Giovedì 22 aprile 1999 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-FC Lokomotiv Moskva 0-0

Da LazioWiki.

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22 aprile 1999 - Coppa delle Coppe 1998/99 - Semifinali

LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Mihajlovic, Pancaro, Lombardo, Stankovic, Fernando Couto (46' Almeyda), Nedved, R.Mancini (76' De La Peña), Vieri (88' Boksic). A disp. Ballotta, Favalli, Sergio Conceicao, Salas. All. Eriksson.

LOKOMOTIV MOSKVA: Nigmatullin, Arifullin, Chugainov, Cherevchenko, Lavrik, Smertin, Loskov, Karlachev (66' Maminov), Gourenko, Dzanashia, Bulikin. A disp. Poliakov, Pachinine, Sarkissian, Semenenko, Hovhannisyan. All. Syomin.

Arbitro: Frisk (Svezia).

Note: ammoniti Couto e Arifullin per gioco scorretto. Angoli 10-4 per la Lazio.

Spettatori: 32.016 per un incasso di lire 980.123.000.

Il biglietto della gara
La Lazio è in finale: l'arrivederci a Birmingham sul tabellone dello stadio Olimpico
Un'azione di gioco
Una fase della partita
Un momento dell'incontro
Attilio Lombardo abbraccia Sinisa Mihajlovic
Calciatori biancocelesti sotto la curva a fine gara
Il titolo del Messaggero

Dalla Gazzetta dello Sport:

A Birmingham, a Birmingham! 19 maggio, la Lazio c'è. Seconda finale europea consecutiva, possibilità d'essere l'ultimo club a conquistare la coppa delle Coppe, che dalla prossima stagione non ci sarà più. La festa è tutta qui e nella capacità di Mancini (il migliore) e compagni di rinserrare le fila, mentalmente e materialmente, in un momento, anzi in un aprile di grande difficoltà. Il resto è un sofferto 0-0 col Lokomotiv che vale la finale perché a Mosca è finita 1-1. Risultato giusto, match mediocre, una traversa di Mihajlovic, portieri quasi interamente inoperosi, Lazio umile e perfettamente consapevole dei propri attuali limiti. Ma prima delle gambe, stavolta, occorreva la testa. E la Lazio mostra di averla ancora sulle spalle. Anche se Vieri impegna subito Nigmatullin in una difficile parata a terra che resterà figlia unica, gli uomini di Eriksson sembrano quasi ipnotizzati. Pesano come macigni, è chiaro, le sconfitte con Roma e Juventus e tutta la squadra appare bloccata. Né Nesta, che sbaglia subito qualcosa, e Marchegiani, che cicca coi piedi il passaggio all'indietro di Pancaro, contribuiscono a restituirle tranquillità. Per contro, il Lokomotiv mostra di essere perfettamente consapevole del fatto che l'1-1 dell'andata finirebbe già da solo con l'eliminarlo. Per questo, il 3-5-2 proposto da Syomin è assai spregiudicato. La formazione è per dieci undicesimi quella dell'andata, manca solo il centromediano Drozdov che l'elegante Loskov, in campo nella ripresa a Mosca, rileva mostrando attitudini maggiormente offensive. Per venti minuti, il Lokomotiv fa la partita e mette in seria difficoltà la Lazio, anche se Marchegiani non viene mai impegnato severamente.

A centrocampo la superiorità numerica del quintetto ospite è sempre tale perché le giovani punte Janashia e Bulykin, questi tanto simile nelle progressioni all'indimenticato Blochin, riescono svariando molto sulle corsie esterne a tenere impegnato l'intero reparto biancoceleste, Pancaro, che dovrebbe invece essere il centrocampista di complemento, incluso. E' una Lazio però attenta e prudente, come non lo era stata contro la Roma. Il resto, per aggiustare tatticamente il match, lo fa Mancini. Ispirato e come sempre assai intelligente, parte da attaccante, ma preso atto delle difficoltà patite da Stankovic e Couto, che dispongono dell'aiuto di Lombardo ma assai poco di quello dello svagato Nedved, Mancio retrocede in gran fretta a fare il quinto centrocampista. E' lui che detta i tempi, e che alterna il lancio lungo per il solitario e come sempre tenacissimo Vieri, all'invito alla manovra per i vari Nedved, Pancaro, Stankovic e Negro (assai positivo). La seconda metà del primo tempo è così tutta della Lazio, vicinissima al gol con la traversa colta da Mihajlovic direttamente su calcio d'angolo (31'), ma poco precisa nelle numerose mischie che si vengono a creare sotto la porta di Nigmatullin, aiutato in più di una circostanza da Chervechenko e Chugainov, difensori solidi e robusti. Eriksson muove la sua miliardaria panchina all'inizio della ripresa. Pochi possono permettersi di rinunciare in partenza a Salas, Boksic, Conceicao, Almeyda, De la Peña e Favalli. Lui lo fa ma a nostro avviso non merita censure per questo. Il predestinato è Almeyda, che rileva un Couto naturalmente meno veloce ma non per questo deficitario.

Il portoghese, però, ha un'ammonizione a carico, troppo pericoloso insistere su di lui e ora che i russi hanno speso qualcosa, il pressing di Almeyda può contribuire a fare la differenza. Il problema è tuttavia quello che anche la Lazio ha speso. E nell'aprile erikssoniano la Lazio ha storicamente poco da spendere, quasi sempre meno degli avversari che ha davanti. E' così anche stavolta: dal quarto d'ora della ripresa è il Lokomotiv che torna a prendere in mano il boccino del match e non c'è Almeyda che tenga. Syomin fa entrare il quasi attaccante Maminov per Karlachev e sarebbe subito (23') la mossa vincente se sul tiro al volo del subentrato Pancaro non opponesse alla disperata il corpo. Viene da dire non buttasse la stampella. Poi Maminov si fa male e quello resterà l'unico vero pericolo corso dalla Lazio. Eriksson dosa i cambi, De la Peña e Boksic per Mancini e Vieri, e le residue energie. E' fatta. Ma quanta fatica!


Il Messaggero titola: "Coppa delle Coppe. Eliminato il Lokomotiv, adesso c’è il Maiorca. Partita difensiva dei biancocelesti, che rischiano poco e mancano diverse occasioni da rete. Traversa di Mihajlovic, solo Vieri ha insistito per cercare il gol".

L'articolo così prosegue: Se uno 0-0 può guarire, eccolo servito. Vale la finale di coppa delle Coppe col Maiorca ed è quanto basta alla Lazio, che a questa partita chiedeva solo il risultato. Sarà la seconda finale europea consecutiva ed è un mezzo traguardo raggiunto: ci sarà tempo per riflettere, per prepararla al meglio. Ieri sera l'Olimpico ha potuto alzare le bandiere di giubilo solo dopo i quattro eterni minuti di recupero concessi dal discreto arbitro svedese Frisk. Al culmine di una partita interpretata in maniera unicamente difensiva, strappata coi denti ad un Lokomotiv che non ha tirato mai nello specchio ma vi ha spesso navigato pericolosamente vicino, mettendo a nudo tutti i timori biancocelesti di questo scorcio di stagione. La convalescenza della Lazio è apparsa lampante per quasi metà del primo tempo e per larga parte della ripresa. Un approccio alla partita decisamente molle, preoccupato, esageratamente attendista. A difesa schierata, i russi sono riusciti ugualmente a penetrare in dribbling o con gli scambi brevi, con marcatori in giallo in bambola, buchi a centrocampo quasi imbarazzanti. Fernando Couto non ha ripetuto (facendosi fra l'altro pure ammonire), ad esempio, la copertura gagliarda offerta in altre occasioni, cercando improbabili anticipi sugli svelti avversari, il più pericoloso dei quali è sempre risultato Smertin, bravo a smarcarsi su tutta la trequarti. E' arrivato al tiro, sballandolo, Boulykine, poi Marchegiani ha dovuto smanacciare alla meglio su un tiro d'angolo: insomma, brividi veri.

Quando i biancocelesti si sono svegliati dal letargo, in realtà le occasioni sono fioccate. Ritmo un po' più battente, inserimenti sparsi, con Nedved che ha provato a fare lo Smertin, ma ancora grosse difficoltà sotto porta, dove Vieri, poco lucido per le continue sgroppate, spesso solo contro tutti, ha fallito un paio di deviazioni invitanti. Ecco, alla Lazio manca da un po' l'incisività sotto rete. Mancini ha giocato quasi in linea col centrocampo, offrendo solo qualche assist decente, Nedved è riuscito perfino a contendere vittoriosamente palla al portiere Nigmatullin, per offrirla poi, con troppa fretta, al difensore piazzato a difesa. Errori che danno l'idea di un patema d'animo non certo rassicurante. Così la migliore opportunità è stata creata dal sinistro magico del solito Mihajlovic, che stavolta, senza la deviazione determinante del portiere russo, avrebbe centrato l'incrocio direttamente dalla bandierina: traversa piena e rimpianti veri perché andare al riposo in sicurezza avrebbe dato alla squadra nuovo smalto psicologico. Il Lokomotiv ha chiuso con rinnovata determinazione: buono il lavoro degli atletici difensori, coordinati dal libero e capitano Tchougainov, esterni in grado di arrivare sul fondo, centrocampo vivo in Kharlachev e Lavrik, con il georgiano Janashia, ben tenuto da Nesta, a cercare il colpaccio. Eriksson ha intuito gli affanni in mezzo al campo, presentando Almeyda al ritorno dagli spogliatoi. Nesta ha provato a suonare la carica, spingendosi in avanti e pescando Vieri con un cross mal sfruttato in elevazione. Ma è stato l'unico sprazzo decente, finché ancora Boulykine non è arrivato dalle parti di Marchegiani con un tiro terminato al lato. Il tutto mentre si scaldavano gli altri cinque della panchina da 150 miliardi.

Lazio a tratti ancora svampita, comunque. Pancaro ha dovuto opporsi con la schiena ad una conclusione a botta sicura del nuovo entrato Maminov, a coronamento di un contropiede quattro contro tre, rifinito da Janashia dalla sinistra. Momenti di affanno vero, con i padroni di casa incapaci di creare una sola palla gol degna di questo nome. Paura? Visti i molti rinvii a casaccio, il dubbio resta forte e di certo non è un buon viatico per il campionato. Allora dentro De la Peña per Mancini, incomprensibilmente ormai fuori dalla manovra. E palla buona per Vieri, ancora impreciso col sinistro. Nel contropiede più ficcante, incursione di Nedved da sinistra, ancora il sinistro di Christian infranto su un difensore biancorosso. Dentro anche Boksic per far passare i minuti: suo l'ultimo tentativo, dopo un'uscita di testa di Marchegiani al limite dell'area. Si va a Birmingham, ma con tanta apprensione.


Sempre dal quotidiano romano:

E’ finale di Coppa delle Coppe per la Lazio. Senza segnare, senza entusiasmare, i biancocelesti, hanno eliminato il Lokomotiv Mosca, conquistando per il secondo anno consecutivo una finale europea. Zero a zero (dopo l'1-1 dell'andata): qualche buona occasione per i biancocelesti, ma la squadra di Eriksson non è mai stata convincente. Nel primo tempo il Lokomotiv è partito a mille, cercando di mettere in difficoltà la retroguardia biancoceleste. Ma, senza correre eccessivi rischi, la Lazio pian piano è uscita fuori, spostando in avanti il baricentro del gioco. Clamorose un paio di occasioni da gol capitate a Vieri, sfortunatissimo Mihajlovic che ha colpito la traversa. Nella ripresa Lazio all'attacco, ma senza trovare il ritmo giusto. Da una parte la squadra di Eriksson molto confusa, dall'altra un Lokomotiv quasi nullo: una sola occasione per i russi verso la mezzora, con un tiro al volo dello smarcatissimo Kharlachev ribattuto col corpo da Pancaro. Poi solo Lazio, ma senza convincere, evidentemente tesa, preoccupata per la crisi che attraversa e che ha rimesso in discussione la vittoria dello scudetto che sembrava ormai vicino. Ma quello che conta, questa volta, è il risultato: lo 0-0 contro il Lokomotiv, seppur brutto, significa che a Birmingham, il 19 maggio contro il Maiorca, la squadra biancoceleste, potrà centrare quell'obiettivo mai raggiunto in cento anni di storia.


Tratte dal quotidiano romano, alcune dichiarazioni post-gara:

Con il cuore. La Lazio è in una finale europea per il secondo anno consecutivo. Sergio Cragnotti sorride e cancella le smorfie catturate dalle telecamere nel corso della gara. «Non ho mai temuto di non farcela. Questa squadra ha finalmente ritrovato l'entusiasmo». Il presidente, trasformatosi in settimana in abile psicologo, sarebbe molto felice di staccare l'assegno da duecento milioni a giocatore che ha promesso alla squadra in caso di vittoria nell'ultima edizione della Coppa delle Coppe della storia. Uno striscione apparso sugli spalti alla fine del primo tempo con la scritta: "Soli contro tutti" non riesce a provocare il presidente biancoceleste. Il riferimento della gente è alle correnti di pensiero che hanno messo la Lazio in cattiva luce nel corso della settimana. «Questa Lazio può aver paura solo di sé stessa e di niente altro». In finale a Birmingham il diciannove maggio non ci sarà il Chelsea degli ex italiani e biancocelesti ma l'ostico Maiorca. Prima di allora il cammino sarà però lungo e faticoso. La testa va subito al campionato che non può essere assolutamente sottovalutato. La battaglia con il Milan è aperta e comincerà immediatamente domenica a Marassi con la Sampdoria. «Spero proprio che a vincere, alla fine, sia la Lazio. In questo senso sono molto ottimista. Se poi il Milan arriverà in fondo prima di noi vorrà dire che lo merita».

«Dobbiamo far festa: la Lazio è in finale. Sono orgoglioso di questa squadra. Domenica a Genova: o vita o morte. Ci giochiamo tutto»: Eriksson cerca di scuotere l'ambiente e di superare le critiche per la brutta partita. «Ma le cose non vanno più come una volta», ammette Sven. Si riferisce soprattutto al fatto che Vieri e compagni non riescono a sfruttare le tante occasioni da gol: «Non è più così facile buttare dentro la palla. Giochiamo tanto e io sono contento, ma adesso è cambiato qualcosa». Questa Lazio, quella vista contro il Lokomotiv è parente di quella che ha messo in fila diciassette risultati utili consecutivi o è più vicina a quella che ha perso il derby e che è stata battuta dalla Juve? La domanda coglie di sorpresa Eriksson. Ma se la cava benissimo: «Anche durante il periodo d'oro abbiamo fatto delle partite brutte ed abbiamo vinto lo stesso». Lo svedese riesce a non ammettere che questa Lazio risente ancora degli affanni emersi negli ultimi 180 minuti di campionato. Deve ricostruire il morale di questa squadra e, quindi, misura le parole e prende le distanze da chi pretende che condivida le critiche per le tante occasioni fallite e per il gioco decisamente modesto. Soprattutto nella prima parte della gara. Eriksson ammette solo questo: «All'inizio abbiamo stentato, è vero. Eravamo messi male in campo. Loro hanno fatto meglio di noi. Ma, poi, abbiamo creato mille opportunità per andare in gol. Vieri sotto accusa? Non ci penso nemmeno. Ha fatto un grande lavoro e io sono contentissimo di lui». Poi decide di spazzar via tutto e tutti: «Siamo in finale, basta con le critiche. Abbiamo sofferto, certo. Vi meravigliate? Ma non si va in finale senza soffrire».

Il Maiorca invece del Chelsea: meglio così Sven? «Non lo sappiamo. Certo, è una sorpresa. Ma gli spagnoli stanno andando forte anche in campionato». A proposito di campionato, domenica c'è la Samp: «O vita o morte. Vale sia per noi che per loro. Noi rischiano lo scudetto, loro si giocano la serie A. Una partita drammatica che promette tante emozioni». Questa Lazio potrebbe battere la Samp? «Io me lo auguro e ne sono anche convinto. Ogni partita ha una sua storia. Non si può giudicare mettendo a confronto la squadra che doveva raggiungere il traguardo della finale di coppa e quella che deve riprendere la corsa per lo scudetto. Contro il Lokomotiv andava bene lo 0 a 0. E' un risultato d'oro per noi: ci consente di andare per la seconda volta consecutiva in una finale europea. Ma a Genova sarà un'altra Lazio, naturalmente. Là dobbiamo vincere, e, soprattutto, dobbiamo ritrovare il passo giusto quello che ci ha consentito di salire sul tetto della classifica».