Mercoledì 5 aprile 2000 - Valencia, estadio Mestalla - Valencia CF-Lazio 5-2
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5 aprile 2000 - 2894 - Champions League - Quarti di finale - gara d'andata - inizio ore 20.45
VALENCIA: Canizares, Angloma, Djukic, Pellegrino, Carboni, Farinos, Angulo, Gerard, Kily Gonzales, Sanchez (81' Oscar), C.Lopez. All. Cuper.
LAZIO: Ballotta, Gottardi, Negro, Mihajlovic, Pancaro, Stankovic (62' Conceição), Simeone (76' Salas), Almeyda, Veron, Nedved, S.Inzaghi (68' Boksic). A disp.: Mondini, Sensini, Marcolin, Lombardo. All. Eriksson.
Arbitro: Sig. Milton Nielsen (Danimarca).
Marcatori: 2' Angulo, 4' Gerard, 28' S.Inzaghi, 40' Gerard, 79' Gerard, 86' Salas, 89' C.Lopez.
Note:
Spettatori: 41.800 paganti.
Dal Corriere della Sera:
Buonanotte Lazio. Certo che non c'era da fidarsi di quelli che dicevano: in fondo, meglio il Valencia del Barcellona. Infatti, per ora, il Barcellona ha perso a Londra e la Lazio è stata stritolata dentro allo stadio "Mestalla", dove già la Fiorentina fu salvata dai legni della porta prima di crollare, non senza essere defraudata di un gol regolare. Certo che non c'era da fidarsi della Spagna e dei precedenti: l'ultima volta, quaranta mesi fa, finì 5-3 per il Tenerife e la sconfitta significò eliminazione dalla Coppa Uefa. Però allora c'era Zeman sulla panchina, l'eresia del 4-3-3 e di un gioco ultra-offensivo su cui scaricare rabbie e rancori. Stavolta, invece, è peggio: perché siamo in Champions League e perché in panchina c'è Eriksson; perché si veniva da tre settimane avide di risultati e cariche di attesa; perché con il 4-5-1 si pensava di avere trovato la soluzione.
Molto sembrava diverso da allora e molto di diverso c'è: non il risultato, però. Il 5-2, anzi, è addirittura peggio rispetto all'infamante derby di andata. E adesso il primo che dice: in fondo, fra quattordici giorni basta il 3-0, non merita ascolto. Perché al Valencia una cosa riesce meglio di ogni altra ed è il contropiede, corto o lungo che sia: all'Olimpico rischia di essere fatale. Per fortuna che in tutta la Spagna considerano Hector Cuper, il tecnico del Valencia, un difensivista noto. E il suo 4-4-2 una diabolica fionda per lanciare Claudio Lopez. Ovviamente c'è del vero, basta rivedere i primi due gol (Angulo e Gerard) nei tre minuti iniziali. Il Valencia è ripartito in campo vuoto con frequenza, come se la sua aggressione fosse il prodotto di un pressing predeterminato. Lo fosse o meno, ha finito per tritare la Lazio: a ogni attacco la difesa biancazzurra appariva terremotata.
I nostri giudizi sui difensori sono drastici (a parte Ballotta: senza di lui sarebbe finita peggio), tuttavia non potevamo usare la mano leggera neppure con i due centrali di centrocampo: Almeyda e Simeone non hanno mai incrociato Gerard (tripletta) e Farinos. Comunque se Cuper è un difensivista ci piacerebbe sapere cosa in Spagna pensano adesso della Lazio. Che impressione può destare una squadra dall'elevatissimo tasso tecnico che per l'intera partita difende con quattro difensori e subisce cinque gol. Come mai in Italia il 4-5-1 sembra un baluardo invalicabile, mentre qui è sembrato una friabilissima contromisura d'altri tempi? Intanto perché troppo presto non c'è stata partita. E poi perché fino all'ingresso di Boksic e Salas, Eriksson non ha saputo correggerla. Quando sembrava raddrizzata (1-3, 2-4) due schianti mentali l'hanno rimessa nelle mani del Valencia.
Gli scongiuri non sono bastati. La Lazio tornava per la prima volta in Spagna dopo Tenerife e il piccolo ricorso storico, implacabile, ha ripresentato il conto. A 40 mesi di distanza, la Lazio ha conosciuto una nuova umiliazione. Cinque gol prese allora in Coppa Uefa e cinque gol ha beccato ieri. Terra maledetta questa per la formazione laziale che Sergio Cragnotti ha visto "affranta, tramortita. Non pensavo di subire una sconfitta di simili proporzioni, ma rimango convinto che fra quindici giorni potremmo ribaltare la situazione. Il gol di Claudio Lopez? È la dimostrazione che in Spagna hanno scritto tante sciocchezze". Tenerife fu il capolinea per quella Lazio, una delle ultime fermate di Zeman. Oggi la situazione è ancora diversa.
Molto diversa. La speranza di entrare fra le prime quattro della Champions League è esile, ma al miracolo vuole credere Eriksson: "All'Olimpico mi aspetto una grande prova dei miei ragazzi. Io credo, come il presidente, nella possibilità di rimontare e di passare il turno. Non è vero che abbiamo sottovalutato il Valencia. È vero invece che siamo stati poco attenti, specialmente all'inizio della gara, quando siamo stati colpiti a freddo per due volte. Superficiali siamo stati pure in occasione del terzo gol loro, quello segnato di testa da Gerard su punizione. Veron? Non credo che abbia risentito della sua vicenda extracalcistica. Direi, piuttosto, che abbiamo pagato l'assenza di Nesta. Nessuno nega che il ritorno sarà difficilissimo per noi. Però questa squadra ha le potenzialità per riuscire in qualunque impresa. L'importante sarà non abbattersi". Escono con le ossa rotte le favorite: Lazio e Barcellona. Imprevedibilità e bellezza del calcio. Dice Eriksson: "Tutti si aspettavano responsi completamente diversi, qui a Valencia e a Londra. Invece è andata come è andata. Ma non è detta l'ultima parola, ricordatevelo. Per me la partita è ancora aperta. In tutti i sensi".
La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio fatta a pezzetti. Dopo soli 4 minuti ha già preso 2 gol: alla fine saranno 5. Micidiale l'uno due di Angulo e Gerard, sembra rimediare Inzaghi, ma la Lazio si scopre cercando subito il 2-2: la condannano prima l'arbitro (che non concede un rigore sacrosanto su Veron) e poi il solito Gerard, che segna altri due gol. Salas, entrato da poco, sembra raddrizzare ancora la barca, ma il colpo finale è del prossimo laziale Claudio Lopez".
Continua la "rosea": Prima o poi doveva capitare, per la famosa legge dei grandi numeri. Ma che la prima uscita a vuoto della Lazio in Champions League, dopo 15 gare senza sconfitte in Europa, assumesse i sinistri contorni di uno storico disastro non se lo aspettava proprio nessuno, neppure il più accanito gufo romanista. E così dopo questo incredibile, crudele, ma poco discutibile 5-2, fa sorridere aggrapparsi ai calcoli in vista della gara di ritorno. Perché il sogno del «grande slam», per adesso si trasforma in un incubo da «grande splash», dalle conseguenze ancora da decifrare. Mai in partita di fronte a un Valencia scatenato, la Lazio crolla molto prima delle sue azioni in Borsa, priva di solidi puntelli in mezzo al campo, e di un' adeguata diga d' emergenza in difesa. I gol di Angulo (che riprende una respinta di Ballotta su tiro di Claudio Lopez) e Gerard (che salta Negro e infila di precisione) costituiscono il più classico e crudele uno- due, nel giro di appena 4 minuti. E questo è soltanto l' inizio della fine della truppa di Eriksson, surclassata sul piano del ritmo e della manovra. La conclusione di Nedved, tra un gol e l' altro, è una piuma che fa il solletico a Canizares, mentre Ballotta continua a rischiare grosso. Kily Gonzales, infatti, l'esterno sinistro che stringe spesso al centro, se ne va da solo ma al momento di colpire per la terza volta, manca sia pure di poco il bersaglio. E dopo altri due minuti è Ballotta a limitare i danni, deviando in angolo una fortissima conclusione di Angulo, il che significa che al 16' il Valencia potrebbe tranquillamente condurre per 4-0.
Inutilmente Veron cerca di portare avanti la squadra, che appare smarrita, anche perché nel tentativo di reagire concede pericolosissimi spazi al contropiede degli scatenati spagnoli, che guarda caso in Europa non perdono sul loro terreno da 18 partite. Così dopo un innocuo colpo di testa di Simeone, che sembra un fastidioso spot pubblicitario, Ballotta deve nuovamente intervenire per neutralizzare una conclusione di Kily Gonzales, prima di veder sibilare a fil di palo un maligno tiro a effetto di Angloma. Improvvisamente, però, ecco il gol che sembra riportare a galla la Lazio, scacciando l' incubo di un naufragio stile primo derby. Veron, ancora lui, pesca sulla sinistra Nedved pronto a rimettere al centro per Inzaghi, che al 28' non fallisce la deviazione vincente. La pentola a pressione del vecchio Mestalla si trasforma in un freezer, che non regala però la necessaria freddezza alla Lazio. Perché invece di sfruttare il primo momento psicologico favorevole, accorciando finalmente le distanze tra i reparti, i gialli di Eriksson continuano a scoprirsi nel tentativo, peraltro lodevole, di acciuffare il 2-2. Nedved è il primo a sfiorarlo con un gran tiro bloccato da Canizares, poi è Veron a reclamare un sacrosanto rigore, per un intervento scorretto di Pellegrino, che tiene con il fiato sospeso i 48 mila tifosi spagnoli. In compenso l' arbitro non ha dubbi quando fischia un dubbio fallo di Gottardi su Gonzales, dal quale nasce al 40' la punizione del 3-1, firmato da un perfetto colpo di testa di Gerard.
E così chissà quanto sale, dopo questa partita, la quotazione di questo ventunenne centrocampista, già nel mirino del Milan, che si conferma uno dei punti di forza del Valencia. Più del temuto Lopez, che peraltro è bravissimo nel suo vivace zigzagare su tutto il fronte dell' attacco, sono i due centrali di centrocampo, Farinos e Gerard appunto, a mettere in crisi la Lazio. Almeyda, in particolare, fatica a tamponare, mentre Simeone se non altro è sempre pronto a ripartire. Il problema, comunque, è generale: di ritmo e di equilibri, perché gli uomini di Eriksson soffrono in tutti i reparti, in fase di costruzione, in assenza della spinta degli esterni Stankovic e Nedved, e soprattutto in difesa. Rimandato in extremis il recupero di Nesta, in vista del suo ritorno in campionato domenica contro il Perugia, si rivede Gottardi sulla destra, ma soprattutto Negro al centro in coppia con Mihajlovic e proprio loro sono i primi ad affondare, anche se per la verità poco e mal protetti dai compagni di centrocampo. Inutile quindi puntare tutto sulla classe di Veron o sugli spunti del troppo isolato Inzaghi, come inutili si rivelano i tentativi di rimonta nella ripresa, o le sostituzioni di Eriksson. Tra il 17' e il 31' Concei çao, Boksic e Salas avvicendano rispettivamente Stankovic, Inzaghi e Simeone. Il Valencia, però, trova ancora il gol con Gerard, che riprende una respinta di Ballotta e infila il pallone del 4-1. Sembra finita e invece Salas ha la forza di limitare i danni, battendo Canizares da pochi passi. Con tutto quel che è successo, il 2-4 non sarebbe neppure male, ma Mi haj lovic si addormenta in pieno recupero, pensando che Lopez sia già un suo compagno. Grave errore, perché proprio il prossimo laziale affonda il coltello nella piaga dell' incolpevole Ballotta. E così il quinto gol si rivela l' ultimo chicco di una «paella» avvelenata, che la Lazio rischia di non digerire neppure in due settimane.
Tratte da Il Messaggero, alcune dichiarazioni post-gara:
«I miracoli nel calcio esistono». Eriksson prova a restare aggrappato alla Champions League con una frase fatta, di quelle che danno speranza ma forse non illudono più. Una frase che esce dalla bocca con una voce flebile, impastata di amarezza e delusione. La Lazio è stata travolta dal Valencia e il tecnico prova a spiegare perché. Troppo facile la vittoria degli spagnoli per essere solo il risultato di una prova di forza; troppo disastrosa la sconfitta dei biancocelesti per non pensare a qualcosa di eccezionale che ha condizionato la serata. Facile collegare i cinque gol del Valencia a Veron e al caso giudiziario che sta montando intorno alla sua cittadinanza italiana. E’ difficile credere che forse qualcuno non abbia avuto la mente più ai possibili risvolti che alla gara con il Valencia. Eriksson però non cade in tentazione. «No, il caso Veron non ha disturbato la squadra. Quella è una vicenda in cui i ragazzi non possono farci niente. Eppoi, se siamo una grande squadra dobbiamo esserci abituati. No, lasciamo perdere: i casi Veron e Nesta non hanno condizionato la squadra». Messa da parte la parte più delicata, Eriksson si libera di un altro peso. Quello che secondo lui ha dato il là alla sconfitta. «Nessuno ha snobbato questa partita. La verità è che non siamo stati intelligenti. Né all'inizio e né alla fine della partita. Eravamo riusciti a riaprire due volte la gara e invece niente: siamo stati capaci di prendere gol in contropiede anche all'ultimo minuto. Davvero una cosa difficile da mandare giù».
Sul banco degli accusati la difesa, ma non solo: «Abbiamo preso due gol in tre minuti perdendo palla a centrocampo e anche più sù, dando così la possibilità al Valencia di andare in rete nel modo che preferisce: in contropiede. Sul terzo gol, poi, abbiamo fatto saltare Gerard in area da solo, una grossa ingenuità. Nel secondo tempo siamo andati meglio, la squadra ha giocato anche bene ma non è riuscita a portare a casa una sconfitta contenuta. Sembrava un’amichevole. Per gli spagnoli è stato tutto troppo facile e in Champions League non si può fare. Con me in panchina non ricordo di essermi trovato sotto 2-0 dopo soli tre minuti». Ed ora? Resta solo la possibilità di un miracolo. «Vincere tre a zero a Roma non è impossibile, anche se sarà difficilissimo. Però, se loro hanno fatto cinque gol in casa possiamo fare qualcosa di simile anche noi. In novanta minuti il Valencia può anche esserci superiore, ma nell'arco di due gare i più forti possiamo e dobbiamo essere noi». Barcellona e Lazio unite dal triste epilogo di una serata da buttare. «E pensare che eravamo entrambe favorite. Ma non è ancora finita, dobbiamo crederci. Ho già parlato con i giocatori e ho detto loro di restare uniti, dimenticare in fretta questa serata e non ascoltare tutte le cose brutte che verranno dette e scritte su di noi per questa sconfitta. Vinciamo domenica e poi cominciamo a pensare a ribaltare il risultato di questa sera».
L’assenza di Nesta può aver pesato? Eriksson spiega cos'è accaduto: «Abbiamo concordato insieme al giocatore, il medico e il massaggiatore di rimandare il suo recupero a domenica, in campionato. Non è stata una scelta perché se potessi Nesta lo manderei sempre in campo». Sul possibile rigore su Veron nel primo tempo, Eriksson lascia ad altri giudicare. «Dalla panchina non ho visto niente, ma chi era davanti la televisione mi ha detto che c’era». La sostituzione di Inzaghi? «Stava male, doveva uscire».
La reazione dei giocatori laziali non può essere che verbale. Simeone è il primo a suonare la carica: «Ci giochiamo tutto nel ritorno. Chi non ci crede alzi la mano ed esca subito. Ho rivisto il derby d'andata, abbiamo preso i primi due gol su lanci lunghi. Abbiamo reagito per ben due volte ma non è bastato. Ora è più difficile ma nel calcio può succedere di tutto. Non ci sono colpe nostre specifiche ma solo un grandissimo Valencia. Faremo come due settimane fa, quando ci davano per spacciati». Intriso di amarezza e delusione il commento di Marcelo Salas. «Pensavo di entrare prima, non di giocare soltanto dieci minuti: cosa può fare un calciatore in così poco tempo?» Eppure una rete era riuscito a segnarla. «Speriamo serva per conquistare la qualificazione. Purtroppo abbiamo complicato tutto con quel gol incassato nel finale. Peccato perché avevamo riaperto due volte la qualificazione». Adesso sarà durissima. «Però ci crediamo perché la Lazio può rimontare questo passivo». A Valencia una serataccia. «Era una partita difficile, diventata quasi impossibile dopo pochi minuti: abbiamo sbagliato a far giocare gli spagnoli in contropiede». Il Matador, colpito duro al polpaccio sinistro, rischia di saltare il Perugia. Simone Inzaghi spiega la sua sostituzione. «Ho accusato forti dolori di pancia accompagnati da conati di vomito. Peccato perché stavo molto bene. La sconfitta è pesante però possiamo ancora compiere il miracolo di superare il turno. Dobbiamo crederci tutti».
Intanto, fuori dallo stadio, i tifosi impazziscono di gioia. Qualche insulto a Cragnotti, reo di aver loro soffiato il capitano Claudio Lopez per la prossima stagione, inni e cori per Gerard, l'eroe della serata, e per il flemmatico tecnico Cuper. Che spiega la sua vendetta: «Non è comparabile questa partita con la finale che persi a Birmingham con il Maiorca. Lì ci fu molto studio, stavolta solo entusiasmo e un pizzico di fortuna. La nostra gente ha fatto il resto. Abbiamo sorpreso la Lazio, abbiamo continuato col pressing, non abbiamo mai speculato sui due gol iniziali, continuando a fare il nostro gioco mentre loro erano sotto schock. L'importante è non pensare che sia finita. A Roma dovremo giocare come se si partisse da 0-0. Non mi sento qualificato, tutt'altro. Di certo questa è stata la nostra miglior partita dell'anno, siamo riusciti a concretizzare il 60/70% delle occasioni gol. Ora abbiamo un debito da colmare nella Liga, ma la Champions ci dà un'altra motivazione. Gerard ? Fantastico. Tre gol alla Lazio lo lanciano nel gotha europeo e pazienza se verranno ora in tanti a chiedercelo». «Per me è stato un sogno, anche se abbiamo fatto tanta fatica», ammette il goleador. Per lui c'è già la fila.
Dalla Gazzetta dello Sport:
Mai la Lazio europea di Eriksson aveva subito una sconfitta in trasferta, tantomeno così pesante. Il risultato e la prestazione di ieri riportano indietro di 4 anni, all'ottobre ' 96, quando la Lazio di Zeman perse 5-3 a Tenerife lasciando la coppa Uefa. Per lunghi tratti ieri sera al Mestalla la Lazio è parsa letteralmente in balia degli avversari, proprio come alle Canarie. Eriksson non cerca scuse: «Sembrava un' amichevole, come atteggiamento. No, non abbiamo sottovalutato gli avversari. Ma dopo 4 minuti ci siamo ritrovati sotto 2-0 subendo altrettanti contropiedi su palloni persi dal nostro centrocampo. Poi con un bel gol di Simone Inzaghi avevamo recuperato un po' la partita. Però dopo non è stato molto intelligente lasciare saltare da solo Gerard in area su un calcio piazzato. Nella ripresa col 4-2 di Salas mi sembrava quanto meno di aver limitato i danni, ma negli ultimi minuti siamo stati capaci di subire ancora una rete in contropiede. Abbiamo lasciato troppe occasioni ai nostri avversari. Non si può giocare così un quarto di finale di Champions League. Sotto choc per un tempo, nella ripresa siamo migliorati, ma non è bastato. Certo non sarebbe stato facile vincere 2-0 col 4-2, ma ora è ancora più difficile battere il Valencia 3-0 all'Olimpico. Difficile, ma non impossibile». In una serata con grandi sbandamenti difensivi, aumentano i rimpianti per il mancato utilizzo di Nesta. «Ma non è stata una scelta - sottolinea il tecnico svedese -, ne abbiamo discusso con il ragazzo e lo staff medico e abbiamo deciso di aspettare. Se io avessi avuto Sandro disponibile lo avrei messo di sicuro in campo».
Eriksson non crede però, come il presidente Cragnotti, che il caso Veron possa avere condizionato la squadra: «E' una situazione in cui i giocatori non possono far nulla. Dunque non penso abbia influito. Abbiamo sbagliato partita, è mancata l'attenzione. Non cerchiamo alibi». Non cerca scuse l'allenatore, nemmeno sul rigore non dato a Veron nel primo tempo, sul 2-1: «Dalla panchina non l'ho visto. In tv mi hanno detto che c'era. Ma ora pensiamo al ritorno». Sven si fa positivo: «Certo, questa brutta sconfitta può influire sulla squadra anche in campionato. Ma ho già parlato nello spogliatoio con i ragazzi, ho detto loro che questo è il momento di stare più uniti. Non dobbiamo stare a sentire le critiche esterne, perché è logico che non possiamo attenderci dei complimenti dopo una prestazione così». Perde malamente la Lazio, ma anche il Barcellona. «Erano le squadre favorite, invece adesso sono in grandi difficoltà. Ma non disperiamo, i miracoli esistono e fra due settimane noi ne possiamo realizzare uno all'Olimpico. Sono convinto che siamo più forti del Valencia: dobbiamo dimostrarlo sul campo. Se loro sono riusciti a batterci 5-2, perché noi non possiamo farlo per 3-0 ?».