Domenica 3 marzo 1996 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Inter 0-1

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3 marzo 1996 - 2689 - Campionato di Serie A 1995/96 - XXIV giornata

LAZIO: Marchegiani, Gottardi, Nesta, Di Matteo, Negro, Chamot, Rambaudi (69' M.Esposito), Fuser, Casiraghi, Winter (69' Piovanelli), Signori. A disp.: F.Mancini, Romano, Marcolin. All. Zeman.

INTER: Pagliuca, Bergomi, Festa, Paganin, Centofanti, Zanetti, Fresi (78' Dell'Anno), Ince, Carbone (86' Ganz), Fontolan, Branca. A disp.: Landucci, Orlandini, Bianchi. All. Ardemagni. D.T. Hodgson.

Arbitro: Ceccarini (Livorno).

Marcatori: 64' Nesta (aut).

Note: ammoniti Festa, Centofanti, Fuser, Nesta. Calci d'angolo: 7-10.

Spettatori: 48.000 circa.

Dal Guerin Sportivo: una fase della gara
Dal Guerin Sportivo: una fase della gara
Il biglietto della partita

Il punto è che l'inglese Roy Hodgson sa cambiare e il boemo Zdenek Zeman invece no. Il primo pensa che gli schemi si possano modificare e che nessuna regola sia immutabile, il secondo non si sposta mai di un centimetro, sconfinando in un integralismo cieco e troppo spesso avaro di risultati. E grazie a questa elasticità, mentale e di comportamento, che l'Inter è riuscita a battere per la seconda volta la Lazio all'Olimpico. Era successo a dicembre nei quarti di Coppa Italia (1 a 0 in notturna, gol di Berti) ed è successo ieri pomeriggio con meriti maggiori e più chiari da parte dei nerazzurri (1 a 0, gol di Carbone), ormai alla quarta vittoria consecutiva in campionato (Napoli, Torino, Atalanta e Lazio). Saper cambiare presuppone comunque voglia di analisi e coraggio di applicazione. Sotto questo profilo, Hodgson ha dato una buona lezione alla Lazio e a Zeman soprattutto, per il quale la linea di spettacolo sta diventando piatta e la minestra dal sapore troppo riscaldato. Per la prima volta, forse, da quando ha preso in mano l'Inter, Hodgson si è trovato di fronte a una squadra quadrata, coerente, perfino profonda, sia pure non straordinariamente brillante. L'Inter ha meritato la vittoria perché ha saputo "incartare" la Lazio, annullandole tutte le migliori prerogative (fuorigioco ossessivo della difesa, pressing del centrocampo e forza d'urto del tridente offensivo). E come se avesse tirato fuori la sua voce, una voce finalmente decisa, limpida, più sicura. Hodgson ha avuto il coraggio di lasciare in panchina Ganz e spostare in avanti Carbone, fingendo un atteggiamento tattico giudizioso, quasi rinunciatario. Ha coperto le corsie laterali chiamando Fontolan (uno dei più bravi) a sinistra e chiedendo a Zanetti un lavoro di grande presenza, peraltro svolto nel migliore dei modi con la consueta fisicità da parte dell'argentino. Ha poi messo Fresi in mezzo, accanto a Ince, e ha recuperato Bergomi in difesa buttando nella mischia Centofanti. Il ritorno del capitano ha consentito al tecnico di recuperare il modulo tattico di base (quattro in linea dietro, quattro a centrocampo e due davanti) dopo la rapida e poco felice irruzione nel 5 3 2 effettuata da Hodgson contro la Fiorentina in Coppa Italia ("per mancanza di esterni" aveva spiegato l'inglese con trascorsi svizzeri). La Lazio, che ha dovuto rinunciare in extremis a Favalli, sostituito da Nesta, e pesantemente condizionata dall'assenza di Boksic, l'unico in grado di far cambiare marcia alla squadra e di inventare qualcosa, ha dato una dignitosa immagine di sé nel primo tempo, creando tre buone occasioni da gol. Poi si è spenta, rigirandosi su limiti antichi e soffrendo una mancanza di fantasia sulla quale solo Zeman continua a evitare riflessioni accurate. L'Inter, da quel momento, ha cominciato a costruire la sua tela, "saltando" il pressing laziale e bloccando ogni possibilità di aggiramento laterale. La vivacità di Carbone, infine, ha fatto la differenza: minima eppure decisiva. Dopo il gol ("l'unico tiro in porta dell'Inter" ha commentato alla fine acidamente Zeman), Hodgson si è divertito a mettere dentro Dell'Anno prima e Ganz qualche minuto più tardi, ormai cosciente della forza della sua squadra e dell'incapacità laziale di trovare una contromossa adeguata. Tra le tante cose incomprensibili di Zeman, infatti, i cambi. A metà della ripresa abbiamo visto uscire Winter per Piovanelli e Rambaudi per Esposito. Il trionfo della presunzione. Ma solo della presunzione?

Fonte: Corriere della Sera