Domenica 5 gennaio 1997 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Milan 3-0

Da LazioWiki.

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Campionato Italiano di calcio Divisione Nazionale Serie A 1996/97 - 15ª giornata - Lazio-Milan 3-0

LAZIO: Marchegiani, Negro, Fish, Grandoni, Favalli, Fuser, Baronio (82' Venturin), Nedved, Rambaudi, Casiraghi, Signori (75' Chamot). n.e. Orsi, Gottardi, Franceschini, Marcolin, Buso. All. Zeman.

MILAN: S.Rossi, Reiziger, Desailly, Baresi II, Panucci (67' Coco), Eranio (58' Dugarry), Albertini, Ambrosini, Davids (58' Blomqvist), Savicevic, R.Baggio. n.e. Pagotto, Vierchowod, Locatelli. All. Sacchi.

Arbitro: Sig. Treossi (Forlì).

Marcatori: 22' Signori, 45' Casiraghi, 55' Grandoni.

Note: ammoniti Signori, Baronio, Desailly, Grandoni, Nedved, Albertini. Calci d'angolo: 6-9.

Spettatori: 38 mila circa, dei quali 11.909 paganti per un incasso di lire 419.535.000 (abbonati 26.371 per una quota di lire 805.588.000).

Una fase della gara
Una fase della gara
Signori supera Rossi e mette dentro il pallone che sblocca l'incontro
Lo splendido goal di Casiraghi
Signori supera Rossi e realizza

La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio cammina sul Milan. Sacchi sommerso dai gol e da una sentenza: la squadra s'è dissolta. La Lazio si è presentata corta, concentratissima e atleticamente di un'altra categoria. Il Milan invece ha mostrato pecche ovunque: in attacco (Baggio e Savicevic non si passano mai la palla), in difesa e a centrocampo".

Continua la "rosea": Tabarez e Sacchi, Roma e Lazio. Cambiando l'ordine degli addendi all'Olimpico il risultato è sempre lo stesso. Tre a zero. Con i rossoneri ancora più mortificati di quanto non accadde quasi tre mesi fa. La lezione di Zeman è durissima: la Lazio è perfetta, come da tre anni le capita con i campioni d'Italia uscenti. 4 - 0 al Milan, 4 - 0 alla Juve, 3 - 0 stavolta, firmato Signori, Casiraghi e Grandoni, nel segno d'una continuità e d'un ricambio generazionale in atto. Quanto al Milan, l'attenuante assenze è relativa. Non ci sono più né testa né gambe. E c'è di nuovo Sacchi ma non si sa ancora quale. Se il primo o l'ultimo. Signori è in campo dall'inizio. Un colpo di scena provvidenziale, dettato da cause di forza maggiore. Il febbrone col quale è finito k.o. Protti, buon ultimo d'una serie di accidentati che tolgono al match una... intera formazione di calcio. Da Cudicini a Protti, passando per Nesta, Okon, Piovanelli, il panchinaro Chamot (causa influenza), e poi, sull'altro fronte, pezzi da novanta come Weah, Maldini, Boban, Simone, oltre a Tassotti. Un "undici" quasi da Champions League. C'è dunque curiosità per vedere come Lazio e Milan si potranno arrangiare: Zeman e Sacchi non derogano ai moduli tattici tradizionali (4 - 3 - 3 contro 4 - 4 - 2), ma è più d'uno il reparto da reinventare. La difesa della Lazio, con Negro che rientra da un lungo infortunio, due centrali fatti in casa come Grandoni e Fish (sì, anche il sudafricano) e a sinistra un rigeneratissimo Favalli. L'attacco del Milan, con la strana coppia Baggio - Savicevic. Ci vuol poco a capire che non funzionano, nonostante l'impegno. Non si passano mai la palla, Baggio sparisce dopo venti minuti, Savicevic alterna cose discrete a scelleratezze. La Lazio non è spregiudicata ma corta, votata al pressing, concentratissima. E atleticamente d'una altra categoria. Il Milan mostra un paio di movimenti che profumano del primo Sacchi, ma sono sensazioni d'un attimo.

La difesa, blindata sui centrali Desailly e Baresi, fa acqua a sinistra dove s'improvvisa Panucci, e anche a destra Reiziger non da grande affidamento. Ti aspetti che il Milan prenda in pugno la partita almeno a centrocampo, ma nonostante il prodigarsi di Albertini, il nome emergente è quello di Baronio. La Lazio aspetta il Milan che è lungo, troppo lungo. E colpisce in contropiede. L'1-0 è una stilettata dopo 22' di studio: magistrale la giocata di Casiraghi, Signori fila come un treno in mezzo, dove Desailly è in ritardo. Rossi è scartato, gol di classe, con susseguente show ad uso e consumo della curva. La reazione del Milan si esaurisce in un bell'assist di Ambrosini (che contra bene Nedved) per Savicevic, il cui sinistro in corsa è appena largo. Le occasioni del Milan, Panucci che depone tra le braccia di Marchegiani, Ambrosini che lo impegna ben più severamente dopo l'azione più bella (Baresi - Savicevic - Ambrosini) sono comunque frutto di un lavoro elaborato. Faticoso. La Lazio è invece in porta con due passaggi: capita con Baronio - Signori (33') e Rossi si salva dal pallonetto per quanto è lungo, riuscendo anche a restare dentro la propria area di rigore. Ricapita con Rambaudi - Casiraghi (ma l'assist iniziale è di... Savicevic) ed è il gol della domenica insieme a quello di Djorkaeff. La sforbiciata di Casiraghi, che poco prima s'era quasi rovinato la faccia su un cartellone pubblicitario, è da antologia (44'). L'intervallo arriva a proposito, per il Milan, come il gong del pugilato. Il Sacchi che scivola negli spogliatoi ha un'aria davvero groggy. Cerchi un altro Milan nella ripresa. E non lo trovi. Non trovi nemmeno Sacchi che impiega un quarto d'ora prima di levare gli straniti Eranio e Davids (sulle fasce è stata tutta una moria rossonera) per provarci con Dugarry (ad arretrare è Savicevic) e Blomqvist. Solo che nel frattempo la Lazio è andata sul 3-0 e la partita è finita.

Stavolta il contropiede non c'entra nulla: sul corner di Fuser (13') sbaglia Ambrosini e inganna Rossi, sì da consentire a Grandoni (19 anni, primo gol in A, anzi da professionista, futuro da vip) il colpo di testa alla maniera di Casiraghi. Milan liquefatto, Lazio come le capita quando è ispirata. Irresistibile. Ci potrebbe scappare il 4 - 0, ma Rossi non è d'accordo. Zeman si toglie pure uno sfizio: fuori Signori, dentro Chamot. E Lazio col 5 - 3 - 2. Inaudito!


Dal Corriere della Sera:

Tre schiaffi alla vanità dell'Arrigo e appena venti minuti di partita vera. Il Milan affonda all'Olimpico, sempre più distante dai picchi di calcio totale che provo' a ripristinare quaranta giorni fa inalberando Sacchi. Il Milan vede nella rappresentazione zemaniana lo specchio delle proprie brame, come collettivo quanto meno definito, fraseggi veloci, barriera elastica di rubapalloni per stringere gli spazi e favorire capovolgimenti decisivi all'attenzione del tandem Signori - Casiraghi. E se la Lazio capitalizza presto certi sviluppi offensivi, dipende subito dallo scatenato Beppegol, schierato all'ultimo momento (Protti febbricitante) quasi per aggiustare i conti dei suoi trascorsi azzurri, quando comandava l'Arrigo. Bastano poco piu' di venti minuti d'assembramenti centrocampistici e di reciproca applicazione del fuorigioco, fatto scattare nella presunzione zonarola che nessuno scattista presente in campo sappia approfittarne. Ma il tridente biancoceleste è in agguato dietro gli errori propositivi di Eranio, Ambrosini, Davids e Albertini, che semplificano i problemi distributivi del centrale Baronio, o i raddoppi esterni Negro Rambaudi, o gli spostamenti ovunque dell'imprendibile Casiraghi. Proprio Casiraghi diventa la base di lancio per valorizzare l'agilità esecutiva del partner avanzato, mentre mezzo reparto arretrato milanista sta salendo a caccia d'illusioni. Passaggio filtrante e Signori spalanca la falcata, semina il monumentale Desailly, evita Rossi, pianta perfettamente coordinato il suo sigillo.

Povera impalcatura rossonera, abbattuta in un amen e arrangiata nell'emergenza tirando dietro Desailly. E' la notte del risveglio degli attaccanti laziali e dunque non affiorano le risapute contraddizioni sopra il copione zemaniano, dove gli snodi spettacolari assimilano d'incanto l'auspicata praticità. Si, attirata dall'operazione sorpasso sul Milan arruffone (e sui romanisti a picco), questa Lazio macina gioco, sfreccia e trattiene una superiorità corale e individuale difficilmente vanificabile. Perciò, mentre Savicevic latita (giusto un paio di esecuzioni disinnescate da Marchegiani) e Robi Baggio risulta solista estraneo alla sofferente comunità rossonera, nessun incursore molesta davvero l'accoppiata Grandoni - Fish, anche quando nell'inseguimento al rischiatutto scintilla intermittente l'orgoglio dei vecchi mestieranti milanisti. Che vanno in tilt ancora una volta prima dell'intervallo, causa un dribbling sbagliato di Savicevic, utile per innestare Rambaudi, il suo cambio di marcia, la palombella susseguente, destinatario Casiraghi, liberato per la finalizzazione splendida al volo. Doppio palo, rete e la sfida a senso unico prosegue attorno al senso distributivo di Baronio, fra propulsori fissi in gran spolvero (Fuser, Nedved) e squassanti variazioni aggiuntive determinate dai tagli di Favalli e dalle sovrapposizioni Rambaudi - Negro lungo la corsia dei fantasmi Davids - Panucci. Beh, concesse le attenuanti causa le numerose assenze, quello sacchiano è un laboratorio sottosopra, ancora tutto esperimenti; e, bloccato Albertini, manca pure lo spunto realizzativo dell'artista utile ad alleggerire mortificanti problemi di coesione. La Lazio spopola, travolge sbarramenti di cartapesta come capitava nei migliori periodi zemaniani.

Insomma, dimenticate alcune sbavature d'avvio e sepolto il velleitarismo sacchiano, ai biancocelesti più tonici e ora sempre primi su qualsiasi pallone, non resta che triplicare. Potrebbe accadere negli ormai facili arrovesciamenti contropiedistici e invece la soddisfazione arriva su situazione inattiva, allorché il baby Grandoni, esemplare nel contenimento, scintilla pure dall'altra parte, saltando al posto di Ambrosini sul corner - Fuser. E' la deviazione di completamento, che nel prosieguo Sacchi rischierà addirittura la quaterna (passivo che un'altra Lazio rifilo' al suo nemico Capello) ricavando nulla dalla girandola degli avvicendamenti. Lezione bruciante comunque servita da Zeman in lungo e in largo, forse per rialzare le quotazioni laziali nel campionato dei gamberi.


Tratte dalla Gazzetta dello Sport, alcune dichiarazioni post-gara:

Torna il sorriso in casa Lazio. Era dal 20 ottobre scorso che la squadra di Zeman non riusciva a vincere all'Olimpico, e ieri sera lo ha fatto nella maniera migliore. E così è mantenuta la sana tradizione che vuole sempre battuti a Roma dalla Lazio di Zeman i campioni italiani in carica: al Milan è toccato due volte, nell'altra, in mezzo tra le due, la vittima è stata la Juventus. Nella serata dei tanti protagonisti ce ne sono due giovanissimi, di quelli che il pubblico romano ha imparato a coccolare: Baronio e Grandoni. Quest'ultimo ha addirittura segnato il primo gol da professionista, a soli 19 anni. "Un'emozione incredibile - racconta il ragazzo di Terni -, sul calcio d'angolo solitamente non scendo nell'area avversaria. Invece ho sentito qualcosa dentro, e ho chiesto a Fish di rimanere indietro. Quella palla calciata da Fuser mi è proprio caduta in testa e non potevo far altro che spingerla dentro. Poi non ho capito più nulla e sono corso verso la curva. Peccato, solo adesso sto riflettendo sul fatto che quell'ammonizione mi costerà un turno di squalifica. Mi dispiace per la squadra, visto che domenica mancheranno a Verona Chamot e Fish impegnati con la nazionale, e anche Nesta che ancora non sta bene. Però resta l'ammonizione più bella per me". Da un gioiello all'altro: Baronio ha ricevuto alla fine anche i complimenti di Di Matteo, suo predecessore in quel ruolo: "Sono molto soddisfatto per la mia prova, ma soprattutto per quella di tutta la squadra. Siamo stati bravi tutti, stiamo molto bene fisicamente e la nostra superiorità sul Milan credo sia nata proprio da lì. La giocata che mi è piaciuta di più ? Il lancio a Signori nel primo tempo, Beppe aveva fatto anche un pallonetto delizioso, ma purtroppo Rossi c'è arrivato. Comunque questo è un successo che ci dà grande morale per continuare a risalire. Abbiamo dimostrato di avere i mezzi per tornare fra le prime in classifica".

Come sembrano lontane le polemiche dei giorni scorsi: è bastata una bella prova per mettersi alle spalle tante sterili discussioni. E dire che quel Signori, decisivo nello sbloccare il risultato, forse non avrebbe nemmeno giocato, almeno dall'inizio, se Protti non fosse stato messo k.o. dall'influenza. Già in mattinata, Zeman si era tolto ogni dubbio sul tridente d'attacco da schierare. Nella notte infatti Igor Protti è stato colto da un fulminante attacco influenzale. All'ora di pranzo, vista la febbre alta, il medico Claudio Bartolini decideva di mandare a casa l'attaccante, rimasto profondamente sfiduciato: "Non so più cosa fare con la sfortuna che mi perseguita - si è sfogato il ragazzo di Rimini - puntavo molto su questa partita, in settimana mi ero allenato molto bene. Ma quest'influenza mi ha rovinato. Sono veramente giù, non so cosa pensare". Per cercare di esorcizzare la fase negativa, in settimana Protti era anche andato a cena con un amico mago, che in passato lo aveva a suo modo aiutato a Bari, ma stavolta non è bastato. E dire che Protti, probabilmente, avrebbe giocato titolare al posto di un Beppe Signori non al meglio, che però non ha mancato l'appuntamento con il gol, esaltando una curva che ha fatto un vero boato quando il biondino è stato annunciato in formazione. La controprova non c'è stata, e non l'ha data nemmeno Zeman: "Non ho detto che Beppe non avrebbe giocato, anzi lo avrei schierato comunque. Soltanto che non era al meglio e non poteva esserlo con soli tre giorni d'allenamento". Ma stasera contano solo i gol, e quelli li fa Signori. Chiamiamolo poi cannoniere o leader, poco interessa ai tifosi.


Largo a Beppe Signori che evita ogni polemica, gli basta aver giocato e segnato il resto è tutto dimenticato: "Mi dispiace per la febbre che ha colpito sabato sera Protti. Igor ci sarà rimasto male, a chi non piace giocare partite prestigiose come queste ? Non so se mi sarebbe toccato scendere ugualmente in campo. C'ero, tanto mi basta. Sono contento per me e per la squadra, una vittoria tonificante, che ci dà fiducia. Però non facciamo programmi, c'è da migliorare: viviamo alla giornata e basta. Mi rassicura il fatto di aver veduto a tratti la Lazio dell'anno passato: veloce, decisa, attenta e motivata. Non entriamo più nel discorso delle polemiche e dell'allenatore, non accetto questo discorso, è chiuso. Voglio tenere lontana ogni polemica, non giova a nessuno stare qui a fare battute inutili. Mi sta bene solo aver giocato ed avere anche segnato. Avrei potuto farne un secondo di gol, ma purtroppo mi è capitato davanti quel Rossi che è alto più di 1,90 ed è riuscito a bloccarmi. Le proteste ? No, non pensavo alla parata fuori area, ma protestavo perché avevo preso un colpo, tutto qui". C'è anche l'ammonizione sul gol che è stata curiosa perché il giocatore si è tolto la maglia per festeggiare, e sotto ne aveva una uguale, sempre con il numero undici. Ma l'arbitro è stato inflessibile. "Ne avevo due per proteggermi dal freddo". Casiraghi pensa ai prossimi impegni: "Quella di Verona, domenica prossima, diventa una partita decisiva. Vincere significherebbe presentarsi alla sfida con la Juve ancora più motivati e pronti a giocarci le nostre carte". Ma l'attaccante della nazionale ritorna anche sulla polemica, leader si, leader no: "Nel calcio moderno ognuno deve essere leader di se stesso. Io ho 27 anni e non mi occorre certo qualcuno che mi dia degli esempi, so bene come comportarmi per dare sempre il massimo, e mi pare che spesso ci riesca. Poi avete visto Grandoni ? Un ragazzo eccezionale, a meno di vent'anni ha già una grande personalità". A parlare del futuro e del passato ci si dimentica per un momento il presente: "Già, il gol. In effetti quando il pallone colpisce i due pali, di norma finisce fuori". Un'osservazione da giocatore di biliardo? "Sì, ma da modestissimo appassionato". Decisamente se la cava meglio con il pallone.