Ancherani Sante: differenze tra le versioni
Nessun oggetto della modifica |
Nessun oggetto della modifica |
||
| Riga 17: | Riga 17: | ||
Fino al [[1901]] a Roma nessuno sapeva cosa fosse il Football, gioco praticato in Inghilterra già dalla seconda metà del XIX° secolo. |
Fino al [[1901]] a Roma nessuno sapeva cosa fosse il Football, gioco praticato in Inghilterra già dalla seconda metà del XIX° secolo. |
||
Anche in Italia stava prendendo piede, sopratutto grazie ai marinai anglosassoni che sbarcavano nei porti di Genova e Palermo e ai seminaristi scozzesi che venivano in Italia per studiare. |
Anche in Italia stava prendendo piede, sopratutto grazie ai marinai anglosassoni che sbarcavano nei porti di Genova e Palermo e ai seminaristi scozzesi che venivano in Italia per studiare. |
||
Un giorno di Gennaio del [[1901]] si presenta nella sede di [[Via Valadier]] un certo [[Seghettini Bruto|Seghettini Bruto]], chiedendo se in quella società |
Un giorno di Gennaio del [[1901]] si presenta nella sede di [[Via Valadier]] un certo [[Seghettini Bruto|Seghettini Bruto]], chiedendo se in quella società fosse praticato il Football. |
||
Ancherani rispose candidamente che quel gioco lì loro non lo conoscevano e ne sentivano parlare per la prima volta. |
Ancherani rispose candidamente che quel gioco lì loro non lo conoscevano e ne sentivano parlare per la prima volta. |
||
L'interlocutore non si perse d'animo e tirò fuori un pallone di cuoio, che cadendo a terra rimbalzava. |
L'interlocutore non si perse d'animo e tirò fuori un pallone di cuoio, che cadendo a terra rimbalzava. |
||
Versione delle 13:44, 5 apr 2008
Biografia
La scoperta della Lazio
Sante Ancherani nasce a Cotignola (Ravenna) il 6 settembre 1882, ma quasi subito si trasferisce prima a Tuscania e poi a Roma dove giunge all'età di 4 anni. Piccolo di statura, ma agile e forte, studiava alle scuole tecniche con buon profitto. Amante dello sport e sopratutto della corsa, era sovente allenarsi, dopo scuola, nella zona di Piazza d'Armi, dove oggi si trova il quartiere "Prati", ma che allora era usato per le parate militari in quanto disabitato. Fu proprio qui che nel Febbraio 1900 qualcuno, tra i fondatori, notò questo ragazzo dai capelli neri correre senza mai fermarsi, e lo avvicinò. Mario Pennacchia nella sua Storia della Lazio (1969) descrive l'incontro in maniera romanzesca ma forse non molto dissimile dalla realtà. Qualcuno gli chiese quanto faceva sui 100 metri, e egli candidamente rispose in dialetto romanesco: Nun ce lo so, io corro e basta quanno sto in piedi.
Lo vollero cronometrare, e il risultato fu di 13 secondi e 10 decimi, un gran tempo per l'epoca. Ce semo sbajati, puoi riprovà? gli dissero, e Santino riprovò fermando il cronometro a 13 netti! Stavolta niente scuse, Santino è festeggiato e gli viene data la tessera numero 6, che egli conserverà nel portafoglio per tutta la vita
Pioniere e capitano
Fino al 1901 a Roma nessuno sapeva cosa fosse il Football, gioco praticato in Inghilterra già dalla seconda metà del XIX° secolo. Anche in Italia stava prendendo piede, sopratutto grazie ai marinai anglosassoni che sbarcavano nei porti di Genova e Palermo e ai seminaristi scozzesi che venivano in Italia per studiare. Un giorno di Gennaio del 1901 si presenta nella sede di Via Valadier un certo Seghettini Bruto, chiedendo se in quella società fosse praticato il Football. Ancherani rispose candidamente che quel gioco lì loro non lo conoscevano e ne sentivano parlare per la prima volta. L'interlocutore non si perse d'animo e tirò fuori un pallone di cuoio, che cadendo a terra rimbalzava. In quel momento il giuoco del calcio era sbarcato anche nella capitale del Regno d'Italia. Fu lo stesso Santino a farsi promotore, presso i compagni basiti, di questo strano sport inglese, che lo entusiasmava a tal punto da iniziare a giocarci ogni qual volta il tempo lo permetteva, in quello sterminato prato dietro Piazza della Libertà. Ancherani e compagni giocavano sempre fra loro, mettendo due sassi come porte e delimitando il campo con un albero o un cespuglio, ai piedi gli scarponi di guerra del Regio Esercito, rimediati chissà come e chissà da chi ma ottimi per dare colpi alla palla. Le carrozze ogni tanto si fermavano a guardare quei giovanotti dare calci ad una sfera di cuoio, e le dame ben pensanti si chiedevano in che mondo si viveva, guardandoli inorridite. Tra una corsa ed una partita passa ancora un anno. I ragazzi biancocelesti perdono 11-0 contro i più avanzati seminaristi scozzesi, ma non si scoraggiano, anzi prendono spunto ed imparano la tecnica. Ancherani, di ritorno dall'Inghilterra, si porta dietro un paio di scarpini da calcio, che fa smontare da un calzolaio di fiducia per copiarli, cosicchè tutti possono dire addio alle calzature di fortuna con cui finora avevano giocato. Intanto a far compagnia alla Podistica è nata, ad opera di alcuni membri dissidenti, la Virtus, ed allora perchè non sfidarla anche in una gara di pallone? Ancherani, che è ormai il centrattacco, il capitano e l'allenatore, prende la gara sul serio e fa allenare i ragazzi con 3 ore di partita e poi sgambatura sul percorso: Lungotevere, Viale Carso, Viale Angelico, Viale delle Milizie, per un totale di 3884 metri! I ragazzotti sono stremati ma felici e quando scendono in campo, il 15 Maggio 1904, al "Parco dei Daini", dentro Villa Borghese, per quella che tutti concordano come la prima gara ufficiale della storia della Lazio, sono determinati a vincere. La partita è maschia e combattuta e alla fine prevalgono le maglie bianche laziali per 3-0 e Santino che segna tutte le reti, viene portato in trionfo, dai compagni. Il carisma di Ancherani era tale che i compagni lo adoravano, lui intanto continuava a suonare la tromba ed era entrato nella banda comunale. Aveva anche salvato in vari periodi almeno sette persone che avevano tentato il suicidio gettandosi nel Tevere, lui che come nuotatore non era proprio tanto bravo.
Il torneo di Pisa

Passano gli anni e i giocatori biancazzurri sono sempre più bravi nel nuovo gioco che comincia a piacere a tutte le classi sociali. Nel giugno 1907 vengono invitati a Pisa per un torneo interregionale, organizzato col patrocinio del Comune Toscano, segno che la fama della Lazio sta uscendo dai confini regionali. Per l'occasione, Ancherani contatta due fratelli in forza alla Virtus: Corelli Corrado e Corelli (II) Filiberto, e gli chiede di aggregarsi alla loro squadra per la trasferta. I due accettano senza remore facendo infuriare la loro ormai ex squadra e creando, senza saperlo, il primo trasferimento della storia della Lazio. Il sabato mattina, i giovanotti, capitanati da Ancherani, partono in treno per il capoluogo Toscano, dove giocheranno alle 16,30. La mattina seguente, mentre stanno per recarsi a visitare la città da turisti, vengono avvicinati da alcuni esponenti del comitato organizzatore che li supplicano di giocare contro il Lucca una partita non in programma, per le 10,00. Ancherani guarda i suoi compagni ed accetta, tanto c'è tempo per recuperare la fatica. E così si gioca e la Lazio batte il Lucca 3-0. Santino e compagni quindi si recano in trattoria per il meritato pranzo, ma quando stanno ancora al secondo piatto, riecco gli organizzatori che ancora una volta gli chiedono di giocare con il Pisa, che non vuole essere trattato in maniera diversa dai Lucchesi. Faccani si adira e dà del "Mascalzone" all'interlocutore. Poi la decisione di giocare, davanti a un pubblico ostico, e un'altra vittoria, stavolta per 4-0, fa zittire tutti. Giusto il tempo di sdraiarsi a riposare un attimo sull'erba che ecco il Livorno per la finale. Ancherani suggerisce di farli sfogare, insomma inventa il catenaccio pionieristico. La partita sta quasi finendo sul pareggio a reti bianche quando da un guizzo di Saraceni la palla va a Corelli, questi crossa per Santino che, indisturbato, coi livornesi sbilanciati, mette in rete. Lazio batte Livorno 1-0. Ricevute le medaglie, Ancherani e gli altri hanno l'idea di inviare un telegramma alla sede per comunicare la vittoria ottenuta. Il testo è il seguente: Vinto Torneo 3-0, 4-0, 1-0 . In sede nessuno ci capisce nulla su cosa significa, in fondo loro sapevano che si doveva giocare una sola gara, non tre, e solo quando i giovanotti torneranno a Roma il mistero sarà svelato, con grandi risate di tutti.
L'addio al calcio giocato

Ancherani continuava a giocare a pallone e a suonare nella banda Comunale. Ad ogni partita c'era un calesse pronto a portarlo sul posto di lavoro. Ma nel 1912 dovette prendere la decisione di smettere, in quanto ormai era divenuto inconciliabile il giocare e lavorare. Messi gli scarpini al chiodo, Santino tuttavia non si allontanò mai dalla Lazio, anzi, appena poteva scappava in sede o correva a vedere una gara. Scoppia la Prima Guerra Mondiale e Ancherani vede partire molti ragazzi tra cui il portiere Gaslini che non tornerà più, e molti altri suoi amici che periranno nell'infame conflitto. Intorno agli anni venti apre una bottega di articoli per il calcio nei pressi di Via dei Prefetti, ormai questo sport ha preso piede e sta diventando sempre più importante nel panorama mondiale. Fornisce palloni da gara per quasi tutte le partite giocate a Roma, a volte cucendoli lui stesso, e tutto ciò che serve ai calciatori, stando sempre all'avanguardia nella ricerca del materiale migliore, importandolo anche dal Regno Unito, patria indiscussa di questo sport.
Laziale fino alla morte


Gli anni scorrono veloci. La lazio è ormai una realtà consolidata e Sante non manca mai una partita. Si commuove quando vede Silvio Piola portare la Lazio a sfiorare lo Scudetto nel campionato 1936/37.
Poi gli anni bui della Seconda Guerra Mondiale quando tutto sembra distruggersi e la rinascita. Alla fine degli anni 60 riceve uno smacco dall'allora presidente della Lazio Lenzini che, mal consigliato da qualcuno, gli toglie la tessera vitalizia. Ma poco importa, Santino prende il portafogli e si regala l'abbonamento in tribuna come un tifoso normale, lui che non lo è. Se ne va il 9 Settembre 1971 a 89 anni, in una Domenica dove la Lazio non gioca, come per non dare eccessivo fastidio, e se ne va tre anni prima di vedere coronato il suo sogno di vedere lo Scudetto cucito sulle maglie biancazzurre da lui amate visceralmente. Anni dopo, molti giornalisti hanno concordato che il vero padre della Lazio fosse stato lui, senza rendersene conto, perchè il calcio a Roma, e nella Lazio, ha avuto piede grazie alla sua tenacia e al suo entusiasmo, assieme naturalmente ad un gruppo di scapestrati ragazzotti, che con il loro gioco facevano inorridire le dame in carrozza della Roma di inizio Novecento.