Pagina di prova RigorosamenteLazio
Cin cin, Cina. La Lazio brinda alla sua terza Supercoppa Italiana, rifilando all'Inter la prima Superbeffa della nuova stagione. Chiariamo subito che la squadra di Ballardini non ruba nulla, ma anche gli spettatori neutrali che affollano il Nido d'Uccello, un anno esatto dopo l'apertura dell'ultima Olimpiade, capiscono che gli uomini di Mourinho avrebbero meritato di vincere. Inutile la rete del camerunese: Inter sfortunata, ma ha subito un contropiede per il 2-0. Mai come stavolta le cifre parlano chiaro: 14 angoli a 5 a favore dei nerazzurri, come i tiri in porta (9-5) e ancor più quelli fuori (15-2), spesso da ottima posizione. D'altra parte, non c'era bisogno di volare a oltre ottomila chilometri da Milano e Roma per scoprire che l'Inter è molto più forte della Lazio. Di quella di Ballardini bravo a scartare i regali offerti dagli avversari, e di quella di Delio Rossi cui va riconosciuto il merito di avere guadagnato il biglietto per Pechino, vincendo la Coppa Italia dopo aver fatto fuori prima il Milan, poi la Juventus e la Sampdoria in finale. In Asia come negli altri continenti si gioca con una regola non scritta, accettata da tutti. Chi sbaglia, paga. E l'Inter sbaglia troppi gol, almeno 6, prima di sbagliare, due volte in 3', anche in difesa. Poi dopo la rete della speranza di Eto'o a un quarto d'ora dalla fine, non basta l'illusione del 2-2 perché quando Milito batte Muslera, il camerunese è in fuorigioco. Ormai la frittata è fatta e l'inno che suona alla fine non è quello della pazza Inter, ma della Lazio, che vola come un'aquila leggera sul palco per ricevere la coppa dal commissario della Lega Abete. Esclusa l'ipotesi della presunzione, rimane quella del suicidio di massa dei nerazzurri che piacciono per come sanno aggredire gli avversari, anche se poi non riescono mai a pungere come dovrebbero.
Per tre volte nel primo tempo con Eto'o, Muntari e Lucio, e altre tre nei primi 10' della ripresa, due con Stankovic e una con Eto'o, i campioni d'Italia falliscono il gol per imprecisione, per i miracoli di Muslera, o per sfortuna. Poi, però, dopo essersi fatta superare da un rimpallo su Matuzalem, una squadra come l'Inter non può farsi infilare così ingenuamente in contropiede. E allora è inutile la solita mossa della disperazione di Mourinho, che chiude con uno spericolato 4-2-4 in cui davanti a Vieira (al posto di Muntari) e Cambiasso si rivedono Suazo e Balotelli ai lati di Milito ed Eto'o. Le colpe superano i meriti e pensando alla nuova stagione l'Inter deve fare tesoro di questa sconfitta. In generale per capire che non basta essere più forte, almeno in Italia, per vincere un altro "titulo"; in particolare per ritoccare una squadra in cui troppi uomini sono fuori posizione. Come Zanetti a sinistra e Muntari a destra, inadeguati al ruolo come Stankovic che non può più fare il trequartista, o costretti a sobbarcarsi un doppio lavoro come Eto'o e Milito che giocano benissimo, ma quasi sempre da soli, perché i centrocampisti, Motta compreso, non li smarcano come dovrebbero. "Nel calcio vince chi gioca meglio, salvo eccezioni", aveva detto Ballardini alla vigilia. Ed eccola allora l'eccezione fornita dalla Lazio, che parte con Baronio davanti alla difesa, alle spalle di Matuzalem in linea con Brocchi e Mauri.
Ma la mossa vincente è un'altra: la partitona di Muslera, che para tutto come il miglior Julio Cesar. E dopo i suoi miracoli, arriva il bacio della fortuna che stampa sul volto di Matuzalem il pallone dell'1-0 respinto di piede da Julio Cesar sul tiro dello stesso brasiliano. Non è fortuna, ma abilità, invece, il contropiede avviato da Mauri che libera Rocchi, pronto a firmare con un splendido pallonetto del 2-0 della terza Supercoppa, nove anni dopo la seconda, sempre contro l'Inter. Una lezione di praticità, che di solito distingue le grandi, con una spruzzata di fortunata umiltà perché la Lazio ha il merito di aspettare che passi la bufera, senza vergognarsi della propria inferiorità tecnica. E soprattutto senza vergognarsi di saltare di gioia.