Domenica 19 aprile 1998 - Vicenza, stadio Romeo Menti - Vicenza-Lazio 2-1

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19 aprile 1998 - 2.790 - Campionato di Serie A 1997/98 - XXX giornata

VICENZA: Brivio, Mendez, Dicara, Stovini, Belotti, Beghetto, Schenardi (72' Viviani), Di Carlo, Ambrosini, Zauli (83' Firmani), Luiso (91' Ambrosetti). A disposizione: Falcioni, Coco, Conte, Di Napoli. Allenatore: Guidolin.

LAZIO: Marchegiani, Negro, G.Lopez, Nesta (71' Marcolin), Grandoni, Fuser, Venturin, Jugovic, Gottardi (46' Rambaudi), R.Mancini, Casiraghi. A disposizione: Ballotta, Laurentini, Domizzi. Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Sig. Braschi (Prato).

Marcatori: 27' Zauli, 48' R.Mancini, 54' Luiso.

Note: ammoniti Di Carlo, Zauli, Luiso, Mendez, Firmani, Fuser, Jugovic, Nesta, Negro tutti per gioco scorretto. Calci d'angolo: 3-3.

Spettatori: 17.754 per un incasso di lire 619.045.050. Paganti 4.754 per un incasso di lire 135.040.000 ed abbonati 13.000 per una quota di lire 484.005.050.

La prima rete vicentina
Roberto Mancini scocca il tiro del provvisorio pareggio biancoceleste
Il gol-vittoria della formazione biancorossa
Giorgio Venturin

Fermate la Lazio, prima che arrivi in fondo al precipizio e si faccia male. Il Vicenza, per nulla fiaccato nel morale dopo la delusione londinese in Coppa delle Coppe, l'ha tritata per bene e poi incenerita, scoperchiando le false ambizioni e un preoccupante calo in campionato. Pur menomata in tutti i reparti per le assenze di Favalli e Chamot in difesa, Almeyda e Nedved a centrocampo e Boksic in attacco, la squadra di Eriksson merita poche attenuanti. In evidente disagio psicologico, con la testa unicamente rivolta alle Coppe (Italia e Uefa), la Lazio in campionato è una formazione in disarmo, priva di carica agonistica. Ieri ne ha approfittato il Vicenza, che molti si aspettavano tramortito dalla finale europea regalata al Chelsea della coppia Vialli-Zola e che invece ha tirato fuori una prestazione sontuosa, piena di furore atletico e di attenzione tattica. Attraverso un primo tempo stradominato e una ripresa fiammante, in cui la squadra di Guidolin è persino riuscita ad assorbire la botta del pareggio di Mancini e a riportarsi in vantaggio, i biancorossi si sono garantiti tre punti fondamentali per la salvezza. La Lazio è franata in difesa, dove l'ex Giovanni Lopez è sembrato il dodicesimo uomo del Vicenza. Male anche Negro, schierato per necessità da Eriksson sulla fascia destra, e insufficiente Grandoni sulla corsia opposta.

Nesta ha cercato di metterci una pezza, poi, spompato, è stato sostituito. Di fronte a tanto ben di Dio, Zauli e Luiso si sono divertiti come bambini al luna park. Nel primo tempo Zauli ha fatto girare la testa alla retroguardia laziale, mentre Luiso ha raccolto nella seconda parte quanto aveva testardamente seminato. Non potevano essere che loro, dunque, a condannare un'altra volta la Lazio: Zauli con un destro al volo su assist di Luiso (27', cross di Schenardi) e Luiso di testa (10' della ripresa) su un altro traversone pennellato da Schenardi. La prodezza di Mancini, fucilata dal limite all'incrocio dei pali, ha solo illuso i biancocelesti. Nemmeno il cambio operato da Eriksson nell'intervallo (Rambaudi al posto dell'inesistente Gottardi) ha migliorato la situazione. La Lazio non ha mai avuto la possibilità di impostare il suo gioco, soffocata a centrocampo dal pressing costante del Vicenza. Venturin e Jugovic sono risultati ben al di sotto dello standard abituale. Decisamente negativo Fuser, per non parlare di Casiraghi, che in tutto avrà toccato dieci palloni. Guidolin ha vinto la partita preparando ogni dettaglio.

La scelta di modificare l'assetto tattico difensivo della squadra, con Stovini libero staccato, Belotti e Dicara marcatori, Mendez e Beghetto sugli esterni ad assicurare copertura e spinta, è risultata felicissima. Non avesse trovato Marchegiani sulla sua strada, il Vicenza avrebbe potuto chiudere la gara già nella prima frazione. Tra sette giorni i veneti scenderanno a Bari per uno scontro-salvezza forse definitivo, mentre la Lazio riceverà il Parma all'Olimpico. Partita da vincere, visto che ci sarà pure Udinese-Roma, se Eriksson vorrà difendere almeno un posto in classifica.


La Gazzetta dello Sport titola: "Vicenza, bentornato in Italia. Persa l'Europa batte una Lazio che non c'è più con la testa. Con una prestazione stupenda i veneti ipotecano la salvezza contro una Lazio troppo sicura dei propri mezzi tecnici. E le distrazioni, alla fine, costano care agli uomini di Eriksson".

Continua la "rosea": La risurrezione è sempre improvvisa e stupefacente. Dopo la gloria sfortunata di Coppa il Vicenza assomigliava ad una salma memorabile in procinto di essere traslata al Pantheon e il servizio funebre spettava appunto alla Lazio, squadra romana. Invece, con una torsione prodigiosa, il Vicenza si è rialzato. Con una gara stupenda sul piano agonistico ha conquistato una vittoria che significa la salvezza. La gara è stata di vibrante intensità. La Lazio l'ha interpretata con un gioco confidenziale, ammiccante, troppo sicura della propria eminenza. Ha espresso, con i suoi stilisti, un calcio ornato, non profondo. La sua partita è stata intarsiata di distrazioni, di cui quella di Nesta, al 17' della ripresa, è emblematica. Il Vicenza, invece, che, trovandosi sul baratro, era spinto dall'orrore del vuoto, si è battuto fieramente. Ha schiuso la difesa laziale - la meno battuta del campionato - con un calcio polifonico, in cui spiccavano due interpreti di rango: Luiso e Zauli. Quest'ultimo, partendo da lontano, ricamava slalom sul prato e offriva palle deliziose, mentre Luiso guerreggiava con splendido furore ed esplodeva tiri da tutte le posizioni. Ma i due erano spalleggiati da una squadra aggressiva, ordinata, a posto anche sul piano atletico (una risposta magnifica a chi sostiene la tesi decadente che non è possibile sostenere due partite di grande intensità a distanza di tre giorni).

Così il Vicenza, più forte sul piano agonistico, ha vinto anche la sfida sul piano del gioco, riportando un successo di limpidezza cristallina. Nella giornata merita di essere segnalata la prova assai mediocre degli azzurri: non solo Nesta e Casiraghi, non in prefette condizioni, ma anche Fuser e Negro, che aspirano a un posto in azzurro, hanno deluso. La Lazio, in verità, era dimezzata: senza Favalli, squalificato, Nedved, Boksic, Almeyda, Chamot e Pancaro, infortunati. Eriksson, con 14 giocatori a disposizione, portava in panchina 2 ragazzi della Primavera. Nel Vicenza solo Baronio era indisponibile. Guidolin schierava la squadra secondo il 5-4-1, con una punta fissa, Luiso, che veniva affiancata da Zauli, che partiva da lontano. Mancini, lanciato da Jugovic, sprecava la prima palla-gol, sfiorando il palo da ottima posizione (9'). Ma quando il Vicenza premeva, la linea difensiva biancoceleste mostrava la durezza del talco. Zauli risultava immarcabile e Luiso imperversava con le sue esercitazioni balistiche. Su di lui Marchegiani prima salvava di piede in uscita disperata (12'), poi domava un colpo di testa assai pericoloso (15'). Ben presto il gol del Vicenza arrivava fatale e magnifico: cross di Schenardi, torre di Luiso e conclusione al volo di Zauli (1-0). Spettacolare e imparabile. La reazione della Lazio si esauriva con una punizione stupenda di Jugovic, che Brivio deviava con un guizzo felino (33'). Zauli e Luiso imperversavano. La Lazio pareggiava in avvio di ripresa: Casiraghi appoggiava a Mancini, che controllava e, da 24 metri, calibrava un destro superbo e il pallone, quasi fosse guidato dal laser, entrava in rete sfiorando il palo (1-1).

Luiso ristabiliva subito le distanze con un preciso colpo di testa su cross di Schenardi (2-1). Poi sfiorava ancora il gol. Braschi si ergeva a protagonista al 17': dopo un contrasto Luiso-Lopez, l'arbitro faceva segno di proseguire, Nesta, già ammonito, in trance agonica, raccoglieva con le mani la palla in area. Braschi, invece, di dare il rigore e l'espulsione, fischiava la punizione per il Vicenza. Guidolin dava in escandescenze sulla panchina. La gara diventava feroce sul piano agonistico - 9 ammoniti - ma era bella e appassionante. Braschi sorvolava su un mani di Dicara su tiro di Mancini. Invano Eriksson giocava il finale con la difesa a tre. L'unico vero rischio per Brivio veniva da Mancini, con una maligna deviazione di testa, ma il portiere riusciva a deviare con la punta delle dita. Vicenza esulta. La Lazio, invece, alla vigilia di due finali di Coppa, mostra dei segni di declino: ha preso un solo punto nelle ultime tre partite di campionato.


Da La Repubblica:

Riscossa Vicenza, la Lazio s'arrende. La Lazio, quella ammirata per un trimestre, non c'è più. A Vicenza aveva mille e un alibi, le assenze, gli squalificati, ma la squadra si è sparpagliata per il campo senz'anima, senza un'idea. Le era riuscito persino un evento per lei di questi tempi molto raro, il gol, arrivato casualmente con un tiro di Mancini all'inizio della ripresa e che riequilibrava a sorpresa il vantaggio meritato degli uomini di Guidolin. Ma a quel punto, ricompattata dalla fortuna, si è di nuovo persa, subendo un gol di testa, l'ennesimo di questi ultimi due giorni, ed era anche una rarità che prendesse due reti in una partita, l'ultima volta era stato ancora nella partita di Torino contro la Juventus nel girone d'andata. Ma al Menti anche la difesa, e soprattutto Nesta, sono apparsi in un periodo di sbandamento, mentre il centrocampo è stato timido e pigro, poco ha coperto e quasi nulla ha costruito, lasciandosi attraversare da Zauli come un deserto da un vandalo. E' male circoscritto questo della Lazio, trattasi da sindrome di disinteresse dallo scudetto? Forse, ma i segnali sono ormai ripetuti. La squadra ha prosciugato fino all'estremo la sua risorsa principe, il contropiede, la capacità di Mancini di inventare chance per i propri attaccanti, il tutto appoggiato alla tenacia e alla concretezza di Jugovic e di Venturin. A Vicenza sono anche spesso saltati i nervi, a testimoniare la congiuntura delicata. Nesta si è avvitato in una serie di discussioni con Zauli, dal quale era spesso saltato, Grandoni ha rischiato l'espulsione per un gesto di reazione su Schenardi.

Il Vicenza stava combattendo alla disperata, non gli si poteva chiedere l'aplomb del gentleman. Eppure era la squadra di Guidolin che veniva da una batosta, ma ha dimostrato di avere più voglia di vincere, di lottare, di fare quelle cose che servono per vincere una partita. La Lazio ne ha pochi di questi atout al momento. Eriksson alla fine era allarmato, aveva visto una squadra stanca, lui dice soprattutto mentalmente, ma non è neanche che le gambe siano granché toniche. Si è rivisto Mancini come salvatore della patria ma non è stato sufficiente. Casiraghi era chiaramente in condizioni non buone, la febbre l'aveva sfinito. A preoccupare, dal punto di vista laziale, è che cominci a cedere anche la quercia di Nesta. Il Vicenza ha avuto cuore, rabbia, corsa, in una miscela inaspettata dopo lo choc di Londra. Ma c'è stato un uomo su tutti che ha sconvolto la Lazio, è stato Lamberto Zauli, con la sua aria da lungagnone ciondolone, ma capace di grande dribbling e grande contrasto. Sono stati i suoi break in mezzo al campo a squilibrare la difesa della Lazio, a incrinare costantemente la trama del centrocampo. Un atleta con l'aspetto da mezzofondista finlandese, capace di difendere la palla, aggressivo, con una fame smisurata di duello. Ha preso per mano il Vicenza e l'ha portato alla vittoria: nella ripresa ha puntato chiunque gli si presentasse davanti, lo saltava, ne provocava il fallo e l'ammonizione, ha stranito così anche Nesta. Il vantaggio del Vicenza al 27' del primo tempo, il cross di Schenardi, Luiso faceva ponte di testa rimettendo al centro, entrava Zauli precedendo Lopez, il suo destro picchiava sotto la traversa ed entrava. Il resto del tempo era tutto vicentino, con una Lazio incapace di reagire.

All' inizio di ripresa il pareggio di Mancini (grazie anche a un'esitazione di Stovini che si allontanava dal laziale concedendogli la comoda battuta) e poi il nuovo vantaggio del Vicenza, ancora un cross di Schenardi, sul quale andavano a vuoto i centrali della Lazio, colpiva Luiso e in controtempo centrava l'angolo lontano di Marchegiani. C'è un episodio discusso a metà tempo: Nesta prende la palla con le mani perché non ha capito che l'arbitro ha fatto proseguire l'azione: il laziale era in area, e già ammonito, poteva essere rigore ed espulsione. La Lazio non trovava energie per risalire questo nuovo svantaggio, il resto del tempo era tutto del Vicenza, solo Mancini, con una deviazione di testa al 43', dava speranze vane ai compagni. E adesso le quarte in classifica a inseguire sono tre, e una di questa è la Roma, la Lazio ha paura ora di perdere tutto, non solo, ma di subire un sorpasso in extremis, che sentirebbe come una beffarda umiliazione.


Tratte dal quotidiano romano, alcune dichiarazioni post-gara:

Eriksson non parla ancora di crisi. Se la Lazio ha dimenticato come si vince in campionato la causa va ricercata sempre, a Brescia prima di Pasqua come a Vicenza, "nella sconfitta con la Juventus che ci ha fatto perdere la tensione psicologica giusta per credere fino alla fine al secondo posto in campionato". E' un problema di stimoli quindi "perché abbiamo appena conquistato la finale di Coppa Uefa e contro il Milan, nella finale di Coppa Italia, daremo tutto quello che abbiamo". In campionato però e con ancora quattro partite da giocare, a forza di scendere in campo deconcentrati e con le gambe molli, si rischia anche qualcosa: come anticipa lo stesso mister. "C'è il rischio di finire risucchiati, ma sarebbe davvero un peccato mollare proprio adesso, dopo l'ottimo campionato fin qui disputato. Sono preoccupato, e non voglio continuare a non vedere la Lazio vincere".

Tutto gira storto, insomma, non solo qualcuno, o un reparto in particolare. La difesa, ad esempio, che è sempre la meno battuta del campionato ma da due settimane a questa parte incassa almeno un gol a partita. No, le ragioni della sconfitta a Vicenza, ad esempio, sono altre. "Siamo stanchi a livello fisico - Nesta l'ho tolto perché non ce la faceva più - e a livello mentale, ma se in campo non si vince l'uno contro uno non si va da nessuna parte: soprattutto contro squadre affamate di punti preziosi per non retrocedere. A Vicenza, nessun giocatore della Lazio ha giocato com'è in grado di fare". Nell'intervallo, l'allenatore ammette di aver alzato un po' la voce "per dare la scossa". La Lazio è poi tornata in campo più aggressiva, ha pareggiato. Poi però, dopo il gol di Luiso, è tornata a farsi triste e sofferente. Se va avanti così, c'è il rischio che la Roma, dopo sei anni, la superi nel piazzamento finale in serie A. "E' presto per dirlo, noi comunque di obiettivi ne abbiamo tre, e non uno solo: la finale Uefa, quella di Coppa Italia e tenere il terzo posto". E' molto dispiaciuto anche Roberto Mancini. Ha segnato ancora, ma ciò non basta a dargli il buonumore.

"In campo ci troviamo, ma non ci crediamo più come un tempo. E' un momento difficile che dura ormai da quindici giorni, dalla sconfitta con la Juventus. Adesso comunque non è importante trovare chissà quali colpevoli, ma solo capire i nostri errori, ritrovare serenità e affrontare con decisione le ultime sei partite della stagione. A Vicenza volevamo vincere, ci ho creduto soprattutto dopo il nostro pareggio, perché confidavo in un passo falso di Juve-Inter. Invece, è andata in tutt'altra maniera". Un po' di serenità, ritrovare l'armonia perduta. E' questa, secondo Mancini, la chiave per superare le difficoltà. "Serve una scossa? E cos'è, cosa significa? Non è questo il momento di cercare colpevoli". Lopez l'ex di turno. E' a Vicenza in campo dal primo minuto. Non accadeva da tempo: soddisfatto? "Un po', mi sto riprendendo. Ho giocato una buona gara ma purtroppo non siamo riusciti a fare il risultato".


Dalla Gazzetta dello Sport:

Continua l'aprile nero della Lazio che in 5 partite ha raccattato due pari, e per fortuna uno è valso la finale di Uefa. Per il resto tre sconfitte, l'ultima ieri più che meritata. Una brutta Lazio che ha preso due gol, cosa che non accadeva in campionato da oltre 4 mesi e 18 turni, da Juventus-Lazio (2 - 1) del 6 dicembre, l'ultima sconfitta esterna della squadra di Eriksson prima della batosta del Menti. Altro clima invece nel Vicenza che ritrova la vittoria in campionato dopo 40 giorni e "vede" la salvezza più vicina. Eriksson non cerca attenuanti: "Loro hanno giocato per la vita, noi invece non inseguiamo più lo scudetto. E prima che nelle gambe abbiamo avvertito la stanchezza in testa. Capita quando non "vedi" più l'obiettivo. Dopo la sconfitta con la Juve, la squadra non è più la stessa. Le colpe sono di tutto il gruppo. Se tu non prevali nell'uno contro uno non puoi vincere poi la partita. Ho cercato di farlo capire ai giocatori nell'intervallo. E la reazione immediata c'è stata. Poi pero' abbiamo subito il 2-1 dopo 10' ed abbiamo riabbassato la testa". Eriksson si maschera e fa l'ottimista: "Sono convinto che domenica contro il Parma faremo una buona partita, per poi affrontare al massimo le due finali di Coppe. La Roma ha l'obiettivo di sorpassarci ? Ma noi stiamo meglio, in corsa ancora su tre obiettivi. Perché almeno il terzo posto lo vogliamo".

E sull'episodio del mani di Nesta? "Mi hanno detto che in effetti era in area, ma io non ho visto bene" dice Eriksson. La testimonianza di Lopez, festeggiatissimo dalla sua ex tifoseria, aiuta in parte a capire cos'è successo: "So solo che Luiso si è buttato e l'arbitro non ha fischiato alcun fallo mio. Il resto, dopo, non l'ho visto". Mancini ieri ha segnato il suo primo gol inutile per la Lazio: "Peccato. Perché dopo quel pari ho creduto di poter vincere. Un bel gol che non è servito, abbiamo giocato male. La sconfitta con la Juve ci ha tagliato le gambe". Guidolin è soddisfatto: "Una vittoria che ci dà morale. Ne avevamo bisogno. Un passo avanti verso la salvezza, ma ci servono ancora 4 punti. Ci fosse sfuggita ancora la vittoria, sarei andato a farmi benedire". Cos'è successo col quarto uomo? "Chiedo scusa. Ho sbagliato, ma ho visto i miei protestare in 10 attorno all'arbitro e ho perso la calma". Poi gli elogi: "I miei ragazzi hanno giocato il più bel secondo tempo della stagione. Hanno dato l'anima". Zauli, l'uomo-chiave della partita, sottolinea: "Al gol di Mancini, abbiamo avuto un attimo di smarrimento. Poi abbiamo reagito benissimo". Luiso, al suo diciottesimo gol stagionale, spiega: "Tutto il veleno che avevamo in corpo per la sconfitta immeritata di Londra, l'abbiamo sputato in campo. Marchegiani è stato bravissimo in più occasioni, ma non ha potuto nulla sul mio colpo di testa del 2-1. E mi dico bravo".




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