Martedì 18 aprile 2000 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Valencia CF 1-0

Da LazioWiki.

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18 aprile 2000 - 2898 - Champions League - Quarti di finale - gara di ritorno - inizio ore 20.45

LAZIO: Marchegiani, Negro, Mihajlovic, Nesta, Pancaro (76' Mancini), Conceição, Almeyda (84' Simeone), Veron, Nedved (46' S.Inzaghi), Boksic, Salas. A disp.: Ballotta, Fernando Couto, Sensini, Gottardi. All. Eriksson.

VALENCIA: Canizares, Bjorklund, Djukic, Pellegrino, Angloma, Mendieta (61' Albelda), Farinos, Gerard, Kily Gonzales, Angulo (82' Oscar), C.Lopez. All. Cuper.

Arbitro: Sig. Jol (Olanda).

Marcatori: 52' Veron.

Note: ammoniti Kily Gonzales, Pancaro, Canizares. Recupero: 3' più 4.

Spettatori: 53.135 paganti per un incasso di Lire 2.305.570.000.

La formazione della Lazio
I calciatori biancocelesti prima dell'inizio della gara
Juan Sebastian Veron scocca il tiro vincente...
...che si insacca sotto il sette alla sinistra del portiere spagnolo
La gioia di Veron dopo la rete
Un'altra immagine dell'esultanza del centrocampista argentino
Alen Boksic in azione
La formazione della Lazio
Alen Bosksic contrastato da Angloma e Mendieta

Dal Corriere della Sera:

Coltivare la speranza era lecito, illudersi non era più possibile già dalla fine del primo tempo. Non solo per come la Lazio aveva giocato, ma perché restava soltanto il secondo: segnare tre gol in 45 minuti e non subirne proprio, lambiva il miracoloso. Infatti pur segnando un gol (con Veron, il migliore in campo), la Lazio ne ha anche incassato uno (Gerard al 21'): che poi l'arbitro olandese Jol l'abbia annullato, ciò appartiene all'incomprensibile segnalazione del suo assistente che ha ravvisato un fuorigioco immaginario. La squadra di Eriksson avrebbe avuto ancora venti minuti per provarci, ma è stato quel contropiede manovrato nella larghezza e nella profondità (Lopez a Kily Gonzales: un compasso piantato nel terreno) a bucarla drasticamente. Da quel momento fino al termine, la Lazio ha attaccato ancora, più che nel primo tempo, ma sicuramente peggio: confusa, angariata, affannata. Avevano capito tutti, dallo straordinario Veron al pessimo Salas, che la Champions League si fermava lì. Un gol, per la verità, è il massimo che la Lazio meritasse di ottenere. Per le scelte spesso incomprensibili di Eriksson (perché insistere ancora su Salas in queste condizioni? perché rinunciare di nuovo a Simeone dopo averlo risparmiato a Firenze?); per lo sconnesso primo tempo; per un'accelerazione che è durata venti minuti (i primi dopo l'intervallo), anche grazie all'ingresso di Simone Inzaghi, non era davvero possibile ottenere di più.

Ma ci voleva altro. Troppo preoccupata di farsi infilare dal contropiede di Claudio Lopez, la Lazio ha mostrato limiti di struttura e limiti mentali: bastava guardare la panchina dove l'algido svedese sembrava inchiodato a un destino segnato. Le grandi imprese, invece, non si improvvisano neppure contro il Valencia oggi, tra l'altro, una delle squadre più in forma dell'Europa occidentale. Bisogna crederci e non solo nell'ora e mezza di gioco. Invece si è capito presto che la Lazio stava facendo la partita che non voleva e che non avrebbe dovuto. Intanto perché sarebbe stato necessario tenere palla bassa e l'erba fradicia lo rendeva arduo. Poi, perché sarebbe stato importante farla viaggiare veloce e, sempre per la pioggia, pareva impossibile. Infine perché bisognava capitalizzare le pochissime opportunità che si riusciva a distillare da un possesso palla di poco superiore all'avversario (57 per cento contro il 43). In questo caso sarebbe servito un altro Salas, più lucido sotto rete (destro stampellato su assist di Nedved nel primo tempo), soprattutto più agile nello smarcamento. Soltanto quando ha potuto aggrapparsi al gol di Veron (un destro da fuori area che ha spezzato l'inerzia psicologica), la Lazio ha liberato ogni energia nella direzione del raddoppio. L'ingresso di Simone Inzaghi al posto di Nedved (infortunio: brutto colpo al ginocchio) ha consentito un riferimento certo, più profondità, più movimento. Di conseguenza, un numero superiore di insidie per Canizares.

Bravo il portiere a sventarle tutte (alcune anche con goffaggine), ottusi i laziali a insistere con i lanci lunghi (la maggior parte preda di Djukic e Pellegrino, lenti ma dotati nel gioco aereo). Insomma ci voleva altro per tenere l'ultima squadra italiana in un'Europa che da ieri non ci appartiene più. E, dopo la disfatta dell'andata, forse era troppo per chicchessia. Niente italiane in semifinale: non accadeva da 13 anni. L'Italia è fuori dalle semifinali delle Coppe europee. Non succedeva da tredici anni. La Lazio esce dalla Champions League dopo Fiorentina, Milan e Parma. Il tecnico, che a fine stagione lascerà, è avvilito: "Qualificazione buttata nella partita di andata". Eriksson al passo d'addio: "Usciamo a testa alta". E' tutto finito di colpo. Quasi di colpo. Dopotutto, il destino di ogni cosa bella. Tre giorni solamente per calare il sipario su tre anni. Sotto la pioggia, la Lazio ha visto scivolare via le illusioni, minuto dopo minuto, e le inutili scaramanzie: dal "Grande Slam" al "Grande Splash" il percorso è stato terribilmente breve. Da oggi si comincia a pensare a qualcosa di nuovo.

A un nuovo allenatore, questo ormai appare certo. E anche a una nuova squadra. Non da smantellare, non da prendere e buttare nel cestino, ma da rinvigorire e rimodellare secondo criteri diversi e scelte mirate. "Il mio futuro domani sarà a Formello - dice Eriksson ancora provato dalla delusione -. Mi presenterò al campo come sempre per dirigere l'allenamento. E così farò fino a quando qualcuno non mi dirà, se un giorno me lo dirà, che non mi spetta più questa responsabilità". Non è lo Sconfitto, lo svedese. Ma è uno dei tanti, troppi perdenti di questa sera e di questa stagione. Eriksson sembra consapevole di avere esaurito il suo ciclo. Dopo quattro coppe vinte (Supercoppa europea e italiana, Coppa delle coppe e coppa Italia) ma anche dopo uno scudetto clamorosamente regalato al Milan, l'anno scorso, e dopo una stagione, questa, che al massimo potrà regalare un'altra coppa Italia.

"Dispiace uscire così, ma è a Valencia che abbiamo rovinato il nostro futuro. Resta il fatto che fino al 18 aprile siamo stati in corsa su tutti e tre i fronti. Ora non bisogna mollare: per il rispetto che dobbiamo a noi stessi, alla società e al pubblico. C'è ancora un campionato da concludere bene e una coppa Italia da vincere a ogni costo". Si scatenerà la caccia al successore, Eriksson conosce bene le regole del mestiere. Sa che si parlerà apertamente, dopo tanto chiacchiericcio delle ultime settimane, di Marcello Lippi, se mai l'Inter, e Moratti, lo dovesse lasciare libero a fine stagione. Stasera, tuttavia, sono le lacrime, e la rabbia, a farla da padrone. Juan Sebastian Veron, strepitoso dall'inizio alla fine dice che "la squadra ha buttato un tempo, il primo. Giocando sempre con quei lanci lunghi assolutamente inutili. Ci siamo svegliati troppo tardi. Quando abbiamo capito come si poteva sorprendere il Valencia, non avevamo più il tempo necessario per realizzare l'impresa. Siamo avviliti, questo è inevitabile. Ma dobbiamo adesso chiudere la stagione a testa alta, non lasciandoci andare in campionato. Non sarebbe dignitoso per noi, ma, soprattutto, per un pubblico meraviglioso". Nesta, rientrato dopo l'infortunio muscolare e dopo la rapida parentesi con il Perugia, schiuma rabbia.

Il capitano non si dà pace. "Non è giusto, il Valencia non meritava di passare il turno. Siamo eliminati per aver sbagliato una partita sulle quattordici fin qui disputate in Champions League. Un verdetto ingeneroso, assurdo: evidentemente, lassù qualcuno non ci ama. Abbiamo costruito non so quante occasioni da gol, abbiamo schiacciato gli spagnoli nella loro metà campo, eppure non è bastato. Ma io non mi arrendo a questo destino. Io spero ancora in qualche passo falso della Juventus, da qui al termine della stagione. Dopotutto, sono uomini anche loro". Nessuno teme il crollo. Come quello che due anni fa, in appena sette partite, portò la Lazio dal secondo al settimo posto. "Non esiste questo pericolo - garantisce Eriksson -. La squadra sa bene ora quali siano i suoi doveri. Non ci saranno cali di tensione. Andremo avanti con forza e con orgoglio sino all'ultimo. Statene certi".


La Gazzetta dello Sport titola: "Peccato Lazio e giù il sipario. Vani l'assedio al Valencia e il gol di Veron: l'Italia saluta l'Europa. La Lazio paga il pesante k.o. dell'andata e il primo tempo di ieri sera, in larga parte regalato al Valencia. Dopo il gol di Veron al 7' della ripresa c'è l'assedio previsto, che però alla distanza si rivela tardivo e troppo confuso: il portiere Canizares non sbaglia nulla negando il gol a Conceiçao e Negro e il Valencia si vede anche annullare un gol regolare".

Continua la "rosea": Grazie lo stesso, Lazio. Peccato solo che quella sberla di Veron sotto l'incrocio arrivi dopo sette minuti del secondo tempo e non del primo, per larga parte regalato al Valencia. Peccato perché con un gol segnato a freddo poteva essere un' altra storia. Finisce invece 1-0, con l' assedio tardivo che diventa via via confuso e disperato. E con un portiere, Canizares, che fa gli straordinari e non sbaglia nulla. Il 5-2 dell' andata, quella sbornia collettiva, quei minuti iniziali fatali, si rivela dunque, com'era facile prevedere, decisivo. Giusto così, perché la Champions League, quando si arriva all'eliminazione diretta, non consente errori. Giusto così anche perché, pur soffrendo, il Valencia, cui viene annullato il gol del pari assolutamente regolare, ribadisce il suo valore, cocktail felice di vecchi combattenti (Angloma) e di giovani talenti (Gerard e Angulo). Per i primi venticinque minuti, che al tirar delle somme saranno importantissimi, è una Lazio paralizzata dalla paura. Lo choc di Valencia è rimasto nella testa dei giocatori. Negro e Pancaro soprattutto sembrano incapaci di qualunque cosa. Buttano l'àncora davanti al rientrante (ed incerto di suo) Marchegiani e non si muovono da lì. Ma è tutta la squadra ad essere impacciata, quasi che il peso dell' impresa richiesta la schiacci prima ancora di cominciare. Il Valencia non fa le barricate e anzi prova a ripetere la decisiva partenza-lampo dell' andata. Cuper, che per sostituire l' infortunato Carboni ha optato per lo svedese Bjorklund quale terzo stopper con Djukic e Pellegrino, tiene Angloma sulla linea dei terzini, ad aspettare Nedved.

Sui piedi del quale parte Mendieta, mentre dall' altra parte Kily Gonzales fa altrettanto con Conceiçao. In mezzo Farinos e Gerard formano un triangolo con Angulo che ne rappresenta il vertice avanzato, mentre Lopez, più avanti, fa reparto da solo seminando, veloce com'è, il terrore un po' ovunque. Nonostante Nesta, che respinge al mittente tutto quel che può, la Lazio resta per un periodo interminabile fuori partita. La differenza è data anche dalla freschezza atletica e dalla velocità degli spagnoli, che sono sempre cortissimi, mentre i biancocelesti tra il timore e la gamba che non tiene sono lunghi, lunghissimi. Tanto che l' unico schema praticato e praticabile passa per il lancio a scavalcare il centrocampo di Mihajlovic. Che non porta da nessuna parte. Il primo corner, è tutto dire, arriva dopo 25' . E' buono per scoprire che dietro gli spagnoli non sono impeccabili, e per accendere la Lazio. Che quando riesce a mettere all'angolo gli spagnoli dà l' impressione di poter passare. Ma questa è una partita in cui non si deve, non si dovrebbe sbagliare proprio nulla: e invece Salas, dopo che Almeyda è stato sfortunato col pallonetto appena a lato, spreca il piattone su assist di Nedved. E' la prima vera palla gol della partita e arriva dopo 33' ! Poi ci si mette pure Canizares, il piccolo portiere che sembra costruito con la gomma elastica: Nedved e Conceiçao lo bombardano in rapida successione e lui risponde respingendo sempre con grande prontezza. E' una Lazio apparentemente già rassegnata quella che sotto l' acqua scivola negli spogliatoi. Eriksson gioca la carta Simone Inzaghi, e toglie Nedved, anziché lo spento Boksic, supponiamo avendo i suoi buoni motivi. Inzaghino ha la capacità di elettrizzare la squadra, si butta su tutti i palloni, la scuote: e la Lazio fa quello che per sperare nell'impresa le sarebbe dovuto riuscire dall'inizio.

Dura venti bellissimi minuti la fase magica, che il gol di Veron con un gran destro da fuori area nobilita dopo 7' di gioco. E' il momento dell'assedio e dell'affanno valenciano, con Canizares e Angloma che si ergono a salvatori della patria iberica, coi corner che fioccano (alla fine saranno sedici a zero!) senza che Miha riesca mai a renderli letali, e con le due grandi occasioni, quelle proprio speciali, che finiscono ahiLazio sui piedi sbagliati. Quello di Conceiçao (14') è un vero e proprio gol mangiato, mentre il tiro di Negro (19') è bello e preciso. Tutte e due le volte ci pensa Canizares, bravo in precedenza sul colpo di testa di Inzaghino. Il Valencia chiuderebbe la pratica a metà del secondo tempo, se sul micidiale contropiede che porta Gerard (ancora lui, il terminator dell' andata) in gol sul cross di Kily Gonzales il guardalinee Pool non vedesse (solo lui) un fuorigioco che non c'è. Per la Lazio, stremata, quel gol sia pure annullato rappresenta un segnale inequivocabile. Eriksson offre l'ultima chance a Mancini a un quarto d' ora dalla fine togliendo Pancaro e passando alla difesa a tre, e (mentre Cuper non spreca nemmeno il terzo cambio) regala a Simeone solo sei minuti per Almeyda. Al posto dello svedese avremmo agito diversamente, buttando Simeone nella mischia subito dopo l'1-0 e passando subito, e non così tardi, al modulo difensivo rischiatutto. Ma tant'è, questo è senno di poi. A Barcellona ci si andrà un'altra volta. Magari l'anno prossimo.


Il Messaggero titola: "Lazio, è finita. Il gran gol di Veron illude. Il primo obiettivo della stagione è fallito".

Continua il quotidiano romano: Il sogno si è fermato al gol, uno solo, di Veron. Non è bastato, naturalmente, alla Lazio, che la sua Champions l'ha lasciata a Valencia nella partita più scriteriata della stagione. E' mancata la freddezza, forse un pizzico di fortuna, nell'arrembaggio della ripresa, ma purtroppo la squadra è mancata ancora nell'organizzazione e negli schemi della prima parte, quando si trattava di far vacillare le certezze degli spagnoli. Che hanno giocato la loro onesta partita difensiva, rinvigorita dalle ottime parate di Canizares e avrebbero potuto perfino pareggiare se l'arbitro non avesse annullato un gol regolare di Gerard, che ha sbagliato di suo nel finale. Tutto quello che c'era da fare si è visto, come detto, nella ripresa, giocata perfino con quattro punte. E sono stati belli lo stesso lo sventolio di bandiere e i cori d'incoraggiamento finale della Nord ai giocatori distrutti e piangenti. Ci si riproverà l'anno prossimo, con una esperienza si spera consolidata.

L'assalto biancoceleste è rimasto per tutto il primo tempo un disperato incedere verso la porta avversa: palloni portati avanti, come si temeva, con troppa foga e lanci lunghi puntualmente preda dei centrali del Valencia. Cuper aveva disposto i suoi con molta accortezza, un inizio brillante per togliersi di dosso le paure e subito un ripiegamento accorto, con Claudio Lopez abbandonato a se stesso. La Lazio sapeva di dover fare la partita ma quanto a chiudere gli spagnoli nella loro area era tutta un'altra problematica, visti i raddoppi continui dei centrocampisti e l'ottima tenuta aerea dei difensori. A Salas e Boksic non sono arrivati poi molti palloni giocabili, ma quei pochi, vuoi per un rimbalzo, vuoi per uno scivolone sul terreno viscido di pioggia, non sono stati mai controllati a dovere. Così Canizares ha dovuto impegnarsi seriamente solo alla mezz'ora, sulle conclusioni consecutive di Nedved e Sergio Conceicao.

Sempre agile, invece, la rimessa valenciana, vanificata dalle chiusure al limite di Nesta e Mihajlovic. Troppo preoccupati Negro e Pancaro per spingere a fondo, un po' asettico il palleggio di Veron, cresciuto però strada facendo e autore di un gol da antologia. A lungo il migliore in campo è stato il pubblico laziale, inappuntabile nella sua fede e nel sostegno indomabile ai propri beniamini. Di troppo solo i consueti "buuh" (non ci stancheremo di ripeterlo) al nero Angloma, peraltro molto attento. Eriksson è passato alle tre punte in avvio di ripresa, esentando Nedved per inserire Inzaghi, subito scivolato mentre si apprestava a colpire di testa da ottima posizione. Ha funzionato a tratti l'idea di Cuper di arretrare il brevilineo Kily Gonzalez a guardia di Sergio Conceicao. Ma è cresciuta la spinta laziale e Salas è stato anticipato dall'uscita di Canizares che forse ha pure commesso fallo da rigore su Inzaghi. Giusto premio il gol di Veron, una bordata di destro dal limite che ha riaperto la contesa.

Bolgia infernale, adesso. Con Canizares provvidenziale sul colpo di testa di Inzaghi diretto al "sette" e poi di piede su Sergio Conceicao liberissimo sulla destra: uno scempio. Grande il riflesso del portiere anche sul tiro a botta sicura di Negro. Poi è arrivato dal guardalinee un regalo insperato: annullato per un fuorigioco inesistente il pareggio del solito Gerard su cross rasoterra di Kily. Nesta ha continuato a lottare come un leone a presidio di una squadra ormai allungatissima e poco incisiva nei cross. Dentro anche Mancini per Pancaro: la mossa della disperazione. Non si può dire che fino all'ultimo la Lazio non ci abbia provato.


Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:

La domanda è scontata e brutale, ma non si può proprio farne a meno. Che futuro, ora, si apre di fronte alla Lazio e davanti al tecnico Eriksson ? «Per un ottimista come me, il futuro è continuare a lottare con la Lazio: per i traguardi ancora a disposizione. Per me, personalmente, il futuro è andare a Formello, tutte le mattine, per fare il mio lavoro. Finché qualcuno non mi dirà di non andarci più». Sven Goran Eriksson accetta l'uscita dalla Champions League col solito stile. Ritrovare gli stimoli? «Dopo un' uscita di scena internazionale, c'è sempre il rischio che la concentrazione venga meno. Lotteremo sino alla fine in coppa Italia e in campionato, che non è chiuso». Qualificazione compromessa all'andata, anche per la mancanza di Nesta? Eriksson: «A Valencia abbiamo fatto la più brutta partita della stagione. Creiamo tante occasioni e facciamo pochi gol. All'andata l' assenza di Nesta è costata cara, ma la partita è stata brutta, mentre al ritorno abbiamo disputato una bella partita. Mezz' ora di grande intensità e di grande carattere. Nessuno escluso». «Assolutamente non voglio parlare di errori dei singoli - continua Eriksson -. Non credo che Conceiçao abbia fatto un errore sul possibile 2-0, ripeto segniamo poco». Inzaghi poco efficace ? «Abbiamo spinto nel secondo tempo e Inzaghi sabato non ha giocato. Non potevano attaccare per 90 minuti così, rischiavamo di prendere anche un gol. In bocca al lupo al Valencia, un' ottima squadra, micidiale in contropiede. Può vincere la Champions League. Che semifinale col Barcellona». La Lazio ha dato l'anima, ma forse qualcuno, come Simeone, poteva entrare prima ? «Tutti hanno fatto un ottimo lavoro - risponde Eriksson - Simeone poteva entrare prima o dopo. Recuperare un 3-0 con una squadra come il Valencia non è facile. E se loro fanno gol, buonanotte».

Eriksson confida anche il dispiacere più sentito, aver perso gli obiettivi, strada facendo: «Fino al 18 aprile abbiamo lottato su tutti e tre i fronti. Da oggi non più. Mi dispiace. Credetemi. Questa semifinale del torneo più importante d' Europa l'abbiamo smarrita all'andata, una partita non da Lazio, o, comunque, non all'altezza di quanto ha dimostrato e ha saputo fare la Lazio nel ritorno. L'attenzione e il bisogno di segnare non sono, spesso, intenzioni che possono andare d' accordo. E nelle competizioni internazionali, a causa della somma delle due partite, non è sufficiente fare una sola grande partita. Non bisogna sbagliare al punto di compromettere la gara successiva. La Lazio lo ha fatto e non è riuscita a sovvertire la situazione. Mi dispiace anche per il calcio italiano, perché con l'uscita di scena della Lazio non c'è più alcuna squadra italiana nelle competizioni europee, non succedeva da molto, da tanto tempo». Dall'87. Ci sono anche gli infortuni, però, fra le complicazioni di una stagione molto complicata. Ecco la situazione, la spiega lo stesso tecnico della Lazio: «Nedved soffre per un infortunio al ginocchio, una brutta botta, ne sapremo di più fra un giorno. Stankovic, invece, ha dei problemi muscolari».

La tensione, la gioia, la speranza, infine la rabbia. La partita della Lazio si può riassumere così dalla faccia di Sergio Cragnotti. Il presidente vive da tifoso vero il match, ci crede, ci ha sempre creduto, e per dare la sua spinta di ottimismo all'ora di pranzo aveva raggiunto la squadra nel ritiro di Formello. La convinzione di vivere una notte indimenticabile si è spenta solo negli ultimi minuti, quando dal campo ci si è resi conto che i ragazzi avevano finito la benzina e non riuscivano più a mordere. Peccato. Non sono bastati neanche gli oltre cinquantamila tifosi che hanno riempito l'Olimpico d'entusiasmo supportando la squadra in ogni momento. Un pizzico di sfortuna, la bravura degli avversari e soprattutto gli errori nella partita di andata al «Mestalla» costano l'eliminazione dalla Champions League alla Lazio. E' la prima volta da quando c'è Eriksson che la squadra non arriva alla finale europea. Tornando a Cragnotti, il presidente era tanto teso che alla fine del primo tempo non ha voluto realizzare un'intervista con una tv francese, già concordata. E alla fine ha lasciato lo stadio senza fermarsi nemmeno un attimo per una dichiarazione ufficiale. Chissà quali pensieri passano per la testa del finanziere, che nel giro di tre giorni ha visto sfumare gli obiettivi più importanti della stagione: scudetto e Champions League.

La punizione di Batistuta sabato a Firenze e i tanti errori sotto porta ieri sera hanno sancito l' abdicazione. Se è vero che la Lazio è stata in ballo più di tutte le altre squadre italiane su ogni fronte, è altrettanto vero che alla fine, bene che vada, raccoglierà una coppa Italia. Un po' pochino. Cragnotti deve decidere quale futuro dare alla sua società e alla sua squadra. Eriksson ha ancora un anno di contratto, ma adesso la sua posizione entra in discussione. Il tecnico svedese da quando è alla guida della Lazio ha vinto ben quattro trofei, ma ha fallito soprattutto in campionato, con due secondi posti che sanno un po' di beffa. Questa Champions League finita a inizio primavera può diventare la goccia che fa traboccare il vaso? Il presidente finora non ha mai pensato seriamente a cambiare il suo allenatore e dunque non ha approfondito i contatti con una possibile rosa di sostituti. Intanto però dovrebbe riflettere anche su determinate scelte estive. Perché la cessione di un centravanti come Christian Vieri ha pesato e non poco sulla stagione della Lazio. Anche ieri sera, pur giocando bene e creando un sacco di occasioni alla Lazio è mancata la punta centrale, quella capace di tramutare in gol le giocate migliori. Purtroppo Salas gira a vuoto, Inzaghi non sta bene e Boksic non poteva essere il sostituto di Bobo. E questo Cragnotti lo sapeva benissimo al di là delle sue dichiarazioni ufficiali.


Dal Messaggero:

In tre giorni ha visto sfumare gli obiettivi più prestigiosi: scudetto e Champions League, in tre giorni la stagione biancoceleste è stata compromessa ma, nonostante tutto, in attesa dei programmi, la Lazio dovrà tenere duro. Eriksson fa fatica a conservare il proverbiale aplomb dopo la bruciante eliminazione. «Quando si manca un obiettivo così importante, diventa difficile conservare la necessaria concentrazione. Però voglio vedere la squadra lottare fino all'ultimo perché ci sono ancora speranze in campionato ed una Coppa Italia da vincere». Forse la serata di Coppa segna la fine del ciclo-Eriksson. «Oggi, come sempre, andrò a Formello e, finché qualcuno non mi dirà il contrario, continuerò a lavorare. Questo è il mio futuro». Il tecnico svedese aveva sperato nella clamorosa rimonta e, almeno sul piano dell'impegno, non ha niente da rimproverare ai biancocelesti. «Ho fatto i complimenti alla squadra per come ha giocato il secondo tempo: ha dato tutto quello che poteva ma non è stata fortunata. Non abbiamo rischiato tanto nella prima parte perché un eventuale gol degli spagnoli avrebbe forse archiviato ogni nostra speranza. Recuperare tre reti ad una formazione forte come il Valencia era un'impresa davvero difficile: ci abbiamo provato, è andata male. La qualificazione, però, non l'abbiamo persa all'Olimpico ma nella partita d'andata, una delle peggiori esibizioni della stagione. In questa seconda sfida abbiamo costruito tanto ma sbagliato anche tanto. Un vero peccato». Una serata amara per Sven Goran Eriksson che, comunque, non accampa recriminazioni nemmeno per il clamoroso raddoppio mancato da Conceicao che poteva rimettere tutto in discussione. «Ripeto, hanno pesato più gli errori di Valencia che quelli di Roma».

L'allenatore spiega i cambi. «Nedved aveva preso un duro colpo al ginocchio, non riusciva a correre, così abbiamo preferito cambiare. L'ingresso di Inzaghi, alle prese con qualche problema muscolare, era previsto nella ripresa». Simeone troppo tardi in campo. «Non credo che questo abbia inciso sulla nostra eliminazione». Una stagione che rischia di finire in maniera malinconica. «La Lazio ha lottato per tanto tempo su tre fronti, con impegno e risultati, ora è rimasta in corsa per due competizioni. Purtroppo - lo ripeto - abbiamo pagato alcuni errori». Il presidente Cragnotti ha lasciato l'Olimpico scuro in volto e visibilmente contrariato per un'eliminazione che brucia sia a livello d'immagine, che economico. Il finanziere ha lungamente cullato il sogno europeo, ora comincerà a programmare il futuro. Hector Cuper, uno dei possibili candidati (il primo della lista è Sacchi) a sostituire Eriksson sulla panchina nel caso, molto probabile, Cragnotti decidesse di voltare pagina, è raggiante. «Lo scorso anno ho perso una finale di Coppacoppe contro la Lazio, questa volta l'ho eliminata con merito. Ma non cercavo rivincite. Ho due sogni: vincere la Champions League ed allenare in Italia».


Continuare ad andare avanti, fermandosi appena un attimo sulla Champions League perduta. Evitare di franare in questo finale di stagione è la parola d’ordine dello spogliatoio della Lazio, che vuole dimenticare in fretta quest’altra delusione. Spetta a Sebastian Veron e Roberto Mancini provare a tenere su il morale dei biancocelesti. «Sapevamo che recuperare tre gol al Valencia sarebbe stato difficile. Ci abbiamo provato, ma non ci siamo riusciti - prova a consolarsi l’argentino, a cui non neppure il gran gol segnato al Valencia riesce a strappargli un sorriso -. La delusione è forte, ma c’è anche la soddisfazione di aver visto la squadra provarci, giocare bene e spingere tanto, soprattutto nel secondo tempo. Nel primo tempo eravamo bloccati, nervosi, sentivamo la partita. Nel secondo invece siamo andati bene, abbiamo creato tantissime occasioni, ma il loro portiere è stato bravissimo; ci è mancata anche un po’ di fortuna». Come in occasione del tiro di Conceicao a metà della ripresa su cui Canizares ha compiuto un miracolo. «Se fossimo andati sul 2-0 la gara sarebbe sicuramente cambiata - dice ancora Veron - Loro erano in difficoltà e la seconda rete l’avrebbe sicuramente in affanno. La qualificazione, però l’abbiamo persa all'andata, non certo all'Olimpico. In Spagna potevamo e dovevamo fare di più».

Addio Champions, scudetto compromesso, cosa resta alla Lazio ? «Il dovere di non mollare - dice ancora Veron - di vincere le quattro gare che restano alla fine del campionato. Lo dobbiamo a noi stessi e ai nostri splendidi tifosi, magnifici questa sera; meritano il nostro rispetto». Il pensiero ai tifosi lo rivolge anche Roberto Mancini, alla sua ultima apparizione in Champions League. «Mi dispiace lasciare in questo modo, con questa grande delusione. Adesso tutti parleranno di stagione fallimentare, ma quale altra squadra è arrivata ai quarti di coppa Campioni, è seconda in campionato ed è in finale di coppa Italia?». La squadra tornerà ad allenarsi questa mattina in vista della gara di sabato con il Piacenza. Contro gli emiliani non ci sarà Ravanelli, fermato per due turni per le frasi irriguardose rivolte al quarto uomo dopo la gara con la Fiorentina. In dubbio anche Nedved, che ieri è uscito per aver ricevuto una bocca al ginocchio. Il ceco non giocherà la finale di ritorno di coppa Italia (fissata al 18 maggio) per squalifica. Prima della gara con il Valencia un albanese di 21 anni è rimasto ferito nel tentativo di scavalcare all'interno dello stadio.


Le lacrime di Conceicao. L'abbraccio di Nesta e il coro della curva a perdonare il portoghese che ancora con una buona mezz'ora del secondo tempo da giocare ha sbagliato la palla del due a zero a tu per tu con Canizares. «Se avesse segnato in quel momento la qualificazione sarebbe stata ad un passo - ha dichiarato Alessandro Nesta - ma non è stato per questo che siamo fuori. I valori non sono stati rispettati e non siamo stati fortunati perché tutti hanno visto come li abbiamo messi sotto. Sergio è stato straordinario per tutta la gara, è un ragazzo sensibile ed ho cercato di tirarlo su». Il capitano ha la rabbia negli occhi. «E' un colpo durissimo per tutti perché eravamo convinti di farcela. Adesso c'è rimasta solo la speranza, la speranza che la Juve ci faccia un regalo perché in fondo sono umani anche loro». Nesta cerca di guardare, se possibile, lontano. «C'è una stagione da onorare, il campionato non è ancora del tutto compromesso e ci dobbiamo ancora giocare una finale di Coppa Italia». Claudio Lopez con Nesta in campo ha fatto poco. «Mi è piaciuto molto nella gara d'andata nella quale abbiamo compromesso la qualificazione. E' stato lì che abbiamo sbagliato tutti ed abbiamo perso la possibilità di andare avanti in Champions League». Il "Pidocchio" ha gli occhi bassi, quelli della sconfitta. Come se si sentisse già laziale.

«Ho avuto paura di essere eliminato - ha ammesso Claudio Lopez - dopo il gol di Veron. La Lazio ha giocato bene ma il Valencia si è dimostrato una grande squadra». Non vorrebbe fare commenti sulla sua squadra del futuro. «Il mio futuro potrebbe essere qui, con questo pubblico ma preferisco adesso pensare alla gara con il Barcellona». Luca Marchegiani è rientrato in squadra nella partita più difficile di tutta la stagione. La sua porta, gol annullato a parte, è rimasta inviolata in una gara ad altissimo rischio con la squadra completamente rivolta all'attacco. «E' un addio da questa competizione triste, come tutti gli addii. Sapevamo che non era semplice ribaltare il risultato dell'andata e nel primo tempo abbiamo avuto l'ennesima dimostrazione di quanto potesse valere questo Valencia. Poi siamo riusciti a fare la partita come dovevamo e se fossimo riusciti a fare il gol del due a zero nelle occasioni che ci sono capitate certamente sarebbe stata un'altra musica». Lo stato d'animo del portiere è quello di tutta la squadra. «C'è grande rammarico perché pur rispettando questo Valencia era la Lazio che ha meritato di più». Allenamenti questa mattina a Formello. Da verificare le condizioni di Nedved uscito per una botta al ginocchio e di Stankovic out per un affaticamento muscolare.