Mercoledì 1 luglio 1987 - Roma, stadio Flaminio - Lazio-Torino 1-0

Da LazioWiki.

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1 Luglio 1987 - Ritorno finale Campionato Primavera - Ore 18:30.

LAZIO: Fiori, Delucca, A.Amato, Bertocchi, A.Valentini, F.Agostinelli, Saurini (85' Bernardi), Cacciatore, Rizzolo (88' A.Greco), F.Conti, Biagioni. A disp. F.De Angelis, Pallotta, Conte. All. Morrone.

TORINO: Boccafogli, Cuicchi, Di Bin, Chiti, Fogli, Fuser, Lentini, Venturin, G.Bresciani, D'Agostino (69' Sordo), Bellatorre (78' Menghini). A disp. Di Sarno, Bolognesi, Catena. All. Vatta.

Arbitro: sig. Piretti (Ravenna).

Marcatori: 34' Rizzolo.

Note: spettatori diecimila circa di cui 3.412 paganti per un incasso di 23 milioni e 891 mila lire. In tribuna Calleri, presidente della Lazio e la squadra biancazzurra al completo. Ammoniti: Cuicchi, D'Agostino, Cacciatore, Agostinelli e Valentini, tutti per gioco falloso. Angoli 8 a 2 per il Torino (5 a 2 nel primo tempo).

La rosa della Primavera al completo dal
Guerin Sportivo
Gol di testa di Rizzolo su cross di Saurini dal
Corriere dello Sport
L'esultanza di Morrone dal
Corriere dello Sport
L'articolo del Guerin Sportivo

► Il Corriere dello Sport titola: “Morrone lascia la Lazio con lo scudetto – Prima di passare al Napoli, al terzo tentativo il tecnico ha centrato il tricolore – I biancocelesti concedono il bis dopo 11 anni. Battuto il Torino con un gol di Rizzolo (all’andata era finita 0-0). Ai granata non è bastato un grande Lentini. Oltre diecimila spettatori al Flaminio. Invasione di campo dopo la gara per festeggiare il tecnico.

Undici anni dopo, la Lazio riconquista lo scudetto Primavera. Alla terza finale consecutiva, ha centrato l’obiettivo, battendo il Torino al termine di una sfida al cardiopalmo. Morrone non avrebbe potuto sperare un congedo più bello, prima di far le valige per Napoli.

Almeno diecimila tifosi hanno invaso il Flaminio per dare la carica alla Lazio, che aveva assoluto bisogno di vincere dopo lo 0 a 0 dell’andata. Ed è stata proprio la marea biancazzurra a pilotare i baby verso il tricolore. Un orecchio alle radioline per vivere in diretta il secondo round degli spareggi salvezza e entrambi gli occhi sul campo. Alle 19,03, quando dal San Paolo è arrivata la notizia del pari del Taranto contro il Campobasso, i tifosi sono esplosi di gioia e la pattuglia di Morrone trenta secondi dopo ha segnato il gol partita. Era il 34’: Saurini è sgusciato sulla destra, malgrado avesse perso uno scarpino, sul cross si è catapultato Rizzolo e di testa ha mandato la palla a schiantarsi sulla traversa e quindi in rete.

Il Toro non si è… seduto. Anzi, ha moltiplicato le sue energie per cercare il pari. E a questo punto è uscito fuori il carattere e la grinta della Lazio. I granata hanno messo da parte ogni timidezza e si sono lanciati all’attacco, ispirati da Lentini e da Fuser. I biancazzurri hanno leggermente arretrato il loro baricentro, senza però rinunciare mai a pizzicare in contropiede i rivali con Saurini e Rizzolo, a nozze negli ampli varchi apertisi nella difesa torinese. Ma al momento di concludere entrambi hanno perso l’attimo giusto per mettere al sicuro il risultato.

Morrone per tre volte ha tremato. Al 76’ quando Lentini di tacco ha liberato in area Bresciani, ma la conclusione di quest’ultimo è finita alle stelle. Un minuto dopo quando ancora Lentini ha tentato l’assolo, ma Fiori è stato bravissimo a deviare in angolo il diagonale indirizzato sotto la traversa. Al 91’ l’ultimo brivido per la Lazio, ma Bresciani ha sbagliato ancora la mira. Poi il fischio di chiusura e la pacifica invasione di campo per abbracciare Morrone, il profeta del vivaio laziale. Ha messo la sua firma sullo scudetto e la gioia più grande prima dell’addio. Per la Lazio il futuro è già oggi e il “gaucho” l’ha colorato col tricolore.


Il Messaggero titola: “Campioncini! Ora nel carro del vincitore può salire chi vuole. Ma lo scudetto è soltanto suo. Giancarlo Morrone lascia la Lazio come voleva e come aveva promesso, con il titolo di campione d’Italia nel torneo primavera, centrato al terzo tentativo consecutivo (1 a 0 al Torino di Vatta, gol di Rizzolo), dopo essersi arreso due anni fa proprio ai granata e l’anno scorso al Cesena.

Riporta lo scudetto primavera a Roma dopo tre anni (nell’’84 aveva vinto la Roma), riconsegna alla Lazio il tricolore dopo undici anni (è il secondo titolo dei biancazzurri, il primo era arrivato nel ’76). È lo stupendo addio che ha voluto dare il tecnico argentino, in disaccordo con la società e quindi più che mai deciso, e da tempo, ad andarsene. Negli spogliatoi, dopo l’abbraccio dei suoi ragazzi e dopo essere stato portato in trionfo dai tifosi che prima della partita gli avevano regalato una targa, una sciarpa e uno striscione “Grazie Giancarlo”, il Presidente Calleri non è andato nemmeno a salutarlo. Insomma, tutto secondo le previsioni.

Un addio da laziale autentico con due regali, altri due giovani diciottenni, promettentissimi, che Fascetti è intenzionato ad aggregare alla prima squadra già dalla prossima stagione: il portiere Fiori e l’attaccante Rizzolo, i due protagonisti della vittoria contro il Torino. Un’ennesima conferma dell’efficacia del lavoro del “Gaucho”, negli ultimi tre anni ha sfornato tanti giovani campioncini, che la Lazio ha potuto piazzare in giro per l’Italia con più facilità di alcuni “pezzi da novanta”, acquistati dalle varie gestioni e poi “svenduti” e perfino regalati. Per i giovani, per come sa educarli e per il tempo che gli dedica negli allenamenti, è il massimo: andrà a tirar su i babies del Napoli, lì sarà sicuramente più apprezzato.

Ieri Morrone ha vissuto la sua giornata più lunga da biancazzurro, nella partita più difficile con l’avversario più competitivo tra quelli incontrati in questa stagione. Sempre in piedi, con la mano destra attaccata al tetto della panchina, ha sofferto per gli attacchi a ripetizione del Torino, grande squadra, che nel primo tempo ha creato otto occasioni da gol, costringendo la Lazio a giocare di rimessa. In tre occasioni il portiere Fiori si è superato: su un tiro di destro, dopo palleggio al volo di Fuser (6’), su conclusione di Lentini (13’) e su tiro sotto la traversa di Bresciani (15’). La Lazio aveva replicato tre volte prima del gol, fallendo soprattutto con Agostinelli (25’), smarcato dal bravissimo Biagioni.

Il gol di Rizzolo è arrivato dieci secondi dopo il pareggio del Taranto (33’), quasi un segno del destino: cross dell’”armadio” Saurini dalla destra e testa vincente di Rizzolo, fino a quel momento in ombra. Poi nella ripresa la Lazio non ha mai tirato in porta, pensando a difendere il gol partita (è il primo delle tre finali disputate) e impedendo al Torino di concludere. I granata ci sono riusciti soltanto una volta nello specchio della porta, ma c’è stato l’ennesimo miracolo di Fiori su girata all’incrocio di Lentini (76’).


Il Tempo titola: “La Lazio campione d’Italia – Battuto il Torino (1-0) nella finale Primavera – Al Flaminio 4.000 spettatori e tutta la prima squadra”.

Roma – La Lazio primavera per la seconda volta nella sua storia è campione d'Italia. Rizzolo, Conti, Biagioni e compagni hanno rinverdito i fasti di Giordano, Manfredonia, Agostinelli che sotto la guida di Clagluna conquistarono il tricolore. Una delle settimane più importanti della storia della Lazio è dunque iniziata sotto i migliori auspici. Potrebbe essere il preludio ad una settimana magica.

La rete della vittoria che ha significato il titolo italiano e stata realizzata esattamente al 35', quando Rizzolo ha finalizzato con un perentorio colpo di testa una pregevole azione di Saurini sulla destra, conclusa con un impeccabile cross partorito dal piede destro senza scarpa del numero 7 biancoceleste. Un segno premonitore. Anche scalzi si può arrivare alla meta. Per gli oltre quattromila presenti una esplosione di gioia. Fra i più soddisfatti in tribuna anche i giocatori della prima squadra. Fiorini, Camolese, Marino, Esposito ed il presidente Calleri hanno voluto seguire da vicino l'impresa dei giovani leoni biancazzurri.

Fin dal primo minuto l'incontro e stato piuttosto vibrante e ricco di capovolgimenti di fronte. Sia la Lazio che il Torino si sono affrontate a viso aperto senza esasperati tatticismi, cercando subito il gol del successo. Dopo tutta una serie di clamorose occasioni sciupate da Lentini e Bresciani, sia per la troppa precipitazione delle punte granata che per la stupenda giornata del portiere Fiori, la Lazio e andata in gol. Erano le 19.03, e il pubblico aveva da pochi attimi gioito per la segnatura del Taranto nello spareggio contro il Campobasso, quando Rizzolo mandava in visibilio i presenti.

L’avventura laziale di Morrone si è così conclusa in modo trionfale. E commovente è stato l'abbraccio finale di giocatori e tifosi al tecnico argentino


► Paese Sera osserva: “C’è anche una Lazio che ride – Scudetto primavera”.

Roma - Finalmente la Lazio primavera ce l'ha fatta. Ha conquistato lo scudetto dopo aver perso due finali negli anni precedenti. Una vittoria tutta di Giancarlo Morrone, cui i tifosi, diecimila presenti al Flaminio, hanno tributato un autentico trionfo. “Grazie Giancarlo” era scritto su un grande striscione, mentre al ritorno negli spogliatoi fra i suoi ragazzi in lacrime, el Gaucho dedicava questa vittoria a Giorgio Chinaglia.

La pacifica invasione di campo finale ha rotto la tensione che si stava accumulando per le continue pressioni del Torino, alla ricerca del pareggio. La Lazio, infatti, era andata in vantaggio al 34' con un colpo di testa di Rizzolo, ben imbeccato da Saurini. Il tema tattico dell'incontro si stava quindi delineando: Lazio con contropiedi efficaci, soprattutto grazie a Cacciatore; Torino con veementi ed impetuosi attacchi. Grande protagonista alla fine è risultato il portiere Fiori che si è opposto alle conclusioni granata con un buon numero di prodezze. Nel Torino in buona evidenza Fuser e Bresciani che hanno impegnato severamente la retroguardia biancoazzurra.

Alla fine, un Morrone piangente ha ricordato che era suo “desiderio lasciare la Lazio con un bel successo”. La Lazio viceversa ha proseguito la sua strana condotta verso il tecnico argentino. Al termine della partita, i fratelli Calleri non hanno sentito il bisogno di scendere negli spogliatoi, fra il tecnico ed i ragazzi, gelando gli entusiasmi e lasciando nei protagonisti una profonda amarezza.


► Il Guerin Sportivo dedica un articolo al trionfo dei ragazzi di Morrone: “Benedetta Primavera – Vince la Lazio di Morrone”.

Questa volta l'antico proverbio è stato smentito: «non c'è due senza tre», invece la primavera della Lazio, dopo aver consegnato in questo triennio due scudetti (il primo al Torino di Sergio Vatta e il secondo al Cesena di Paolo Ammoniaci) ha deciso di conservare il terzo per sé, arricchendo il carnet (due titoli ed una coppa Italia) già di per sé significativo.

La Lazio ha condotto questa stagione in modo intelligente, con partenza non fortissima, sia pure in zona primato, lasciato poi alla Roma nella prima fase. In seconda, è emerso il grande carattere dei biancoazzurri, apparentemente “stoppati” dal passo falso interno col Bari. Invece la forza laziale è emersa proprio in quelle partite in apparenza più difficili, come il successo esterno con la Roma e soprattutto la vittoria a Lecce (dopo quella interna) in un match delicatissimo. Ai locali sarebbe bastato un pari per ascendere alla finalissima, invece i ragazzi di Morrone si sono dimostrati grandi proprio nell'incontro che ha deciso chi avrebbe dovuto incontrare il favoritissimo Torino, alla finestra da alcune settimane. La forza laziale era emersa già nella partita di andata (0-0): al ritorno, ecco il gol di Rizzolo (alla mezz'ora) decidere dello scudetto primavera, un traguardo inseguito una stagione e conquistato proprio nell'ultima appendice di luglio.

La gioia del titolo tricolore è in parte frenata dall'addio dell'allenatore Giancarlo Morrone, destinato alla panchina del Napoli-primavera per la prossima stagione. È un addio triste, considerando ciò che ha dato Morrone ai babies della Lazio; quindi è inevitabile entrare in un contesto affettivo notevole. I ragazzi, probabilmente, hanno dato il massimo proprio per lui, regalandogli una delle maggiori soddisfazioni della carriera di tecnico, sia per il successo (pur tuttavia importantissimo), sia per aver contribuito alla loro maturazione. Questo scudetto - il secondo della storia laziale - accomuna un po' tutto l'entourage biancazzurro: dai giocatori al tecnico, dal dirigente accompagnatore Lombardi agli addetti ai lavori. Era un titolo che maturava ormai da un biennio: al terzo tentativo, l'esito felice di un alloro meritato che vola a Roma.

► Le reazioni dei protagonisti. Nell’articolo del Corriere dello Sport: “I Calleri (in tribuna) non si sono visti nello spogliatoio dei campioni!”

Roma - Per Giancarlo Morrone è stato l'ultimo urrà. Dopo tre lunghissimi, bellissimi ed indimenticabili anni, ha detto addio alla sua Lazio, ma l'ha lasciata con lo scudetto sul petto, Con i suoi ragazzi è arrivato tre volte alla finale dcl campionato Primavera: ha fallito i primi due tentativi (nell'85 col Torino e nell'86 con il Cesena) ma ha centrato il terzo.

Gli “Eagles Supporters” gli hanno regalato una targa ricordo per la sua professionalità, poi alla fine della partita l'hanno sollevato di peso e portato in trionfo: lo meritava! Ha lavorato con impegno per tutti questi anni, raccogliendo moltissimi frutti. Ma quel tricolore, vinto con tutto il cuore contro il Torino, non è servito a ricucire un rapporto ormai insanabile con la società (alla fine della partita negli spogliatoi non s'è vista neppure l'ombra dei Calleri).

- Morrone a chi dedica questo scudetto? “Lo dedico a tutta la tifoseria” - afferma Morrone con gli occhi pieni di lacrime - “ma in questo momento il mio pensiero non può che andare ad un grande amico: Giorgio Chinaglia. Per due anni non sono riuscito ad accontentarlo: lo faccio ora”.

- Il divorzio dalla Lazio? “Mi è scaduto il contratto; sono andato per rinnovarlo senza chiedere una lira d'aumento, ma la società ha preferito puntare su un altro allenatore che guadagnerà il doppio di me. Lascio la Lazio che m'ero illuso fosse mia. Pazienza, rimarrò laziale a vita e spero di ritornare un giorno in questa splendida città. Del resto, già due volte sono andato via e poi sono ritornato... Per il momento l'unica cosa che mi consola è che continuerò ad allenare una squadra che avrà i colori azzurri (il Napoli Primavera)”. Arrivederci “gaucho” ...

Con i riccioli ancora bagnati, Rizzolo esce dagli spogliatoi ed è subito circondato da dirigenti, giocatori e tifosi: è l'eroe della giornata. “Che gioia aver segnato il gol della vittoria” - commenta Rizzolo - “Quando ho visto il cross di Saurini, ho capito che non avrei potuto sbagliare. A nome di tutta la squadra dedico questo scudetto a Morrone: con lui abbiamo passato 11 mesi bellissimi. E poi speriamo che questo successo sia di buon auspicio anche per lo spareggio che dovrà sostenere domenica prossima la prima squadra”.


Da Il Messaggero, Morrone dichiara: “Dedico lo scudetto a Chinaglia e vado al Napoli…”.

Nel giorno più bello un’ombra: a casa ha le valigie già pronte e lo scudetto cucito di fresco dovrà staccarlo subito. Morrone sarà costretto ad andarsene e lo sa, anche se non riesce a capire il motivo del suo allontanamento. “Perché me ne vado? Non chiedetelo a me – l’espressione funesta del Gaucho non è adatta al clima di festa – so soltanto che il contratto non mi è stato rinnovato, anche se non ho chiesto alcun aumento. Il mio successore guadagnerà il doppio di me, scrivetelo”.

I tifosi lo hanno osannato, dedicandogli un gigantesco striscione, cori affettuosissimi e, addirittura una targa, un premio alla fedeltà e all’attaccamento. Il vertice è stato freddo e lo ha abbandonato con i suoi ragazzi negli spogliatoi del Flaminio. Nessun dirigete è corso a ringraziarlo, a dirgli “Ciao” o “arrivederci”, anche se lui ci spera ugualmente.

“Non c’è due senza tre – dice Morrone pieno di rammarico – Me ne sono andato due volte e sono sempre ritornato, chissa se anche stavolta…”. Il suo futuro sara biancoazzurro: “Tiferò ovunque, e sono contento perché le maglie della mia nuova società avranno i colori che amo: il bianco e il celeste”. Il riferimento al Napoli è scontato. “Voglio aggiungere una cosa” aggiunge senza riuscire a fermarsi. “Dedico questo scudetto ad un amico lontano, a Giorgio Chinaglia, lui a questo tricolore ci teneva molto di più della attuale dirigenza”.

Un messaggio molto chiaro per chi lo ha allontanato da una parte del suo cuore, la sua Primavera.