Domenica 16 febbraio 1997 – Roma, stadio Olimpico – Lazio-Inter 2-2

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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 20ª giornata - Lazio-Inter 2-2

LAZIO: Marchegiani, Negro, Nesta, Grandoni, Chamot, Fuser, Venturin (36' Marcolin), Okon (65' Baronio), Nedved, Casiraghi (43' Protti), Signori. n.e. Orsi, Fish, Rambaudi, Buso. All. Zoff.

INTER: Pagliuca, Bergomi (77' Angloma), Paganin, Galante, Pistone, Zanetti, Sforza, Fresi, Berti (46' Ganz), Djorkaeff, Zamorano. n.e. Mazzantini, Winter, Di Napoli, D'Autilia. All. Ardemagni. D.T. Hodgson.

Arbitro: Sig. Ceccarini (Livorno).

Marcatori: 24' Fuser, 60' Zamorano, 62' Djorkaeff, 72' Signori.

Note: ammoniti Nesta, Fuser, Nedved, Sforza, Berti e Galante. Calci d'angolo: 7-4.

Spettatori: 45.000 circa dei quali 18.146 paganti, per un incasso di lire 687.445.000. Abbonati 26.374, per una quota di lire 802.555.000.

Nedved in marcatura
Una fase della gara
Chamot in azione
Il goal di Fuser
L'esultanza di Signori dopo la rete
Una fase della gara

La Gazzetta dello Sport titola: "Nerazzurri prima orribili, poi belli: un Signori storico salva Zoff Inter nervosa e sbagliata nel primo tempo, va in svantaggio e allora Hodgson, spaventato, cambia - Entra Ganz e con due punte e Djorkaeff il risultato si ribalta - Poi pareggia Signori e Zamorano manca il gol della vittoria".

Continua la "rosea": La solita Inter. Che prima rischia di perdere, poi potrebbe vincere, e infine pareggia. E dall'altra parte la solita Lazio, almeno nelle contraddizioni, perché da Zeman (per la prima volta in tribuna), a Zoff (per la prima volta in panchina all'Olimpico) la squadra è diversa, nel modulo e nella mentalità. Il 2-2 finale, frutto di una serie infinita di brividi, diventa così lo specchio fedele di un campionato vissuto pericolosamente da entrambe le formazioni, lasciando sostanzialmente tutto come prima. Meno fedele, invece, si rivela il pareggio come specchio della partita, perché per qualità, quantità, e minuto delle occasioni - Zamorano sfiora due volte il 3-2 in pieno recupero - l'Inter, più della Lazio, meriterebbe il successo. Noiosamente piatta nel primo tempo, quando i padroni di casa hanno la grave colpa di fermarsi dopo il gol di Fuser, senza la forza (o la voglia) di infierire su un'Inter sbagliata e contratta, la sfida offre il meglio di sé nella ripresa, durante la quale fioccano emozioni, con la sensazione che possa sempre accadere qualcosa. Intendiamoci, il calcio-spettacolo è un altro, ma coi tempi che corrono è già importante divertirsi coi continui rovesciamenti di fronte, grazie agli spazi larghi e, perché no, a qualche errore di troppo. Anche se alla fine, evitato il rischio concreto della sconfitta, Lazio e Inter tornano a casa con un punto a testa, che serve poco ad entrambe. In particolare può, e deve, rammaricarsi la squadra nerazzurra, svegliatasi in ritardo quando Hodgson, spaventato dallo svantaggio, cambia modulo: fuori Berti, ecco Ganz in attacco al fianco di Zamorano, con il provvidenziale arretramento di Djorkaeff alle loro spalle. Di colpo si assiste ad un'altra partita, perché il francese incomincia a dare spettacolo alla sua maniera, gettando lo scompiglio nella difesa della Lazio, il cui unico alibi, peraltro non da poco, è rappresentato dall'infortunio che alla fine del primo tempo la priva di Casiraghi, più che da quello che la lascia senza Venturin.

Mentre il nuovo entrato Marcolin fa rima con Venturin in tutti i sensi, Protti fa abbondantemente rimpiangere l'attaccante della nazionale, lasciando solo Signori. A sua volta privo di un altro nazionale, l'infortunato inglese Ince, Hodgson sceglie l'eccessiva e colpevole prudenza cercando il rilancio di Berti sulla sinistra, fermi restando Sforza e Fresi al centro, con Zanetti sulla destra. Un quartetto che incomincia al piccolo trotto, sovrastato dai rispettivi avversari, Fuser e Nedved sulle fasce, Okon e Venturin (poi Marcolin) al centro. E siccome la difesa nerazzurra è tutt'altro che imperforabile al centro, dopo una gran punizione da oltre 30 metri di Nedved respinta da Pagliuca, Fuser al 24' trova il varco giusto saltando Galante e precedendo l'intervento disperato di Berti. Ci sarebbe tutto il tempo per rimediare, ma l'Inter non c'è. Bergomi a destra e Pistone a sinistra spingono poco, e persino Zanetti che gioca in linea con i centrocampisti sembra stranamente frenato. Così Zamorano non riceve palloni giocabili dalle fasce, mentre Djorkaeff privo di spazi cerca invano la soluzione personale, facendo fare un figurone ai due centrali difensivi Grandoni e Nesta, ai cui lati Negro da una parte e Chamot dall'altra sono privi di avversari e di problemi. Il tiro di Berti non trattenuto da Marchegiani, che si salva soltanto perché Zamorano arriva in leggero ritardo, resta così l'unico vero pericolo creato dall'Inter nel primo tempo. Ma nella ripresa ecco la svolta. Ganz regala freschezza all'attacco e spazi a Djorkaeff, e mentre Pagliuca fa lo spettatore, per Marchegiani incominciano i pericoli veri. Nessuna sorpresa, quindi, se da una punizione di Djorkaeff al 15' arriva il pareggio di Zamorano, che fa partire un preciso diagonale da destra. Altri due minuti, ed ecco il raddoppio, propiziato da un'apertura di Sforza e firmato da un gol spettacolare di Djorkaeff, che si infila in corsa tra Nesta e Grandoni e segna con un gran destro. Ora in campo si vede soltanto l'Inter, e allora Zoff inserisce Baronio al posto di Okon. Per la verità non cambia nulla, perché Djorkaeff detta ancora legge, ma i cori dei tifosi interisti si spengono al 27' quando Nevded pesca Signori, bravo a sgusciare a Paganin e ancor più bravo a superare Pagliuca con un morbido tocco da destra. Il pareggio riscalda la Lazio, di nuovo vicina al gol con un colpo di testa di Signori deviato da Pagliuca, ma non raffredda l'Inter sempre pericolosa con Djorkaeff, atterrato in area da Chamot in maniera sospetta. Non contento, il francese ci prova altre due volte nella stessa azione, trovando sulla traiettoria prima Nesta e poi Grandoni, con Marchegiani ormai fuori causa.

E poco dopo un altro suo tiro, su invito di Ganz, finisce di poco sopra la traversa. La Lazio recrimina per un contatto tra Pistone e Nevded, ma il finale è ancora nerazzurro, perché già oltre il 90' Zamorano calcia alto, e qualche istante più tardi costringe Marchegiani ad intervenire fuori area di testa. E così il fischio finale ha il sapore di un provvidenziale gong liberatore per la Lazio, mentre l'Inter non può compiacersi di aver fatto un figurone nella ripresa. In primo luogo perché non è bastato per vincere, e poi perché una squadra che vuole essere grande ha il dovere di giocare per 90 minuti e non per 45. E questa volta, come tante altre per la verità, il discorso non riguarda soltanto chi va in campo, ma anche, o meglio soprattutto, chi sta seduto in panchina. Perché il buon esempio, in fatto di mentalità, si dà anche con le scelte. Prima, e non nell'intervallo.


Dal Corriere della Sera:

Quattro gol belli da una partita brutta, e il pareggio delude tanto i laziali quanto gli interisti nel ricordo delle rispettive sbadataggini difensive, che comunque surriscaldano questo festival dei solisti, senza un valido copione cui rifarsi. Certo, brilla soprattutto l'estro di Youri Djorkaeff, specie quando l'imperturbabile Hodgson lo restituisce al repertorio preferito, cioè suggeritore creativo a supporto dell'accoppiata Zamorano-Ganz composta nella desolazione di metà percorso. Sì, tornato come allenatore dentro l'Olimpico dopo tre anni, Dino Zoff scopre dapprima oppositori sbrindellati, che soffrono perfino il macchinoso procedere dei suoi ragazzi, vincolati al passo moviolato di Okon o Venturin, senza nemmeno quelle accelerazioni esterne che Chamot, riciclato lungo il binario sinistro, dovrebbe garantire. Ne discende uno spettacolo spezzettato, penoso, con assembramenti centrocampistici e reiterati scontri da brividi, dove i portatori di palla biancocelesti rischiano l'incolumità. E fra le tagliole Sforza-Zanetti ci rimette Venturin (ginocchio destro lesionato), mentre poco più tardi "salta" Casiraghi, già colpito duro da Fresi, causa stiramento del polpaccio destro. Imprevisti pesanti, pure se SuperDino vagheggia di gestire un prosieguo contropiedistico, rincuorato dalla prodezza balistica firmata Fuser, complice Galante, ultimo marcatore d'una retroguardia pietrificata. Beh, verrebbe voglia di sottolineare lo scempio tecnico nerazzurro, sintetizzato dalla vacua presenza di Berti al posto dell'ex laziale Winter; e dal ciabattare di Pistone preferito ad Angloma.

Tuttavia, presente Zeman sugli spalti, prevalgono forse i rimpianti per quel programma boemo bruscamente bloccato da Cragnotti, troppo sensibile alle lamentele dei suoi giocatori miliardari. Valeva la pena ripristinare l'italianista Zoff? Distanti da Signori e Protti, i tornanti laziali s'ammassano evitando scatti senza palla per aprire varchi, per semplificare il lavoro dei distributori di circostanza. E là dietro l'accoppiata Nesta-Grandoni trema ai minimi spifferi, come dimostra Zamorano nell'unica volta che uno straccio di ribaltamento lo contempla. L'osservatore Zdenek resta una sfinge, ma attorno cresce il desiderio di ripensare al suo magistero. Applausi fragorosi per lo stakanovista disoccupato, che rifiuta di commentare la stonata messinscena. Applausi che, sgomberando dall'Olimpico, diventeranno un delirio di popolo laziale, una stretta soffocante sul passato irriproducibile. E tocca ai tutori dell'ordine allentare l'abbraccio innamorato, mentre Zeman ripete cantilenante: "Non vedo perché avrei dovuto disertare lo stadio, non sono malato e m'interessava approfondire tra l'altro le mie conoscenze neroazzurre". Si legherà alla zona zemaniana l'Inter futura? Nell'attesa di decifrare le tentazioni di Massimo Moratti, l'attuale gruppo Hodgson prende tardivo coraggio, sfruttando a pieni polmoni (in particolare quelli di Zanetti) l'uscita di Casiraghi, capace d'impegnare l'intera retroguardia con la propria vitalità. Vuoi mettere il peso specifico dello sfondatore azzurro rapportato al piumino da cipria di Protti? E nel mezzo, la sopraggiunta lentezza di Marcolin trascina Okon ai margini del combattimento montato dai cursori neroazzurri, che ora alleggeriscono soavi sulla base di lancio Djorkaeff. La Lazio annaspa e sembra affondare in due minuti. Due minuti d'inesistente contenimento e di follia difensiva (vero, Grandoni?) per capovolgere gli scenari, per rafforzare le certezze psicologiche dei guastatori interisti. Guastatori? Djorkaeff rammenta Platini e, fissato il provvisorio vantaggio sulla scia dell'1-1 agguantato da Zamorano, esporrà solo il rimorso d'aver compromesso il blitz con un paio di sprechi inauditi nel finale dei tremori "zoffiani".

La popolarità di Zeman, qua dentro, rifulge, neppure offuscata dal centesimo gol laziale di Beppe Signori, sempre sollecito a castigare Pagliuca. Stavolta l'opportunità del pallonetto scavalcante arriva in pieno predominio nerazzurro, grazie ad un colpevole sbilanciamento delle sentinelle Bergomi e Galante, che consentono a Nedved di slittare verso l'assist esatto. Rifiata Zoff, ma il 4-4-2 del suo buonsenso s'accartoccia ancora sotto gli scambi Ganz-Zamorano, sotto i colpi geniali di Djorkaeff, che costringe pure Grandoni ad un fortunoso salvataggio di petto sulla linea di porta. Esistesse un po' di logica, l'assalto interista andrebbe premiato dall'intera posta. Invece, saltate le marcature, capita addirittura che Nedved, attivato da Signori, possa recriminare un presunto rigore. Ceccarini, ben appostato, assorbe inflessibile qualsiasi protesta biancoceleste. E ovviamente Pistone, presunto colpevole, reclamerà negli spogliatoi la propria innocenza. Viene così archiviato il pareggio dei solisti e dei rimorsi, con Zeman unico vincitore fra due ali di folla acclamante. Che ne dice Cragnotti?


Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:

Il trasgressivo Zeman in tribuna per affetto Zdenek Zeman non finisce mai di stupire. Lo faceva quando stava in panchina, l'ha fatto da esonerato. Non se l'aspettava nessuno di vederlo. E invece lui ha sfatato un altro luogo comune. Quello secondo cui non sta bene che il tecnico licenziato venga a vedere la squadra che ha diretto. "Perché non dovrei essere qui? Non sono mica malato". Ma sì, non è morto nessuno e non c'è scritto da nessuna parte che un allenatore non possa andare a vedere la sua ex squadra. E non è neanche stato questo il giorno del ritorno in uno stadio di Zeman. "Ho già visto Lodigiani-Atletico Catania". In tivù, invece, non si è perso Inghilterra-Italia. "L'importante è vincere, la gente si diverte soltanto così". Amaro. Il pubblico è stato contento di ritrovare Zdenek (striscione: "Zeman tutta la vita"). Ma noi non abbiamo letto in questo voltarsi continuamente verso il suo posto, nel piccolo corteo di fine partita, una nostalgia per la Lazio che fu e una contestazione alla Lazio che è (oltretutto più avanti in classifica). Piuttosto affetto. E quando Zeman dice "mi sarei divertito di più se la Lazio avesse vinto" c'è da credergli. Magari il prossimo anno, potrebbe pensarla diversamente. Ma questo è un altro discorso...


"Spero di incontrarlo ancora a lungo Pagliuca, visto che porta bene". Beppe Signori liquida così la sua favorevole statistica (8 reti fatte) col portiere dell'Inter. Il capitano è contento per il suo 100° gol in A con la Lazio, ma non altrettanto per il risultato: "Sarebbe stato più importante vincere, invece è venuta fuori una partita strana. Noi dovevamo concretizzare di più in un primo tempo dominato, poi è venuta fuori l'Inter ed un grandissimo Djorkaeff. Ma io non ho mai avuto paura di perdere, anche se per 10' è calato il buio. Anzi proprio quando il francese ha fallito il 3-1 ho creduto fortemente di rimontare. E, dopo il pari, avrei potuto anche segnare ancora". Un gol, quello di Signori, molto bello e anomalo perché segnato col destro. "E' venuto fuori un pallonetto, non pensavo di avere questa sensibilità con il destro. Ma non mi sorprendo più, visto che questo è stato il mio quinto gol col piede sbagliato: fra i laziali di sempre mi è rimasto davanti solo Piola, con i suoi 143 gol. Vedremo di avvicinarlo. Dediche? A me stesso. Domani (oggi) compio 29 anni". Signori, 3 gol in 2 partite con Zoff, sottolinea anche i pregi di questa Lazio: "Ha saputo rimontare in una situazione difficile. Certo, capisco anche la delusione dei tifosi per una vittoria all'Olimpico che manca da tempo, ma non abbiamo blocchi psicologici: preferiamo giocare a Roma". Un ultimo pensiero per Zeman: "Chi viene allo stadio e vede quattro gol credo si diverta". Dino Zoff non può evitare i paragoni con Zdenek: "Non credo ci siano grosse differenze con la sua squadra, anzi direi nessuna. Noi dovevamo invertire la tendenza e credo ci stiamo riuscendo. Abbiamo segnato 5 gol in 2 gare, pur subendone 4, e sono arrivati 4 punti. Certo questa partita potevamo vincerla, ma anche perderla. Del resto non dimentichiamo che se sono qui è perché dobbiamo pensare all'oggi senza guardare troppo lontano". Insomma Zoff sottolinea a chi rimpiange Zeman, come lui non avesse voglia alcuna di sedersi su quella panca, se non fosse stato proprio per i cattivi risultati del boemo. Inspiegabile il Cragnotti di fine partita alla tivù: "L'arbitro ci ha provocato per tutta la gara".