Mercoledì 5 aprile 2000 - Valencia, estadio Mestalla - Valencia CF-Lazio 5-2

Da LazioWiki.

Stagione

Turno precedente - Turno successivo

5 aprile 2000 - 2894 - Champions League - Quarti di finale - gara d'andata - inizio ore 20.45

VALENCIA: Canizares, Angloma, Djukic, Pellegrino, Carboni, Farinos, Angulo, Gerard, Kily Gonzales, Sanchez (81' Oscar), C.Lopez. All. Cuper.

LAZIO: Ballotta, Gottardi, Negro, Mihajlovic, Pancaro, Stankovic (62' Conceição), Simeone (76' Salas), Almeyda, Veron, Nedved, S.Inzaghi (68' Boksic). A disp.: Mondini, Sensini, Marcolin, Lombardo. All. Eriksson.

Arbitro: Sig. Milton Nielsen (Danimarca).

Marcatori: 2' Angulo, 4' Gerard, 28' S.Inzaghi, 40' Gerard, 79' Gerard, 86' Salas, 89' C.Lopez.

Note: Angoli 5-4 per la Lazio.

Spettatori: 41.800 paganti


La rete del vantaggio spagnolo, al 2' realizza Angulo
Il raddoppio dei padroni di casa con Gerard
E' il 4', il Valencia è già avanti 2-0
Da La Gazzetta dello Sport
Simone Inzaghi accorcia le distanze su assist di Nedved
L'anticipo di Inzaghi su Canizares
Da La Gazzetta dello Sport
Con la Lazio alla ricerca del pari, clamoroso fallo da rigore di Pellegrino su Veron. L'arbitro fa proseguire.
Il colpo di testa di Gerard per la terza rete del Valencia
Veron e Angulo in azione
Da La Gazzetta dello Sport
Un contrasto tra Veron e Farinos
Da La Gazzetta dello Sport
Nedved lotta, braccato da Angulo
Da Il Messaggero
Serata difficile per Mihajlovic, qui prova a fermare Sanchez
Da Il Tempo
Kily Gonzales semina scompiglio fra i difensori biancocelesti
Veron circondato da Gerard e Pellegrino
Da Il Tempo
Duello tra Angloma e Veron
Da L'Unità
La rete del 4-1, ancora Gerard
Lo sconforto di Ballotta
Da La Stampa
Marcelo Salas sigla la rete del 2-4
Il tiro vincente di Salas, dopo l'aggancio volante del cross di Boksic e dopo essersi rialzato da una caduta
Da La Gazzetta dello Sport
Pavel Nedved festeggia Marcelo Salas dopo la marcatura
Il tiro di Claudio Lopez per il definitivo 5-2
Il biglietto del match

► Il Corriere della Sera titola: "Lazio condannata dal "suo" Lopez". Continua il quotidiano: "Valencia travolgente: tripletta di Gerard e sigillo del nuovo acquisto biancoceleste. Colpi di scena a ripetizione. Partenza sprint degli spagnoli: due gol in tre minuti. Salas entra e segna un gol capolavoro. Ma non basta. La difesa romana in crisi per tutta la gara. Al ritorno adesso serve un miracolo".

Valencia - Buonanotte Lazio. Certo che non c'era da fidarsi di quelli che dicevano: in fondo, meglio il Valencia del Barcellona. Infatti, per ora, il Barcellona ha perso a Londra e la Lazio è stata stritolata dentro allo stadio "Mestalla", dove già la Fiorentina fu salvata dai legni della porta prima di crollare, non senza essere defraudata di un gol regolare. Certo che non c'era da fidarsi della Spagna e dei precedenti: l'ultima volta, quaranta mesi fa, finì 5-3 per il Tenerife e la sconfitta significò eliminazione dalla Coppa Uefa. Però allora c'era Zeman sulla panchina, l'eresia del 4-3-3 e di un gioco ultra-offensivo su cui scaricare rabbie e rancori. Stavolta, invece, è peggio: perché siamo in Champions League e perché in panchina c'è Eriksson; perché si veniva da tre settimane avide di risultati e cariche di attesa; perché con il 4-5-1 si pensava di avere trovato la soluzione.

Molto sembrava diverso da allora e molto di diverso c'è: non il risultato, però. Il 5-2, anzi, è addirittura peggio rispetto all'infamante derby di andata. E adesso il primo che dice: in fondo, fra quattordici giorni basta il 3-0, non merita ascolto. Perché al Valencia una cosa riesce meglio di ogni altra ed è il contropiede, corto o lungo che sia: all'Olimpico rischia di essere fatale. Per fortuna che in tutta la Spagna considerano Hector Cuper, il tecnico del Valencia, un difensivista noto. E il suo 4-4-2 una diabolica fionda per lanciare Claudio Lopez. Ovviamente c'è del vero, basta rivedere i primi due gol (Angulo e Gerard) nei tre minuti iniziali. Il Valencia è ripartito in campo vuoto con frequenza, come se la sua aggressione fosse il prodotto di un pressing predeterminato. Lo fosse o meno, ha finito per tritare la Lazio: a ogni attacco la difesa biancazzurra appariva terremotata.

I nostri giudizi sui difensori sono drastici (a parte Ballotta: senza di lui sarebbe finita peggio), tuttavia non potevamo usare la mano leggera neppure con i due centrali di centrocampo: Almeyda e Simeone non hanno mai incrociato Gerard (tripletta) e Farinos. Comunque se Cuper è un difensivista ci piacerebbe sapere cosa in Spagna pensano adesso della Lazio. Che impressione può destare una squadra dall'elevatissimo tasso tecnico che per l'intera partita difende con quattro difensori e subisce cinque gol. Come mai in Italia il 4-5-1 sembra un baluardo invalicabile, mentre qui è sembrato una friabilissima contromisura d'altri tempi? Intanto perché troppo presto non c'è stata partita. E poi perché fino all'ingresso di Boksic e Salas, Eriksson non ha saputo correggerla. Quando sembrava raddrizzata (1-3, 2-4) due schianti mentali l'hanno rimessa nelle mani del Valencia.


Il Messaggero titola: “Lazio da dimenticare”. Continua il quotidiano romano: “Biancocelesti sotto choc. Il “caso Veron” condiziona la gara di andata dei quarti di Champions League. Valencia travolgente, Lopez infierisce: ora serve un miracolo. Il futuro laziale firma il gol del ko. Male il reparto arretrato e il centrocampo”.

Valencia – La pagina nera nel giorno più sofferto. Davvero questo 5 aprile resterà nella pelle, nell'anima di questa Lazio improvvisamente svuotata. Cinque gol sul groppone di una squadra mai sconfitta nelle trasferte europee nella gestione Eriksson, a parte la finale Uefa con l’Inter. La mente corre al 29 ottobre del 1996, Tenerife, sempre terra iberica, alla disfatta di Zeman. Ma i paragoni lasciano il tempo che trovano. Qui c’è la realtà di una semifinale di Champions ormai legata a un miracolo troppo grande, un 3-0 o un 4-1 all’Olimpico nella partita di ritorno. Che i biancocelesti potrebbero acciuffare solo con una partita d'altri tempi. La serata valenciana li ha visti agonizzare, palpitare solo due volte in zona gol, grazie alla rapacità di Inzaghino e Salas. Poteva finire anche peggio perché la squadra di Cuper ha dominato in lungo e in largo, sospinta da uno straordinario centrocampo, dai gol di Gerard, dall’ultima prodezza di Claudio Lopez. E la difesa laziale, abbandonata a sé stessa dai centrocampisti, è stramazzata a terra senza ribattere, senza dar segni di ripresa.

Un tracollo fisico, tecnico e morale: la Lazio è apparsa subito un pupazzo sballottolato da un gigante. Il Valencia ha giocato con l'intensità agognata da Sacchi, attonito commentatore in tribuna. E i biancocelesti, al culmine di una giornata sicuramente pesante, per le pessime notizie che arrivavano dagli uffici giudiziari romani, non hanno saputo opporre la minima resistenza, specie nei terrificanti minuti iniziali. Si era parlato, fin dal momento del sorteggio della rapidità del complesso valenciano: ebbene l'uno-due è arrivato proprio sulla falsariga temuta. Quattro minuti infernali: se n'è andato Claudio Lopez a destra e sul suo tiro respinto da Ballotta e arrivato solitario, pensate un po', Angulo, che ha ispirato l'azione rubando palla nella propria metà campo. Imbarazzante. Gerard, il giovane centrocampista che piace (a ragione) al Milan, ha avuto vita ancora più facile: una spada affilata in quella difesa burrosa, avversari superati in velocità e con semplice finta di corpo, il pallone piazzato come su un biliardo. Incredibile.

Pensate che la Lazio si sia scossa? Neanche un po'. Manovre senza sbocco, farraginose, spazi sconfinati al gioco di rimessa degli spagnoli, che si sono mangiati l'impossibile, al cospetto di un attonito Ballotta: Kily Gonzalez e Angulo avrebbero potuto portare almeno a quattro i gol di vantaggio, una pena vedergli sgambettare dietro Gottardi, Almeyda, lo stesso Nedved, che in avanti era l'unico a dare una mano. Nel pieno del dramma, però, c'è stato almeno un sussulto: Veron ha tagliato un bel pallone per il ceko, che ha centrato basso per la rapace entrata vincente di Inzaghino in scivolata, quasi un replay del gol di Londra. La Lazio avrebbe potuto addirittura pareggiare, prima con un tiro di Nedved (imbeccato da una pregevole rovesciata di Veron) parato da Canizares e poi su un rigore netto che il pelato argentino si era procurato per l'aggancio del connazionale Pellegrino e che il modesto Nielsen non si è sentito di assegnare. Il danese ha completato l'opera inventando la punizione del terzo gol valenciano, per un inesistente fallo di Gottardi, ma è colpevole assai la retroguardia laziale che, sulla battuta lunga di Carboni, ha lasciato svettare libero Gerard, che doveva essere guardato a vista proprio per la riconosciuta abilità aerea.

Inutile dire che la rinuncia a Nesta per eccesso di prudenza è stata deleteria alla prova del campo. E che ha pesato non poco la squalifica di Fernando Couto. Ma Eriksson non ha cambiato (a parte la comparsa di Mancini in panchina) e la Lazio si è ripresentata con un tiro di Veron, ammansito dal portiere, e con un colpo di testa di Nedved di poco fuori. Fiammate senza brace. E dentro allora Sergio Conceicao per l'irriconoscibile Stankovic, sovrastato da Carboni, e Boksic per Inzaghino, colpito da un malessere di stomaco. Brividi ad ogni ribaltamento di fronte, proposto dagli inesauribili Gerard e Farinos, autentiche catapulte di centrocampo. Il fatto è che la Lazio era ormai ferma sulle gambe, velleitaria in ogni tentativo di reazione, nonostante l'impegno di Boksic e l'ingresso di Salas alla mezzora. Il patatrac era nell'aria e si è materializzato in una smanacciata greve di Ballotta su tiro di Kily Gonzalez, che ha liberato ancora indisturbato il "gigantesco" Gerard per la zampata assassina, deviata per giunta da Mihajlovic. La Lazio è riuscita ancora ad illudersi, grazie ad una combinazione Boksic-Salas, che il Matador ha trasformato in oro sotto porta. Ma un altro errore di Mihajlovic ha permesso a Claudio Lopez di piombare solo da destra in area a sancire con un diagonale da vero Piojo il tracollo laziale. Terrificante e senza attenuanti.


Il Tempo titola: “Lazio disastro, l’Europa è una chimera”. Continua il quotidiano romano: “Biancocelesti travolti a Valencia: ora servirà un miracolo nella gara di ritorno. Travolta dal ritmo degli spagnoli, la squadra di Eriksson è rimasta appesa alla qualificazione grazie a Inzaghi e Salas, ma in pieno recupero è stata colpita da Lopez. Nesta non rischia e va in tribuna. Difesa subito in barca e iberici due volte in gol in quattro minuti. Sul 2-0 negato un rigore a Veron. Deludono Almeyda e Stankovic”.

Valencia – Waterloo Lazio. Umiliata, offesa, strapazzata dal Valencia e dai limiti di un gioco e di una mentalità che è rimasta negli spogliatoi. Incredibile ma vero quello che non è riuscita a combinare ieri sera la Lazio. Più che su un campo da calcio la Lazio sembra essere piombata nel peggiore dei gironi dell’inferno. Il Mestalla è una bolgia nonostante non ci sia il tutto esaurito, il Valencia una furia devastante, incontenibile. Nella Lazio non c’è Nesta che non se l’è sentita di affrettare i tempi di recupero. Dentro Gottardi. Nel Valencia non ci sono Mendieta e il rumeno Ilie ma nessuno se ne accorge perché i bianchi di Cuper sono irreprensibili: squadra corta, aggressiva, pressing asfissiante, diavoli bianchi che sbucavano con irrisoria facilità da ogni angolo del rettangolo di gioco. Tre minuti e la Lazio è già sotto di due gol. Lopez al primo affondo si libera come una caramella scartata del suo angelo custode. La botta è mortifera, Ballotta la respinge d’istinto, irrompe Angulo e siamo 1-0 per i bianchi. Palla al centro. La Lazio è tramortita, l’incitamento del Mestalla arriva fin sotto le porte del paradiso, i bianchi lo sentono, eccome. Ecco Gerard, va via a Negro come una anguilla, finta, controfinta, il difensore biancoceleste col sedere per terra, può nulla Ballotta sulla conclusione a botta sicura. Sono passati appena 180 secondi ed il Valencia è già sul 2-0.

La Lazio non c’è. Sulla sinistra del fronte d’attacco spagnolo la Lazio è una gruviera. Stankovic e Gottardi non tengono il passo, lo slavo poi in quella posizione decentrata è nullo. Davanti il Valencia è una furia. Lopez e Sanchez sono incontenibili, Kily Gonzales poi sfrutta al meglio le ingenuità di Gottardi e mette dentro palle troppo invitanti e sono sempre dolori. La Lazio soffre, arranca, perché in mezzo nonostante la solita generosità di Nedved c’è il vuoto. Palle sempre in orizzontale, poche le verticalizzazioni per l’isolato Inzaghi. Due a zero e il passivo avrebbe potuto essere più consistente se Ballotta non ci avesse messo una pezza in un paio di circostanze. Mezz’ora di gioco, cambia poco. Poi il lampo (27’), la fotocopia dell’azione che ha portato al pareggio col Chelsea. Ancora Nedved che va via sulla sinistra, mette in mezzo e Inzaghino si tuffa in spaccata su quel pallone, anticipa Djukic e mette dentro. Ci siamo? Manco per idea. Il Valencia rallenta ma la Lazio annaspa nei suoi limiti, quelli di un centrocampo che gioca troppo di fioretto con una difesa sempre ballerina che trema ogni volta che i bianchi entrano in possesso di palla. Lopez è una furia, cambia fronte d’attacco e manda ai pazzi l’intera retroguardia laziale. La Lazio prova ad accorciare le distanze tra i reparti, Veron finisce a terra dopo un intervento dubbio in area di Angloma ma l’arbitro dice che non è rigore. Al 39’ nuova doccia fredda: punizione di Kily Gonzales, contestata da Gottardi la testa di Gerard che salta più alto di tutti in mezzo alle belle statuine biancocelesti. Ballotta non ci arriva: 3-1, e si va al riposo.

Ripresa. Ci vogliono 16’ per vedere in campo Conceicao al posto di Stankovic. Troppo. Entra anche Boksic per Inzaghi. Non va. La Lazio deve spingere per non morire, ma lo fa disordinatamente. Il tempo passa, il Valencia non fatica a controllare la Lazio che dovrebbe pungere come una zanzara tigre e invece si affida solo all’estemporaneità dei singoli. Il Valencia non si scopre più ed evita di offrire opportunità alla Lazio. Entra anche Salas per Simeone, la Lazio prova il tutto per tutto aggrappandosi ad un barlume di speranza trascinata dall’inesauribile Nedved. Ma non basta perché a 11’ dalla fine Gerard raccoglie una corta respinta di Ballotta e solo al centro dell’area mette dentro la palla del 4-1. La Lazio ha un sussulto d’orgoglio con Salas che accorcia momentaneamente le distanze, ma Claudio Lopez ricaccia i biancocelesti all’inferno siglando la quinta rete spagnola. Alla Lazio resta solo la partita dell’Olimpico, un miracolo, ma sarà dura perché per qualificarsi deve segnare tre gol. Difficile da ipotizzare pensando alla Lazio di ieri sera, imbarazzante oltre che povera.


La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio fatta a pezzetti". Continua la "rosea": "Seriamente compromesse le speranze di qualificazione. Dopo soli 4 minuti ha già preso 2 gol: alla fine saranno 5. Micidiale l'uno due di Angulo e Gerard, sembra rimediare Inzaghi, ma la Lazio si scopre cercando subito il 2-2: la condannano prima l'arbitro (che non concede un rigore sacrosanto su Veron) e poi il solito Gerard, che segna altri due gol. Salas, entrato da poco, sembra raddrizzare ancora la barca, ma il colpo finale è del prossimo laziale Claudio Lopez".

Valencia - Prima o poi doveva capitare, per la famosa legge dei grandi numeri. Ma che la prima uscita a vuoto della Lazio in Champions League, dopo 15 gare senza sconfitte in Europa, assumesse i sinistri contorni di uno storico disastro non se lo aspettava proprio nessuno, neppure il più accanito gufo romanista. E così dopo questo incredibile, crudele, ma poco discutibile 5-2, fa sorridere aggrapparsi ai calcoli in vista della gara di ritorno. Perché il sogno del "grande slam", per adesso si trasforma in un incubo da "grande splash", dalle conseguenze ancora da decifrare. Mai in partita di fronte a un Valencia scatenato, la Lazio crolla molto prima delle sue azioni in Borsa, priva di solidi puntelli in mezzo al campo, e di un'adeguata diga d'emergenza in difesa. I gol di Angulo (che riprende una respinta di Ballotta su tiro di Claudio Lopez) e Gerard (che salta Negro e infila di precisione) costituiscono il più classico e crudele uno-due, nel giro di appena 4 minuti. E questo è soltanto l'inizio della fine della truppa di Eriksson, surclassata sul piano del ritmo e della manovra. La conclusione di Nedved, tra un gol e l'altro, è una piuma che fa il solletico a Canizares, mentre Ballotta continua a rischiare grosso. Kily Gonzales, infatti, l'esterno sinistro che stringe spesso al centro, se ne va da solo ma al momento di colpire per la terza volta, manca sia pure di poco il bersaglio. E dopo altri due minuti è Ballotta a limitare i danni, deviando in angolo una fortissima conclusione di Angulo, il che significa che al 16' il Valencia potrebbe tranquillamente condurre per 4-0.

Inutilmente Veron cerca di portare avanti la squadra, che appare smarrita, anche perché nel tentativo di reagire concede pericolosissimi spazi al contropiede degli scatenati spagnoli, che guarda caso in Europa non perdono sul loro terreno da 18 partite. Così dopo un innocuo colpo di testa di Simeone, che sembra un fastidioso spot pubblicitario, Ballotta deve nuovamente intervenire per neutralizzare una conclusione di Kily Gonzales, prima di veder sibilare a fil di palo un maligno tiro a effetto di Angloma. Improvvisamente, però, ecco il gol che sembra riportare a galla la Lazio, scacciando l'incubo di un naufragio stile primo derby. Veron, ancora lui, pesca sulla sinistra Nedved pronto a rimettere al centro per Inzaghi, che al 28' non fallisce la deviazione vincente. La pentola a pressione del vecchio Mestalla si trasforma in un freezer, che non regala però la necessaria freddezza alla Lazio. Perché invece di sfruttare il primo momento psicologico favorevole, accorciando finalmente le distanze tra i reparti, i gialli di Eriksson continuano a scoprirsi nel tentativo, peraltro lodevole, di acciuffare il 2-2. Nedved è il primo a sfiorarlo con un gran tiro bloccato da Canizares, poi è Veron a reclamare un sacrosanto rigore, per un intervento scorretto di Pellegrino, che tiene con il fiato sospeso i 48 mila tifosi spagnoli. In compenso l'arbitro non ha dubbi quando fischia un dubbio fallo di Gottardi su Gonzales, dal quale nasce al 40' la punizione del 3-1, firmato da un perfetto colpo di testa di Gerard.

E così chissà quanto sale, dopo questa partita, la quotazione di questo ventunenne centrocampista, già nel mirino del Milan, che si conferma uno dei punti di forza del Valencia. Più del temuto Lopez, che peraltro è bravissimo nel suo vivace zigzagare su tutto il fronte dell'attacco, sono i due centrali di centrocampo, Farinos e Gerard appunto, a mettere in crisi la Lazio. Almeyda, in particolare, fatica a tamponare, mentre Simeone se non altro è sempre pronto a ripartire. Il problema, comunque, è generale: di ritmo e di equilibri, perché gli uomini di Eriksson soffrono in tutti i reparti, in fase di costruzione, in assenza della spinta degli esterni Stankovic e Nedved, e soprattutto in difesa. Rimandato in extremis il recupero di Nesta, in vista del suo ritorno in campionato domenica contro il Perugia, si rivede Gottardi sulla destra, ma soprattutto Negro al centro in coppia con Mihajlovic e proprio loro sono i primi ad affondare, anche se per la verità poco e mal protetti dai compagni di centrocampo. Inutile quindi puntare tutto sulla classe di Veron o sugli spunti del troppo isolato Inzaghi, come inutili si rivelano i tentativi di rimonta nella ripresa, o le sostituzioni di Eriksson. Tra il 17' e il 31' Conceiçao, Boksic e Salas avvicendano rispettivamente Stankovic, Inzaghi e Simeone. Il Valencia, però, trova ancora il gol con Gerard, che riprende una respinta di Ballotta e infila il pallone del 4-1. Sembra finita e invece Salas ha la forza di limitare i danni, battendo Canizares da pochi passi. Con tutto quel che è successo, il 2-4 non sarebbe neppure male, ma Mihajlovic si addormenta in pieno recupero, pensando che Lopez sia già un suo compagno. Grave errore, perché proprio il prossimo laziale affonda il coltello nella piaga dell'incolpevole Ballotta. E così il quinto gol si rivela l'ultimo chicco di una "paella" avvelenata, che la Lazio rischia di non digerire neppure in due settimane.


La Stampa titola: “Lazio travolta a Valencia, l’Europa se ne va”. Continua il quotidiano: “Nell’andata dei quarti, spagnoli scatenati: ai biancocelesti non bastano due reti per evitare il disastro. Una difesa da incubo”.

Berlusconi non l'aveva avvertito che al solo nominare il Grande Slam, cioè la vittoria su tutti i fronti, si va a sbattere contro una sfiga fantozziana. E Cragnotti, bello bello, è caduto nell'ennesima trappola delle squadre del Nord: il minimo che poteva accadere alla Lazio ieri sera era la catastrofe che le è toccata, con un 5-2 che sarà improbabile rimontare all'Olimpico e quindi la mette quasi fuori dalla Champions League. Il Valencia in trasferta ha subito 3 gol solo a Manchester e ieri contro i biancocelesti ha giocato una partita strabiliante, un football di favolosa felicità. Il risultato avrebbe potuto essere più largo, e neppure la rete di Salas a 3' dalla fine ha restituito al risultato una dimensione più accettabile, perché Lopez, il chiacchieratissimo argentino inseguito da Cragnotti, ha poi colpito allo scadere con un diagonale chirurgico, sfruttando il centesimo errore di Mihajlovic. Si è completato così il lavoro di demolizione che i 3 gol di Gerard, 21 enne fenomeno del centrocampo, aveva già disegnato. Forse la Lazio si dedicherà solo al campionato: brutte nuove anche per la Juve. L’avvio è sembrato l'esposizione delle cere al museo di Madame Tussaud: i laziali stavano impalati a guardare le frecce valenciane, gli argentini Lopez e Kily Gonzales, lo spagnolo Juan Sanchez, gente che a vederla giocare così sarebbe da indebitarsi per comprarli, poi vengono in Italia e si imbrocchiscono.

Forse è davvero una questione di testa, di gusto del gioco e di qualità tecnica, che in Spagna esaltano e in Italia non più, altrimenti non si spiega questo filotto incredibile di bastonate che gli spagnoli hanno assestato in due mesi al nostro calcio di club e di Nazionale. La testa del Valencia era fresca, le gambe della Lazio di carbone ed esaltavano la velocità degli avversari. Come un gatto di piombo, Mihajlovic si faceva saltare da Claudio Lopez dopo 1' 15" e sul tiro del futuro laziale non bastava il miracolo di Ballotta, perché arrivava Angulo a infilare in porta la respinta. Come un colosso di marmo, Negro si schiantava al suolo sul dribbling di Gerard (che il Milan vuole) e lo lasciava andare al raddoppio in 4 minuti. Quanto le avevano risparmiato Pippo Inzaghi e Del Piero, non hanno perdonato alla Lazio i centrocampisti valenciani, lesti a seguire l'azione sul movimento delle punte. I romani erano storditi. Non funzionava la coppia pachidermica e arrabattata (Negro-Mihajlovic), Gottardi era un lasciapassare per le folate di Gonzales e per fortuna della Lazio l'argentino era strafottente nel tirare, sbagliando la porta, dopo aver saltato in dribbling tutta la difesa al 14'. L'azione in dribbling, ecco un'altra cosa che in Italia non si conosce più da quando gli allenatori delle giovanili schiaffeggiano i bambini che ci provano.

Risparmiamo per mancanza di spazio l'elenco delle parate di Ballotta che evitavano la catastrofe tutte le volte che il Valencia affondava negli spazi, trovando i laziali impalati, sotto effetto del Valium. Almeyda manco picchiava, magari in omaggio a Moggi, Simeone si spegneva, i difensori respingevano sui piedi delle punte avversarie. C'era soltanto Veron. E Nedved, quando l'italo(?)-argentino lo imbeccava. Mentre il Valencia sprecava occasioni con quella presunzione che non manca agli spagnoli, Inzaghino trovava al 28’ la zampata vincente del 2-1 sul cross di Nedved, la fotocopia del gol segnato al Chelsea, e Veron si guadagnava un rigore che il danese Nielsen non fischiava conquistandosi il diritto all'assistenza per non vedenti. Ma aggrapparsi alle sviste arbitrali sarebbe ridicolo. Dopo il 3-1 di Gerard, di testa su punizione, nella ripresa il Valencia era ancora il più pericoloso, sfruttava le incertezze difensive, arrivava primo sui palloni e li giocava di prima intenzione come in un “torello”, specialità spagnola. Ma la grande Lazio poteva soltanto guardare?


L’Unità titola: “Valencia, Lazio colpita e affondata. Bruciante avvio degli spagnoli con sigillo finale del neolaziale Lopez”.

Valencia - Chi avrà puntato sul 5-2 a favore del Valencia, da ieri sera è ricco. Risultato incredibile, impensabile, meritato, che indica alla Lazio una strada a senso unico tra due settimane: si chiama grande impresa. Non sarà facile conquistare il 3-0 o un risultato con uno scarto di reti tale da umiliare il Valencia. La squadra di Cuper ha un piede nelle semifinali di Champions League: e considerati i pronostici della vigilia, è sconvolgente. La Lazio paga errori tecnici e tattici: leggi una difesa lenta e un comportamento suicida. Il quinto gol del Valencia, quello che ha chiuso i conti, è arrivato al 91’: bastava una condotta più accorta per tornare a Roma con il 2-4 e avere una gara di ritorno più agevole. La Lazio poteva perdere persino con un punteggio più umiliante: nei primi quarantacinque minuti il Valencia ha travolto la squadra di Eriksson, sprecando almeno tre palle-gol. La Lazio ha giocato una ripresa più discreta, ma non ha mai dato l’impressione di poter mettere in discussione il risultato: la difesa è stata un colabrodo. Cragnotti è furibondo: il grande slam si allontana.

I primi cinque minuti della Lazio ricordano il film horror del derby d’andata. Persino peggio: dopo appena quattro minuti la squadra di Eriksson è già sotto di due gol. Il Valencia segna al primo tentativo: affondo di Claudio Lopez, tiro respinto da Ballotta, tocco di classe di Angulo, 1-0. La Lazio accusa il colpo e arriva, immediato, il raddoppio degli spagnoli. Splendido: cavalcata solitaria di Gerard, che salta due volte in dribbling Negro e infila Ballotta. La difesa laziale è una groviera: Gottardi perde tutti i contrasti, Negro soffre, Mihajlovic non chiude, Pancaro balbetta. Manca da morire Nesta, che non è riuscito a recuperare. Si rimpiange anche il buon Couto degli ultimi tempi. Il Valencia applica bene la tattica scelta da Cùper: il pressing. Il migliore è Kili Gonzales: l’argentino tutto dribbling e scatti è imprendibile. Dopo di lui, Gerard: il barcellonese - seguito da diversi club italiani - non perdona. Nei primi venticinque minuti il Valencia si pappa il tris almeno due volte: con Kili Gonzales che si presenta solo davanti a un Ballotta ormai rassegnato – tiro sballato - e con Lopez. Al 28’, improvviso, il gol della Lazio: cross basso di Nedved, allungo in scivolata di Simone Inzaghi, 2-1, partita riaperta. La Lazio rifiata, ma al 40’ arriva il tris del Valencia: la zuccata di Gerard è imprendibile. Cragnotti, che segue la partita in tribuna accanto al figlio Massimo, è di pietra.

Nella ripresa altro film, altra partita. La Lazio attacca, il Valencia si difende cercando di colpire in contropiede. Come al 70’, quando Gerard va via da solo, non vede Sanchez, ma l’azione porta comunque volte gli spagnoli al tiro, il secondo è di Gerard, la difesa laziale si salva. Poco prima erano usciti Stankovic e Simone Inzaghi, al loro posto Conceiçao e Boksic. Al 75’ è il momento di Salas: esce Simeone. Ma all’80’ arriva il quarto gol degli spagnoli, firmato da Gerard con l’aiuto di Conceiçao, ma la tripletta è comunque sua: il tiro, deviato dal portoghese, buca Ballotta. La Lazio si lancia all’assalto, il finale di partita è bellissimo, la cosa più bella è il gol di Salas all’86’, un colpo di genio su lancio di Boksic, il cileno controlla in acrobazia, scivola, si rialza, tira, Canizares è battuto in tunnel. Non è finita, perché al 91’ in contropiede Claudio Lopez se ne va e con un colpo da biliardo firma il 5-2.


► Sui quotidiani anche le dichiarazioni dei protagonisti. L'amarezza di Eriksson nell'articolo del Corriere della Sera: "Eravamo stanchi di testa e abbiamo regalato troppo".

Gli scongiuri non sono bastati. La Lazio tornava per la prima volta in Spagna dopo Tenerife e il piccolo ricorso storico, implacabile, ha ripresentato il conto. A 40 mesi di distanza, la Lazio ha conosciuto una nuova umiliazione. Cinque gol prese allora in Coppa Uefa e cinque gol ha beccato ieri. Terra maledetta questa per la formazione laziale che Sergio Cragnotti ha visto "affranta, tramortita. Non pensavo di subire una sconfitta di simili proporzioni, ma rimango convinto che fra quindici giorni potremmo ribaltare la situazione. Il gol di Claudio Lopez? È la dimostrazione che in Spagna hanno scritto tante sciocchezze". Tenerife fu il capolinea per quella Lazio, una delle ultime fermate di Zeman. Oggi la situazione è ancora diversa. Molto diversa.

La speranza di entrare fra le prime quattro della Champions League è esile, ma al miracolo vuole credere Eriksson: "All'Olimpico mi aspetto una grande prova dei miei ragazzi. Io credo, come il presidente, nella possibilità di rimontare e di passare il turno. Non è vero che abbiamo sottovalutato il Valencia. È vero invece che siamo stati poco attenti, specialmente all'inizio della gara, quando siamo stati colpiti a freddo per due volte. Superficiali siamo stati pure in occasione del terzo gol loro, quello segnato di testa da Gerard su punizione. Veron? Non credo che abbia risentito della sua vicenda extracalcistica. Direi, piuttosto, che abbiamo pagato l'assenza di Nesta. Nessuno nega che il ritorno sarà difficilissimo per noi. Però questa squadra ha le potenzialità per riuscire in qualunque impresa. L'importante sarà non abbattersi". Escono con le ossa rotte le favorite: Lazio e Barcellona. Imprevedibilità e bellezza del calcio. Dice Eriksson: "Tutti si aspettavano responsi completamente diversi, qui a Valencia e a Londra. Invece è andata come è andata. Ma non è detta l'ultima parola, ricordatevelo. Per me la partita è ancora aperta. In tutti i sensi".


► Tratte da Il Messaggero, alcune dichiarazioni post-gara:

"I miracoli nel calcio esistono". Eriksson prova a restare aggrappato alla Champions League con una frase fatta, di quelle che danno speranza ma forse non illudono più. Una frase che esce dalla bocca con una voce flebile, impastata di amarezza e delusione. La Lazio è stata travolta dal Valencia e il tecnico prova a spiegare perché. Troppo facile la vittoria degli spagnoli per essere solo il risultato di una prova di forza; troppo disastrosa la sconfitta dei biancocelesti per non pensare a qualcosa di eccezionale che ha condizionato la serata. Facile collegare i cinque gol del Valencia a Veron e al caso giudiziario che sta montando intorno alla sua cittadinanza italiana. E’ difficile credere che forse qualcuno non abbia avuto la mente più ai possibili risvolti che alla gara con il Valencia. Eriksson però non cade in tentazione. "No, il caso Veron non ha disturbato la squadra. Quella è una vicenda in cui i ragazzi non possono farci niente. Eppoi, se siamo una grande squadra dobbiamo esserci abituati. No, lasciamo perdere: i casi Veron e Nesta non hanno condizionato la squadra". Messa da parte la parte più delicata, Eriksson si libera di un altro peso. Quello che secondo lui ha dato il là alla sconfitta. "Nessuno ha snobbato questa partita. La verità è che non siamo stati intelligenti. Né all'inizio e né alla fine della partita. Eravamo riusciti a riaprire due volte la gara e invece niente: siamo stati capaci di prendere gol in contropiede anche all'ultimo minuto. Davvero una cosa difficile da mandare giù".

Sul banco degli accusati la difesa, ma non solo: "Abbiamo preso due gol in tre minuti perdendo palla a centrocampo e anche più sù, dando così la possibilità al Valencia di andare in rete nel modo che preferisce: in contropiede. Sul terzo gol, poi, abbiamo fatto saltare Gerard in area da solo, una grossa ingenuità. Nel secondo tempo siamo andati meglio, la squadra ha giocato anche bene ma non è riuscita a portare a casa una sconfitta contenuta. Sembrava un’amichevole. Per gli spagnoli è stato tutto troppo facile e in Champions League non si può fare. Con me in panchina non ricordo di essermi trovato sotto 2-0 dopo soli tre minuti". Ed ora? Resta solo la possibilità di un miracolo. "Vincere tre a zero a Roma non è impossibile, anche se sarà difficilissimo. Però, se loro hanno fatto cinque gol in casa possiamo fare qualcosa di simile anche noi. In novanta minuti il Valencia può anche esserci superiore, ma nell'arco di due gare i più forti possiamo e dobbiamo essere noi". Barcellona e Lazio unite dal triste epilogo di una serata da buttare. "E pensare che eravamo entrambe favorite. Ma non è ancora finita, dobbiamo crederci. Ho già parlato con i giocatori e ho detto loro di restare uniti, dimenticare in fretta questa serata e non ascoltare tutte le cose brutte che verranno dette e scritte su di noi per questa sconfitta. Vinciamo domenica e poi cominciamo a pensare a ribaltare il risultato di questa sera". L’assenza di Nesta può aver pesato? Eriksson spiega cos'è accaduto: "Abbiamo concordato insieme al giocatore, il medico e il massaggiatore di rimandare il suo recupero a domenica, in campionato. Non è stata una scelta perché se potessi Nesta lo manderei sempre in campo". Sul possibile rigore su Veron nel primo tempo, Eriksson lascia ad altri giudicare. "Dalla panchina non ho visto niente, ma chi era davanti la televisione mi ha detto che c’era". La sostituzione di Inzaghi? "Stava male, doveva uscire".

La reazione dei giocatori laziali non può essere che verbale. Simeone è il primo a suonare la carica: "Ci giochiamo tutto nel ritorno. Chi non ci crede alzi la mano ed esca subito. Ho rivisto il derby d'andata, abbiamo preso i primi due gol su lanci lunghi. Abbiamo reagito per ben due volte ma non è bastato. Ora è più difficile ma nel calcio può succedere di tutto. Non ci sono colpe nostre specifiche ma solo un grandissimo Valencia. Faremo come due settimane fa, quando ci davano per spacciati". Intriso di amarezza e delusione il commento di Marcelo Salas. "Pensavo di entrare prima, non di giocare soltanto dieci minuti: cosa può fare un calciatore in così poco tempo?" Eppure una rete era riuscito a segnarla. "Speriamo serva per conquistare la qualificazione. Purtroppo abbiamo complicato tutto con quel gol incassato nel finale. Peccato perché avevamo riaperto due volte la qualificazione". Adesso sarà durissima. "Però ci crediamo perché la Lazio può rimontare questo passivo". A Valencia una serataccia. "Era una partita difficile, diventata quasi impossibile dopo pochi minuti: abbiamo sbagliato a far giocare gli spagnoli in contropiede". Il Matador, colpito duro al polpaccio sinistro, rischia di saltare il Perugia. Simone Inzaghi spiega la sua sostituzione. "Ho accusato forti dolori di pancia accompagnati da conati di vomito. Peccato perché stavo molto bene. La sconfitta è pesante però possiamo ancora compiere il miracolo di superare il turno. Dobbiamo crederci tutti".

Intanto, fuori dallo stadio, i tifosi impazziscono di gioia. Qualche insulto a Cragnotti, reo di aver loro soffiato il capitano Claudio Lopez per la prossima stagione, inni e cori per Gerard, l'eroe della serata, e per il flemmatico tecnico Cuper. Che spiega la sua vendetta: "Non è comparabile questa partita con la finale che persi a Birmingham con il Maiorca. Lì ci fu molto studio, stavolta solo entusiasmo e un pizzico di fortuna. La nostra gente ha fatto il resto. Abbiamo sorpreso la Lazio, abbiamo continuato col pressing, non abbiamo mai speculato sui due gol iniziali, continuando a fare il nostro gioco mentre loro erano sotto schock. L'importante è non pensare che sia finita. A Roma dovremo giocare come se si partisse da 0-0. Non mi sento qualificato, tutt'altro. Di certo questa è stata la nostra miglior partita dell'anno, siamo riusciti a concretizzare il 60/70% delle occasioni gol. Ora abbiamo un debito da colmare nella Liga, ma la Champions ci dà un'altra motivazione. Gerard ? Fantastico. Tre gol alla Lazio lo lanciano nel gotha europeo e pazienza se verranno ora in tanti a chiedercelo". "Per me è stato un sogno, anche se abbiamo fatto tanta fatica", ammette il goleador. Per lui c'è già la fila.


► Su La Gazzetta dello Sport il tecnico cerca di ricaricare subito i suoi giocatori: "Eriksson si tiene una speranza". "Troppi errori: ora qualificarsi è difficile, ma non impossibile". L'allenatore non cerca scuse: "Non si può giocare così un quarto di Champions League, nel primo tempo eravamo sotto choc. Ma i miracoli esistono: se loro ci hanno battuto 5-2, noi possiamo farlo per 3-0. Sono convinto che siamo più forti del Valencia".

Mai la Lazio europea di Eriksson aveva subito una sconfitta in trasferta, tantomeno così pesante. Il risultato e la prestazione di ieri riportano indietro di 4 anni, all'ottobre '96, quando la Lazio di Zeman perse 5-3 a Tenerife lasciando la coppa Uefa. Per lunghi tratti ieri sera al Mestalla la Lazio è parsa letteralmente in balia degli avversari, proprio come alle Canarie. Eriksson non cerca scuse: "Sembrava un' amichevole, come atteggiamento. No, non abbiamo sottovalutato gli avversari. Ma dopo 4 minuti ci siamo ritrovati sotto 2-0 subendo altrettanti contropiedi su palloni persi dal nostro centrocampo. Poi con un bel gol di Simone Inzaghi avevamo recuperato un po' la partita. Però dopo non è stato molto intelligente lasciare saltare da solo Gerard in area su un calcio piazzato. Nella ripresa col 4-2 di Salas mi sembrava quanto meno di aver limitato i danni, ma negli ultimi minuti siamo stati capaci di subire ancora una rete in contropiede. Abbiamo lasciato troppe occasioni ai nostri avversari. Non si può giocare così un quarto di finale di Champions League. Sotto choc per un tempo, nella ripresa siamo migliorati, ma non è bastato. Certo non sarebbe stato facile vincere 2-0 col 4-2, ma ora è ancora più difficile battere il Valencia 3-0 all'Olimpico. Difficile, ma non impossibile". In una serata con grandi sbandamenti difensivi, aumentano i rimpianti per il mancato utilizzo di Nesta. "Ma non è stata una scelta - sottolinea il tecnico svedese - ne abbiamo discusso con il ragazzo e lo staff medico e abbiamo deciso di aspettare. Se io avessi avuto Sandro disponibile lo avrei messo di sicuro in campo".

Eriksson non crede però, come il presidente Cragnotti, che il caso Veron possa avere condizionato la squadra: "E' una situazione in cui i giocatori non possono far nulla. Dunque non penso abbia influito. Abbiamo sbagliato partita, è mancata l'attenzione. Non cerchiamo alibi". Non cerca scuse l'allenatore, nemmeno sul rigore non dato a Veron nel primo tempo, sul 2-1: "Dalla panchina non l'ho visto. In tv mi hanno detto che c'era. Ma ora pensiamo al ritorno". Sven si fa positivo: "Certo, questa brutta sconfitta può influire sulla squadra anche in campionato. Ma ho già parlato nello spogliatoio con i ragazzi, ho detto loro che questo è il momento di stare più uniti. Non dobbiamo stare a sentire le critiche esterne, perché è logico che non possiamo attenderci dei complimenti dopo una prestazione così". Perde malamente la Lazio, ma anche il Barcellona. "Erano le squadre favorite, invece adesso sono in grandi difficoltà. Ma non disperiamo, i miracoli esistono e fra due settimane noi ne possiamo realizzare uno all'Olimpico. Sono convinto che siamo più forti del Valencia: dobbiamo dimostrarlo sul campo. Se loro sono riusciti a batterci 5-2, perché noi non possiamo farlo per 3-0?".