Sabato 21 agosto 2004 - Milano, stadio Giuseppe Meazza - Milan-Lazio 3-0

Da LazioWiki.

Stagione

21 agosto 2004 - 3103 - Supercoppa Italiana 2004/05

MILAN: Dida, Cafu, Nesta, Stam, Maldini, Gattuso, Rui Costa, Ambrosini (77' Dhorasoo), Kakà, Shevchenko, Tomasson (75' Crespo, 83' Serginho). A disposizione: Abbiati, Kaladze, Costacurta, Brocchi. Allenatore: Ancelotti.

LAZIO: Peruzzi, Oddo, Fernando Couto (77’ Sannibale), Negro, Oscar Lopez, Zauri, Giannichedda (89’ Corsi), Liverani, Dabo, Cesar (56' Di Canio), Muzzi. A disposizione: Sereni, Angeletti, Pandev, De Sousa. Allenatore: Caso.

Arbitro: Sig. Collina (Viareggio).

Marcatori: 36’ Shevchenko, 43’ Shevchenko, 76’ Shevchenko.

Note: Nessun ammonito. Recuperi: 1' p.t., 0' s.t.

Spettatori: 33.274 per un incasso di 459.980 euro.


Una fase di allenamento prima della gara
La formazione laziale
La rete del 2-0
Il giovane Sannibale su Crespo
Scontro Couto-Maldini
Festa rossonera
Un pass per la partita
Il biglietto della gara

La Gazzetta dello Sport titola: "Capolavori Sheva. E' un Milan spaziale. Tripletta dell'ucraino alla Lazio: quinta Supercoppa rossonera. Partita senza storia. La Lazio resiste per 36', poi si scatena il goleador rossonero".

Continua la "rosea": Supercoppa a un SuperMilan, capace di strapazzare meritatamente per 3-0 una miniLazio. Di sinistro, di testa e poi di destro, i gol che regalano ai rossoneri il quinto, e più netto, successo in questa manifestazione, sono tutti di Shevchenko. Ma dieci anni dopo l'ultima sua vittoria in Supercoppa, non è sufficiente spiegare questo nuovo trionfo del Milan con gli spunti dell'attaccante ucraino, perché attorno a lui c'è una squadra che gioca e diverte con l'affiatamento di una grande orchestra. Da capitan Maldini, tornato con impressionante freschezza a sinistra, all'eterno Cafu, dal nuovo gigante Stam in coppia con Nesta al centro della difesa, a Rui Costa riciclato come regista arretrato, il Milan supera così nel migliore dei modi il primo esame di superiorità della nuova stagione, che lo attende come grande favorito in Italia, e come grande protagonista in Europa. Semmai, proprio pensando al campionato e alla Champions League, è lecito chiedersi quanto valga veramente questo successo, perché la Lazio conferma di avere conservato soltanto il colore delle maglie del suo recente passato. In partita fino al primo gol, la squadra di Caso si scioglie poi come un gelato sotto il sole d'agosto, priva di attaccanti degni di questo nome, priva di alternative valide in panchina, ma probabilmente priva anche di fiducia in sé stessa. A nulla serve, quindi, l'inserimento a sorpresa del ventiquattrenne Oscar Lopez, semisconosciuto difensore del Barcellona che rileva Zauri a sinistra nel quartetto arretrato completato da Oddo e dai due centrali Couto e Negro. In realtà il primo a lasciare il posto allo spagnolo è l'ex rossonero Di Canio, perché come centrocampista di destra viene riciclato proprio Zauri.

Tatticamente non cambia nulla, perché la Lazio affronta i campioni d'Italia con il suo collaudato 4-5-1, che in fase d'impostazione diventa 4-4-1-1 quando Liverani cerca di avvicinarsi all'unica, e troppo isolata punta, Muzzi. Dotata di buoni palleggiatori come Dabo, di buoni incontristi come Giannichedda, e di buoni assaltatori come il mancino Cesar, la Lazio ha il merito di non consegnarsi subito all'iniziativa di avversari tecnicamente superiori. E anzi la prima occasione da rete è proprio dei biancocelesti, che al 4' vanno al tiro con Dabo. Poi, però, dopo 10', capitan Maldini comunica ai suoi compagni che la ricreazione è finita, con un gran sinistro che va a sbattere sotto la traversa. Non si tratta di un episodio isolato perché Maldini, "costretto" a tornare sulla fascia per esaltare al centro dell'area la nuova coppia bunker formata dagli ex laziali Nesta e Stam, dimostra che la sua classe e soprattutto la sua forza fisica sono davvero infinite. I pericoli per la Lazio, comunque, non arrivano soltanto da Maldini, perché il Milan si conferma una squadra completa in ogni reparto, capace di giocare a memoria, tanto è vero che nessuno si accorge delle assenze di Pirlo e Seedorf in mezzo al campo e di Inzaghi in attacco. Sempre più sicuri dei loro mezzi, i rossoneri non corrono rischi dietro anche perché la Lazio, come si sapeva, non è in grado di pungere. In mezzo al campo non bastano le chiusure di Giannichedda o i tentativi di sfondamento di Zauri a destra, perché Ambrosini se la cava benissimo da solo, mentre Rui Costa si trova a suo agio nel ruolo di centrocampista che non si accontenta di aspettare Liverani, ma è pronto a cercare con i suoi precisi lanci in profondità Shevchenko e Tomasson. E al resto provvede Gattuso molto più rapido di Dabo e persino di Cesar, che sembra avere già la testa distratta da un futuro diverso. Anche se Kakà fatica a trovare i varchi giusti, il Milan cresce a vista d'occhio e al 36', come un frutto maturo che cade dall'albero della sua indiscussa superiorità, arriva il primo gol che in pratica apre e chiude la sfida.

Maldini allunga per Ambrosini, il cui calibrato cross viene deviato in rete da Shevchenko con uno splendido tocco di sinistro in acrobazia. Il Milan vola in discesa e ancora una volta è Maldini a dare la sensazione di divertirsi come un ragazzino alla guida della nuova fuoriserie rossonera. E' lui infatti a servire alla perfezione al 43' Shevchenko, pronto a regalare di testa il secondo dispiacere a Peruzzi. A questo punto anche Kakà decide di partecipare al divertimento, ma il suo primo spunto da campione trova il portierone laziale pronto alla respinta. E allora, visto che la ripresa si apre come si era concluso il primo tempo, con un nuovo spettacolare spunto del brasiliano che va via in tandem con Shevchenko, Caso prova a correre ai ripari. Fuori l'irriconoscibile Cesar, ecco dall'11' il vecchio Di Canio che va ad affiancare Muzzi come seconda punta. Ma ormai è tardi per evitare la disfatta. "Sospendete la partita" cantano i tifosi rossoneri, assistendo al dominio incontrastato del Milan che crea e spreca occasioni da gol anche con lo scatentato Cafu. Maldini a parte, comunque, l'uomo che fa la differenza è ancora Shevchenko, spettacolare al 31' con il suo tiro al volo di destro che nessun portiere al mondo potrebbe bloccare. E il resto sono semplici dettagli, perché la prima festa della nuova stagione è tutta del Milan. Anzi di un SuperMilan.


Il Corriere della Sera così racconta la gara:

Non ci sono state sorprese, anche se il calcio, talvolta, si diverte a dispensarne. Troppo evidente la forbice - di classe ma anche di organizzazione - tra il Milan campione d'Italia e la Lazio comunque dignitosa nei suoi abiti usati. Così i rossoneri conquistano senza dannarsi l'anima la loro quinta Supercoppa italiana a distanza di dieci anni esatti dall'ultima, trofeo numero 23 dell'epopea berlusconiana. Decide una tripletta di Shevchenko che adesso è a soli due gol dal mito di Van Basten (122 contro 124 dell'olandese). Il Milan vince in scioltezza e può permettersi di incassare senza turbamenti situazioni anche grottesche, come quando Ancelotti, che lo ha fortemente sponsorizzato, decide di inserire Crespo al posto di Tomasson e costui (l'argentino) resiste in campo soltanto otto minuti prima di infortunarsi e lasciare il posto a Serginho. L'equilibrio della partita ha retto per poco più di mezz'ora. Tanto o poco? Dipende dai punti di vista, dall'idea che ciascuno di noi si era fatto attorno a questa sfida calcistica tra Davide e Golia. In quella mezz'ora (e rotti) la Lazio - o meglio, quello che è rimasto della Lazio, saccheggiata dalle milanesi per garantirsi la sopravvivenza in serie A - aveva provato a giocare nell'unico modo che le era consentito: ad oltranza per togliere anche l'ossigeno alle incursioni rossonere. In panchina Paolo Di Canio, il figliol prodigo, perché un conto sono i proclami e le dichiarazioni di intenti, un altro la dura realtà del campo: se il fiato non c'è, tocca prenderne atto. Comunque, con un atteggiamento siffatto, la Lazio, l'agnello sacrificale, si prendeva la soddisfazione della prima palla gol della serata (Zauri anticipato in angolo su tocco dalla sinistra di Muzzi al 5') e del primo tiro in porta (Dabo, destro centrale, parato al 10') prima che, lentamente, il copione della partita scivolasse verso la conclusione più logica, anche se il Milan, sviluppando trame di accerchiamento molto compassate, ruminava la palla da una fascia all'altra, in attesa che qualcosa accadesse.

Mancavano, in questa fase, la spinta di Cafu sulla destra e, soprattutto, le accelerazioni a cui ci aveva abituati Kakà. Il Milan bussava per la prima volta alla porta di Peruzzi attorno al 13' e la situazione che si veniva a creare era subito imbarazzante (per gli ospiti): perentoria incursione di Maldini, scambio stretto con Tomasson e diagonale che il capitano spediva sotto la traversa: la sfera rimbalzava però al di qua della linea gessata. Proprio Maldini, spostato a sinistra perché questi, al di là dei giochi di parole, erano stati gli accordi al momento dell'acquisto di Stam, diventava una delle chiavi tattiche del successo milanista: devastante nelle sue accelerazioni, era soprattutto lui il punto di riferimento della manovra, appena questa sgorgava dai piedi di Rui Costa. Il gol che apriva ufficialmente le danze era merito di Ambrosini che, sempre sul versante sinistro, saltava Zauri e metteva al centro per la mezza girata di Shevchenko nelle maglie improvvisamente allentate della difesa laziale. Era il 36' e la Supercoppa finiva per la quinta volta nella bacheca milanista di via Turati, tenuto anche conto di come, sette minuti più tardi, la parabola tesa di Maldini venisse trasformata nel raddoppio ancora da Shevchenko, implacabile nell'anticipare di testa lo spaesato Lopez. A questo punto per i rossoneri iniziava la discesa del loro Tourmalet, il tratto più facile del percorso perché, agli affanni tattici, la Lazio sommava il morale sotto i tacchi. Mimmo Caso, il tecnico dell'emergenza, provava a invertire la rotta rimpiazzando il crepuscolare Cesar (evidentemente sintonizzato a Torino o a Milano, sponda Inter) con Di Canio, ma era soltanto un patetico tentativo perché neppure il campione tornato a casa dopo 14 anni di peregrinazioni tra serie A e Premier League vedeva mai la palla.

La ripresa era pura accademia perché il Milan, saggiamente, non aveva voglia di infierire. La terza rete di Shevchenko (31') è parsa infatti più un gesto meccanico, un riflesso condizionato (avete mai visto un attaccante che, con la sfera tra i piedi, riesce a resistere alla tentazione di calciare in porta?): stavolta l'ucraino si ritrovava sul destro, un metro dentro l'area, il pallone schizzato via dal contrasto tra Ambrosini e Negro. La sua botta era senza cattiveria ma si infilava alla destra di un impacciato Peruzzi. La Lazio, a dire il vero, avrebbe avuto la possibilità di salvare almeno la faccia, anche approfittando del rilassamento avversario, ma prima Muzzi, macchinoso nel controllo, era reso innocuo dal recupero di Nesta (14'), poi Zauri, per due volte, allertava Dida in altrettante parate (istintiva e pregevole quella di piede al 40', con il laziale solo in area). Difficile però che la fortuna decida di dare una mano ai più deboli. Anche stavolta è andata così.

La formazione laziale: Negro, Couto, Oddo, Cesar, Dabo, Peruzzi; Oscar Lopez, Zauri, Giannichedda, Liverani, Muzzi