L'addio a Bob Lovati

Da LazioWiki.
Roberto "Bob" Lovati
Bob Lovati
Un primo piano del Campione biancoceleste
Bob Lovati calciatore
Il portiere biancoceleste in azione
Un intervento in gara
Un fotogramma di una partita
Una parata dell'estremo difensore
Un momento di un incontro
Bob durante una gara
Roberto Lovati con Giampiero Boniperti
La Coppa Italia vinta nel 1958 - Bob è il primo a sinistra
Roberto Lovati e Felice Pulici
Bob il giorno del cinquantenario della Coppa vinta nel 1958
Bob tra Luciano Zauri e Claudio Lotito
Bob tra Giuseppe Wilson e Renzo Garlaschelli
Roberto Lovati con il figlio Stefano, consulente ortopedico della S.S. Lazio

La scheda di Roberto "Bob" Lovati

Roberto Lovati, personaggio importante nella Storia della S.S. Lazio e da tutti più conosciuto come "Bob", ci ha lasciato il 30 marzo 2011. In questa pagina riportiamo immagini ed articoli tratti da diversi organi di stampa concernenti la notizia della scomparsa del grande Campione biancoceleste.


Il Corriere dello Sport titola: "Il mondo del calcio piange un grande personaggio: è stato portiere di grande livello negli anni '50-'60. Le maggiori presenze (135) le ha collezionate con la maglia biancoceleste. Aveva 84 anni. Nel club capitolino era rimasto poi come allenatore delle giovanili, preparatore dei portieri, tecnico della prima squadra e poi dirigente. Due le sue presenze con la maglia azzurra".

Di certo era un grande intenditore di calcio. Chi lo conosceva bene diceva amasse molto il buon vino e le belle donne. Assieme alla Lazio, naturalmente, la società che lo ha amato e osannato prima in campo poi da osservatore a cui Roberto "Bob" Lovati, morto a Roma a 84 anni, ha dato tutto. Neanche sulla sponda opposta del Tevere riuscivano ad odiarlo: simpatico, sorridente e misurato cancellava anche l'odio stracittadino. Nato a Cusano Milanino (Milano) il 20 luglio 1927, a venti anni, si ritrovò nei dilettanti del US Gerli. Passa un anno e nella stagione 1947/48 arrivò al Pisa con cui, la stagione successiva, esordì in B. Nel 1952/53 passò al Monza, sempre nel campionato cadetto, e per due anni giocò titolare. Nel 1954/55 arrivò il debutto in serie A con la maglia del Torino AC. Ma Lovati è stato, soprattutto, Lazio. Dal Nord arrivò nelle Capitale nel 1956, sei stagioni a difendere la porta della Lazio. Bravissimo nelle uscite e famoso per il rinvio di pugno nelle situazioni più difficili, Lovati non fece rimpiangere Sentimenti IV. In Nazionale fu di passaggio, soltanto per due partite, esperienza breve e intensa, forse troppo. Durò una settimana. Bene all'esordio, difese la porta e non subì reti contro l'Irlanda del Nord (gli azzurri vinsero 1-0), che poi eliminò l'Italia che non partecipò alla fase finale del Mondiale di Svezia. Ma il 12 maggio 1957, durante la trasferta a Zagabria, Lovati fu battuto per ben sei volte(e i romanisti lo sfottevano e lo chiamavano "Bob a sei").

L'Italia perse 6-1 contro la Jugoslavia e per lui si chiusero le porte dell'azzurro anche se è sempre stato considerato uno dei migliori portieri della sua generazione. Continuava, però, ad esserci la Lazio e con la maglia biancoceleste Lovati vinse la Coppa Italia del 1958. Da calciatore appese gli scarpini al chiodo nell'estate del 1961, a 33 anni, ma restò in casa Lazio. Dal giorno dell'addio al calcio giocato, Lovati divenne un punto di riferimento fuori dal campo per la società capitolina. Istruttore dei giovani, osservatore, dirigente, vice-allenatore e allenatore della prima squadra, Lovati prese in mano la Lazio spesso nei momenti più difficili, una sorta di tappabuchi che riusciva sempre a risolvere le situazioni. Ebbe un rapporto speciale con Tommaso Maestrelli: lo aiutò in campo e fuori, come mediatore di quella Lazio che nel '74 vinse lo scudetto, piena di campioni ma anche di personalità forti. Quando Maestrelli si ammalò, Lovati prese le redini della squadra gestendo un periodo terribile. Il suo curriculum da calciatore con la Lazio è di 146 presenze complessive, di cui 135 in campionato e 11 in Coppa Italia. Il bilancio da allenatore è di 105 partite (93 in campionato e 12 in Coppa Italia).

"Oggi ci lascia una persona straordinaria, che aveva stretto con la Lazio un legame indissolubile". Questo il comunicato ufficiale con cui la Lazio ha voluto esprimere il proprio cordoglio per la scomparsa di Bob Lovati. "La S.S. Lazio, il suo Presidente Claudio Lotito, i giocatori, i tecnici e tutto lo staff biancoceleste - si legge ancora sul sito del club biancoceleste - si stringono attorno alla famiglia ed esprimono il proprio cordoglio".

"L'ho sentito la scorsa settimana, mi ha telefonato confermandomi la sua totale fiducia. Mi è stato sempre vicino". È questo il ricordo più fresco di Bob Lovati nella mente del tecnico della Lazio, Edy Reja. "Era un personaggio straordinario - ha ammesso l'allenatore biancoceleste in un'intervista che andrà in onda su "Lazio Style Radio" nel corso del programma "Parla la Lazio" - si può dire che era la memoria storica della Lazio, ma non solo. Io penso che nell'ambiente sportivo lo conoscono tutti per l'aspetto morale e umano. Lo conoscevo già prima di arrivare alla Lazio - ha aggiunto Reja - Ci trovavamo in giro per l'Europa, lui faceva l'osservatore per la Lazio, io giravo per altre squadre. La sera ci trovavamo spesso a tavola".

Alessandro Nesta è "affranto" dopo aver ricevuto la notizia della scomparsa di Roberto "Bob" Lovati, un personaggio chiave per tanti giovani che, come il difensore del Milan AC, sono passati negli anni scorsi dal vivaio della Lazio. "Lovati è un monumento per la storia della Lazio, una delle persone che più mi ha aiutato a crescere, e come me tanti altri giovani del vivaio laziale - ha sottolineato Nesta in un messaggio affidato all'ANSA -. Lo ricordo con affetto infinito, facendo le condoglianze alla sua famiglia".

"Una persona di grande umanità". Così Mauro Tassotti ricorda lo scomparso Roberto "Bob" Lovati, un punto di riferimento per l'attuale vice allenatore del Milan AC quando a fine anni Settanta passava dalle giovanili alla prima squadra della Lazio. "Lo voglio ricordare con grande affetto, come un personaggio dalla grande umanità - ha commentato Tassotti -. È stato l'allenatore che mi ha fatto esordire, oltre che un grande uomo di sport, un punto di riferimento per tutta la famiglia della Lazio".


Il Messaggero titola: "Addio a Bob Lovati, bandiera della Lazio negli anni '50. Alemanno: era un simbolo e un patrimonio di tutto il calcio. La Lazio: persona straordinaria, con noi legame indissolubile".

Il calcio italiano e la Lazio sono in lutto: a 84 anni è morto a Roma Bob Lovati. Portiere di Pisa, Monza e Torino AC negli anni '50, era approdato alla Lazio nel 1955 per restarvi fino al 1961. Nella società biancoceleste era rimasto poi come allenatore delle giovanili, preparatore dei portieri, tecnico della prima squadra e poi dirigente. Due le presenze con la maglia azzurra. I funerali si svolgeranno venerdì 1 aprile alle ore 15, presso la chiesa Gran Madre di Dio a Roma. È la stessa chiesa in cui nel 1976 fu celebrato il funerale di Tommaso Maestrelli. Alemanno: un simbolo e un patrimonio del calcio. "Esprimo il mio più sentito cordoglio per la scomparsa di Bob Lovati, emblema della SS Lazio per oltre cinquant'anni e da sempre punto di riferimento indiscusso per tifosi e sportivi - ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno - Il suo grande attaccamento a Roma e ai colori biancocelesti hanno contraddistinto tutta la sua vita, rendendolo un simbolo e un patrimonio del calcio capitolino da quando nel 1958 conquistò la Coppa Italia. A nome mio e di tutta la città di Roma rivolgo un affettuoso pensiero alla famiglia Lovati e al Sodalizio biancoceleste, per questa dolorosa perdita".


La Repubblica titola: "E' morto Bob Lovati. Una vita nella Lazio. E' morto a Roma, aveva 84 anni. Arrivato nella capitale nel 1955 era stato portiere di Pisa, Monza e Torino AC. Poi una vita all'interno della società biancoceleste come allenatore delle giovanili, preparatore dei portieri e infine dirigente. Lotito: "Ci lascia una persona straordinaria"."

Il "Cigno" vola in cielo, un pezzo di storia se ne va: "Addio Bob". E' una giornata di lutto per il mondo biancoceleste: "Oggi si è spento Roberto Lovati, una bandiera, una persona straordinaria, che aveva stretto un legame indissolubile con la Lazio. Il club, il suo presidente Claudio Lotito, i giocatori e tutto lo staff si stringono attorno alla famiglia ed esprimono il proprio cordoglio", recita il sito ufficiale. I funerali si terranno venerdì [1 aprile]], alle 15, presso la chiesa di Ponte Milvio a Roma.

E' andato via in silenzio nella notte. Non aveva ancora compiuto 84 anni, le ultime candeline le aveva soffiate con una vitalità invidiabile: "E' incredibile la gioia che provo ogni anno - aveva assicurato il 20 luglio scorso a Radio Sei - perché i laziali mi dimostrano un affetto unico. Mi hanno chiamato in tantissimi per farmi gli auguri. Sono lombardo, quindi un romano acquisito, eppure da quando sono arrivato è stato amore a prima vista. E' stato impossibile andar via dalla capitale. Solo una volta ci fu la possibilità, quando il tecnico Bernardini stava lasciando la Lazio e voleva portarmi a Firenze. Ma io dissi no". Centotrentacinque presenze, i colori biancocelesti non li ha mai traditi dal quel lontano giugno 1954, quando venne acquistato dal Monza: "Sono soddisfatto della mia carriera di calciatore - raccontava Lovati nel 1994 - perché sono stato capace di scalare gradualmente tutte le tappe. Dalla serie C con il Gerli di Cusano, al Monza in B, sino alla Lazio, via Torino". Già perché, dopo una stagione passata in prestito ai granata, soltanto nel 1955 Lovati riuscì a prendersi i pali della porta laziale. Non li lasciò più. Bob è un simbolo della Lazio, è lo spirito di una società che ha vissuto per più di un terzo dei suoi 111 anni.

Con i suoi guantoni arrivò in bacheca il primo trofeo della storia: la Coppa Italia del 1958 con 7 vittorie, 2 pareggi e il successo in finale, all'Olimpico, contro la Fiorentina a suon di parate del mitico Bob. Piazzamento eccezionale, imbattibile nelle uscite grazie ai suoi mezzi fisici (1,88 cm per 77kg), soprattutto quelle con i pugni, Lovati riusciva a dare sicurezza a tutta la retroguardia. E' stato uno dei più forti portieri della Lazio e tra i migliori d'Italia, ma anche lui ebbe però dei nei. Beccato dai tifosi laziali per i gol incassati nei derby dall'incubo Dino Da Costa: "In quattordici stracittadine mi rifilò la bellezza di otto reti. E, se una volta riuscivo ad avere la meglio, al ritorno era capace di fare una doppietta". Appese i guantoni al chiodo a 33 anni.

Impossibile staccarsi dalla Lazio. Dal giorno del ritiro dall'agonismo, Bob Lovati non l'ha mai abbandonata. Una sfilza di incarichi guidati dal cuore biancoceleste: "Anche qui mi sono sudato tutto. Ho fatto una lunga trafila sino alla prima squadra, subentrando diverse volte a colleghi illustri", svelava una decina di anni fa a Lazialità. Tecnico della prima squadra per ben 105 partite in totale, sostituendo Lorenzo, Maestrelli, Vinicio e inoltre allenatore della De Martino (attuale Primavera), preparatore dei portieri, viceallenatore, capo degli osservatori, dirigente, talent scout, ma soprattutto la voce amichevole, esperta, competente e fidata di intere generazioni di giocatori, presidenti, allenatori e dirigenti biancocelesti degli ultimi 50 anni. Bob sapeva i segreti di ciascuno, li ha sempre custoditi gelosamente. Da allenatore riuscì a conquistare la Coppa delle Alpi nel 1971, poco prima che sulla panchina biancoceleste arrivasse Tommaso Maestrelli, con il quale ebbe un rapporto speciale, profondo. Tutti si fidavano di lui. Nella stagione 1979/80 Lovati riuscì persino con immensa abilità, dopo lo scandalo del calcio scommesse, a salvare la Lazio dalla retrocessione, schierando buona parte della Primavera: "Fu un momento drammatico. Ricordo quando, a Pescara, al rientro negli spogliatoi, l'ufficiale giudiziario mi chiese d'indicargli i giocatori implicati nel calcio scommesse per arrestarli. Mi opposi con tutte le mie forze".

Lovati ha vissuto il meglio e il peggio della Lazio, i suoi campioni e i flop, presidenti amati, altri detestati: "I più forti giocatori che ho mai visto erano Frustalupi e Re Cecconi. Poi i vari Selmosson e Muccinelli, Tozzi e Signori. I portieri più forti: Pulici, Marchegiani e Peruzzi. Fra gli allenatori, Zoff ha fatto un grande lavoro, forse sottovalutato, Zeman è stato il tecnico più moderno. Ricordo Lenzini come un presidente splendido, un vero papà. Gli anni di Calleri furono parecchio difficili, poi Cragnotti modernizzò la Lazio, trasformandola in un club ad ampio raggio".

Con il passare degli anni gli incarichi di Bob alla Lazio sono andati sempre più scemando, nonostante suo figlio Stefano continui a lavorarvi come medico sportivo. Lotito ha tagliato i ponti col passato, ma Lovati non ha mai avuto una parola fuori posto. Anzi, soltanto alla fine dello scorso campionato, a salvezza ottenuta, Bob aveva lanciato un appello al pubblico laziale: "E' un momento difficile, non ci sono risorse e resta complicato essere competitivi. Ho notato una forma di allontanamento dalla squadra, per motivi che non sta a me analizzare, ma è sbagliato. Bisogna sempre rimanere vicini a questa maglia, restare compatti per il bene della Lazio". La sua dedizione è rimasta intatta sino all'ultimo. Chiunque l'ha riconosciuta oggi, svegliandosi e apprendendo la triste notizia: "E' stato un emblema della Lazio per cinquant'anni - la nota del sindaco Gianni Alemanno - e un punto di riferimento indiscusso per tifosi e sportivi. Il suo grande attaccamento ai colori biancocelesti e a Roma ha contraddistinto la sua vita, rendendolo un simbolo del calcio capitolino. A nome mio e di tutta la città rivolgo un affettuoso pensiero alla famiglia e al sodalizio biancoceleste".

Condoglianze anche da parte del presidente della Provincia, Nicola Zingaretti ("Resterà nei cuori di tanti sportivi e tifosi per le sue doti sempre più rare nel calcio moderno"), e dal presidente della Regione, Renata Polverini: "Il Lazio perde un grande uomo di sport". Ancora sconvolto uno dei suoi più grandi amici, Felice Pulici: "Non trovo le parole per esprimere il mio dolore. Bob è la storia della Lazio, il mio tutore, mi ha insegnato tutto quello che so. Con lui se ne va un pezzo di Lazio. E' stata una persona straordinaria e importante. In una parola indimenticabile". Dino Zoff lo riassume in due: "Un grande portiere e un grande uomo". La Lazio dedicherà una puntata speciale stasera sulla propria Radio Ufficiale, venerdì pomeriggio alle 15 sarà presente ai funerali (chiesa Gran Madre di Dio, via Cassia 1, Ponte Milvio) per l'ultimo saluto. Il vicecapitano Ledesma intanto rivolge il proprio attraverso il suo blog: "Sei stato uno delle prime persone della Lazio che ho conosciuto. Uno dei primi a stringermi la mano e a incoraggiarmi quando tutto andava storto. Uno sguardo che non dimenticherò mai e che ho avuto l'onore di incrociare. Io, che in confronto a te non sarò mai nessuno. Ciao Grande Bob, tuo Cristian".


La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio piange Lovati. Una vita biancoceleste. È scomparso questa mattina a Roma il portiere della prima Coppa Italia laziale. Aveva 83 anni ed era rimasto nella società romana anche dopo l'addio al calcio, ricoprendo il ruolo di preparatore, tecnico e dirigente".

La vita lui se l'è sempre goduta. Lo capivi quando lo incontravi nei viali di Formello, dove non ha mai smesso di andare. Bob Lovati sorrideva e ti dava una potente pacca sulla spalla, con le belle ragazze si lasciava andare a qualche frivolo complimento e se c'era da dire una parolaccia non si tirava certo indietro... Amava la vita quell'omone alto alto, sempre in forma. Bob Lovati, portiere di Pisa, Monza, Torino AC e soprattutto Lazio, è scomparso questa mattina a Roma all'età di 83 anni. Tutti vissuti pienamente. Per la Lazio si trattava di un simbolo, una presenza costante per oltre mezzo secolo. Lovati, due presenze in Nazionale, era arrivato infatti a Roma nel 1955 e aveva difeso la porta biancoceleste fino al 1961, conquistando la prima Coppa Italia della Lazio, nel 1958. Lovati vanta 146 presenze complessive, di cui 135 in campionato e 11 in Coppa Italia. A quella società si era legato al punto da non volerla lasciare più. Dal momento del suo addio al calcio si trova infatti a ricoprire ruoli di ogni genere. Prima lavora come allenatore delle giovanili, poi preparatore dei portieri, quindi tecnico anche della prima squadra (110 partite e la conquista della Coppa delle Alpi nel 1971) e dirigente.