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Da LazioWiki.

Il Tempo titola: “Indietro tutta”. Prosegue il quotidiano romano: “Lazio demotivata: esce un pari senza reti che fa riemergere vecchi difetti. Venezia perfetto, i biancocelesti pagano assenze e stanchezza. Attacco spuntato, si complica la corsa per la Champions”.

Altro che frenata. Siamo davanti a un calo fisico e mentale che non fa presagire nulla di buono. A Venezia finisce 0-0 con mezzo tiro in porta di una Lazio che non ha capito il momento decisivo del campionato. Niente da fare, senza intensità non si va lontano, esce il primo pareggio in trasferta e, puntuale, arriva la conferma che la creatura di Baroni vince solo quando gioca bene. Se trova una giornata storta, rischia di perdere e forse stavolta avrebbe anche meritato il ko per quanto fatto da un avversario orgoglioso che non ha mollato di un centimetro nonostante il penultimo posto in classifica. Complimenti a Di Francesco con la speranza che mostri la stessa grinta sempre da qui alla fine. Tant'è, la Lazio è questa, bella e determinata fino a dicembre, più arruffona da un paio di mesi nei quali sta lasciando punti pesanti nella volata per l'Europa (le sconfitte di Bologna e Milan aiutano a rendere meno amaro il risultato del Penzo).

A parte qualche picco di rendimento è da tempo che non si vede più quella squadra spettacolare che aveva fatto presagire grandi cose fino a quella maledetta sconfitta interna contro l'Internazionale FC, quello 0-6 che ha fatto riemergere antichi difetti strutturali che l'entusiasmo era riuscito a coprire. Tra due giorni si gioca il quarto di finale di Coppa Italia a Milano proprio contro l'Internazionale FC e la speranza che la Lazio ritrovi quelle geometrie che l'avevano portata in alto proprio contro lo stesso avversario. Ora, classifica attuale a parte, il pareggio di Venezia conferma quell'incapacità di interpretare le partite, di leggere le situazioni cui bisogna lottare col coltello tra i denti evitando un inutile e dannoso possesso palla in orizzontale. Baroni ci ha provato all'inizio con Noslin, impalpabile, poi con Pedro, Lazzari e Tchaouna senza trovare mai il bandolo della matassa. Dia ha sprecato da due passi il vantaggio nell'unica azione degna di nota. Senza Castellanos infortunato e Rovella squalificato la manovra è stata lenta col solo Guendouzi a lottare contro gli arrembanti dirimpettai. Dele Bashiuru ha lasciato il campo per infortunio sul finire di un primo tempo inguardabile consentendo l'esordio di Belahyane che qualche segnale positivo ha dato. Così come Mandas, bravo nella ripresa a limitare i danni sulle conclusioni di Oristanio e Maric.

Troppi infortuni hanno fiaccato la squadra che ha bisogno come il pane del recupero di Vecino oltre che di Hysaj e del Taty, uno che ti accorgi di quanto sia importante quando non c'è. Ora due volte Milano tra coppa e campionato e la sensazione che, tra un mese, anche guardando il calendario, la Lazio si possa ritrovare in una posizione di classifica meno confortevole rispetto a quella attualmente occupata. La squadra è ben costruita nonostante investimenti limitati ma forse non in grado di lottare alla lunga per la zona Champions: meglio guardarsi le spalle per non rischiare di restare fuori dall'Europa almeno in campionato. Il girone di andata ha illuso, la squadra è andata oltre i suoi limiti, adesso deve compattarsi e cercare di fare il massimo per non avvitarsi su se stessa. Serve una scossa e, soprattutto, provare qualche volta e giocare meno bene e raccogliere più punti per non avere a maggio rimpianti per la posizione finale in classifica. Nessun dramma ma la c'è la consapevolezza che la Lazio, più di quanto visto finora, non può davvero fare.


La Gazzetta dello Sport titola: “Lazio in frenata”. Continua la "rosea": “Solo un pareggio a Venezia. Il quarto posto è a rischio. Un tiro di Dia e basta: la Juve oggi può sorpassarla. I veneti lottano e nel finale vanno vicini al gol vittoria”.

Un’occasione sprecata per entrambe. Ma se quella del Venezia si accompagna alla consapevolezza di aver giocato alla pari, se non meglio, della (forse già stasera ex) quarta forza del campionato, e può quindi darle quella iniezione di autostima di cui ha tanto bisogno, per la Lazio l’occasione sciupata ha solo risvolti negativi. Perché oltre ai due punti lasciati per strada (che possono risultare letali alla viglia di una serie di scontri diretti) la banda Baroni fornisce una delle più brutte prove stagionali, probabilmente la peggiore in assoluto. E si ritrova con un infortunato in più (distorsione alla caviglia per Dele-Bashiuru).

Assente ingiustificata. Si, è una Lazio irriconoscibile quella che (non) si vede al Penzo, campo tra l’altro storicamente difficile per i biancocelesti (che qui persero anche nell’anno dell’ultimo scudetto). Per lunghi tratti si ha quasi l’impressione che la formazione di Baroni non si sia proprio presentata. Ritmi insolitamente lenti, passaggi orizzontali invece delle solite verticalizzazioni, poco sfruttamento delle fasce. E soprattutto un atteggiamento di sufficienza che quest’anno non si era mai visto. Le assenze di Rovella (squalificato) e Castellanos (infortunato) pesano, ma forse a frenare la squadra biancoceleste è soprattutto il richiamo di preparazione effettuato nei giorni scorsi che ha inevitabilmente appesantito le gambe. Fatto sta che in tutta la gara la formazione romana produce una sola palla-gol. Che Dia spreca clamorosamente a tu per tu con Radu a metà primo tempo (sontuosa la giocata di Zaccagni che serve il senegalese). Prima e dopo il nulla, a parte un tiro di Isaksen che Radu neutralizza in avvio di ripresa. E pensare che il Venezia, prima di ieri, aveva chiuso solo due partite senza subire gol, l’ultima delle quali quattro mesi fa (contro il Genoa il 21 settembre). Male i giocatori schierati inizialmente (confermato l’avvicendamento Mandas-Provedel tra i pali), male anche i subentrati (stavolta non riesce la magia del gol che arriva dalla panchina).

Mai troppo tardi. Ma se la Lazio è così brutta, tanto da fare scena muta, gran parte del merito va ad un Venezia che, se si fosse sempre espresso in questo modo, avrebbe ben altra classifica. Di Francesco azzecca tutto, dal piano partita (densità in mezzo e fasce bloccate per togliere sbocchi alla manovra della Lazio) alle sostituzioni che rinvigoriscono i suoi quando, a metà ripresa, la benzina di molti giocatori segna rosso. E poco ci manca che, grazie a questi cambi chirurgici, il Venezia non si prenda l’intera posta. Perché negli ultimi venti minuti sono i padroni di casa a sfiorare il gol, prima con un colpo di testa di Maric (al debutto da titolare) che doveva solo essere messo dentro. E poi con due tiri dalla distanza di Oristanio e Busio. La vittoria sarebbe forse un premio eccessivo per un Venezia che per tre quarti di partita pensa solo a contenere (riuscendoci peraltro alla perfezione). Ma, volendo, il campionato dei lagunari può ripartire da qui. Da una prova confortante contro una delle migliori realtà del campionato. Mai dire mai. Alla salvezza si può, anzi si deve ancora credere.