Domenica 17 gennaio 1965 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Messina 2-1

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17 gennaio 1965 - 17 - Campionato di Serie A 1964/65 - XVII^ Giornata

LAZIO: Cei, Zanetti, Dotti, Governato, Pagni, Gasperi, Mari, D'Amato, Galli, Christensen, Bartu. All. Mannocci.

MESSINA: Recchia, Garbuglia, Stucchi, Derlin, Ghelfi, Landri, Bagatti, Brambilla, Morelli, Gioia, Dori. All. Colomban.

Arbitro: De Marchi (Pordenone).

Marcatori: 5' Bartu, 50' Mari, 61' Gioia.

Note: giornata splendida, senza vento, cielo sereno; terreno in discrete condizioni. Ammoniti: Morelli e Stucchi. Lievi infortuni a Cei, Brambilla e Bagatti. Calci d'angolo: 2-1 a favore del Messina.

Spettatori: 25.000 circa con 13.600 paganti per un incasso di £. 11.500.000.

Pagni e Cei salutano l'ex compagno di squadra Recchia
Bartù porta in vantaggio la Lazio
da Il Calcio Illustrato
Il raddoppio di Mari dopo una bellissima azione individuale
da Il Calcio Illustrato
Gioia accorcia le distanze per il Messina
da Il Calcio Illustrato
Nel finale, il Messina sfiora il pareggio
da Il Calcio Illustrato

Ultima partita del girone d'andata e Lazio alla ricerca della sua quarta vittoria in Campionato che porterebbe i biancocelesti a chiudere a quota 15 la prima parte della stagione. Molti ex da una parte e dall'altra con i romani privi dello squalificato Carosi e i peloritani che al posto dell'indisponibile Benatti schierano Gioia. Passano appena cinque minuti e la partita si sblocca. D'Amato, con l'aiuto di Christensen, è lesto nel recuperare un corto rinvio di Garbuglia e a servire Bartu che si aggiusta il pallone e batte in uscita Recchia. Il Messina si spinge subito in avanti non riuscendo però mai a rendersi pericoloso. Al 20' Bartu sciupa con un tiro fiacco una bella azione corale dei compagni di reparto. Un salvataggio di misura di Garbuglia a spazzare la sua area precede il primo tentativo pericoloso dei siciliani. E' il 33' quando Cei esce molto bene sul lanciato Dori. Prima della chiusura del tempo bel tiro ad effetto di Bartu che per poco non inganna il portiere ospite.

Un'autentica prodezza di Mari a inizio ripresa porta la Lazio sul 2-0. Il piccolo marchigiano scende sulla destra saltando in rapida successione Stucchi, Landri e Ghelfi per poi infilare il pallone tra palo e portiere. Davvero una splendida gemma sul prato dell'Olimpico. E' il 50' e i biancocelesti insistono nei minuti successivi con il Messina letteralmente groggy. Ci prova prima Galli e quindi D'Amato, ma i tentativi non sortiscono effetto. E' il Messina allora a riprendere coraggio cambiando l'inerzia della partita. Soffre il centrocampo laziale e il leggero Governato schierato come mediano fa rimpiangere la tigna agonistica di Carosi. Grande intervento di Cei su colpo di testa ravvicinato di Bagatti. Poco dopo l'ora di gioco il Messina accorcia le distanze. Affannoso disimpegno di Galli in fase difensiva e pallone intercettato dal rapido Gioia che freddamente supera Cei da pochi metri. I siciliani credono allora nel pareggio e stringono i tempi trovando però sulla loro strada un Cei in grande giornata. Il portiere strappa applausi per un'uscita a valanga sui piedi dell'insidioso Dori e quindi si oppone con i pugni a una sberla di Bagatti. Alla fine, con qualche affanno di troppo, la squadra di Mannocci riesce a prendersi due punti d'oro per la sua classifica. Grande soddisfazione per il tecnico livornese per aver migliorato di un punto il risultato dell'anno precedente con Lorenzo in panchina.


La Gazzetta dello Sport titola: “Lazio: i due punti si chiamano Cei. Nell’infuocato finale il Messina (1-2) ha tentato il tutto per tutto”.

Roma - In vantaggio comodamente per due a zero, la Lazio ha corso il rischio di farsi raggiungere e il Messina, tutto sommato, non avrebbe commesso un furto se avesse ottenuto quel pareggio che ha inseguito sin dal 5° minuto del primo tempo. E' accaduto che dopo il secondo gol, messo a segno grazie ad una ben riuscita azione personale di quell'interessante giocatorino che è Mari, la Lazio si è seduta, convinta in cuor suo di arrivare al termine con il minimo dispendio di energie. Che la Lazio avesse poca voglia di correre si era visto sin dall'inizio: e siccome la squadra romana non ha nelle sue file fuoriclasse tali da “giocare seduta”, alla distanza si è “scucita” ed è stata costretta a ricorrere ad una difesa disperata con palloni spediti direttamente in tribuna per guadagnar tempo, con i ragazzini che impiegavano un secolo per tirar fuori, dalla buca che circonda il campo, il pallone, con infortunati fasulli per strappare al cronometro un altro po' di secondi, insomma una Lazio con il respiro corto mentre il Messina comandava il gioco attraverso una manovra piacevole e insistente. Vano è stato l'arrembaggio finale dei siciliani, perché, oltre alla scarsa qualità dei suoi attaccanti (altrimenti il Messina si troverebbe in ben altra posizione in classifica), c'è stato Cei a estrarre dal suo repertorio interventi da campione: memorabile tra l'altro una respinta a pugni chiusi su un fendente di Bagatti all'incrocio dei pali. Questa vittoria, arcipreziosa per la classifica dei biancazzurri, ha nome Cei: perché è stato il portiere nell'Infuocato finale, quando il Messina veniva sotto ad ondate successive avendo portato a sostegno dei mediani e degli attaccanti financo i terzini, a ergersi quale estremo baluardo, salvando il risultato.

Intendiamoci, la vittoria della Lazio non rappresenta un furto: e fino all'errore di Galli che ha consentito al Messina di dimezzare le distanze non era mai apparsa in discussione: piuttosto è la squadra romana che si è concessa, a vantaggio acquisito, qualche distrazione e il Messina ne ha approfittato. Poi è avvenuto quel che di solito si verifica quando una squadra che sta conducendo sul velluto sente alla nuca il fiato dell'avversaria: le cose si complicano, l'orgasmo subentra alla calma, un certo nervosismo annebbia le idee, mentre l'altra squadra cresce avendo tutto da guadagnare nel suo disperato arrembaggio. Per l'una e per l'altra questo incontro rivestiva una notevole importanza: quando si incontrano compagini della zona bassa delta classifica, ogni partita viene ad assumere carattere di spareggio. La Lazio ha vinto e questa è la risultanza più importante del commento. Rispetto alle precedenti prestazioni però la squadra di Mannocci è apparsa meno vivace, meno aggressiva, meno duttile e manovriera: la giornata non molto brillante di Governato, che ne è l'elemento-chiave, ha senza dubbio contribuito la sua parte, così piuttosto scarse sono le indicazioni positive fornite dal settore di centro campo che solitamente è quello ove la Lazio riesce a sviluppare un rilevante e ordinato volume di gioco. Christensen, che rientrava dopo lunga assenza, ha denotato una maggiore tenuta alta distanza dopo un avvio incerto: Galli è apparso abbastanza in palla sino all'errore che ha provocato il gol degli ospiti, poi ha accusato qualche battuta a vuoto: Bartù e D'Amato due incognite: il turco ha realizzato la prima rete, un bel gol per freddezza e precisione, poi si è tirato da parte vivendo di rendita; D'Amato si muove bene, ha uno scatto bruciante, ma gioca ancora di puro istinto. Il Messina, disposto razionalmente da Colomban, è stato trafitto dopo appena cinque minuti: di conseguenza è stato costretto ad assumere l'iniziativa per raggiungere il pareggio, esponendosi fatalmente all'insidia del contropiede.

E proprio su contropiede la Lazio ha messo a segno il secondo gol. Sul piano collettivo la squadra piace: la manovra è pulita, le azioni vengono impostate con un certo criterio, la prima linea, però, è un po' gracile nel tiro ma è aggressiva, viva, pugnace. Un Messina che accusa qualche sbandamento nei settori arretrati e che sembra un po' troppo “confidenziale” e ingenuo allorquando va all'assalto: allora saltano i collegamenti ed è facile per l’avversario puntare a rete. La Lazio, non dimentichiamolo per obiettività, ha passato un quarto d'ora, quello finale, terribile, ma come al solito aveva balordamente fallito tre o quattro grosse palle-gol. Sul piano individuale nel Messina le prestazioni di maggior risalto sono state fornite da Ghelfi, Derlin, Gioia e Morelli. Tranne qualche scontro dovuto a vicende di gioco, la partita è stata esemplare e Carminati l'ha portata in porto con disinvoltura, Un arbitraggio, il suo, encomiabile sotto ogni aspetto.

Racconto dei tre gol: forcing della Lazio e subito arriva il gol (5'): Garbuglia pasticcia, D'Amato svelto come un furetto gli soffia il pallone e lo porge a Bartù; scatto ondeggiante del turco, finta sul “libero” Landri e nulla da fare per Recchia, trafitto mentre tenta l'uscita. Raddoppio al 50': attacco del Messina e contropiede laziale: da Zanetti a Christensen che lancia stupendamente Mari: il ragazzo, in velocità, salta Garburglia, evita Landri, si accosta a Recchia e lo infila in diagonale. Molto bello! Dimezza il Messina al 61': azione confusa sotto la porta di Cei: Galli intercetta, anziché liberare deciso, pensa di appoggiare su Gasperi, senonché quello retrocede nello stesso istante. Risultato: sfera a Gioia che sfrutta il “regalo” battendo Cei da distanza ravvicinata. Quindi il forcing del Messina, le parate di Cei e la fine accolta con un boato di... liberazione dei trentamila… presenti, con larga percentuale, manco a dirlo, di “sbafatori”.


► Nota: Il goal di Alberto Mari è erroneamente attribuito, sull'Almanacco del Calcio 1966, a Vito D'Amato. A causa di questo refuso, diverse classifiche complessive delle reti in Serie A realizzate con la maglia della Lazio riportano 7 gol per il primo, 13 per il secondo. La classifica corretta assegna 8 goal ad Alberto Mari e 12 a Vito D'Amato.