Domenica 21 ottobre 1990 - Torino, stadio Delle Alpi – Juventus-Lazio 0-0

Da LazioWiki.

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21 ottobre 1990 - 2.461 - Campionato di Serie A 1990/91 - VI giornata

JUVENTUS: Tacconi, Luppi (64' Galia), Julio Cesar, Corini, De Marchi, De Agostini, Hassler, Marocchi, Di Canio (69' Casiraghi), R.Baggio, Schillaci. A disp.: Bonaiuti, D.Bonetti, Fortunato. All. Maifredi.

LAZIO: Fiori, Bergodi, Sergio, Pin, Gregucci, Soldà, Madonna, Sclosa, Riedle, Domini, Sosa. A disp.: Orsi, Lampugnani, F.Marchegiani, Bertoni, Saurini. All. Zoff.

Arbitro: Sig. D'Elia (Salerno).

Note: ammoniti al 17' De Marchi, al 36' Luppi, al 44' Soldà, al 55' Madonna. Angoli 5-5. Esordio in serie A per Corini classe 1970.

Spettatori: paganti 14.684 per un incasso di Lire 448.859.000, abbonati 25.973 per un incasso di Lire 763.875.000.

Tacconi sventa una rete
Il palo colpito da Marocchi
Soldà e Corini in acrobatico contrasto
Sergio scarta Hassler


La Stampa titola: "Una traversa di Haessler, poi nella ripresa la Lazio sfiora più volte il colpaccio. La lezione del professor Zoff. Schemi e contropiede mettono in crisi la Juve".

L'articolo così prosegue: Un punto perso? No, un punto guadagnato per la Juventus, al terzo pareggio casalingo consecutivo contro una Lazio che, al Delle Alpi, ha addirittura sfiorato il colpaccio. Idee chiare, schemi semplici, difesa elastica e contropiede: così la squadra di Dino Zoff, rimasto nel cuore dei tifosi bianconeri, è salita in cattedra nel secondo tempo ed ha impartito una lezione di calcio pragmatico, essenziale, alla Juventus di Gigi Maifredi che, in casa, soffre ormai di una sorta di complesso e non riesce a vincere in campionato. Ha segnato un gol in tre partite, e su rigore, con Baggio con l'Atalanta. E' finita 0-0, ma Tacconi, nell'ultimo quarto d'ora, ha rischiato un precoce... invecchiamento di fronte al dilagare dei romani. Buon per lui che Sosa e Riedle erano in vena di regali ed hanno sprecato tre clamorose palle-gol senza contare un paio di brividi precedenti. Alla fine, dalla curva Scirea, dove era già scoppiata una rissa tra i nostalgici di Zoff e i "governativi", sono partite salve di fischi all'indirizzo di una brutta Juventus. E non c'entra la soggezione, o l'emozione, di qualche juventino nei confronti dell'ex maestro: il merito di Zoff è stato quello di disporre tatticamente bene la sua squadra sfruttando le lacune degli avversari, sia in mezzo al campo che sulle fasce laterali. Agli ospiti è mancato soltanto il colpo del ko. E alla Juventus? Il gioco.

Una punizione di Baggio, parata da Fiori, un palo di Marocchi, con la complicità di un errore del portiere, e una traversa di Haessler, con un sinistro da posizione difficilissima, il bilancio del primo tempo per una Juventus che si affida all'improvvisazione e agli spunti individuali dei suoi grandi solisti, non all'azione corale. La mezza rivoluzione operata da Maifredi, con gli inserimenti a sorpresa di Corini e Luppi e la promozione a titolare di Di Canio, rispettivamente al posto di Fortunato, Napoli (a riposo per gravi motivi familiari) e Casiraghi, utilizzato 28 minuti in staffetta con l'ex laziale, non ha sortito gli effetti sperati. Con Baggio "ingabbiato" da un marcamento misto uomo-zona, le rifiniture sono state poche e maldestre per uno Schillaci ancora in ombra e tradito a volte, come Di Canio, dalla voglia di strafare. Di Canio ha anche reclamato il rigore al 67' per un tackle sospetto di Sclosa in area, ma il bravo D'Elia non ha ravvisato gli estremi. Era stato l'affondo più pericoloso della Juventus nell'arco della ripresa che ha visto progressivamente la Lazio crescere di tono e di autorevolezza, penetrando facilmente, di rimessa, nelle larghe maglie della difesa bianconera. Nella prima mezz'ora, De Agostini aveva spinto sulla sinistra, ma i rari cross erano preda dei difensori laziali (Casiraghi stava in panchina), e l'impegno di Marocchi e Haessler produceva due legni (28' e 31'). Fumo e niente arrosto.

Squadra lunga, slegata attorno alla regia acerba di Corini con un centrocampo che ha sofferto il pressing di una Lazio ordinata, geometrica, con Sclosa, Pin e Domini punti di riferimento costanti. La Juventus è andata spesso fuori misura nei passaggi, l'azione, macchinosa, non ha trovato sbocchi. Doveva essere aperta di più lungo gli "outs" anziché imbottigliarsi in spazi troppo stretti, senza grossi problemi per Gregucci, Sergio, Bergodi e il libero Soldà. E ne ha sofferto, inevitabilmente, anche la retroguardia: Sosa ha fatto dannare Luppi (e poi Galia), Riedle ha messo in crisi De Marchi. Si sono salvati Julio Cesar, con interventi di classe e potenza, e Tacconi che ha sfoderato tutto il suo mestiere. A questo punto c'è da chiedersi se non sia arrivato il momento di una svolta tattica. Vale la pena di insistere su un modulo che stenta a decollare anche per le caratteristiche degli interpreti? Dopo sei giornate di campionato, la zona dovrebbe cominciare a dare i suoi frutti. Invece non si notano progressi. Anzi, con la Lazio, la Juventus ha compiuto un passo indietro.


l'Unità titola: "Acclamato, invocato, rimpianto, l'ex juventino ha dato lezione di gioco e di stile. L'importanza di chiamarsi Zoff".

L'articolo così prosegue: La vendetta di Zoff non c'entra. Anzi, Dino, salutato con un'incredibile ovazione dai suoi ex tifosi che gli hanno anche lanciato un mazzo di fiori, si morde le dita perché la Lazio si è mangiata la vittoria. Contro una Juve così deprimente sarebbe riuscito a vendicarsi anche Marchesi, il più vituperato dalle folle juventine negli ultimi tempi. La Signora butta al vento una grossa opportunità per decollare, anzi, oltre a perdere un punto prezioso, offre uno spettacolo di gioco scadente e che puzza tanto di involuzione. E le cifre cominciano a farsi pesanti: solo 5 gol (di cui tre su rigore) in sette gare e, soprattutto, nessuna delle sue celebrate punte è finora andata in gol su azione. In casa, è il terzo pareggio: il "Delle Alpi" non è ancora stato espugnato e questo fatto potrebbe diventare un complesso assai pericoloso. Zoff non sbaglia nulla, schiera una Lazio nemmeno troppo prudente, con i soli Gregucci e Bergodi a francobollare Di Canio e Schillaci, ma con un centrocampo attento più a costruire che a difendere. La Juve si smarrisce subito, anche perché Maifredi, finisce per essere trafitto dalle stesse mosse in contropiede che aveva escogitato per sorprendere l'avversario: l'esordio di Corini al posto di Fortunato e la maglia numero 9 affidata a Di Canio a spese di Casiraghi. Risultato: il ragazzino, tradito dall'emozione, non ne azzecca una e l'ex laziale è completamente spaesato in un ruolo non suo, tanto più che lo Schillaci di oggi è un partner assai dimesso. Allora ci provano i solisti, a turno, ma così poco sorretti dal centrocampo, Baggio, Haessler e lo stesso Di Canio riescono solo a mangiarsi il pallone. La Signora, vicino al gol ci arriva pure nel primo tempo, scheggiando due traverse con Marocchi e Haessler, ma sono sprazzi, figli più che altro di azioni abbastanza "sporche".

Baggio ci prova su punizione a metà tempo, ma Fiori devia con una prodezza. Ben diverse invece le occasione capitate alla Lazio nel finale: tre nitide palle-gol fallite da Riedle e da Sosa a due passi da Tacconi hanno procurato grossi brividi ai tifosi che alla fine hanno fatto sentire la propria contestazione. La Juve dei sessanta miliardi e delle promesse di spettacolo è già sommersa di fischi dopo un mese e mezzo di campionato, questa è la realtà che il cronista deve registrare. Alcune scelte di Maifredi sono apparse ieri incomprensibili: lanciare un ragazzo certamente promettente come Corini in un momento però difficile come questo non ha molto senso. L'esperimento andava fatto prima, quando la Signora si poteva concedere qualche settimana di tempo in più per quadrare i conti del gioco. Neppure Corini si aspettava probabilmente una responsabilità e un esordio tanto improvvisi. Certo, i nazionali suoi compagni non lo hanno molto aiutato, perché almeno tre di loro, Marocchi, Schillaci e De Agostini sono in condizioni assai precarie. Anche Di Canio, gettato nella mischia a fare ciò che non sa, cioè la punta centrale, si è smarrito in un gioco stretto, facile preda dei suoi ex compagni. Né ha fatto di meglio Luppi, tornato in squadra in modo altrettanto repentino e misterioso al posto di Napoli e distintosi solo per qualche figuraccia contro i veloci contropiedisti biancazzurri. La Lazio si è mostrata senz'altro più squadra della Juve, anche se le manca ancora la consapevolezza di sé e se ha sprecato troppo perché le potesse riuscire un colpaccio che ha quasi avuto paura di mettere a segno. Tanto per fare arrabbiare Zoff e per togliergli, se per caso ne avesse avuta, ogni traccia di nostalgia.


Un altro articolo racconta le emozioni del tecnico biancoceleste al cospetto della sua ex squadra:

"SuperDino: "Non conosco la parola vendetta"". Soddisfatto, emozionato, commosso. "Non mi aspettavo tanto affetto - dice Zoff - forse è perché sono rimasto tra questa gente più di tutti gli altri. Dire che mi fa piacere è il minimo. Ma non parlatemi di un vincitore morale: la mia Lazio ha solo pareggiato in casa della Juve. Il risultato ci sta stretto, è vero: avevamo nei piedi il colpo del k.o. e non l'abbiamo sfruttato. Quando mi avete visto imprecare, era perché, al terzo errore, ho pensato che stava diventando un'abitudine di quelle che poi costano care". Qualcuno lo stuzzica citandogli una sua frase del periodo torinese. "Il tempo è galantuomo", diceva spesso Dino riferendosi implicitamente al giudizio sulla sua persona. "Continuo a pensare che a tempi lunghi, molto lunghi, sia davvero così, risponde, ma si capisce che il discorso, a caldo, non gli va troppo a genio, anche per non far torto alla sua Lazio e al suo presente. Si rigira tra le mani un portachiavi d'oro appena regalato dai suoi ex tifosi. "La Juve con nostalgia, grazie Dino", c'è scritto.