (...) ha assunto le seguenti decisioni in ordine ai deferimenti dell'Ufficio inchiesta della Figc a carico di tesserati e società", poi, il lungo elenco degli imputati, delle condanne e delle assoluzioni. In quel momento, nel salone dell'albergo-tribunale, non era presente nessuno degli accusati grandi e piccoli. Hanno preferito tutti aspettare le notizie lontani dai riflettori, standosene defilati, dopo una settimana di palcoscenico non sempre facile. Così, hanno appreso a casa loro, oppure nelle sedi dei ritiri estivi, che i prossimi campionati - salvo il possibile intervento riformatore dei giudici sportivi di secondo grado, fra un paio di settimane - vengono ridisegnati dalla sentenza firmata dalla Commissione disciplinare. Si è detto dell'Udinese cacciata in serie B, ma il verdetto punisce anche il Vicenza. Avrebbe dovuto arrivare in serie A, ma con la formula della riconosciuta "responsabilità diretta, oggettiva e presunta" i giudici l'hanno costretta a non muoversi dalla serie cadetta. Il gioco del chi sale e chi scende avrebbe potuto favorire la Triestina: la sentenza, affibbiandole 5 punti di penalizzazione (uno per il campionato scorso, gli altri 4 per quello imminente), ha fatto sì che neppure la squadra giuliana possa fare il gran passo. Un regalo per l'assolto Empoli, che potrà debuttare in serie A, dove troverà il Pisa, miracolato dalla retrocessione coatta dell'Udinese. Cagliari e Palermo, secondo le richieste di De Biase, avrebbero dovuto scivolare in C1, con la squadra siciliana minacciata anche dalla richiesta di pesanti squalifiche che pendeva sul capo di quasi tutti i suoi giocatori.

Il verdetto comporta cinque punti di punizione, ma da scontarsi nella serie B. Il Palermo può tirare un sospirone di sollievo; anche perché potrà scendere in campo con la squadra ufficiale: i suoi giocatori dovranno rimanere fermi solo per un mese, ma all'ora del primo fischio di inizio per il campionato potranno essere regolarmente in campo, A Palermo possono, dunque, ritenersi soddisfatti. Non così a Roma, sponda laziale. Fino all'ultimo la Lazio aveva fatto gli scongiuri. E' stato tutto inutile: serie C1 per "responsabilità oggettiva e presunte" per le gare fuori casa con Sambenedettese, Cremonese, Empoli e Palermo e quella casalinga con il Pescara. I giudici hanno creduto alla colpevolezza di Claudio Vinazzani, giocatore laziale amico di Armandino Carbone, il grande regista del calcio truccato. Carbone, protagonista, ma solo in spirito, del processo sportivo, primadonna del processo penale del giudice torinese Marabotto, molti ha inguaiato, con le sue confessioni, ma molti ha anche risparmiato, decidendo di non farsi vedere al processo di Milano e proibendo ai giudici del pallone di utilizzare i verbali delle sue deposizioni davanti alla magistratura ordinaria. Il processo del Quark, amputato di Carbone, si è dunque concluso con l'assoluzione del Napoli e di Allodi. Con il proscioglimento della società, si era dichiarato d'accordo anche De Biase, che aveva però suggerito la condanna per comportamento antisportivo del supermanager. I giudici hanno tirato un colpo di spugna sia sulla società che su Allodi. In camera di consiglio, D'Alessio, Lena e Brignano sono rimasti da domenica sera, fino alle 13 di ieri. Una lunga e sofferta discussione, assicurano.

Racconta D'Alessio: "Abbiamo fatto pulizia, almeno per quanto potevamo con le carte che avevamo in mano". Allodi è stato assolto, Franco Janich, che De Biase aveva messo sullo stesso piano di Italo Allodi, condannato: "Le loro posizioni erano diverse, Janich aveva una conoscenza ultradecennale di Carbone, Allodi no. Allodi, semmai, conosceva Gianfranco Salciccia, amico di Carbone, ma lo conobbe; quando Salciccia si presentava come dipendente dell'Udinese". Un'assoluzione, quella di Allodi, offuscata da qualche incertezza, spiega ancora D'Alessio, quasi per insufficienza di prove, o meglio, per "insufficienza di Carbone". Resta da dire della mano lieve mostrata con Palermo e Cagliari. D'Alessio, giacca a scacchi e camicia a righe, spiega: "In questa stagione il Cagliari non ha inquinato i risultati". L'illecito principale è dunque caduto in prescrizione. E il Palermo? "Si è trattato di un problema di equità, la partita sotto accusa era quella con la Triestina, perciò abbiamo cercato di proporzionare le pene". Nel verdetto suona singolare il trattamento diverso riservato a Renzo Ulivieri, ex allenatore del Cagliari accusato dal giocatore cagliaritano Chinellato di aver concordato un pari con il Perugia, allenato all'epoca da Piaceri. Ulivieri è stato squalificato per tre anni, Piaceri assolto: "Su Piaceri non abbiamo trovato nessuno riscontro e per quella gara abbiamo invece ritenuto responsabile il dirigente perugino Sauro Massi". E Massi si prende così tre anni, come Ulivieri. Infine, c'è da rilevare il trattamento concesso ai "pentiti": guanto di velluto per tutti. Bidese, Pigino e Chinellato passano ai giudici d'appello. Franco Carraro dovrà invece rispondere alle proposte di radiazione con chiuderebbero ingloriosamente la carriera calcistica di Mazza, Corsi e compagnia.


Tratto da la Repubblica dell'8 agosto 1986:

Corrado De Biase vuole andarsene, ritirarsi a Prato e fare "soltanto" il presidente di tribunale. Niente più calcio, niente più scommesse, niente più illeciti, niente più inchieste da prima pagina. Lo ha annunciato ieri, durante la requisitoria al processo di Firenze. "Quello di oggi potrebbe essere uno dei miei ultimi atti come capo dell'Ufficio Inchieste" ha detto. Motivo della decisione? Troppe critiche, troppe polemiche, troppe contestazioni. "Sto prendendo in considerazione la possibilità di dimettermi prima del 20 agosto - ha dichiarato ieri De Biase in una pausa del processo - è una considerazione che faccio a caldo, quasi uno sfogo. D'altra parte sono ferito per le accuse che mi sono arrivate, non posso accettare attacchi personali sulla mia onorabilità di uomo, magistrato e giudice sportivo". Appena il giorno prima De Biase aveva dichiarato di voler attuare il silenzio stampa. Troppi attacchi dai giornali lo avevano spinto a scegliere la strada del silenzio. Ieri però ha improvvisamente cambiato idea, non si è sottratto ai giornalisti che lo pressavano. Aveva appena ricevuto una lettera anonima. Le solite minacce, era già successo a Milano. "Mi si accusa di macchinazioni che avrei fatto per favorire l'Empoli - ha affermato - ma è un'assurdità. Forse è vero, sono arrivato a questo processo teso per quello che è successo a Milano. Indipendentemente da me, comunque, sarebbe stato giusto trovare un marchingegno per unificare i due procedimenti, fare un processo solo, anziché due". De Biase però non è completamente solo. Già ieri ha ricevuto l'appoggio ufficiale della Federcalcio e di Carraro. Un elogio per il suo operato. La gestione commissariale della Federcalcio ha manifestato "vivo rammarico per gli attacchi personali che sono stati rivolti da varie parti, ai membri inquirenti e giudicanti degli organi della giustizia sportiva, dopo la sentenza di Milano".

La nota poi prosegue: "Quale possa essere il giudizio sul merito delle loro decisioni e fermo restando il diritto di critica ad esse, deve, in ogni caso, prevalere un dovere di rispetto personale e di solidarietà istituzionale per gli uomini che hanno assolto, tra molte difficoltà e dure responsabilità individuali e collegiali, un delicatissimo compito di giustizia". La Federcalcio inoltre "auspica che la linea di assoluta non interferenza che è stata tenuta e che sarà mantenuta dalla Figc nei riguardi degli organi disciplinari, ispiri anche un comportamento responsabile di tutti gli sportivi in una attesa serena delle decisioni definitive della Caf". Da Montecitorio intanto è arrivata anche una presa di posizione di Craxi. "Mi auguro che le decisioni vengano assunte in presenza di prove inconfutabili, il calcio è un fatto serio che coinvolge non solo le società, ma anche gran parte della popolazione". Il presidente dell'Udinese Lamberto Mazza è stato interrogato a Torino dal sostituto procuratore della Repubblica Marabotto. Mazza, durante il processo di Milano, dichiarò che Carbone aveva avvicinato un suo intermediario, offrendo all'Udinese una testimonianza favorevole, dietro compenso. Mazza ha detto che oltre alla Caf intende rivolgersi anche al Tar per la squalifica che gli è stata comminata e che ha intenzione di querelare la Figc per aver fatto svolgere pubblicamente il processo di Milano.

L'articolo prosegue con una raccolta di brani tratti da varie testate:

La Gazzetta dello Sport - "Il presidente D'Alessio e i suoi collaboratori hanno dimostrato fermezza e severità molto apprezzabili in relazione al degrado morale di una parte dell'ambiente calcistico. Non ci potevano essere sanzioni blande...". Sulla Lazio: "Con quattro illeciti riconosciuti la retrocessione in C1 era inevitabile".

Il Corriere dello Sport - "Fra proscioglimenti, assoluzioni, penalizzazioni ed altri atti di carità, finiscono per pagare duramente soltanto quei clubs (come Udinese, Perugia e Vicenza) la cui solare colpevolezza era direttamente ascrivibile ai loro dirigenti... Soltanto alla Lazio non si applica la filosofia che ha ispirato prima il comportamento di De Biase e poi quello del tribunale... Da tempo De Biase e D'Alessio sfornano istruttorie e sentenze giuridicamente discutibili... Archiviazioni incomprensibili per alcune società toscane vicine al Capo dell'Ufficio Inchieste. Ora i nuovi dirigenti della Lazio hanno tutti i diritti di ritirarsi davanti ad una sentenza chiaramente ingiusta e persecutoria".

Il Corriere della Sera - "I verdetti di D'Alessio nella sostanza hanno confermato la linea dura dell'Ufficio Inchieste anche se i giudici hanno giustamente applicato (ma non sempre) quel principio della gradualità delle pene che De Biase e i suoi collaboratori avevano completamente ignorato".

La Stampa - "La sentenza sembra essere stata stilata apposta per innescare il dubbio. La clemenza diseguale, ad esempio. Il Cagliari e il Palermo dovranno iniziare il prossimo torneo di B da -5 in classifica. Perché un'identica penalizzazione quando i sardi sono riconosciuti rei di due illeciti ed il Palermo di uno?".

Il Giorno - "Paga la Lazio alla quale vengono addebitati cinque illeciti (e c'era chi, con squisita faccia tosta, ne sosteneva sui giornali l'innocenza)... A guardarci dentro la sentenza emessa dal collegio giudicante non è uno scandalo, anzi, rispettosa delle carte processuali... In verità non crediamo che la commissione abbia condannato secondo geopolitica o anche soltanto politica...".

Il Messaggero - "L'incapacità ad amministrare la giustizia ancora una volta dimostrata dalla Figc equivale ad un incoraggiamento a fregarsene dei codici e della moralità sportiva. Adesso queste scimmiette insabbiatrici ("non vedo-non parlo-non sento") vogliono farci credere di essersi trasformate in segugi infallibili... Finché risponderà agli scandali con scandali il calcio italiano non riuscirà a svuotare le pattumiere".

Paese Sera - "Possiamo cominciare il conto alla rovescia nell'attesa che venga celebrato il terzo scandalo scommesse... Una nuova inchiesta avrebbe già pronta una Lazio da dare in pasto a coloro che ancora credessero nella "cosiddetta" giustizia sportiva... De Biase deve avere un risentimento tutto particolare nei confronti della Lazio...".

Il Giornale - "I mostri da prima pagina Allodi ed il Napoli tornano fra i comuni mortali soltanto per grazia ricevuta. Il Napoli ed Allodi avrebbero meritato di uscire dal processo non dalla finestra ma dalla porta principale... La Lazio non conosce vergogna...".

Il Mattino - "L'Italscommesse bis si è trasformato in una persecuzione per il protagonismo di chi l'ha gestito dimenticando i propri doveri d'ufficio. C'era un mostro da sbattere in prima pagina, Allodi ed il Napoli di Maradona erano l'ideale".


In appello in B, ma con 9 punti di penalizzazione[modifica | modifica sorgente]

Queste furono le sentenze inappellabili emesse dalla Commissione di Appello Federale (CAF) il 26 agosto 1986:

Serie A[modifica | modifica sorgente]

► Società:


► Tesserati:

  • Allodi Italo (Direttore Sportivo Napoli): assolto;
  • Corsi Tito (General Manager Udinese): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Janich Franco (Direttore Sportivo Bari): 6 mesi di inibizione;
  • Mazza Lamberto (Presidente Udinese): assolto.


Serie B[modifica | modifica sorgente]

► Società:

Nota: il Palermo viene successivamente escluso dal Campionato per problemi finanziari. Nella stagione agonistica 1986/87 non partecipò a nessun torneo professionistico o dilettantistico, mentre nel 1987/88 disputò il Campionato di Serie C2 con una nuova società.


► Tesserati:

  • Agroppi Aldo (allenatore Perugia): 4 mesi di inibizione;
  • Baglioni Fabio (ex tesserato Perugia): assolto;
  • Bura Carlo (ex tesserato Perugia): assolto;
  • Ghini Spartaco (Presidente Perugia): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Maraschin Dario (Presidente Lanerossi Vicenza): 3 anni di inibizione;
  • Matta Salvatore (Presidente Palermo): 4 mesi di inibizione;
  • Rizzato Gastone (Direttore Sportivo Lanerossi Vicenza): 4 mesi di inibizione;
  • Rozzi Costantino (Presidente Ascoli): 4 mesi di inibizione;
  • Salvi Giancarlo (dirigente Lanerossi Vicenza): 3 anni di inibizione;
  • Schillaci Onofrio (dirigente Palermo): 4 mesi di inibizione;
  • Ulivieri Renzo (allenatore Cagliari): 3 anni di inibizione;
  • Vitali Giorgio (dirigente Monza): 4 mesi di inibizione.


► Calciatori:

  • Barone Onofrio (Palermo): 5 mesi di inibizione;
  • Benedetti Silvano (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Bigliardi Tebaldo (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Bogoni Antonio (Cesena): 4 mesi di inibizione;
  • Braghin Maurizio (Triestina): 3 anni di inibizione;
  • Bursi Massimo (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Cagni Luigi (Sambenedettese): 4 mesi di inibizione;
  • Cecilli Maurizio (Palermo): 3 anni di inibizione;
  • Cerilli Franco (Lanerossi Vicenza): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Chinellato Giacomo (Cagliari): 2 anni di inibizione;
  • De Biasi Giovanni (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Di Stefano Oliviero (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Falcetta Franco (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Gasparini Angiolino (Monza): 4 mesi di inibizione;
  • Gritti Tullio (Brescia): 4 mesi di inibizione;
  • Guerini Giuseppe (Palermo): 3 anni e 1 mese di inibizione;
  • Lorini Giovanni (Monza): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Manfrin Tiziano (Sambenedettese): 4 mesi di inibizione;
  • Massi Sauro (Perugia): 3 anni di inibizione;
  • Majo Valerio (Palermo): 3 anni di inibizione;
  • Pallanch Andrea (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Pellegrini Claudio (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Piga Mario (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Pintauro Michele (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Ronco Maurizio (Palermo): 3 anni di inibizione;
  • Rossi Maurizio (calciatore anni '80) (Pescara): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Sorbello Orazio (Palermo): 1 mese di inibizione;
  • Vinazzani Claudio (Lazio): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione.


Serie C1[modifica | modifica sorgente]

► Società:

  • Cavese: retrocessione in Serie C2 con 5 punti di penalizzazione;
  • Foggia: 5 punti di penalizzazione nel Campionato 1986/87.


► Tesserati:

  • Amato Guerino (Presidente Cavese): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Bronzetti Ernesto (General Manager Foggia): 3 anni di inibizione;
  • Gaspari Menotti (dirigente Carrarese): assolto;
  • Grassi Carlo (Presidente Carrarese): assolto;
  • Magherini Guido (dirigente Rondinella): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Reali Gian Filippo (dirigente Sarnico): 3 anni e 9 mesi di inibizione.


► Calciatori:

  • Caccia Francesco (Messina): 5 anni di inibizione con proposta di radiazione;
  • Vavassori Giovanni (Campania): 3 anni e 4 mesi di inibizione;
  • Melotti Mauro (Spal): 1 anno e 6 mesi di inibizione;
  • Filosofi Alfio (Virescit Bergamo): 6 mesi di inibizione;
  • Donetti Stefano (Martina): 3 mesi di inibizione;
  • Romiti Mario (Barletta): 1 mese di inibizione.


Serie C2[modifica | modifica sorgente]

► Tesserati:

  • Pigino Antonio (tesserato Pro Vercelli): 3 anni di inibizione.


► Calciatori:



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