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[[Immagine:mu99h.jpg|thumb|200px|left|...e la sfera si insacca in rete per il vantaggio biancoceleste]]
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[[Immagine:go1999a.jpg|thumb|200px|left|L'esultanza del Matador dopo la marcatura]]
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[[Immagine:27ago99e.jpg|thumb|200px|left|Un altro fotogramma dell'esultanza del bomber cileno]]
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[[Immagine:mu99f.jpg|thumb|200px|right|Juan Sebastian Veron e Pavel Nedved in azione in un momento dell'incontro]]
[[Immagine:mu99f.jpg|thumb|200px|right|Juan Sebastian Veron e Pavel Nedved in azione in un momento dell'incontro]]

Versione delle 20:58, 15 set 2025

La Gazzetta dello sport titola: "Lazio, una coppa di felicità. Il Milan s'illude con Albertini, poi in 10' viene distrutto. Sull'1-0 per il Milan entra Gottardi e cambia volto alla partita. Grande rimonta laziale anche se lascia forti dubbi il rigore fischiato a Maldini (il fallo era fuori area). Pure un palo di Casiraghi legittima il risultato finale. L'Olimpico vestito a festa applaude la squadra di Eriksson che capovolge il risultato".

Continua la "rosea": la Lazio centra il primo traguardo della stagione e tiene fuori dall'Europa il Milan. Eriksson e i suoi volano a Parigi per l'Uefa con una coppa Italia che indiscutibilmente hanno meritato. E non solo per tutto l'andamento della manifestazione ma anche per quello che hanno messo in mostra nella globalità delle due finali. A San Siro la Lazio aveva perso immeritatamente, qui all'Olimpico ha saputo realizzare uno straordinario ribaltamento di situazioni. Colpiti in apertura di ripresa da una rete di Albertini che sembrava aver chiuso ogni discorso, i biancazzurri hanno scatenato una reazione incredibile che li ha portati a segnare tre gol in dieci minuti. C'è da dire che la seconda rete lascia grossi dubbi perché il fallo di Maldini su Gottardi sembra sia stato effettuato fuori dall'area mentre Treossi l'ha visto dentro. In questo caso è difficile però attribuire grosse colpe all'arbitro perché la dinamica dell'azione è stata tale che ha ingannato un po' tutti. Detto questo, bisogna anche riconoscere che nella ripresa la Lazio ha letteralmente strapazzato gli avversari; la mossa Gottardi è stata determinante perché ha aperto grossi varchi nella difesa milanista che non è stata arginata in tempo da Capello. Non c'è stata partita per più di metà della ripresa; Casiraghi ha colpito anche un palo mentre quando il Milan ha tentato di tornare in avanti sull'1-3 che lo condannava, i rossoneri non sono stati in grado di esprimere nulla. In tutta la partita hanno tirato nello specchio della porta avversaria solo due volte: in occasione del gol di Albertini e con Ziege (parata di Marchegiani) e sempre su calcio di punizione. Oltre alla sfortuna e al probabile errore di Treossi, c'è un dato tecnico deprimente che è un po' il marchio che bolla una stagione totalmente fallimentare.

Gran bella cornice per l'atto finale di una coppa Italia che stavolta non ha perso per strada tutti i club più prestigiosi. L'Olimpico rasenta l'esaurito e c'è perfino una coreografia, in campo e sugli spalti, a dir poco sfarzosa. E' il Milan a portare il primo attacco con Weah, ma è di Casiraghi la prima conclusione a rete, un destro un po' sbilenco che finisce due metri a lato della porta di Rossi. Il ritmo non e' altissimo, le due squadre si muovono con circospezione: la Lazio deve rimontare il gol, ma non vuole correre rischi perché se il Milan segna sono dolori; quanto ai rossoneri, l'1-0 dell'andata li garantisce, ma non troppo. Vogliono evitare di chiudersi subito davanti alla propria area. Cercano così di tenere il possesso di palla con Savicevic che torna a centrocampo per mantenere i collegamenti, ma in questo caso Weah resta troppo solo. A centrocampo il Milan ha contrapposto Albertini a Jugovic, Donadoni è nella zona di Venturin, mentre Nedved è arginato in prima battuta da Ba e poi da Daino. Pian piano la Lazio viene avanti e al 17' Rossi per poco non le fa un grosso regalo quando, cercando di smistare il pallone di piede a Maldini, lo consegna a Casiraghi e deve respingere con il corpo il tiro ravvicinato di quest'ultimo. Ma al 20' si riabilita con una prontissima uscita su Nedved lanciato da Fuser: manata alla palla che sta per essere agganciata dall'avversario a pochi passi dalla porta. Sempre protagonista il portiere rossonero: dopo essere già stato messo sull'avviso da Treossi, tarda un po' la rimessa e si becca l'ammonizione. Non succede molto, si vede poco Mancini e così Casiraghi si deve battere da solo nell'area rossonera, ma anche Weah sull'altro versante non ha molta collaborazione. Poi Savicevic chiede di uscire e lo sostituisce Kluivert. La partita non riesce a decollare. Nel Milan ora Weah è arretrato a fare da trampolino di lancio per Kluivert ma fino a questo momento Marchegiani è rimasto totalmente inoperoso. Solo al 40', quando Donadoni libera Ba sulla destra, Weah riesce a colpire il pallone davanti alla porta laziale, ma ha il corpo oltre la linea del passaggio del compagno e ne esce un tiraccio altissimo. Finisce praticamente qui un primo tempo da dimenticare.

Inizio di ripresa. Non passano che pochi secondi quando Grandoni aggancia il piede di Albertini a un paio di metri dal limite dell'area laziale in posizione centrale. Punizione che Donadoni tocca lateralmente ad Albertini stesso, rasoterra che "buca" la barriera anche perché Venturin e Jugovic si aprono e così Marchegiani è trafitto nell'angolino basso alla sua destra. Ora per qualificarsi la Lazio deve segnare tre gol. Al 5' Kluivert, inseguendo un pallone catturato da Nesta, si procura uno stiramento e deve uscire sostituito da Maini. Nello stesso momento Eriksson fa entrare Gottardi che prende il posto di Grandoni. Ed è proprio il nuovo entrato che al 10' riaccende le speranze della folla laziale quando sospinge in rete un perfetto assist di Mancini che aveva addomesticato, da par suo, un lungo lancio di Venturin, poi evitato il rientro di Costacurta e liberato al tiro il compagno. Sempre Gottardi tre minuti dopo si procura un rigore quando scatta con grande prontezza sul lungo lancio di Mancini e viene colpito al corpo da Maldini in netto ritardo. Il laziale cade in area ma sembra sia stato colpito prima di avere varcato la linea. Treossi non ha dubbi e indica il dischetto. Jugovic tira forte e preciso a fil di palo e per Rossi non c'è nulla da fare. Incredibilmente la qualificazione è tornata in discussione in pochi minuti e non c'è dubbio che l'artefice di questa clamorosa svolta sia Gottardi, addirittura incontenibile. Al 18' riceve da Mancini e va via in percussione al centro servendo poi Casiraghi che stoppa e tira rapidamente, Rossi è battuto, lo salva il palo. Nettamente sorpreso il Milan. Quando ha abbassato la guardia, ritenendosi ormai in una botte di ferro, è stato letteralmente preso d'infilata sulla fascia sinistra da Gottardi che arriva sempre in velocità, non trova sbarramento da parte di Ziege che viene tirato indietro da Fuser e così Maldini se lo vede arrivare sempre in grande libertà. Esaltata da questi due gol, la Lazio completa l'opera al 20'. Corner da sinistra, la palla passa sotto la porta di Rossi, viene tirata da molti ma mai allontanata, finisce così a Negro sul versante opposto, girata pronta, il portiere respinge ma non trattiene e Nesta è più lesto di tutti nel sospingerla in rete. Un 3 a 1 incredibile, visto che i tre gol la Lazio li ha segnati in appena 10 minuti. Capello allora cerca di correre ai ripari affidandosi a Ganz che prende il posto di Ba. Si rovesciano le posizioni tattiche e psicologiche. Ora tocca al Milan attaccare. Ed è la Lazio che deve trepidare su questo vantaggio. Punizione battuta da Ziege e Marchegiani vola a deviare. Certo, questa ripresa sta ripagando enormemente la platea dello squallore del primo tempo. Ormai si gioca sui nervi su un fronte e sull'altro e proprio i nervi saltano a Fuser e Desailly che vengono alle mani al 35' e Treossi non ha esitazione a mandarli via. La partita non ha più storia, il Milan viene avanti con rabbia e generosità, ma non ha assolutamente la lucidità necessaria per arrivare comodamente al tiro. Marchegiani viene impegnato solo in alcune prese alte. Ci vuole ben altro per strappare la coppa alla Lazio.


La vittoria in Supercoppa europea


La Supercoppa Europea 1999 è biancoceleste
Il biglietto della partita
La formazione biancoceleste
Un'altra foto della formazione biancoceleste
Roberto Mancini offre un assist di testa a Marcelo Salas...
...che, stoppato il pallone di petto, scocca il tiro vincente...
...e la sfera si insacca in rete per il vantaggio biancoceleste
File:Gol1999a.jpg
L'esultanza del Matador dopo la marcatura
Un altro fotogramma dell'esultanza del bomber cileno
Juan Sebastian Veron e Pavel Nedved in azione in un momento dell'incontro
Alessandro Nesta in un momento dell'incontro
Un'azione della gara
Il Principe Alberto di Monaco porge la Coppa ad Alessandro Nesta
Capitan Alessandro Nesta bacia la Coppa appena conquistata
Dejan Stankovic, Marcelo Salas e Sinisa Mihajlovic
Un momento dei festeggiamenti in campo
Un'immagine della premiazione

Sul trono più alto d'Europa c'è da ieri sera una Lazio squillante. Battuto il Manchester, sissignore. Sconfitti i maestri, antichi e nuovissimi, grondanti di medaglie sulla mitica maglia rossa. Superati di slancio con armi tattiche prima, poi con squarci di purissima tecnica, tutt'altro che la difesa e il semplice contropiede che era lecito attendersi da una squadra attualmente meno rodata. E' una supercoppa che travolge tabù in serie: mai i biancocelesti l'avevano fatta franca in Europa contro una squadra britannica, mai del resto erano arrivati fin qui, dove hanno vendicato le recenti ferite di Inter e Juventus, eliminate, va detto, da un Manchester assai più pimpante e determinato di quello visto all'opera nel salotto buono del Principato e stranamente privo sia di Giggs che di Yorke. Alla fine conta il gol di Salas, partito dalla panchina. Ma contano, eccome, le parate di Marchegiani, la solidità difensiva, il centrocampo a cinque scelto da Eriksson, la dedizione assidua di un gruppo più che mai teso ad entrare nella storia. Lazio squillante, si diceva. Ma cambiate pure gli aggettivi che volete: matura o brillante, grintosa o spietata. Padrona del gioco per lunghi tratti in uno stadio tutto vestito di bianco e celeste, con larghi vuoti in campo inglese: anche gli hooligans ormai fanno gli snob. E festa grande soprattutto per Mancini a cui mancava in collezione questo trofeo, perso contro il Milan di Sacchi quando era alla Sampdoria. Per tutti un biglietto da visita niente male in vista del campionato e della Champions League che vanno a incominciare. Nottata indimenticabile, capirete. Quarta finale vinta sulle cinque finora disputate tutte d'un fiato.

E' stata subito abile la Lazio a sfruttare l'assetto tattico forse un po' troppo supponente di Ferguson: Manchester imbottito d'attaccanti, addirittura quattro in linea ad aspettare i rilanci dei difensori. Non che gli inglesi non sappiano il fatto loro in fase di palleggio, ma quando, superata l'iniziale emozione, Almeyda e Nedved hanno cominciato a pressare, i rifornimenti sono improvvisamente mancati, come se i campionissimi si fossero imballati di colpo. La verità è che i biancocelesti dalla nuova maglia fiammante, pur soffrendo i cross dalle fasce, hanno chiuso, grazie alla superiorità numerica, la strada ai centrali Keane e Scholes, che il tecnico scozzese aveva gravato di un peso tattico non indifferente. Più facile così per la Lazio liberare a turno Veron e Mancini, lanciare Nedved negli spazi, arrivare in area addirittura con l'uno-due.

Eriksson non ha cambiato l'assetto quando Inzaghino, dopo venti minuti volenterosi, è dovuto uscire con la maglia coperta di sangue per una scarpata al volto in corsa di Stam, scoordinata più che malefica: stessa sorte toccata al fratello Pippo, sempre contro gli inglesi. Dentro Salas, dunque. Destinato a realizzare il gol del meritato vantaggio, dopo occasioni in serie numericamente favorevoli ai laziali: intelligente il lancio di Pancaro, geniale l'assist aereo di Mancini a smarcare il sinistro del Matador, scattato a puntino in mezzo all'area, con Van der Gouw tradito dal riflesso. Straordinario, a proposito di riflessi, quello di Marchegiani, poco più tardi, su ravvicinato inserimento volante del piccolo Scholes, cui Beckham aveva riservato il meglio del repertorio balistico. Né va dimenticata una precedente scelta di tempo in uscita del portierone marchigiano sul volpone Sheringham, fiammate diaboliche in campo bianco e celeste, visto che più vicini al bersaglio erano arrivati Stankovic, Nedved e Mihajlovic su punizione. E ancor più con Salas a cavallo fra i due tempi: due volte il cileno si è presentato solitario davanti a Van der Gouw, finendo prima arpionato per un probabilissimo rigore, poi incredulo lui stesso per il sinistro appoggiato malamente fuori a portiere elegantemente superato. Da applausi i due assist, firmati Veron e Nedved.

Con questo Manchester stralunato, proteso un po' goffamente in avanti (Cole chi l'ha visto, stretto nella morsa Nesta-Mihajlovic?), alla Lazio si è spalancato il contropiede più agevole, tanto che Ferguson ha provato a sveltire la difesa accentrando Gary Neville e sostituendo lo svagato olandese Stam con Curtis. Fuori anche Beckham per Jordi Cruyff, figlio d'arte liberato dalla naftalina. E Simeone in campo per Nedved, caduto male su una spalla. Troppi, però, gli errori sotto porta: Stankovic ha sprecato al lato una proposta di Pancaro infiocchettata da Salas. Lombardo ha partecipato alla festa al posto di Mancini. La Lazio non ha mai rischiato, Veron è stato eletto miglior giocatore del match. E la coppa che fa il giro d'onore fra le mani di capitan Nesta è bellissima. Super.