Maestrelli Tommaso
Biografia-carriera
I primi passi
Tommaso Maestrelli nacque a Pisa il 7 Dicembre 1922. Figlio di un impiegato delle Ferrovie dello Stato seguì il padre in diverse città italiane, fino a stabilirsi, nel 1935 a Bari. Ragazzo sveglio ed amante dello sport, appena stabilitosi nella città pugliese fece un provino nella locale squadra del Bari, dove venne subito tesserato. Fece tutta la trafila nelle giovanili biancorosse, alternando i banchi di scuola agli impolverati campi di calcio. Nel 1938 messosi in evidenza nelle squadre minori del sodalizio Barese, fu convocato in prima squadra dall'allora allenatore Giuseppe Ging. Il giovanotto aveva solo 16 anni.(Bozza)
L'esordio e la guerra
Per Maestrelli, l'esordio in Serie A, era questione di poco tempo, ed infatti il 26 Febbraio 1939 in occasione dell'incontro tra il Milan e il Bari terminato 3-0, il ragazzo scendeva in campo a solo 16 anni 4 mesi e 19 giorni, vestendo la maglia biancorossa da titolare. (Bozza da completare)
Calciatore in serie A
Allenatore
Allenatore della Lazio
L'arrivo alla Lazio con la Coppa delle alpi
Era ancora cocente, la delusione per la retrocessione del Foggia quando una mattina di fine Maggio, Maestrelli fu chiamato al telefono dalnuovo Direttore Sportivo della Lazio, Sbardella, che gli proponeva la panchina della Lazio, bisognosa di rilanciarsi e cambiare registro dopo l'esperienza con Lorenzo. Maestrelli non era rimasto sorpreso da quella telefonata, perchè qualcuno lo aveva già avvisato dell'interessamento dei biancocelesti. Accettò l'incarico non prima di aver avuto via libera dal presidente del Foggia Fesce e si presentò a Roma per firmare il contratto con Lenzini. Si presentò subito alla squadra in procinto di partire per disputare le finali della Coppa delle Alpi,ma i più lo acconsero con scettiscismo e qualcuno, come Chinaglia con ostilità.
Maestrelli, non si perse d'animo, e guidò assieme a Lovati quella squadra, fresca di retrocessione alla conquista del trofeo, nel giugno 1971. In contemporanea consigliava il presidente e il direttore Sportivo, sui giocatori da acquistare, mettendo il vincolo in qualsiasi trattativa che riguardasse Chinaglia. "Senza Chinaglia non posso garantire nulla", ripeteva ogni qual volta veniva informato su un'offerta per l'attaccante biancoceleste. Gli inizi furono anche osteggiati da alcuni tifosi e dalle dichiarazioni al vetriolo di Lorenzo che non mancava mai di attaccarlo e aizzargli contro una parte di tifoseria. Ma Maestrelli non se ne curava più di tanto e già nel ritiro di Padula cominciava a dettare il suo credo calcistico ai ragazzi. Scelse come capitano Wilson per le sue doti carismatiche sia in campo che negli spogliatoi, e cominciò a parlare paternalmente a Chinaglia, cercando di conquistarlo con la sua semplicità. Una prima soddisfazione arriva nel derby di Coppa italia, quando i biancazzurri battono 1-0 ed eliminano la Roma. Ma il percorso non è dei più facili, e già alla 2^ giornata, Maestrelli deve incassare un'ammutinamento della squadra che reclama stipendi e premi arretrati, in quel di Terni, e rifiuta di scendere in campo. Wilson rassegna le dimissioni da capitano, puntualmente respinte, le cose si aggiustano giusto in tempo per giocare e perdere coi rossoverdi. La squadra è discontinua, ma è in lotta per tornare in Serie A. I guai però non mancano. Una furiosa scenata del portiere, forse preparata ad arte, Di Vincenzo contro Maestrelli, costringe quest'ultimo a mandarlo fuori squadra ed al minimo dello stipendio. I tifosi manovrati da Lorenzo Juan Carlos inscenano contestazioni ad oltranza, dipingendo di biancazzurro dei bidoni, lasciati davanti il campo di Centro Sportivo Tor di Quinto-Tommaso Maestrelli o distribuendo volantini firmati "Coscienza della Lazio". A suo favore intervenne lo stesso Chinaglia, che spronò la squadra a lottare con maggior vigore, e a far quadrato con il suo allenatore. E la squadra cominciò a macinare punti e a portarsi stabilmente in quota promozione. Tra Maestrelli e Long John nasceva un'amicizia e una stima reciproca che si saldava ogni giorno di più. La squadra ottenne la promozione in Serie A proprio nella sua Bari, grazie allo 0-0 contro i locali, ma Maestrelli non ebbe tempo di festeggiare, perchè dovette accompagnare Chinaglia convocato in Nazionale dal C.t. Valcareggi. Una bella soddisfazione dopo un anno non facile, lottando contro un ambiente ostile, ma che piano piano cominciava a capirlo.
L'uomo che portò il calcio totale in Italia
Se il ritorno nella massima serie non era stato una passeggiata, più difficile si prospettava disputare un campionato dignitoso l'anno seguente. Soldi per gli acquisti ce ne erano pochi e bisognava compiere qualche sacrificio. Le squadre del Nord, erano entrate in un'asta selvaggia per Chinaglia arrivando ad offrire oltre un miliardo di lire, ma Maestrelli era irremovibile e lo considerava l'unico incedibile oltre a Wilson. Il sacrificato di turno fu Peppino Massa che fu ceduto all' Inter in cambio di Mario Frustalupi e un bel pò di soldi in contanti, ma le rimostranze dei tifosi furono feroci. Quella somma fu utile per portare a Roma giocatori, individuati da Maestrelli, che non erano in nessuna lista delle squadre della Serie A, tranne uno: Luciano Re Cecconi che lui stesso aveva allenato e cresciuto nel Foggia, e che volle estrenuamente, arrivano anche a litigare con Lenzini che non lo riteneva indispensabile. Vinse l'allenatore, ed insieme al biondo centrocampista lombardo arrivarono alla Lazio giocatori sconosciuti al grande calcio come: il portiere Felice Pulici,l'ala Garlaschelli, il difensore/attaccante Petrelli, e il ritorno di Pierpaolo Manservisi. Gli scettici mugugnavano, e la stampa scriveva che "questa Lazio, si salverà a fatica". Ma Maestrelli, non se ne curò più di tanto e proseguì nel suo disegno di forgiare una squadra degna del campionato.
Ma le cose non si misero per niente bene; dopo il ritiro a Pievepelago, li aspettava una Coppa Italia a dir poco disastrosa, con sconfitte in casa ad opera di squadre come il Taranto che fecero scoppiare un'altra contestazione da parte dei tifosi. La squadra non girava, era troppo sbilanciata, ma nel corso di un'amichevole contro la Sampdoria giocata all'Olimpico il 17 Settembre 1972, l'allenatore trovò la quadratura del cerchio, spostando Martini in difesa, avanzando Nanni alla mediana, e allontanando Re Cecconi e Frustalupi in aree diverse del centrocampo. La Lazio vinse 1-0, ma quello che importava era il gioco arioso e lineare che aveva espresso. Lenzini, però non si fidava, e visto il calendario del campionato, che prevedeva tre scontri "Impossibili" nelle prime tre giornate, pensava di doverlo esonerare per non incorrere nell'ira dei tifosi. Si tenne in gran segreto una riunione fra consiglieri, ma si decise di dare un chance al tecnico almeno per le prime 2 gare. Pioveva, quella Domenica 24 Settembre 1972 , quando la Lazio affronta l'Inter per l'esordio in campionato, ma il pubblico era giunto numeroso allo stadio, bramoso di rivedere la Lazio in Serie A, ma timoroso nell'incontrare una favorita per lo Scudetto. La gara è un monologo biancoceleste, che solo la sfortuna e l'imprecisione sotto porta gli impedisce di vincere, ma non di uscire dal campo fra gli applausi. Il brutto ranocchio si è trasformato in un cigno bellissimo, ma nè Maestrelli , nè la squadra sanno ancora quanto. La Domenica seguente contro la Fiorentina si ha la conferma che qualcosa è cambiato, quando, grazie ad una rete di Garlaschelli espugna il Comunale. E un'ulteriore conferma si ha il 15 Ottobre, quando all'Olimpico scende in campo la Juventus in una gara che finirà 1-1, ma dove la sarà la Lazio a recriminare per la mancata vittoria, giocando un calcio meraviglioso, dove tutti gli undici giocatori contribuiscono alla costruzione delle azioni, scambiandosi i ruoli con naturalezza. Ormai la squadra viaggia consapevole di essere più forte di quello che si credeva o si sperava. Inutile, per Maestrelli gettare acqua sul fuoco. Dopo il derby d'andata vinto per 1-0, deve fermare Nanni che voleva sfidare Helenio Herrera, che lo aveva accusato di aver trovato "il tiro della Domenica", in una sfida privata al Flaminio, dopo la rete vincente nella stracittadina. Maestrelli era incuriosito, ma allo stesso tempo, impaurito da quella sua squadra che, incredibilmente, era in testa alla classifica. I giornalisti lo cercavano sempre più spesso, e Centro Sportivo Tor di Quinto-Tommaso Maestrelli si animava sempre di più di addetti ai lavori. Tra Dicembre e Gennaio, però la squadra ha una flessione e perde contatto con la testa della classifica. Maestrelli, non se ne duole più di tanto, perchè i piani all'inizio erano ben altri, ma qualcosa lo infastidisce, perchè crede chela squadra sia più forte di quanto dica la classifica. E la sua tesi è ben presto confermata da un filotto di otto vittorie consecutive che riportano i biancazzurri in testa al campionato a poche giornate dalla fine dello stesso. Tra queste vittorie c'è anche quella ottenuta il Sabato Santo contro il Milan , capolista, che soccombe per 2-1 in una partita drammatica, dove Maestrelli battibecca con Nereo Rocco reo di contestare l'arbitro Lo Bello.
Maestrelli si trova a lottare per lo Scudetto, ma forse a qualcuno la cosa non piace. Contro il Torino viene annullata una rete regolare, che nega la vittoria, mentre contro il Bologna, qualcuno arriva a parlare di una tentata corruzione, dopo che i felsinei avevano giocato stranamente alla morte, ad opera dei dirigenti biancazzurri. Era evidente che la Lazio dava fastidio, e Maestrelli questo lo aveva ben capito, e ne ebbe la conferma il 20 Maggio a Napoli, quando, all'89° i partenopei, grazie ad una rete di Damiani, batterono i biancazzurri e gli impedirono loro di andare allo spareggio con la Juventus in un drammatico finale di campionato, che, in seguito, fu molto chiacchierato, per storie di premi a vincere elargiti ai giocatori napoletani e a quelli romanisti che nel secondo tempo praticamente regalarono la vittoria ai bianconeri. Negli spogliatoi, molti giocatori scoppiarono a piangere, consolati da Maestrelli, che dentro di se ebbe attacchi di stomaco per la rabbia di vedere uno scudetto sfumato all'ultimo minuto per ragioni sicuramente al di fuori del rettangolo di gioco. E in sala stampa non lo mandò a dire, lasciando da parte la sua proverbiale pacatezza, e rilasciando dichiarazioni eloquenti: "Grazie al Napoli, e al suo gioco intimidatorio abbiamo perso lo scudetto", che fecero arrabbiare il presidente partenopeo Ferlaino, subito zittito dai giocatori biancocelesti, che promisero "vendette" di ogni sorta. Due giorni dopo era su un volo della TWA assieme alla squadra per una tourneè programmata negli Usa, come premio per il bel campionato disputato e al quale partecipavano le mogli dei giocatori. Un bel modo per fare gruppo e smaltire la rabbia di uno scudetto perso in quel modo
Dallo Scudetto sfiorato, al trionfo del 1974
Quella vacanza-premio trascorse in allegria, in giro per gli Stati Uniti, lontano dai rancori di un campionato forse irripetibile. Ma a Maestrelli, quella beffa non andava giù per niente, e anche se appariva sorridente e sereno, sotto sotto covava una speranza di rivincita. Convinse Lenzini a non toccare per niente la squadra, non cedendo nessuno dei titolari. Non voleva assolutamente sconvolgere l'equilibrio del gioco. Acconsentì all'ingaggio di Inselvini e promosse nella rosa un giovane giocatore di Latina, reduce da un grave infortunio al ginocchio, D'Amico, di appena diciannove anni, che aveva fatto esordire 2 anni prima in Serie B. Il ragazzo, però era un pò irriquieto, e per questo Maestrelli, gli fece versare l'ingaggio in un conto vincolato. Togliendogli i soldi, voleva evitare che li spendesse per qualche spuntino, visto che il giocatore era a dieta perpetua. Inoltre gli ritirò la patente, per evitare di far tardi la sera, con qualche ragazza. Credeva molto in D'Amico e per questo lo voleva far crescere bene, lontano dalle tentazioni. Nel ritiro di Pievepelago parlò chiaro ai giocatori: "L'effetto sorpresa è finito, ma per lo scudetto dovranno vedersela di nuovo con noi!", e nello stesso tempo rilasciava alla stampa dichiarazioni del tipo "Non partiamo favoriti, lo scorso anno è irripetibile, altre squadre sono molto più forti di noi'" Psicologo per forza, aveva il suo da fare per calmare gli animi di una squadra di scapestrati e indisciplinati, che non lesinavano di usare le armi per ammazzare la noia dei lunghi ritiri, o di azzuffarsi in allenamento divisi tra rancori ed antipatie che per miracolo si sopivano la Domenica in campo, per diventare una corazzata invincibile.














