Domenica 27 gennaio 1980 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-Inter 0-0

Da LazioWiki.

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27 gennaio 1980 - 2029 - Campionato di Serie A 1979/80 - XVIII giornata

LAZIO: Cacciatori, Pighin, Citterio, Wilson, Manfredonia, Zucchini (78' Manzoni), Garlaschelli, Montesi, Giordano, D'Amico, Viola. A disp.: Avagliano, Todesco. All. Lovati.

INTER: Bordon, Baresi (I), Oriali, Pasinato, Canuti, Bini, Caso, Marini, Altobelli, Beccalossi, Ambu. A disp.: Cipollini, Pancheri, Occhipinti. All. Bersellini.

Arbitro: D'Elia (Salerno).

Note: cielo sereno con vento. Ammoniti Canuti, Garlaschelli e Zucchini. Antidoping negativo. Calci d'angolo 10-4 per l'Inter.

Spettatori: 54.061 di cui 13.121 abbonati per un incasso di £. 178.074.300.

Baresi e Giordano ricevono un premio
(Foto Valentino Prestano)
Baresi e Giordano premiati
La cronaca della gara
Giordano in azione
Manfredonia tenta la rete di testa
Il libero Bini in azione

Un'Inter modesta contro una Lazio timorosa e impacciata: è nato uno 0-0 che ha deluso i sessantacinquemila spettatori accorsi al richiamo di una gara che prometteva molte emozioni. Dire che il gioco è stato turbato dal vento, come ha fatto Bersellini, è ricercare una attenuante che non ha senso. Il vento c'era per tutti. Bisognava adattarsi. Invece l'Inter, che doveva dettare il gioco dall'alto della sua classifica, si è limitata a controllare una Lazio, scossa nel morale per le tante traversie vissute in settimana, fragile nella manovra, forse anche sbagliata per i recuperi troppo frettolosi di Garlaschelli e di Zucchini.

Che l'Inter debba amministrare il suo vantaggio sulle inseguitrici è cosa nota. Rischiare avendo cinque punti in più (ora sono soltanto quattro, ma in media inglese la situazione rispetto al Milan è rimasta invariata) potrebbe essere un errore. Ma c'è modo e modo di giocare con prudenza. Bersellini invece ha disposto la sua squadra con due punte isolate in avanti, con Beccalossi di rilancio, con Marini e Caso appostati sulla linea dei mediani. Aveva affidato a Pasinato il compito di seguire Zucchini, ed i due si annullavano a vicenda. Con Pasinato più difensore che propulsore, la squadra ha perso la spinta utile per fare breccia. Inutili i personalismi di Beccalossi.

Altobelli era marcato da Manfredonia, che non concedeva spazi, Ambu aveva come controllore un Pighin modesto, ma attento. Non sarebbe stata neppure necessaria tanta efficacia, data la scarsa vena di Ambu. Dietro prudenza assoluta. Oriali terzino è un ripiego. Oriali è un valido mediano di spinta. Bloccato in zona perde slancio, rinuncia alla sua dote migliore che è l'invenzione. Non diciamo di aver visto un'Inter «a riccio», ma un'Inter molto prudente si. Tanto che non si è registrato neppure un tiro in porta da parte dei nerazzurri. Non è che la Lazio abbia fatto meglio. Ha giocato di più. Forse ha spostato l'asse della manovra qualche metro più avanti rispetto agli avversari, ma i meriti attuali della squadra romana sono pochi. Ha Wilson sempre attento, un Manfredonia combattivo, Citterio è valido in zona d'attacco (favorito dall'arretramento di Caso), attento Pighin a guardia di Ambu.

La scelta di Zucchini aveva fatto pensare ad una Lazio spavalda, invece Lovati portava Viola in zona di copertura, rinunciando al vantaggio. La delusione più grande è venuta da D'Amico. Il regista laziale ha tentato qualche assolo, ma i suoi tentativi di tiro da lontano sono stati un fallimento, come nullo o quasi è stato l'apporto di Garlaschelli. Giordano ha avuto qualche spunto efficace, ma si è perso in personalismi assurdi. Volendo fare tutto da solo ha sbagliato molto. Non ha fiducia nei compagni? Bisogna che Lovati sappia richiamare il centravanti. Così il suo apporto al gioco è troppo scarso.

Che la Lazio abbia attaccato di più non significa affatto che abbia meritato più dello 0 a 0. L'Inter volutamente non ha rischiato. Forse Bersellini sa che i suoi uomini stanno attraversando un momento difficile e si accontenta di continuare la marcia amministrando con saggezza il largo vantaggio. In attesa di tempi migliori. Se ne trae l'impressione che la squadra non sia forte come qualcuno vorrebbe far credere. E' la migliore di un lotto composto da troppe mediocrità. E' la prova che la crisi del calcio italiano è profonda. Non si può neppure parlare di partita difficile.

La Lazio confermava ben presto i suoi peccati: gioco senza idee all'attacco, molta grinta, ma scarsa vena a centrocampo, determinazione in difesa. Sarebbe bastato insistere per ipotecare l'intero risultato. L'Inter invece ha volutamente rinunciato. Ha ottenuto quanto desiderava, ma ha deluso anche i suoi tifosi. Quando si è in testa alla classifica bisogna dimostrare di meritare il posto. Il piccolo gioco non si addice alle grandi squadre. L'Inter vista ieri a Roma ha speculato sul risultato. Ha rischiato anche di vincere. E avrebbe vinto se Ambu non avesse tardato nell'unica occasione da gol creata nella partita.

I giudizi del dopo partita, raccolti fra laziali e interisti negli spogliatoi dell'Olimpico, sono apparsi perfettamente in linea con il tono dimesso del confronto sul campo. Ha colpito soprattutto il silenzioso sfollamento del pubblico fra il quale si notavano tante facce deluse. Solo a Bersellini la partita è piaciuta. L'affermazione ha lasciato di stucco i giornalisti: «Ho visto una buona gara - ha dichiarato l'allenatore interista - un vento fastidioso non ha consentito certe manovre. I tiri in porta sono stati pochi perché le due difese sono state molto attente. La squadra mi è piaciuta più nel primo tempo quando ha giostrato avanti di dieci metri. Il risultato è giusto. Mi è sembrato saggio non scoprirci troppo. Sarebbe stato assai seccante prendere un gol in contropiede. In fondo siamo soddisfatti stiamo rispettando alla perfezione la media inglese». La teoria di un'Inter che mira solo al sodo e meno allo spettacolo, cercando di accontentarsi anche del traguardo minimo senza correre rischi, è stato praticamente il tema principale intorno al quale si sono sviluppati i monotoni commenti dei giocatori. Ne è parso convinto anche Sandro Mazzola: Con questa classifica un punto fuori casa ci sta bene. Non è stata un'Inter brillante, ma assai brava nel gioco utilitaristico. Il vento e il terreno sconnesso hanno condizionato la partita.

Meno soddisfatti sono sembrati i Laziali i quali, pur ammettendo che il pareggio contro la prima in classifica, non era un risultato da gettar via, hanno avanzato qualche recriminazione: Potevamo vincere - ha detto convinto il capitano Wilson - alla resa dei conti, i più contenti sono stati loro. Bordon è stato assai più impegnato di Cacciatori. Comunque mi pare che l'Inter sia maturata sul piano dell'esperienza. Lo scudetto non dovrebbe sfuggirle. Il presidente Lenzini è entrato nello spogliatoio biancoceleste con il volto un po' tirato: Non volevo venire allo stadio - ha dichiarato con voce bassa - il pubblico mi ha applaudito, mi vuole bene. In questi giorni sono state messe in circolazione tante chiacchiere. Risponderò nella sede competente. L'Inter si è rivelata una squadra molto forte, ma potevamo tranquillamente batterla. La Lazio è viva così come lo è il suo presidente.

Il tono polemico di Lenzini si riallacciava ad una vicenda che va assumendo toni sempre più clamorosi. Ci sarebbe in ballo un debito di 800 milioni reclamato dall'ex consigliere Tiberio Marini il quale avrebbe ricevuto in garanzia il pacchetto azionario della Lazio. In teoria, se le cose stanno come afferma il signor Marini, lui stesso potrebbe diventare il presidente del club biancoceleste. L'allenatore Lovati, dopo aver elogiato l'Inter, intelligente nel chiudersi per amministrare la gara, ha avuto qualche parola di rimprovero verso i suoi giocatori: Siamo mancati a centrocampo dove è emersa la nostra incapacità di aggredire gli avversari. La squadra di Bersellini si chiude bene, non ti fa giocare. Io avevo impostato la partita per vincere, ci speravo. Non sono quindi molto soddisfatto. Una battuta ironica di D'Amico ha completato il panorama dei laziali velato da un leggero disappunto: «Certo che sono più contenti loro, hanno fatto un bel catenaccio. Non era facile creare gioco».

Fonte: La Stampa