Mihajlović Siniša: differenze tra le versioni

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[[File:S.Mihajlovic 121.jpg |thumb|left|200px|Siniša Mihajlović <br> Foto Getty Images]]
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'''Avviso ai nostri lettori: nelle prossime ore la scheda di Sinisa Mihajlovic sarà arricchita di numerosi articoli di stampa tratti da vari quotidiani e pubblicati dopo la notizia della sua scomparsa. Tornate a trovarci. Grazie!'''


Difensore serbo, nato a Vukovar (Croazia) il [[20 febbraio]] [[1969]] e deceduto a Roma il [[16 dicembre]] [[2022]].
Difensore serbo, nato a Vukovar (Croazia) il [[20 febbraio]] [[1969]] e deceduto a Roma il [[16 dicembre]] [[2022]].


Milita nel Vojvodina, nella [[Stella Rossa]] (con cui vince una storica Coppa dei Campioni), poi nella [[Roma]] per due stagioni. Viene acquistato nel [[1998]] dalla [[Sampdoria]]. Disputa 6 stagioni in maglia biancoceleste. Con la Lazio colleziona 126 presenze e 20 reti in [[Campionato]]. Nel [[2004]] passa all'[[Inter]], dove chiude la carriera da calciatore. [[1999/00|Campione d'Italia 1999/2000]], ha segnato il [[Martedì 14 settembre 1999 - Leverkusen, BayArena - Bayer 04 Leverkusen-Lazio 1-1|primo storico gol]] della Lazio in [[Champions League]].
Milita nel Vojvodina, nella [[Stella Rossa]] (con cui vince una storica [[Champions League|Coppa dei Campioni]]), poi nella [[Roma]] per due stagioni. Viene acquistato nel [[1998]] dalla [[Sampdoria]] e disputa successivamente 6 stagioni in maglia biancoceleste. Con la Lazio colleziona 126 presenze e 20 reti in [[Campionato]]. Nel [[2004]] passa all'[[Inter]] dove chiude la carriera da calciatore. [[Campione d'Italia]] nella stagione [[1999/00|1999/2000]], ha segnato il [[Martedì 14 settembre 1999 - Leverkusen, BayArena - Bayer 04 Leverkusen-Lazio 1-1|primo storico gol]] della Lazio in [[Champions League]]. Ottimo difensore - dopo gli esordi da ala, di qui il numero 11 sulle spalle, poi conservato per il resto della carriera - Sinisa è stato un calciatore dotato di grande visione di gioco che sapeva unire a un marcato agonismo, copriva bene gli spazi e grazie ad una tecnica sopraffina e a un calcio preciso e lungo sapeva ribaltare velocemente il versante di gioco. Mancino naturale, è stato uno dei migliori specialisti di tutti i tempi nel tirare i calci di punizione. Sapeva, infatti, unire la potenza al colpo d'effetto che conferiva alla palla traiettorie imprevedibili.

Ottimo difensore - dopo gli esordi da ala, di qui il numero 11 sulle spalle, poi conservato per il resto della carriera - Sinisa è stato un calciatore dotato di grande visione di gioco che sapeva unire a un marcato agonismo, copriva bene gli spazi e grazie ad una tecnica sopraffina e a un calcio preciso e lungo sapeva ribaltare velocemente il versante di gioco. Mancino naturale, è stato uno dei migliori specialisti di tutti i tempi nel tirare i calci di punizione. Sapeva, infatti, unire la potenza al colpo d'effetto che conferiva alla palla traiettorie imprevedibili.
Terminata la carriera di calciatore, diviene allenatore in seconda dell'[[Internazionale FC|Inter]] di [[Mancini Roberto|Roberto Mancini]]. Dal novembre [[2008]] allena il [[Bologna]], ma viene esonerato nell'aprile [[2009]]. A dicembre [[2009]] viene assunto dal [[Catania]] ma si dimette alla fine del [[Campionato|campionato]] e va ad allenare la [[Fiorentina]] nella stagione [[2010/11]]. Confermato nella stagione seguente, il [[7 novembre]] [[2011]] viene tuttavia esonerato. Dal [[21 maggio]] [[2012]] diviene Commissario Tecnico della Nazionale Serba. Il [[21 novembre]] [[2013]] assume la guida tecnica della [[Sampdoria]] che nel frattempo ha esonerato il precedente allenatore [[Rossi Delio|Delio Rossi]]. L'esordio sulla panchina blucerchiata avviene proprio [[Domenica 24 novembre 2013 - Genova, stadio L. Ferraris - Sampdoria-Lazio 1-1|nella gara disputata]] dai liguri contro la Lazio. Nella stagione [[2015/16]] passa sulla panchina del [[Milan]] dove viene esonerato a poche giornate dalla fine dopo aver conquistato l'accesso alla finale della [[Coppa Italia]]. Diventa poi allenatore del [[Torino]] per la stagione [[2016/17]] e viene confermato per la stagione successiva [[2017/18]] ma è esonerato a gennaio [[2018]]. A giugno [[2018]] assume la carica di tecnico dello [[Sporting Lisbona]] (Portogallo), ma dopo nove giorni viene sollevato dall'incarico.

A gennaio [[2019 ]] viene ingaggiato del [[Bologna]], in lotta per la retrocessione, al posto di Filippo Inzaghi e centra l'obiettivo della salvezza con una giornata d’anticipo [[Lunedì 20 maggio 2019 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Bologna 3-3|pareggiando 3-3 contro la Lazio]]. Il [[13 luglio]] [[2019]] annuncia in conferenza stampa di abbandonare momentaneamente la guida della compagine felsinea per sottoporsi a cure mediche, a causa di una forma acuta di leucemia. A tre anni e mezzo dal suo incarico come allenatore degli emiliani, Sinisa - che combatteva ancora contro una recidiva ripresentatasi nel corso della primavera del [[2022]] - il [[6 settembre]] viene esonerato dal [[Bologna]] a causa di un deludente avvio di [[campionato]] della squadra rossoblù. Nel novembre [[2022]] un'ulteriore recidiva lo costringe a pesanti cure alla Clinica Paideia di Roma. Nonostante tutti i tentativi dei medici e la sua forza d'animo, spira nella tarda mattinata del [[16 dicembre]] [[2022]] nella struttura sanitaria di Roma nord.

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[[Immagine:17dic2022CDS.jpg|thumb|left|200px|La prima pagina del Corriere dello Sport del 16 dicembre 2022]]
[[Immagine:17dic2022Messaggero.jpg|thumb|left|200px|Il ricordo di Sinisa Mihajlovic sulla prima pagina de Il Messaggero del 16 dicembre 2022]]
[[Immagine:17dic2022Tempo.jpg|thumb|left|200px|La notizia della scomparsa di Sinisa Mihajlovic su Il Tempo del 16 dicembre 2022]]
[[Immagine:17dic2022GDS.jpg|thumb|left|200px|La prima pagina della Gazzetta dello Sport del 16 dicembre 2022]]

Vasta eco e profondo dolore hanno caratterizzato la notizia della prematura scomparsa di Sinisa Mihajlovic nella giornata del [[16 dicembre]] [[2022]]. Gli articoli seguenti, tratti da vari organi di stampa, ci aiutano a ricordare e ci raccontano ulteriormente la figura del grande Campione biancoceleste.

• Dal [[Corriere dello Sport]] del [[17 dicembre]] [[2022]]:

Sinisa così fa troppo male. È morto ieri, a 53 anni, sconfitto dalla malattia. Si è battuto a lungo per ogni piccolo momento di felicità, sostenuto dal grande amore per il calcio. L’omaggio silenzioso dei tifosi, il dolore degli amici del figlio. La famiglia: "Morte ingiusta e prematura". A luglio del [[2019]] aveva annunciato di avere la leucemia.

► [[Mancini Roberto|Roberto Mancini]] se ne va dalla clinica Paideia alle sette e mezzo di sera, da solo, guidando una 500 Abarth dopo essere rimasto un bel pezzo appoggiato a una parete, a vegliare l’amico scomparso. Sinisa Mihajlovic ha lasciato tutti, i figli, la moglie, la madre, il fratello di campo, all’inizio del pomeriggio. Alle 15.08 lo annuncia l’agenzia Ansa con un comunicato della famiglia: "Una morte ingiusta e prematura". A 53 anni è certamente prematura, e ingiusta come tutte le morti del mondo. Soprattutto, una morte testarda: ha inseguito Mihajlovic fino a sfinirlo, facendogli credere per un po’ di averla seminata, raggiungendolo quando era distratto e probabilmente felice. Leucemia mieloide acuta, sta scritto sulle scartoffie che i medici portano avanti e indietro lungo i corridoi della clinica romana. Siamo foglie al vento e fogli di carta. Mihajlovic aveva conosciuto la malattia a metà del [[2019]], se n’era liberato grazie a un trapianto di midollo osseo ricevuto da un donatore statunitense, era tornato a dialogarci qualche tempo fa. Diciamo pure a combatterci, anche se la storia del guerriero che non si arrende fa più settimo sigillo che storia reale di un uomo concreto qual era Sinisa. Che infatti poco la sopportava. Combatteva, ma per conquistare quel passo in più di terreno quotidiano: la partita da seguire in panchina, l’allenamento personale da portare avanti, un chilometro da aggiungere piuttosto che uno da sottrarre.

La serata a parlare in pubblico di calcio e di ciò su cui il calcio secondo lui si fondava, intelligenza, qualità e, in questo caso sì, voglia di vincere contro qualsiasi speranza. Per la lotta, lasciava fare alla medicina. Meno di tre settimane fa era alla presentazione di un libro di [[Zeman Zdenek|Zdenek Zeman]], con il sorriso di chi si sente bene e al posto giusto. Domenica scorsa per un improvviso aggravamento era dovuto tornare alla Paideia, la clinica dove si era sempre curato sin dall’inizio del periodo alla Lazio. Stava vicino a casa sua, poi si è spostata nella sede attuale. Un candido poliedro regolare spezzato da cornicioni orizzontali, con i muri interni rivestiti di materiale azzurro. All’esterno, pannelli luminosi attraversati da nevicate di luce ricordano che è quasi Natale. Dentro, le stanze somigliano a camere d’albergo spaziose e comode. Ma sempre stanze d’ospedale sono. Odorano di medicinali e disinfettante. Mihajlovic era nella numero 326, al terzo piano. Ieri riposava, infine, con il viso segnato dall’infezione che lo aveva colpito, proprio nel momento in cui le sue difese non reagivano. Hanno visto i figli seduti in terra intorno al letto, la moglie Arianna accanto a lui, la madre sul divano del salottino attiguo alla camera. Un dolore intenso, composto ma non represso, non distante. E [[Mancini Roberto|Mancini]] appoggiato alla parete.

Pochi amici della vicenda recente di Mihajlovic - come Massimo Ferrero, tuttora proprietario della [[Sampdoria]], e dirigenti della Lazio di una volta - si sono avvicinati alla salma, mentre in tanti erano andati a salutare l’amico nei giorni scorsi, quelli della lotta finale per un respiro, per qualche parola. E in tanti torneranno oggi se, come sembra, la camera ardente verrà allestita nella stessa clinica in forma privata. Per domani è allo studio un omaggio pubblico in Campidoglio e il funerale è programmato per lunedì alle 11 nella basilica di Santa Maria degli Angeli, in Piazza della Repubblica a Roma. C’erano i tifosi, però. Qualcuno. Intimidito, discreto, rispettoso di un dolore che là, sotto il poliedro candido, si poteva soltanto intuire. A tarda sera in tre hanno tentato di portare una maglia della Lazio alla famiglia. Non li hanno lasciati entrare. Se ne sono andati senza protestare. Non erano lì per sé stessi, bensì per rendere omaggio alla memoria di un giocatore che li aveva glorificati e di un allenatore che ha tentato di glorificare altri ma sempre rivendicando, con pacato orgoglio, la sua specificità: non ho nulla contro la [[Roma]] e ovviamente contro nessuno, diceva, però io mi sento profondamente laziale. E diceva anche: nella vita serve coraggio e bisogna avere personalità.

Per esempio, Guido De Angelis racconta di quando Mihajlovic e [[Stankovic Dejan|Stankovic]] fuggivano in macchina dai bombardamenti in Serbia e [[Stankovic Dejan|Stankovic]] piangeva e Sinisa gridava: che cavolo piangi? E casualmente tutto finì trasmesso direttamente in radio. Per questo e per il resto, Mihajlovic era un personaggio verticale e trasversale. Divisivo nella misura in cui voleva esserlo, per pura onestà sentimentale e intellettuale. Da pomeriggio a notte, immerso in un’umidità sempre più cattiva, ha stazionato sul marciapiede opposto a quello dell’ingresso della Paideia un gruppetto di ragazzi. Guardavano verso la finestra della camera di Sinisa, da cui di tanto in tanto qualcuno ricambiava gli sguardi e i gesti. Tifosi anche loro, certo, ma senza bandiera. I più della Lazio, qualcuno della [[Roma]]. Tifosi per caso. Erano gli amici di Nicholas, uno dei figli lasciati da Mihajlovic. Non aspettavano alcuna resurrezione, neppure concettuale, di un idolo calcistico che aveva completato il suo percorso terreno, aveva vinto e perso, gridato e rotto serrande nei momenti di insofferenza, consolato e sostenuto in quelli di pedagogia, e Mihajlovic ne viveva perché sentiva di avere visto molto e di averne di cose da insegnare. No, quei ragazzi aspettavano soltanto che scendesse Nicholas, per incoraggiarsi insieme ad andare avanti. Nel frattempo, lo spiazzo davanti alla clinica si era svuotato. Sull’asfalto umido si riflettevano le scritte dei pannelli natalizi e la neve di luce continuava a cadere.


► "Ho perso un fratello". "Io e Mihajlovic abbiamo condiviso quasi trent’anni di vita insieme: lo portai alla [[Sampdoria|Samp]] con un anno di ritardo, perché la [[Roma]] riuscì ad anticiparci. Grazie a lui ho fatto il gol più bello della mia carriera".

Non trova le parole, perché è tutto così difficile. Lo aveva capito da giorni che avrebbe perso il suo amico del cuore, ma poi è successo e anche se ti sei preparato non sai come affrontare il dolore e la nuova vita senza Sinisa. ''"Pochi giorni fa, prima che lo ricoverassero, avevamo visto insieme una partita del Mondiale. Ridendo e scherzando, stava abbastanza bene, era uno di quei momenti in cui non pensi a quello che stai affrontando e vivi come se nulla fosse"''. [[Mancini Roberto|Roberto Mancini]] è sconvolto, non si era allontanato da Roma per stare accanto ad Arianna e ai suoi figli. ''"Sono cresciuti con i miei, abbiamo percorso tutte le tappe della nostra vita insieme, almeno quelle più importanti. Per me era un fratello, sì ho perso un fratello perché siamo andati oltre l’amicizia. Inevitabile quando condividi tante emozioni l’uno accanto all’altro"''. Niente sarà come prima. Tanti anni fa, [[Mancini Roberto|Mancini]] pianse per la morte di Paolo Mantovani, un presidente-padre. Era il [[1993]] e Roberto con la [[Sampdoria|Samp]] aveva vinto uno [[scudetto]] e perso una finale di [[Champions League|Coppa dei Campioni]] contro il [[Barcellona]] a Wembley scrivendo la storia blucerchiata. L’anno successivo alla scomparsa del padrone della [[Sampdoria|Samp]], arrivò a Genova proprio Mihajlovic e non per caso. Lo rivela proprio l’attuale ct della nazionale italiana, che iniziò a fare mercato per i suoi club molto prima di arrivare a Roma e di collaborare con [[Cragnotti Sergio|Sergio Cragnotti]].

Decisivo, nel [[1999|‘99]], quel consiglio al finanziere della Lazio: ''"Se deve cedere [[Vieri (I) Christian|Vieri]] a Moratti, prenda [[Simeone Diego Pablo|Simeone]] perché ci farà vincere lo [[scudetto]]"''. Anche a Genova, molto più giovane, ebbe la vista lunga e oggi il ricordo assume un valore emotivo diverso. ''"Vidi Mihajlovic giocare con la [[Stella Rossa]] l’anno in cui vinse proprio la [[Champions League|Coppa dei Campioni]], consigliai alla [[Sampdoria|Samp]] di acquistarlo subito. Si trattava di un giovane di vent’anni che giocava come un veterano e in più aveva un sinistro da favola. La [[Roma]] fu più brava di noi e ce lo portò via, ma due anni dopo finalmente riuscimmo a prenderlo. Da quel momento è iniziata la nostra grande avventura"''. Quasi trent’anni insieme, anche se le rispettive carriere di allenatori li aveva separati dal punto di vista logistico. Mihajlovic aveva cominciato al fianco di [[Mancini Roberto|Mancini]] all’[[Inter]], come vice, ma aveva una personalità prorompente e un’ambizione pari a quella da giocatore per lavorare in coppia. Da solo iniziò nel novembre del [[2008]] a Bologna, guarda caso la società e la città in cui Roberto aveva iniziato a giocare. ''"Era inevitabile che le strade si dividessero, ma insieme abbiamo condiviso tanti anni con la [[Sampdoria|Samp]], con la Lazio e con l’[[Inter]]. Abbiamo vinto molto, quasi tutto, in un percorso condiviso. Il nostro non era un clan, era un grande gruppo di amici. Difficile catalogare i ricordi, come sarebbe mai possibile? Ce ne sono a centinaia, difficile anche fare una scelta"''.

Nessun rimpianto, se non quello di averlo perso per sempre. ''"Ma solo dal punto di vista fisico, perché Sinisa è sempre stato accanto a me e lo sarà anche adesso che non c’è più"''. C’è un lampo negli occhi di [[Mancini Roberto|Mancini]] in una giornata così triste e devastante. Un pensiero improvviso, come se volesse allontanare il dolore o il pensiero che Mihajlovic non c’è più. ''"Sinisa mi ha fatto fare il gol più bello della mia carriera, come potrei avere dei rimorsi? Di tacco ne avevo fatti tanti altri, ma quello resta unico"''. Era il [[17 gennaio]] del [[1999]], [[Parma]]-Lazio [[Domenica 17 gennaio 1999 - Parma, stadio Ennio Tardini - Parma-Lazio 1-3|al Tardini]]: angolo di Sinisa, magia di Roberto, palla all’incrocio dei pali e abbraccione con [[Vieri (I) Christian|Bobo Vieri]], incredulo di fronte a tanta bellezza. ''"Oggi posso dire che è il più bello davvero"'' sussurra il ct che rende onore all’amico appena perso. C’era anche il gol di Napoli, al [[Stadio San Paolo - Napoli|San Paolo]], con la maglia della [[Sampdoria|Samp]] ma l’emozione è diversa. ''"Non è giusto che una malattia così atroce si porti via un ragazzo di 53 anni. Sinisa ha lottato come un leone fino all’ultimo istante, come faceva in campo. Lo ricorderò per sempre così, tosto e coraggioso, le qualità per cui l’ho sempre voluto accanto a me"''.







Terminata la carriera di calciatore, diviene allenatore in seconda dell'[[Internazionale FC|Inter]] di [[Mancini Roberto|Roberto Mancini]]. Dal novembre [[2008]] allena il [[Bologna]], ma viene esonerato nell'aprile [[2009]]. A dicembre [[2009]] viene assunto dal [[Catania]], si dimette alla fine del [[Campionato|campionato]] e va ad allenare la [[Fiorentina]] nella stagione [[2010/11]]. Confermato nella stagione seguente, il [[7 novembre]] [[2011]] viene esonerato. Dal [[21 maggio]] [[2012]] è Commissario Tecnico della Nazionale Serba. Il [[21 novembre]] [[2013]] assume la guida tecnica della [[Sampdoria]] che nel frattempo ha esonerato il precedente allenatore [[Rossi Delio|Delio Rossi]].
L'esordio sulla panchina blucerchiata avviene proprio [[Domenica 24 novembre 2013 - Genova, stadio L. Ferraris - Sampdoria-Lazio 1-1|nella gara disputata]] dai liguri contro la Lazio. Nella stagione [[2015/16]] passa sulla panchina del [[Milan]] dove viene esonerato a poche giornate dalla fine dopo aver conquistato l'accesso alla finale della Coppa Italia. Diventa allenatore del [[Torino|Torino]] per la stagione [[2016/17]], confermato per la stagione successiva [[2017/18]], viene esonerato a gennaio [[2018]]. A giugno [[2018]] assume la carica di tecnico dello Sporting Lisbona (Portogallo), ma dopo nove giorni viene sollevato dall'incarico.


A gennaio [[2019 ]] viene ingaggiato del [[Bologna]], in lotta per la retrocessione, al posto di Filippo Inzaghi, centra l'obiettivo con una giornata d’anticipo [[Lunedì 20 maggio 2019 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Bologna 3-3|pareggiando 3-3 contro la Lazio]]. Il [[13 luglio]] [[2019]], Mihajlovic annuncia in conferenza stampa di abbandonare momentaneamente la guida del Bologna per sottoporsi a cure mediche, a causa di una forma acuta di leucemia. A tre anni e mezzo dal suo incarico come allenatore degli emiliani Sinisa - che combatteva ancora contro una recidiva ripresentatasi nel corso della primavera del [[2022]] - il [[6 settembre]] viene esonerato dal [[Bologna]] a causa di un deludente avvio di campionato della squadra rossoblù. Nel novembre [[2022]] un'ulteriore recidiva lo costringe a pesanti cure alla Clinica Paideia di Roma. Nonostante tutti i tentativi dei medici e la sua forza d'animo, spira nella tarda mattinata del [[16 dicembre]] [[2022]] nella struttura sanitaria di Roma nord.


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Versione delle 21:06, 18 dic 2022

Siniša Mihajlović
Foto Getty Images

Difensore serbo, nato a Vukovar (Croazia) il 20 febbraio 1969 e deceduto a Roma il 16 dicembre 2022.

Milita nel Vojvodina, nella Stella Rossa Belgrado (con cui vince una storica Coppa dei Campioni), poi nella Roma AS per due stagioni. Viene acquistato nel 1998 dalla Sampdoria e disputa successivamente 6 stagioni in maglia biancoceleste. Con la Lazio colleziona 126 presenze e 20 reti in Campionato. Nel 2004 passa all'Internazionale FC dove chiude la carriera da calciatore. Campione d'Italia nella stagione 1999/2000, ha segnato il primo storico gol della Lazio in Coppa dei Campioni - Champions League. Ottimo difensore - dopo gli esordi da ala, di qui il numero 11 sulle spalle, poi conservato per il resto della carriera - Sinisa è stato un calciatore dotato di grande visione di gioco che sapeva unire a un marcato agonismo, copriva bene gli spazi e grazie ad una tecnica sopraffina e a un calcio preciso e lungo sapeva ribaltare velocemente il versante di gioco. Mancino naturale, è stato uno dei migliori specialisti di tutti i tempi nel tirare i calci di punizione. Sapeva, infatti, unire la potenza al colpo d'effetto che conferiva alla palla traiettorie imprevedibili.

Terminata la carriera di calciatore, diviene allenatore in seconda dell'Inter di Roberto Mancini. Dal novembre 2008 allena il Bologna, ma viene esonerato nell'aprile 2009. A dicembre 2009 viene assunto dal Catania ma si dimette alla fine del campionato e va ad allenare la Fiorentina nella stagione 2010/11. Confermato nella stagione seguente, il 7 novembre 2011 viene tuttavia esonerato. Dal 21 maggio 2012 diviene Commissario Tecnico della Nazionale Serba. Il 21 novembre 2013 assume la guida tecnica della Sampdoria che nel frattempo ha esonerato il precedente allenatore Delio Rossi. L'esordio sulla panchina blucerchiata avviene proprio nella gara disputata dai liguri contro la Lazio. Nella stagione 2015/16 passa sulla panchina del Milan AC dove viene esonerato a poche giornate dalla fine dopo aver conquistato l'accesso alla finale della Coppa Italia. Diventa poi allenatore del Torino AC per la stagione 2016/17 e viene confermato per la stagione successiva 2017/18 ma è esonerato a gennaio 2018. A giugno 2018 assume la carica di tecnico dello Sporting Lisbona (Portogallo), ma dopo nove giorni viene sollevato dall'incarico.

A gennaio 2019 viene ingaggiato del Bologna, in lotta per la retrocessione, al posto di Filippo Inzaghi e centra l'obiettivo della salvezza con una giornata d’anticipo pareggiando 3-3 contro la Lazio. Il 13 luglio 2019 annuncia in conferenza stampa di abbandonare momentaneamente la guida della compagine felsinea per sottoporsi a cure mediche, a causa di una forma acuta di leucemia. A tre anni e mezzo dal suo incarico come allenatore degli emiliani, Sinisa - che combatteva ancora contro una recidiva ripresentatasi nel corso della primavera del 2022 - il 6 settembre viene esonerato dal Bologna a causa di un deludente avvio di campionato della squadra rossoblù. Nel novembre 2022 un'ulteriore recidiva lo costringe a pesanti cure alla Clinica Paideia di Roma. Nonostante tutti i tentativi dei medici e la sua forza d'animo, spira nella tarda mattinata del 16 dicembre 2022 nella struttura sanitaria di Roma nord.


La prima pagina del Corriere dello Sport del 16 dicembre 2022
Il ricordo di Sinisa Mihajlovic sulla prima pagina de Il Messaggero del 16 dicembre 2022
La notizia della scomparsa di Sinisa Mihajlovic su Il Tempo del 16 dicembre 2022
La prima pagina della Gazzetta dello Sport del 16 dicembre 2022

Vasta eco e profondo dolore hanno caratterizzato la notizia della prematura scomparsa di Sinisa Mihajlovic nella giornata del 16 dicembre 2022. Gli articoli seguenti, tratti da vari organi di stampa, ci aiutano a ricordare e ci raccontano ulteriormente la figura del grande Campione biancoceleste.

• Dal Corriere dello Sport del 17 dicembre 2022:

Sinisa così fa troppo male. È morto ieri, a 53 anni, sconfitto dalla malattia. Si è battuto a lungo per ogni piccolo momento di felicità, sostenuto dal grande amore per il calcio. L’omaggio silenzioso dei tifosi, il dolore degli amici del figlio. La famiglia: "Morte ingiusta e prematura". A luglio del 2019 aveva annunciato di avere la leucemia.

Roberto Mancini se ne va dalla clinica Paideia alle sette e mezzo di sera, da solo, guidando una 500 Abarth dopo essere rimasto un bel pezzo appoggiato a una parete, a vegliare l’amico scomparso. Sinisa Mihajlovic ha lasciato tutti, i figli, la moglie, la madre, il fratello di campo, all’inizio del pomeriggio. Alle 15.08 lo annuncia l’agenzia Ansa con un comunicato della famiglia: "Una morte ingiusta e prematura". A 53 anni è certamente prematura, e ingiusta come tutte le morti del mondo. Soprattutto, una morte testarda: ha inseguito Mihajlovic fino a sfinirlo, facendogli credere per un po’ di averla seminata, raggiungendolo quando era distratto e probabilmente felice. Leucemia mieloide acuta, sta scritto sulle scartoffie che i medici portano avanti e indietro lungo i corridoi della clinica romana. Siamo foglie al vento e fogli di carta. Mihajlovic aveva conosciuto la malattia a metà del 2019, se n’era liberato grazie a un trapianto di midollo osseo ricevuto da un donatore statunitense, era tornato a dialogarci qualche tempo fa. Diciamo pure a combatterci, anche se la storia del guerriero che non si arrende fa più settimo sigillo che storia reale di un uomo concreto qual era Sinisa. Che infatti poco la sopportava. Combatteva, ma per conquistare quel passo in più di terreno quotidiano: la partita da seguire in panchina, l’allenamento personale da portare avanti, un chilometro da aggiungere piuttosto che uno da sottrarre.

La serata a parlare in pubblico di calcio e di ciò su cui il calcio secondo lui si fondava, intelligenza, qualità e, in questo caso sì, voglia di vincere contro qualsiasi speranza. Per la lotta, lasciava fare alla medicina. Meno di tre settimane fa era alla presentazione di un libro di Zdenek Zeman, con il sorriso di chi si sente bene e al posto giusto. Domenica scorsa per un improvviso aggravamento era dovuto tornare alla Paideia, la clinica dove si era sempre curato sin dall’inizio del periodo alla Lazio. Stava vicino a casa sua, poi si è spostata nella sede attuale. Un candido poliedro regolare spezzato da cornicioni orizzontali, con i muri interni rivestiti di materiale azzurro. All’esterno, pannelli luminosi attraversati da nevicate di luce ricordano che è quasi Natale. Dentro, le stanze somigliano a camere d’albergo spaziose e comode. Ma sempre stanze d’ospedale sono. Odorano di medicinali e disinfettante. Mihajlovic era nella numero 326, al terzo piano. Ieri riposava, infine, con il viso segnato dall’infezione che lo aveva colpito, proprio nel momento in cui le sue difese non reagivano. Hanno visto i figli seduti in terra intorno al letto, la moglie Arianna accanto a lui, la madre sul divano del salottino attiguo alla camera. Un dolore intenso, composto ma non represso, non distante. E Mancini appoggiato alla parete.

Pochi amici della vicenda recente di Mihajlovic - come Massimo Ferrero, tuttora proprietario della Sampdoria, e dirigenti della Lazio di una volta - si sono avvicinati alla salma, mentre in tanti erano andati a salutare l’amico nei giorni scorsi, quelli della lotta finale per un respiro, per qualche parola. E in tanti torneranno oggi se, come sembra, la camera ardente verrà allestita nella stessa clinica in forma privata. Per domani è allo studio un omaggio pubblico in Campidoglio e il funerale è programmato per lunedì alle 11 nella basilica di Santa Maria degli Angeli, in Piazza della Repubblica a Roma. C’erano i tifosi, però. Qualcuno. Intimidito, discreto, rispettoso di un dolore che là, sotto il poliedro candido, si poteva soltanto intuire. A tarda sera in tre hanno tentato di portare una maglia della Lazio alla famiglia. Non li hanno lasciati entrare. Se ne sono andati senza protestare. Non erano lì per sé stessi, bensì per rendere omaggio alla memoria di un giocatore che li aveva glorificati e di un allenatore che ha tentato di glorificare altri ma sempre rivendicando, con pacato orgoglio, la sua specificità: non ho nulla contro la Roma AS e ovviamente contro nessuno, diceva, però io mi sento profondamente laziale. E diceva anche: nella vita serve coraggio e bisogna avere personalità.

Per esempio, Guido De Angelis racconta di quando Mihajlovic e Stankovic fuggivano in macchina dai bombardamenti in Serbia e Stankovic piangeva e Sinisa gridava: che cavolo piangi? E casualmente tutto finì trasmesso direttamente in radio. Per questo e per il resto, Mihajlovic era un personaggio verticale e trasversale. Divisivo nella misura in cui voleva esserlo, per pura onestà sentimentale e intellettuale. Da pomeriggio a notte, immerso in un’umidità sempre più cattiva, ha stazionato sul marciapiede opposto a quello dell’ingresso della Paideia un gruppetto di ragazzi. Guardavano verso la finestra della camera di Sinisa, da cui di tanto in tanto qualcuno ricambiava gli sguardi e i gesti. Tifosi anche loro, certo, ma senza bandiera. I più della Lazio, qualcuno della Roma AS. Tifosi per caso. Erano gli amici di Nicholas, uno dei figli lasciati da Mihajlovic. Non aspettavano alcuna resurrezione, neppure concettuale, di un idolo calcistico che aveva completato il suo percorso terreno, aveva vinto e perso, gridato e rotto serrande nei momenti di insofferenza, consolato e sostenuto in quelli di pedagogia, e Mihajlovic ne viveva perché sentiva di avere visto molto e di averne di cose da insegnare. No, quei ragazzi aspettavano soltanto che scendesse Nicholas, per incoraggiarsi insieme ad andare avanti. Nel frattempo, lo spiazzo davanti alla clinica si era svuotato. Sull’asfalto umido si riflettevano le scritte dei pannelli natalizi e la neve di luce continuava a cadere.


► "Ho perso un fratello". "Io e Mihajlovic abbiamo condiviso quasi trent’anni di vita insieme: lo portai alla Samp con un anno di ritardo, perché la Roma AS riuscì ad anticiparci. Grazie a lui ho fatto il gol più bello della mia carriera".

Non trova le parole, perché è tutto così difficile. Lo aveva capito da giorni che avrebbe perso il suo amico del cuore, ma poi è successo e anche se ti sei preparato non sai come affrontare il dolore e la nuova vita senza Sinisa. "Pochi giorni fa, prima che lo ricoverassero, avevamo visto insieme una partita del Mondiale. Ridendo e scherzando, stava abbastanza bene, era uno di quei momenti in cui non pensi a quello che stai affrontando e vivi come se nulla fosse". Roberto Mancini è sconvolto, non si era allontanato da Roma per stare accanto ad Arianna e ai suoi figli. "Sono cresciuti con i miei, abbiamo percorso tutte le tappe della nostra vita insieme, almeno quelle più importanti. Per me era un fratello, sì ho perso un fratello perché siamo andati oltre l’amicizia. Inevitabile quando condividi tante emozioni l’uno accanto all’altro". Niente sarà come prima. Tanti anni fa, Mancini pianse per la morte di Paolo Mantovani, un presidente-padre. Era il 1993 e Roberto con la Samp aveva vinto uno scudetto e perso una finale di Coppa dei Campioni contro il Barcelona a Wembley scrivendo la storia blucerchiata. L’anno successivo alla scomparsa del padrone della Samp, arrivò a Genova proprio Mihajlovic e non per caso. Lo rivela proprio l’attuale ct della nazionale italiana, che iniziò a fare mercato per i suoi club molto prima di arrivare a Roma e di collaborare con Sergio Cragnotti.

Decisivo, nel ‘99, quel consiglio al finanziere della Lazio: "Se deve cedere Vieri a Moratti, prenda Simeone perché ci farà vincere lo scudetto". Anche a Genova, molto più giovane, ebbe la vista lunga e oggi il ricordo assume un valore emotivo diverso. "Vidi Mihajlovic giocare con la Stella Rossa Belgrado l’anno in cui vinse proprio la Coppa dei Campioni, consigliai alla Samp di acquistarlo subito. Si trattava di un giovane di vent’anni che giocava come un veterano e in più aveva un sinistro da favola. La Roma AS fu più brava di noi e ce lo portò via, ma due anni dopo finalmente riuscimmo a prenderlo. Da quel momento è iniziata la nostra grande avventura". Quasi trent’anni insieme, anche se le rispettive carriere di allenatori li aveva separati dal punto di vista logistico. Mihajlovic aveva cominciato al fianco di Mancini all’Internazionale FC, come vice, ma aveva una personalità prorompente e un’ambizione pari a quella da giocatore per lavorare in coppia. Da solo iniziò nel novembre del 2008 a Bologna, guarda caso la società e la città in cui Roberto aveva iniziato a giocare. "Era inevitabile che le strade si dividessero, ma insieme abbiamo condiviso tanti anni con la Samp, con la Lazio e con l’Internazionale FC. Abbiamo vinto molto, quasi tutto, in un percorso condiviso. Il nostro non era un clan, era un grande gruppo di amici. Difficile catalogare i ricordi, come sarebbe mai possibile? Ce ne sono a centinaia, difficile anche fare una scelta".

Nessun rimpianto, se non quello di averlo perso per sempre. "Ma solo dal punto di vista fisico, perché Sinisa è sempre stato accanto a me e lo sarà anche adesso che non c’è più". C’è un lampo negli occhi di Mancini in una giornata così triste e devastante. Un pensiero improvviso, come se volesse allontanare il dolore o il pensiero che Mihajlovic non c’è più. "Sinisa mi ha fatto fare il gol più bello della mia carriera, come potrei avere dei rimorsi? Di tacco ne avevo fatti tanti altri, ma quello resta unico". Era il 17 gennaio del 1999, Parma-Lazio al Tardini: angolo di Sinisa, magia di Roberto, palla all’incrocio dei pali e abbraccione con Bobo Vieri, incredulo di fronte a tanta bellezza. "Oggi posso dire che è il più bello davvero" sussurra il ct che rende onore all’amico appena perso. C’era anche il gol di Napoli, al San Paolo, con la maglia della Samp ma l’emozione è diversa. "Non è giusto che una malattia così atroce si porti via un ragazzo di 53 anni. Sinisa ha lottato come un leone fino all’ultimo istante, come faceva in campo. Lo ricorderò per sempre così, tosto e coraggioso, le qualità per cui l’ho sempre voluto accanto a me".







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La pagina pubblicata dalla Gazzetta dello Sport del 15 luglio 2019 attraverso la quale Sinisa Mihajlovic ringrazia tutti coloro che gli hanno manifestato affetto e vicinanza dopo la notizia della malattia



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