Domenica 10 dicembre 1995 - Parma, stadio Ennio Tardini - Parma-Lazio 2-1

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10 dicembre 1995 - 2677 - Campionato di Serie A 1995/96 - XIII giornata

PARMA: Buffon, Mussi (58' Minotti), Cannavaro, Sensini, Apolloni, Di Chiara, D.Baggio, Brambilla, Crippa, Zola (72' Melli), Asprilla (87' Catanese). A disp.: Nista, Stoichkov. All. Scala.

LAZIO: F.Mancini, Nesta, Favalli (80' Gottardi), Fuser (66' Piovanelli), Bergodi, Chamot, M.Esposito, Marcolin, Casiraghi (68' Iannuzzi), Di Matteo, Signori. A disp. Orsi, Romano. All. Zeman.

Arbitro: Trentalange (Torino).

Marcatori: 37' Asprilla, 48' Zola, 90' Di Matteo.

Note: ammoniti Brambilla, D.Baggio, Marcolin, Nesta. Esordio in serie A per Alessandro Iannuzzi classe 1975. Calci d'angolo: 6-4.

Spettatori: 24.500 per un incasso di £. 921.000.000.

Zola e Signori in azione
Duello Di Matteo-Sensini
La rete di tacco di Asprilla
Favalli con maschera protettiva
Fuser contrasta Asprilla
L' esordiente Iannuzzi scambia la maglia con Asprilla

Un gol, il primo gol in trasferta dopo quasi tre mesi di astinenza (ultimo exploit conosciuto il 3-3 di Bari datato 17 settembre u.s.), non è sufficiente a preservare dalla decomposizione l'ambizioso progetto di una Lazio grande e finalmente vincente. Perché quando Di Matteo mette la testa sulla punizione del debuttante Iannuzzi, vent'anni, incaricato di rimpiazzare Casiraghi uscito pieno di ammaccature dall'impatto con Apolloni (preoccupante distorsione al ginocchio), la partita al Tardini è già bell'e conclusa e quella che un tempo era la colonia romana di Zemanlandia l'ha ormai perduta senza attenuanti. La grandeur laziale resta un'utopia, il Parma resta incollato alle maglie del Milan dopo avere recuperato in tutta fretta le proprie radici, cioè il 5 3 2 che gli consente, anche attraverso i sacrifici di Couto, Stoichkov e Minotti (il capitano verrà peraltro ripescato in avvio di ripresa offrendo così a Sensini la possibilità di sprigionare tutta la sua esuberanza in qualità di esterno destro) di sentirsi squadra vera, cioè collettivo capace di ripartire la fatica tra tutti i membri della cooperativa. Oddio, se proprio andiamo a cavillare, il Parma le più grosse amnesie le ha sofferte nella fase offensiva del suo gioco. Qui i meccanismi restano da ungere perché Asprilla e Zola, che pure hanno il merito di questo 2-1, non hanno trovato la chiave per forzare una difesa, quella romana, del tutto inadeguata alle aspettative (e agli investimenti) di Cragnotti (e della Banca di Roma). E tanto Brambilla quanto Dino Baggio, spigoloso il giovanotto, hanno preferito cucirsi addosso un ruolo da interditori, rinunciando in partenza a quello di guastatori offensivi. Se un Parma appena diligente, preso per mano da un enorme Sensini, ha saputo riproporsi come alternativa unica all'incubo milanista, significa che la Lazio si è mantenuta al di sotto di quello standard di sufficienza. E che quella dei biancazzurri sia una crisi di ampia portata è dimostrato da tutta una serie di dettagli, peraltro significativi: a) le tre sconfitte consecutive, ad esempio - Vicenza, Milan e Parma -, che, allargando l'orizzonte, diventano quattro negli ultimi cinque incontri (nello "score" vanno inseriti la caduta di Firenze e lo stiracchiato successo casalingo sulla Cremonese); b) i tentativi operati da Zeman di coinvolgere l'arbitro nello scadente rendimento della squadra. Era accaduto dopo Vicenza, si è ripetuto ieri quando la sfinge boema ha ipotizzato il gol sul calcio d'angolo a rientrare di Signori (24' p.t.) respinto sulla linea da Buffon nonostante l'impatto con Casiraghi. Singolare intervento postumo, perché in campo neppure il capitano ha accennato alla protesta; c) un organico ridotto all'osso nella qualità. Senza Boksic, Rambaudi, Winter e Negro, Zeman s'è dovuto arrangiare con una panchina articolata su Romano, Gottardi, Piovanelli e Iannuzzi a fronte delle riserve miliardarie (Minotti, Stoichkov, Catanese e Melli mentre Couto osservava dalla tribuna) sistemate sulla panchina accanto. Caso a parte quello dei portieri, entrambi seconde scelte: mentre Buffon ha infatti impresso un indirizzo preciso alla partita toccando in angolo la correzione mancina di Signori (14'), Mancini (e con lui gli allegri compari della difesa) si è lasciato buggerare di tacco da Asprilla prima di assopirsi sulla punizione di Zola. In sostanza, e al di là delle giustificazioni di comodo, la Lazio ha tenuto per mezz'ora, ma senza più quella aggressività che era un tempo il segreto di Zemanlandia. E Beppe Signori, oppresso da chissà quali pesi, di questa squadra è diventato uno specchio fin troppo lucente. Per questo specchio, Tanzi pareva disposto a investire 25 miliardi. Ma oggi i conti toccano a Cragnotti.

Fonte: Corriere della Sera