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=== 31 marzo 1974 - Roma-Lazio 1-2 ===
(consulta la [[Domenica_31_marzo_1974_-_Roma%2C_stadio_Olimpico_-_Roma-Lazio_1-2|versione completa]] di questo articolo)


=== Vita di un campione: Fulvio Bernardini ===
(consulta la [[Bernardini_Fulvio|versione completa]] di questo articolo)


''A pochi giorni dal prossimo derby, il racconto degli eventi che portarono la Lazio, 35 anni fa, dopo una partita infuocata, a vincere l'ultima stracittadina prima del trionfo tricolore.''


==Biografia==
Fulvio Bernardini ha giocato in tutti i ruoli. Nacque a Roma il [[28 dicembre]] [[1905]] ma fu registrato all'anagrafe il [[1 gennaio]] [[1906]]. Deceduto a Roma il [[13 gennaio]] [[1984]]. Nativo del rione Monti, da bambino cominciò a giocare in una squadra del rione Esquilino chiamata Esquilia. Da ragazzo era soprannominato "sfilatino" perchè era sempre munito di pagnottelle che la mamma, premurosamente, gli metteva nella borsa sportiva.


{{datalink|31|marzo|1974}} - '''[[1974|1811]].''' Campionato di Serie A 1973/74 - '''XXIII giornata'''


===Gli anni della Lazio===
'''ROMA''' Conti P., Negrisolo, Rocca, Morini G., Santarini, Batistoni, Orazi (16' Peccenini), Domenghini, Prati, Cordova, Spadoni. 12 Ginulfi, 14 Cappellini. All. Liedholm.


Bernardini arrivò alla Lazio a 14 anni e mezzo, presentato dai soci [[Mangialaio Delfo|Mangialaio]] e [[Riccioni Bindo|Riccioni]]. Poco dopo esordì in porta nel torneo dedicato al calciatore laziale [[Canalini Alberto|Alberto Canalini]] caduto durante la [[Prima Guerra Mondiale]]. Era il [[1919]] e riscosse tanti di quegli apprezzamenti che fu subito promosso portiere titolare fino alla metà della stagione [[1920/21]] quando, dopo una sconfitta con il Napoli per 4-2 e un duro colpo sul capo preso durante un'accesa partita contro la [[Fortitudo]], chiese di poter essere spostato in attacco. I dirigenti, che in un primo tempo non volevano accontentarlo viste le sue grandi capacità come portiere, decisero di provarlo centravanti nella squadra riserve.
'''LAZIO''' [[Pulici Felice|Pulici P.]], [[Petrelli Sergio|Petrelli]], [[Martini Luigi|Martini]], [[Wilson Giuseppe|Wilson]], [[Oddi Giancarlo|Oddi]], [[Nanni Franco|Nanni]], [[Garlaschelli Renzo|Garlaschelli]], [[Re Cecconi Luciano|Re Cecconi]], [[Chinaglia Giorgio|Chinaglia]], [[Frustalupi Mario|Frustalupi]], [[D'Amico Vincenzo|D'Amico]] (83' [[Polentes Luigi|Polentes]]). 12 [[Moriggi Avelino|Moriggi]], 14 [[Franzoni Paolo|Franzoni]]. All. [[Maestrelli Tommaso|Maestrelli]].


La prima partita, contro le riserve dell'[[Audace]] al [[Parco dei Daini]], fu un trionfo e, approfittando della lunga assenza di un compagno di squadra titolare che giocava nel ruolo di mezzala sinistra, prese il suo posto e l'anno dopo finalmente fu spostato nel ruolo di centrattacco. Ma improvvisamente, verso la fine della stagione, chiese ancora di essere sostituito in prima linea e cominciò a giocare nel ruolo di centrale difensivo anche se, in realtà, occupava, a seconda dei momenti della partita, tutti i ruoli. In quegli anni la squadra era allenata da [[Baccani Guido|Baccani]] e giocava alla [[Stadio Rondinella - Roma|Rondinella]]. Si fregiò di molti successi: per tre volte risultò vincitrice delle semifinali interregionali, per altre tre volte fu campione della Lega Sud, due volte finalista della stessa Lega, anche se intervennero decisioni tese a revocare il risultato ottenuto sul campo, e una volta vinse la Prima Divisione.
'''Arbitro:''' Sig. Gonella di Torino.


E' difficile calcolare con precisione quante partite abbia giocato Bernardini con la Lazio in quanto, in quei tempi, i giornali non riportavano sempre le formazioni. Il numero però dovrebbe avvicinarsi alle 100 presenze mentre i goal furono circa 65. Nelle varie formazioni biancocelesti Fulvio fu compagno dei più forti giocatori romani di quei tempi come [[Saraceni (I) Fernando|Saraceni]], [[Dosio Ugo|Dosio]], [[Faccani Augusto|Faccani]], [[Filippi Dante|Filippi]], [[Raffo Mario|Raffo]], [[Consiglio Marcello|Consiglio]], [[Sclavi Ezio|Sclavi]], [[Vojak Antonio|Vojak]] ed altri. Il [[22 marzo]] [[1925]] Bernardini ebbe l'onore, primo giocatore in assoluto del centro-sud, di essere convocato in Nazionale per la partita Italia-Francia svoltasi a Torino e finita con il punteggio di 7-0 per gli Azzurri. Durante la sua permanenza alla Lazio ebbe anche l'onore di essere convocato in Nazionale altre 8 volte. In quello stesso anno si cominciarono, purtroppo, ad evidenziare degli screzi e delle incomprensioni tra il calciatore e la Lazio.
'''Marcatori:''' 5' autorete Pulici, 47' D'Amico, 50' Chinaglia (rig).


La squadra, alla fine del [[Campionato]] [[1925/26]], finì solo terza in classifica preceduta dalle rivali storiche [[Alba]] e [[Fortitudo]]. Bernardini, effettivamente, con la sua grande personalità, condizionava il gioco della squadra e i rapporti interni. Anche fuori dal campo l'atleta cominciò a mostrare una certa insofferenza. Sebbene i suoi compagni lo venerassero, qualcuno ne cominciò a criticare certi atteggiamenti di superiorità. Ebbe un aspro diverbio con Filippi, un altro giovane romano dalle grandi qualità, e anche dure discussioni con [[Nesi Carlo|Nesi]] e [[Fraschetti Aldo|Fraschetti]]. Inoltre cominciarono ad arrivare anche i primi segnali di un interesse delle grandi società del Nord per il calciatore. Fulvio respinse una richiesta della [[Juventus FC|Juventus]] e il dirigente [[Bitetti Olindo|Bitetti]], che lo venne a sapere, ritenne opportuno trovare subito un impiego in banca per il giocatore.
'''Note:''' Nuvoloso con pioggia durante il primo tempo. Terreno viscido.
Ammoniti: Negrisolo per proteste, Petrelli e Frustalupi per gioco falloso, Chinaglia per atto scorretto nei confronti di Morini.
Partita sospesa 2 volte durante il secondo tempo per invasione di campo di uno spettatore giallorosso prontamente arrestato dai carabinieri, e per lancio di oggetti verso i giocatori biancocelesti durante la battuta di un calcio d'angolo sotto la tribuna tevere.


Vi è da ricordare che la Lazio riteneva lo sport come puro dilettantismo, soprattutto nelle intenzioni del Presidente [[Ballerini Fortunato|Ballerini]], mentre [[Bitetti Olindo|Bitetti]] aveva intuito che il calcio stava andando verso una dimensione in cui l'aspetto economico era fondamentale e quindi, l'impiego trovato a Bernardini, andava propio in questa direzione. Bernardini fu grato alla società per quel gesto ma improvvisamente arrivò un'offerta dell'[[Internazionale FC|Internazionale]] che proponeva al calciatore uno stipendio mensile di 3.000 lire e un premio di rinnovo annuale di 50.000 lire. [[Bitetti Olindo|Bitetti]] capì immediatamente il pericolo mortale che questa offerta significava per la Lazio e, presentatosi da Bernardini, gli ricordò il fatto che proprio lo stesso giocatore aveva sostenuto, solo qualche tempo prima, la necessità del più puro dilettantismo nello sport. D'altro canto, consapevole della realtà delle cose, tentò di offrire un'adeguata ricompensa al giocatore pur di trattenerlo a Roma.
'''Spettatori:''' 73.612 circa di cui 50.800 paganti e 22.812 abbonati per un incasso di £ 244.000.000


Per acquisire tale somma [[Bitetti Olindo|Bitetti]] coinvolse alcuni potenti uomini politici del tempo e uno di essi, Cremonesi, il governatore di Roma, convinse l'Associazione Commercianti a raccogliere una somma di denaro per persuadere il giocatore a restare nella Capitale. Bernardini respinse l'offerta e a quel punto [[Bitetti Olindo|Bitetti]] si rivolse all'allenatore [[Baccani Guido|Baccani]] che aveva grande ascendente su "Fuffo", ma il tentativo fallì perchè era proprio [[Baccani Guido|Baccani]] che aveva sempre consigliato al giocatore di non lasciarsi sfuggire l'occasione di trasferirsi al Nord. Non rimase che l'arma del sentimento: Fulvio aveva promesso al padre Augusto, sul letto di morte, che non avrebbe mai lasciato la Lazio e fu proprio questa la leva che [[Bitetti Olindo|Bitetti]] utilizzò per convincerlo. Ma a Fulvio arrivò un messaggio distorto e gli sembrò di capire che Olindo gli avesse rinfacciato le spese sostenute dalla Società per pagare i funerali del suo genitore e a quel punto, furibondo, andò a Milano.
La Lazio affronta il derby conscia di essere in testa al campionato. La Roma dal canto suo vuole vendicarsi della sconfitta dell'andata e scende in campo col coltello fra i denti.
Lo stadio esaurito fa da cornice a una gara piena di emozioni e contestazioni come da tradizione.
E l'inizio è subito da romanzo giallo, infatti dopo una prima azione giallorossa che [[Oddi Giancarlo | Oddi]] sventava in angolo, la Roma andava in rete in modo fortunoso:
infatti Spadoni, ricevuta la palla da Cordova, dal vertice destro faceva partire un cross che invece di dirigersi verso il centro area, prendeva una strana traiettoria verso l'incrocio dei pali sinistro.
[[Pulici Felice | Pulici]] forse in un eccesso di sicurezza, o forse sorpreso dal tiro, cercavava di respingere il pallone, ma oltre la linea.A nulla valeva la respinta di [[Wilson Giuseppe | Wilson]] : l'arbitro concedeva la rete tra l'ovazione della curva sud.
La Lazio accussa il colpo, la Roma gioca sulle ali dell'entusiasmo.
Al 16° su contrasto con [[Re Cecconi Luciano | Re Cecconi]] si fa male Orazi, che deve uscire in barella sostituito da Peccenini.
L'azione non viene fermata e [[Chinaglia Giorgio | Chinaglia]] di testa su cross dello stesso Re Cecconi sfiora il pareggio mandando alto sopra la traversa.
Pochi minuti dopo [[Petrelli Sergio | Petrelli]] viene falciato da Domenghini, ma l'arbitro fra proseguire, nel capovolgimento di fronte è [[Oddi Giancarlo | Oddi]] ad entrare duro su Spadoni accendendo un parapiglia in campo.
E' la volta di Peccenini ad entrare sulle gambe di Re Cecconi,senza nessuna consequenza per il biondo centocampista laziale che subito si rialza cercando di smorzare gli animi.
La partita si innervosisce e lo si capisce da un episodio successivo:
su un tentativo di incursione in area Chinaglia finisce a terra contrastato da Santarini e sfavorito dal terreno zuppo di pioggia, sbatte su una valigetta di un fotografo a bordo campo, procurandosi un'ecchimosi.


L'ultimo che tentò la riconciliazione fu il potente socio biancoceleste [[Vaccaro Giorgio|Giorgio Vaccaro]] il quale, una volta accortosi che tutto era inutile, impose a Bernardini, in virtù dei regolamenti, di pagare un indennizzo di 20.000 lire alla Società. Nonostante le proteste del giocatore, suo fratello Vittorio firmò 20 cambiali da 1.000 lire l'una versandole alla Società. Comunque se ne era andato un giocatore che per tanti anni era stato il simbolo stesso della Lazio e per il quale i tifosi biancocelesti stravedevano. Il [[20 agosto]] fu il [[Corriere dello Sport - Stadio|Corriere dello Sport]] a pubblicare la notizia ufficiale del trasferimento.
[[Long John]] per la rabbia prende la valigia e la lancia sulla pista di atletica.
Verso la fine del primo tempo, rete annullata a Rocca per evidente fallo di mano, con i giocatori laziali immobili per il gioco fermo.
Morini prende di petto Chinaglia, ma è Re Cecconi a calmare le acque per evitare il peggio, accorrono anche Rocca e Oddi che si scambiano qualche colpetto proibito.
Su questo squarcio polemico finisce un primo tempo fatto soprattutto di falli e gioco spezzettato.
I giocatori escono dal campo con le bandiere giallorosse al vento, mentre la delusione serpeggia fra la tifoseria biancazzurra.
La ripresa inizia subito con Chinaglia, che battuto il calcio d'inizio scarta gli avversari come birilli e arriva al vertice sinistro dell'area giallorossa, tirando all'esterno della rete.
Un minuto dopo Petrelli contrastato da Rocca cade al limite dell'area, l'arbitro concede la punizione che [[Frustalupi Mario | Frustalupi]] batte con uno spiovente in area intercettato da Spadoni che respinge; la palla arriva a Chinaglia che al volo tira, ma anche stavolta un difensore respinge mandando la sfera sui piedi di [[D'Amico Vincenzo | D'Amico]] che senza pensarci su due volte manda la palla alle spalle di Conti.
Roma 1 Lazio 1, e questa volta è la curva nord ad esplodere di gioia.
Ora è la Lazio a respirare,ma al 49° ancora forse sotto l'effetto del pareggio sono i giallorossi con Cordova a sfiorare la rete e a colpire il palo dopo uno slalom contro quattro difensori biancazzurri sorpresi dalla prodezza del centrocampista giallorosso.
Sulla respinta è [[Nanni Franco | Nanni]] a partire in contropiede e mentre sta entrando in area viene atterrato alle spalle da Morini. Rigore!
In campo è il putiferio, i giocatori giallorossi protestano asserendo che il fallo è iniziato fuori area, Chinaglia invece mima l'arbitro e indica il dischetto saltellando in area di rigore romanista.
Batte Chinaglia centralmente e spiazza Conti, fra la gioia dei giocatori in campo e dei tifosi sugli spalti.
L'Attaccante biancazzurro, assieme a Wilson va a festeggiare abbracciando [[Maestrelli Tommaso | Maestrelli]]
La Roma è frastornata, e 50 secondi dopo sfiora il contropiede con Chinaglia falciato da Morini alle spalle,l'arbiro decreta la punizione dal limite.
Lo Stadio è una polveriera, iniziano tafferugli sugli spalti ed un tifoso entra in campo tentando di aggredire l'arbitro Gonella, ma Rocca riesce a fermarlo in tempo.
Ci vogliono oltre 2 minuti per portare fuori il tifoso di peso, la successiva punizione di Chinaglia sfiora il palo alla sinistra di Conti.
La Roma cerca di riprendere il gioco, ma Peccenini, non impegna con un tiro cross Pulici più di tanto.
Al 60° Garlaschelli in slalom viene atterrato da Cordova, la punizione viene deviata in angolo, sotto la tribuna Tevere, ma passano oltre 3 minuti prima di poterla battere, per via del continuo lancio di oggetti da parte dei tifosi giallorossi all'indirizzo dei giocatori laziali.
Al 75° è la Roma ad usufruire di una punizione dal vertice destro dell'area quasi all'altezza della bandierina di calcio d'angolo.
Lo spiovente viene colpito da Negrisolo che centra la traversa, la palla ricade tra le braccia di Pulici che viene caricato fallosamente da Prati,; l'Arbitro sospende il gioco mentre Rocca insacca.


===Gli anni dell'Internazionale e della Roma===
I giocatori giallorossi reclamano il gol, mentre Pulici senza aspettare batte la punizione e allontana la palla dall'area.
All'80° punizione per la Roma, Batte domenghini per la testa di Prati, ma pulici para in due tempi distendendosi sulla sua destra.
Pochi minuti dopo su cross di Morini, Prati manca la palla di testa a pochi passi da Pulici che smanaccia la sfera, raccoglie Spadoni che a porta vuota spara alto la più facile delle occasioni.
Riparte la Lazio, con D'Amico che crossa per Chinaglia, questi in posizione defilata preferisce non tirare e dopo essersi portato a spasso un difensore passa a Frustalupi che tira cogliendo in pieno il palo sinistro.
Un minuto dopo, con la Roma sbilanciata in avanti, è Nanni ad involarsi tutto solo in area, ma il tiro colpisce la traversa e rimbalza fuori dalla linea di porta.
Ormai sono saltati tutti gli schemi,all'87° è D'Amico ad entrare in area e crossare un tiro teso dalla linea di fondo per Chinaglia che a porta vuota in spaccata non riesce a centrare il bersaglio stirandosi.
La Roma si lancia ancora una volta in avanti e Pulici deve fare un doppio miracolo per evitare il gol del pareggio uscendo di pugno su un tiro di Spadoni.
Un minuto dopo è ancora il portiere biancoceleste a salvare la situazione bloccando una palla sporca indirizzata in porta.
La partita si conclude con una volata di [[Garlaschelli Renzo | Garlaschelli]] che tira di poco al lato.
Neanche il tempo di rimettere il pallone in gioco che l'arbitro fischia la fine.
I giocatori della Lazio escono dal campo tra gli applausi del suo pubblico e gli scudi dei Carabinieri per proteggerli da una fitta sassaiola da parte dei sostenitori avversari.
Si conteranno oltre 200 milioni di lire di danni allo stadio, moltissimi i feriti, le macchine distrutte o danneggiate.
La caccia all'uomo prosegue per ore fuori lo stadio, dove un gruppo di facinorosi tenta di sfondare il blocco creato dalla polizia davanti gli spogliatoi.
L'arbitro Gonella deve uscire in cellulare scortato dai carabinieri. L'intero incasso servirà al presidente della Roma per coprire i danni procurati dai propri tifosi.
Con questa vittoria la Lazio va a quota 32, la Juventus a 29 e il Napoli a 28, e Domenica c'è la sfida coi partenopei che si preannuncia calda anche per il ricordo dell'anno precedente.


Nell'[[Internazionale FC|Internazionale]] "Fuffo" rimase fino al [[1928]] confermando tutte le sue grandi qualità: giocò 58 partite e segnò 27 reti. Nel frattempo trovò anche il tempo e la forza di volontà per laurearsi alla Bocconi in Scienze Economiche. Va ricordato che nello stesso periodo vi erano soltanto altri due giocatori laureati: Rava e Frossi. La Lazio nel frattempo aveva cominciato ad abituarsi all'assenza del giocatore ma, quando nell'estate [[1928]] Bernardini accettò di trasferirsi alla [[Roma AS|Roma]], le ferite che si stavano rimarginando ricominciarono a sanguinare. Il giocatore divenne in breve il punto di forza dei giallorossi e si immedesimò talmente nel carattere della squadra testaccina che, insieme ad [[Ferraris (IV) Attilio|Attilio Ferraris (IV)]], ne divenne il simbolo, schierandosi quasi sempre nel ruolo di centromediano. Avversario implacabile nei [[Derby]], si distingueva alla fine della partita per la signorilità e l'affetto con cui salutava i calciatori biancocelesti come se quei colori fossero sempre rimasti, indelebili, nell'anima del campione.




Nella [[Roma AS|Roma]] giocò fino al [[1939]], disputando 286 partite e segnando 45 reti. Paradossale fu il suo rapporto con la Nazionale: fino al [[1932]] giocò 26 partite, segnando anche 3 goal e conquistando la medaglia di bronzo alle Olimpiadi del [[1928]], ma il rapporto con il C.T. Vittorio Pozzo fu molto ambiguo se non addirittura conflittuale. Pozzo non lo portò infatti né ai [[Mondiali]] del [[1934]] né a quelli del [[1938]], giustificandosi con la frase: "Fulvio gioca troppo bene per essere capito dai compagni". Nel frattempo, a testimonianza dello spessore intellettuale dell'uomo, Bernardini scriveva su [[Il Littoriale]] interessanti articoli riguardanti la tecnica e la tattica nel gioco del calcio tanto che, una volta finita la carriera, divenne giornalista professionista. Va ricordato ancora che Bernardini, una volta lasciata la [[Roma AS|Roma]], giocò fino al [[1943]] con la squadra romana della Mater.
{{incontro| |19740331|1973/74| |197373}}

===Il calciatore===

Fulvio Bernardini è stato un fuoriclasse tra i più grandi che il calcio italiano abbia espresso. Poliedrico e completo, dotato di un fisico calcisticamente perfetto, portò nel calcio la modernità, anticipando di qualche decennio il modo di giocare che si sarebbe imposto negli anni '60 e '70. Quando il calcio era privo di schemi, quando il pallone veniva scagliato in avanti dalle retrovie lasciando agli attaccanti il compito di raccoglierlo, Bernardini, con il pallone tra i piedi al limite della sua area, con calma solenne e lo sguardo rivolto sempre ai compagni, serviva con passaggi millimetrici i mediani per poi scattare in avanti e ricevere da loro la palla di ritorno; da lì ancora avveniva lo scambio con le mezze ali che poi potevano servire le ali o tentare di servire il centravanti per la conclusione. Non era mai in difficoltà o in affanno e riusciva a rendere concreta l'idea di chi ritiene il calcio un gioco semplice in cui è sufficiente rendere facili e spontanee le cose che appaiono difficili. Dotato di un passaggio preciso e di un tiro potente con ambedue i piedi anche se preferiva il sinistro, abile anche di testa, faceva sentire in campo la sua presenza e costituiva, grazie alla sua personalità, un esempio per tutti.

===L'allenatore===

Dopo l'abbandono dell'attività agonistica e la parentesi drammatica della guerra, Fulvio Bernardini cominciò la carriera di allenatore con la [[Roma AS|Roma]] nel [[1949/50]] ma il rapporto si chiuse bruscamente con un esonero. Dal [[1951]] al [[1953]] allenò il [[Vicenza]] in [[Serie B]]. Nel [[1956]], alla guida della [[Fiorentina AC|Fiorentina]], vinse uno storico [[Scudetto]] che replicò con il [[Bologna]] nel [[1964]]. I suoi successi furono completati con la vittoria della [[Coppa Italia]] del [[1958]] ottenuta proprio allenando la Lazio. Va sottolineato che questi successi furono gli unici ottenuti da squadre non di Milano o di Torino nel dopoguerra fino agli anni '70.

Nella Lazio del Presidente [[Siliato Leonardo|Siliato]] fu allenatore dal [[1957/58]] al [[1960/61]] totalizzando 92 panchine. Dal [[1961/62]] al [[1965]] fu a Bologna per poi trasferirsi a Genova alla guida della [[Sampdoria]] fino al [[1971]]. Chiuse la sua carriera a livello di club, ricoprendo il ruolo di direttore tecnico nel [[Brescia]]. Nel [[1974]] fu chiamato dalla Federazione per allenare la Nazionale italiana reduce dal fallimento dei Mondiali di Germania e ricoprì questo delicato ruolo fino al [[1977]]. Modificò profondamente la mentalità difensivista attuata fino allora dall'Italia, esaltando la razionalità del gioco unita ad un grande movimento in cui ogni giocatore doveva occupare una ben precisa zona del campo con un ruolo e un compito specifico. Il pallone non andava mai passato al compagno, ma spedito nella zona di campo dove, chi riceveva il passaggio, doveva trovarsi grazie a un rapido spostamento.

Gli scambi dovevano avvenire tenendo il pallone sempre rasoterra perchè, come affermava Fulvio, il pallone passato alto impiega più tempo per arrivare e ne rende più arduo il controllo. Inoltre il calciatore che imposta l'azione e che manovra deve avere, come qualità indispensabile, "i piedi buoni". Dopo la rifondazione della Nazionale ricoprì il ruolo di Direttore Generale nella [[Sampdoria]] fino al [[1979]]. Morì a Roma il [[13 gennaio]] [[1984]] e fu rimpianto da tutti. A suo nome è intitolato il Centro Sportivo di Trigoria della [[Roma AS|A.S. Roma]]. Come nota di colore si può ricordare la sua interpretazione cinematografica nel film "Gli undici moschettieri" del [[1952]].

== Palmares ==

* 1 Coppa Italia (Lazio) nel [[1957/58]]


[[Categoria:Biografie|Bernandini Fulvio]]
[[Categoria:Calciatori|Bernardini Fulvio]]
[[Categoria:Allenatori|Bernardini Fulvio]]
[[Categoria:Pionieri|Bernardini Fulvio]]

Versione delle 21:54, 7 apr 2009


Vita di un campione: Fulvio Bernardini

(consulta la versione completa di questo articolo)


Biografia

Fulvio Bernardini ha giocato in tutti i ruoli. Nacque a Roma il 28 dicembre 1905 ma fu registrato all'anagrafe il 1 gennaio 1906. Deceduto a Roma il 13 gennaio 1984. Nativo del rione Monti, da bambino cominciò a giocare in una squadra del rione Esquilino chiamata Esquilia. Da ragazzo era soprannominato "sfilatino" perchè era sempre munito di pagnottelle che la mamma, premurosamente, gli metteva nella borsa sportiva.


Gli anni della Lazio

Bernardini arrivò alla Lazio a 14 anni e mezzo, presentato dai soci Mangialaio e Riccioni. Poco dopo esordì in porta nel torneo dedicato al calciatore laziale Alberto Canalini caduto durante la Prima Guerra Mondiale. Era il 1919 e riscosse tanti di quegli apprezzamenti che fu subito promosso portiere titolare fino alla metà della stagione 1920/21 quando, dopo una sconfitta con il Napoli per 4-2 e un duro colpo sul capo preso durante un'accesa partita contro la Fortitudo, chiese di poter essere spostato in attacco. I dirigenti, che in un primo tempo non volevano accontentarlo viste le sue grandi capacità come portiere, decisero di provarlo centravanti nella squadra riserve.

La prima partita, contro le riserve dell'Audace al Parco dei Daini, fu un trionfo e, approfittando della lunga assenza di un compagno di squadra titolare che giocava nel ruolo di mezzala sinistra, prese il suo posto e l'anno dopo finalmente fu spostato nel ruolo di centrattacco. Ma improvvisamente, verso la fine della stagione, chiese ancora di essere sostituito in prima linea e cominciò a giocare nel ruolo di centrale difensivo anche se, in realtà, occupava, a seconda dei momenti della partita, tutti i ruoli. In quegli anni la squadra era allenata da Baccani e giocava alla Rondinella. Si fregiò di molti successi: per tre volte risultò vincitrice delle semifinali interregionali, per altre tre volte fu campione della Lega Sud, due volte finalista della stessa Lega, anche se intervennero decisioni tese a revocare il risultato ottenuto sul campo, e una volta vinse la Prima Divisione.

E' difficile calcolare con precisione quante partite abbia giocato Bernardini con la Lazio in quanto, in quei tempi, i giornali non riportavano sempre le formazioni. Il numero però dovrebbe avvicinarsi alle 100 presenze mentre i goal furono circa 65. Nelle varie formazioni biancocelesti Fulvio fu compagno dei più forti giocatori romani di quei tempi come Saraceni, Dosio, Faccani, Filippi, Raffo, Consiglio, Sclavi, Vojak ed altri. Il 22 marzo 1925 Bernardini ebbe l'onore, primo giocatore in assoluto del centro-sud, di essere convocato in Nazionale per la partita Italia-Francia svoltasi a Torino e finita con il punteggio di 7-0 per gli Azzurri. Durante la sua permanenza alla Lazio ebbe anche l'onore di essere convocato in Nazionale altre 8 volte. In quello stesso anno si cominciarono, purtroppo, ad evidenziare degli screzi e delle incomprensioni tra il calciatore e la Lazio.

La squadra, alla fine del Campionato 1925/26, finì solo terza in classifica preceduta dalle rivali storiche Alba e Fortitudo. Bernardini, effettivamente, con la sua grande personalità, condizionava il gioco della squadra e i rapporti interni. Anche fuori dal campo l'atleta cominciò a mostrare una certa insofferenza. Sebbene i suoi compagni lo venerassero, qualcuno ne cominciò a criticare certi atteggiamenti di superiorità. Ebbe un aspro diverbio con Filippi, un altro giovane romano dalle grandi qualità, e anche dure discussioni con Nesi e Fraschetti. Inoltre cominciarono ad arrivare anche i primi segnali di un interesse delle grandi società del Nord per il calciatore. Fulvio respinse una richiesta della Juventus e il dirigente Bitetti, che lo venne a sapere, ritenne opportuno trovare subito un impiego in banca per il giocatore.

Vi è da ricordare che la Lazio riteneva lo sport come puro dilettantismo, soprattutto nelle intenzioni del Presidente Ballerini, mentre Bitetti aveva intuito che il calcio stava andando verso una dimensione in cui l'aspetto economico era fondamentale e quindi, l'impiego trovato a Bernardini, andava propio in questa direzione. Bernardini fu grato alla società per quel gesto ma improvvisamente arrivò un'offerta dell'Internazionale che proponeva al calciatore uno stipendio mensile di 3.000 lire e un premio di rinnovo annuale di 50.000 lire. Bitetti capì immediatamente il pericolo mortale che questa offerta significava per la Lazio e, presentatosi da Bernardini, gli ricordò il fatto che proprio lo stesso giocatore aveva sostenuto, solo qualche tempo prima, la necessità del più puro dilettantismo nello sport. D'altro canto, consapevole della realtà delle cose, tentò di offrire un'adeguata ricompensa al giocatore pur di trattenerlo a Roma.

Per acquisire tale somma Bitetti coinvolse alcuni potenti uomini politici del tempo e uno di essi, Cremonesi, il governatore di Roma, convinse l'Associazione Commercianti a raccogliere una somma di denaro per persuadere il giocatore a restare nella Capitale. Bernardini respinse l'offerta e a quel punto Bitetti si rivolse all'allenatore Baccani che aveva grande ascendente su "Fuffo", ma il tentativo fallì perchè era proprio Baccani che aveva sempre consigliato al giocatore di non lasciarsi sfuggire l'occasione di trasferirsi al Nord. Non rimase che l'arma del sentimento: Fulvio aveva promesso al padre Augusto, sul letto di morte, che non avrebbe mai lasciato la Lazio e fu proprio questa la leva che Bitetti utilizzò per convincerlo. Ma a Fulvio arrivò un messaggio distorto e gli sembrò di capire che Olindo gli avesse rinfacciato le spese sostenute dalla Società per pagare i funerali del suo genitore e a quel punto, furibondo, andò a Milano.

L'ultimo che tentò la riconciliazione fu il potente socio biancoceleste Giorgio Vaccaro il quale, una volta accortosi che tutto era inutile, impose a Bernardini, in virtù dei regolamenti, di pagare un indennizzo di 20.000 lire alla Società. Nonostante le proteste del giocatore, suo fratello Vittorio firmò 20 cambiali da 1.000 lire l'una versandole alla Società. Comunque se ne era andato un giocatore che per tanti anni era stato il simbolo stesso della Lazio e per il quale i tifosi biancocelesti stravedevano. Il 20 agosto fu il Corriere dello Sport a pubblicare la notizia ufficiale del trasferimento.

Gli anni dell'Internazionale e della Roma

Nell'Internazionale "Fuffo" rimase fino al 1928 confermando tutte le sue grandi qualità: giocò 58 partite e segnò 27 reti. Nel frattempo trovò anche il tempo e la forza di volontà per laurearsi alla Bocconi in Scienze Economiche. Va ricordato che nello stesso periodo vi erano soltanto altri due giocatori laureati: Rava e Frossi. La Lazio nel frattempo aveva cominciato ad abituarsi all'assenza del giocatore ma, quando nell'estate 1928 Bernardini accettò di trasferirsi alla Roma, le ferite che si stavano rimarginando ricominciarono a sanguinare. Il giocatore divenne in breve il punto di forza dei giallorossi e si immedesimò talmente nel carattere della squadra testaccina che, insieme ad Attilio Ferraris (IV), ne divenne il simbolo, schierandosi quasi sempre nel ruolo di centromediano. Avversario implacabile nei Derby, si distingueva alla fine della partita per la signorilità e l'affetto con cui salutava i calciatori biancocelesti come se quei colori fossero sempre rimasti, indelebili, nell'anima del campione.


Nella Roma giocò fino al 1939, disputando 286 partite e segnando 45 reti. Paradossale fu il suo rapporto con la Nazionale: fino al 1932 giocò 26 partite, segnando anche 3 goal e conquistando la medaglia di bronzo alle Olimpiadi del 1928, ma il rapporto con il C.T. Vittorio Pozzo fu molto ambiguo se non addirittura conflittuale. Pozzo non lo portò infatti né ai Mondiali del 1934 né a quelli del 1938, giustificandosi con la frase: "Fulvio gioca troppo bene per essere capito dai compagni". Nel frattempo, a testimonianza dello spessore intellettuale dell'uomo, Bernardini scriveva su Il Littoriale interessanti articoli riguardanti la tecnica e la tattica nel gioco del calcio tanto che, una volta finita la carriera, divenne giornalista professionista. Va ricordato ancora che Bernardini, una volta lasciata la Roma, giocò fino al 1943 con la squadra romana della Mater.

Il calciatore

Fulvio Bernardini è stato un fuoriclasse tra i più grandi che il calcio italiano abbia espresso. Poliedrico e completo, dotato di un fisico calcisticamente perfetto, portò nel calcio la modernità, anticipando di qualche decennio il modo di giocare che si sarebbe imposto negli anni '60 e '70. Quando il calcio era privo di schemi, quando il pallone veniva scagliato in avanti dalle retrovie lasciando agli attaccanti il compito di raccoglierlo, Bernardini, con il pallone tra i piedi al limite della sua area, con calma solenne e lo sguardo rivolto sempre ai compagni, serviva con passaggi millimetrici i mediani per poi scattare in avanti e ricevere da loro la palla di ritorno; da lì ancora avveniva lo scambio con le mezze ali che poi potevano servire le ali o tentare di servire il centravanti per la conclusione. Non era mai in difficoltà o in affanno e riusciva a rendere concreta l'idea di chi ritiene il calcio un gioco semplice in cui è sufficiente rendere facili e spontanee le cose che appaiono difficili. Dotato di un passaggio preciso e di un tiro potente con ambedue i piedi anche se preferiva il sinistro, abile anche di testa, faceva sentire in campo la sua presenza e costituiva, grazie alla sua personalità, un esempio per tutti.

L'allenatore

Dopo l'abbandono dell'attività agonistica e la parentesi drammatica della guerra, Fulvio Bernardini cominciò la carriera di allenatore con la Roma nel 1949/50 ma il rapporto si chiuse bruscamente con un esonero. Dal 1951 al 1953 allenò il Vicenza in Serie B. Nel 1956, alla guida della Fiorentina, vinse uno storico Scudetto che replicò con il Bologna nel 1964. I suoi successi furono completati con la vittoria della Coppa Italia del 1958 ottenuta proprio allenando la Lazio. Va sottolineato che questi successi furono gli unici ottenuti da squadre non di Milano o di Torino nel dopoguerra fino agli anni '70.

Nella Lazio del Presidente Siliato fu allenatore dal 1957/58 al 1960/61 totalizzando 92 panchine. Dal 1961/62 al 1965 fu a Bologna per poi trasferirsi a Genova alla guida della Sampdoria fino al 1971. Chiuse la sua carriera a livello di club, ricoprendo il ruolo di direttore tecnico nel Brescia. Nel 1974 fu chiamato dalla Federazione per allenare la Nazionale italiana reduce dal fallimento dei Mondiali di Germania e ricoprì questo delicato ruolo fino al 1977. Modificò profondamente la mentalità difensivista attuata fino allora dall'Italia, esaltando la razionalità del gioco unita ad un grande movimento in cui ogni giocatore doveva occupare una ben precisa zona del campo con un ruolo e un compito specifico. Il pallone non andava mai passato al compagno, ma spedito nella zona di campo dove, chi riceveva il passaggio, doveva trovarsi grazie a un rapido spostamento.

Gli scambi dovevano avvenire tenendo il pallone sempre rasoterra perchè, come affermava Fulvio, il pallone passato alto impiega più tempo per arrivare e ne rende più arduo il controllo. Inoltre il calciatore che imposta l'azione e che manovra deve avere, come qualità indispensabile, "i piedi buoni". Dopo la rifondazione della Nazionale ricoprì il ruolo di Direttore Generale nella Sampdoria fino al 1979. Morì a Roma il 13 gennaio 1984 e fu rimpianto da tutti. A suo nome è intitolato il Centro Sportivo di Trigoria della A.S. Roma. Come nota di colore si può ricordare la sua interpretazione cinematografica nel film "Gli undici moschettieri" del 1952.

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