Domenica 29 novembre 1998 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Roma 3-3

Da LazioWiki.

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29 novembre 1998 - 1804. Campionato di Serie A 1998/99 - XI giornata

LAZIO: Marchegiani, Pancaro, Negro, Mihajlovic (56' Fernando Couto), Favalli, Sergio Conceicao (64' Venturin), Stankovic, Almeyda, Nedved, Salas (85' De La Peña), R.Mancini. A disp. Ballotta, Iannuzzi, Lombardi, Gottardi. All. Spinosi - DT Eriksson.

ROMA: Chimenti, Candela, Petruzzi, Aldair, Wome, Tommasi, Tomic, Di Francesco, Paulo Sergio (90' Bartelt), Delvecchio (84' Zago), Totti. A disp. Campagnolo, Frau, D.Conti, Dal Moro, Gautieri. All. Zeman.

Arbitro: Farina (Novi Ligure).

Marcatori: 25' Delvecchio, 28' R.Mancini, 56' R.Mancini, 69' Salas (rig), 78' Di Francesco, 82' Totti.

Note: espulso Petruzzi (doppia ammonizione) al 27' s.t. Ammoniti: Tommasi, Salas, Almeyda, Di Francesco, Mihajlovic, Candela, Aldair e Totti. Calci d'angolo: 4-5. Recuperi: x ' più 3'.

Spettatori: 70.000 circa.

Il pareggio di Roberto Mancini
Salas esulta dopo il rigore segnato
Giocatori giallorossi cercano di ostacolare Marchegiani
Lo splendido colpo di tacco di Roberto Mancini che vale il 2-1
Un'altra immagine della prodezza dell'attaccante biancoceleste
Un'immagine dell'incontro

Portieri che spaperano, Mancini e Delvecchio protagonisti assoluti nel derby pazzo che straripa d'emozioni. Sei reti, con la Roma che ghermisce il 3-3 in dieci uomini e dopo aver sfiorato la quinta mortificazione di fila nella stracittadina. Poi scontri da brividi e soprattutto botte laziali per sgretolare il gioco zemaniano. La sfida comincia con la Roma che propone movimenti corali più ragionati che frenetici per saldare soprattutto i tre mediani fissi (Tomic sostituisce Di Biagio) agli abbinamenti esterni Candela-Paulo Sergio e Wome-Totti. La Lazio, bloccata dietro sul solo Delvecchio, soffre le sfuriate giallorosse prima dei sedici metri, dove Almeyda arranca dietro Tommasi e, pressato, annaspa da svincolo per Mihajlovic, Stankovic e quant'altri si rilanciano sull'errore propositivo dell'avversario. Forse Eriksson vuole riprodurre le delizie contropiedistiche, rimanendo acquattato in attesa di spropositi zemaniani. Così, quasi non bastasse la prudenza di Pancaro e Favalli, i biancocelesti risucchiano pure Mancini, Nedved e Conceicao nell'assembramento centrocampistico, lasciando Salas solo fra Petruzzi e Aldair. Tuttavia ai romanisti più tonici servono quattro occasioni per scardinare il catenaccio a zona gestito dal rettore svedese. L'azione zampilla da un contrasto di Paulo Sergio su Pancaro, che scatena l'ottimo Wome sul binario sguarnito. Scatto e rasoiata obliqua, Mihajlovic esita, Marchegiani si sposta a vanvera e l'ex interista lo beffa in corsa d'esterno sinistro con sorprendente coordinazione. Giusto vantaggio di una superiorità dinamica e costruttiva, ma l'illusione dura due minuti. Basta che la Lazio esca dal suo guscio; basta che inalberi il redivivo Mihajlovic quale suggeritore di Mancini per scoprire che potrebbe essere sempre la stessa storia. Dimenticato da Candela e complice Chimenti, l'artista riacciuffa la partita.

Giravolta-pareggio, una perla realizzativa sopra il derby che diventa troppo fisico fra continui spezzettamenti e molti ammoniti. La Roma sta denunciando l'abituale sindrome da stracittadina, una paralisi nervosa che amplifica gli scarsi meriti degli oppositori nei ribaltamenti meno saltuari. Lo annuncia il palo esterno che Stankovic colpisce su azione in apertura di ripresa; lo chiarisce ancora "Mancio" impreziosendo una punizione-Mihajlovic, l' unico schema in dote agli erikssoniani. Stavolta Chimenti si fa fregare dall'allungamento della traiettoria, grazio allo stinco leggermente deviante del vecchio campione. Cinquina scandalosa nell'aria? Lo sfinimento romanista appare sancito quando Wome abbocca ingenuo a una finta in area di Salas. Rigore sacrosanto e il cileno non perdona, affondando anche la sua lama nelle ferite riaperte di Zeman. Che ha il merito di restare imperturbabile in vista dell'incombente sventura, come i suoi ragazzi proiettati all'arrembaggio contro la muraglia laziale. Sono attimi da psicodramma, quasi dieci minuti di sforzo podistico in inferiorità numerica (causa l'espulsione di Petruzzi per doppia ammonizione) che l'irriducibile Di Francesco sublima, complice un pasticcio fra Nedved e Marchegiani. La zampata del cursore stana almeno lo spiraglio per riequilibrare il match impossibile. E Delvecchio esulta invano (pescato in offside), diventando comunque decisivo nel rubare al subentrato Couto la palla del pareggio. Totti piomba sul passaggio smarcante e trafigge Marchegiani. La Lazio, in crisi energetica, viene spaventata ancora dall'impagabile Delvecchio: stangata esatta fra Negro e Couto, che fisserebbe il romanzesco 3-4 se l'inquietante arbitro Farina non lo ritenesse in posizione irregolare di sparo. I romanisti si contentano, la sindrome è in parte rimossa.

Impossibile da credere. E infatti Cragnotti fatica a crederci. Sul tre a uno pensavo proprio che la partita fosse chiusa. Loro erano pure con un uomo in meno, non potevo nemmeno lontanamente immaginare un finale di questo genere. Abbiamo buttato via il derby, questa è la verità. E tre punti fondamentali per la nostra classifica e il nostro campionato. Purtroppo non riesco a capire che cosa succeda a questa squadra: dopo il rigore di Salas si è bloccata, dandosi completamente in pasto all'avversario. Non è riuscita a gestire un risultato ormai acquisito, veramente mi sembra impossibile. Per essere furibondo, è furibondo. Del resto, in campionato, quest'anno non gliene va bene una. Nonostante i 200 miliardi spesi sul mercato, una squadra rifondata e rivoluzionata, la sua Lazio sprofonda domenica dopo domenica, senza dare alcun segno di ripresa e di fiducia verso il futuro. Un'altra stagione buttata? E' molto probabile. Ma proprio per questo Cragnotti dovrebbe riflettere a lungo sul modo in cui ha cambiato questo gruppo. Sradicando le basi solidissime gettate lo scorso anno e rimettendo tutto in discussione, comprando giocatori di gran nome ma inutili e forse pure arrivati. Confermando un allenatore che imperterrito continua a confermare ciò che si è sempre sospettato di lui: che non è da grande squadra e non è un vincente. Per noi questa equivale ad una sconfitta, ammette Eriksson, che la curva Sud romanista ha salutato ironicamente con grandi cori di ringraziamento. Non siamo stati capaci di buttare la palla in tribuna quand'era necessario, ma siamo rimasti paralizzati dalla paura. Io sono convinto che il problema attuale di questa squadra sia solo mentale, psicologico. E che la condizione fisica non c'entri nulla. Ho tra le mani un grande organico, ma evidentemente sotto molti aspetti dobbiamo migliorare enormemente. Una difesa disastrata, in cui anche ieri sera non s'è salvato nessuno. Un centrocampo timoroso e incapace di fare gioco, un centrocampo senza personalità. Solo l' attacco s'è salvato, grazie a Mancini e Salas che da solo cercano di tenere in piedi la baracca. Nel finale abbiamo perso la testa continua Eriksson ora cercheremo di capirne le ragioni. Intanto si continua a non vedere la luce. Nero è anche Mancini, che ha insultato un po' tutti i suoi compagni, specialmente Favalli, per il modo in cui la Lazio si è fatta raggiungere e schiacciare dalla Roma. L'ex doriano è furente e dice solo poche parole: Dedico i due gol a mia suocera che non sta bene. La partita? Solo la Lazio poteva non vincere un derby come questo...Disastroso Marchegiani. Per lui, la peggiore prestazione da quando è a Roma. Potete immaginare come stiamo, ma non possiamo mica buttarci da un ponte. La vita continua.

Fonte: Corriere della Sera