Domenica 3 novembre 1996 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Vicenza 0-2

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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 8ª giornata - Lazio-Vicenza 0-2

LAZIO: Marchegiani, Gottardi, Nesta, Chamot, Favalli (35' Grandoni), Fuser (73' Piovanelli), Marcolin, Nedved, Rambaudi (46' Protti), Casiraghi, Signori. n.e. Orsi, Buso, Franceschini, Baronio. All. Zeman.

VICENZA: Mondini, Sartor, Belotti, G. Lopez, D'Ignazio, Otero (86' Rossi), Di Carlo, Maini, Viviani, Ambrosetti (68' Beghetto), Murgita (90' Iannuzzi). n.e. Brivio, Mendez, Cornacchini, Amerini. All. Guidolin.

Arbitro: Sig. Nicchi (Arezzo).

Marcatori: 35' Murgita, 90' Maini.

Note: ammoniti Marcolin, Protti, Nedved. Calci d'angolo: 9-5.

Spettatori: 35.000.

Il biglietto della gara
Due fasi della gara

Sotto i colpi del Vicenza, realtà che sale al secondo posto in classifica dopo essere stata anche prima per 35' (9' nel primo tempo e 26' nella ripresa) c'è lo scempio d'un calcio che la Lazio non sa applicare più, o che interpreta solo imbarcando rischi. E gli orientamenti zemaniani, mai flessibili, s'aggrovigliano al modesto valore di almeno mezza squadra per confondere responsabilità attuali, certamente riconducibili alle cessioni estive, quando Cragnotti trovò l'aziendalista ideale nel precettore boemo. Lo smantellamento avallato pare ora giustificare quanti chiedono l'esonero di mastro Zdenek, pure se l'azionista di maggioranza resiste ancora fra fischi e allusioni, senza procedere verso l'urgente svolta tecnica affidata a Mimmo Caso. Povera Lazio: deve cancellare Tenerife, ma durante l'intera prima parte ammassa soprattutto assalti velleitari, salvo spalancare spazi dove l'organizzazione Guidolin annoda ribaltamenti. I vicentini dapprima abbottonati, quasi sublimassero un catenaccio zonarolo che prevede giusto Murgita quale unico riferimento avanzato, avvertono via via l'obbligo di osare secondo coscienza professionale. Leggono la partita meglio dei frenetici oppositori, freneticamente decisi a scardinare il muro innalzato davanti a Mondini con solitarie prodezze, non ripristinando accordi corali su ritmi elevati. Addio incastri biancocelesti e tagli griffati Rambaudi, per supportare l'accoppiata Signori-Casiraghi. Il tridente meno pesante (Protti risulterà nel prosieguo un fantasma), troppo lontano dai tre centrocampisti che remano in assurda inferiorità numerica, garantisce appena una stangata palo di Signori, quasi un lampo d'orgoglio prima di soccombere. Certo, perfino la fortuna abbandona gli zemaniani, sempre più orfani di Boksic, Di Matteo, Winter. E un vecchio sogno squarciato da una realtà opprimente.

Occorrerebbe semmai rafforzare le protezioni difensive, ricavando vantaggi comportamentali dalla facilità penetrativa di Ambrosetti, che piomba fra simulacri piantati davanti a Marchegiani, senza poter comunque ringraziare l'ispiratore Otero. Destro al volo d'avvertimento, qualora esistessero virtù riflessive nel patrimonio genetico degli avversari. Invano Marchegiani, chissà come graziato, implora un po' di calma. La Lazio riparte, Marcolin sbaglia l'appoggio e Ambrosetti innesta Otero. Così si preparano i blitz: volata laterale, conversione simulata, assist rientrante. Al resto ci pensa Murgita, che anticipa i frastornati Favalli e Gottardi. Chi colpevolizzare? Non garantì Zeman d'avere ottenuto una formazione migliore rispetto alla scorsa stagione? Preso il gol mortificante, Favalli s'accascia. E rimasto al chiodo nonostante una precedente pallonata ricevuta da Maini e vede il mondo sottosopra. Lo ricovereranno precauzionalmente all'ospedale, mentre l'ingresso del panchinaro Grandoni accresce gli incubi biancocelesti. Sì, la Lazio non vanta una panchina adeguata e tuttavia alcuni campioni superstiti sprecano energie per scardinare la rete riequilibrante. E bravo Nesta a bruciare l'erba: cross per la testa svettante di Casiraghi e stacco perentorio, ma il palo vanifica. Qui la Lazio si demoralizza, si smarrisce. Qui cominciano i cori "Zeman vattene!" e l' atmosfera diventa irrespirabile. Tutto dentro l'Olimpico congiura contro la Lazio, che in un falò successivo brucia le opportunità capitate a Casiraghi, Signori e Grandoni. Tutto esalta l'azione di rimessa dei "ragni neri" di Guidolin, impegnati ad articolare rotazioni devastanti per rafforzare il bottino. Non c'è più logica negli assalti biancocelesti, penalizzati da un 4 5 1 asfissiante nel contenimento e elastico nelle situazioni attive. Addio Lazio: Fuser, acciaccato, getta la spugna e, via Beghetto, arriva il castigo siglato Maini. Perfino un ex romanista nello scempio del prestigio di Zeman.

Zeman parla di sé stesso quasi con aria annoiata, senza escludere il licenziamento invocato dalla maggioranza dei tifosi: "Può anche accadere, nel nostro mestiere ci si deve preparare a ogni eventualità, specie se mancano i risultati". Sta meditando di dare le dimissioni? Cosa ha provato ascoltando il coro "Zeman vattene"? L'allenatore boemo replica: "Non esistono motivi per sciogliere volontariamente il rapporto, non vedo ostacoli insuperabili. Siamo stati condizionati dal nervosismo accumulato a Tenerife, ma abbiamo giocato bene. Due pali e numerose occasioni, prima di perdere quota davanti a un Vicenza più dinamico e reattivo. E un momento che andrebbe affrontato con un'altra condizione psicologica. La sosta ci gioverà. Mi riferiscono che Zoff ha detto "raccogliamo i cocci". Giusto, raccogliendoli bene si può ricominciare". Signori passa e conferma: "Viviamo un periodo d'apprensioni, confusione, paura. C'è troppo accanimento contro la Lazio. Però ritroveremo il gioco, senza cambiare mentalità". Fuser, infrazione a una costola, non andrà in nazionale. Anche Nesta ha bisogno di riposo e allenamenti differenziati per la caviglia malandata. Resta sullo sfondo la gioia di Guidolin: "Riconosco ai ragazzi il merito di aver creduto in questa impresa, ma non dobbiamo montarci la testa. A 40 punti il Vicenza sarà salvo e punterà a qualcosa di più. Nell'attesa, l'obiettivo è la permanenza in A".

Fonte: Corriere della Sera