Sabato 2 maggio 1998 - Lecce, stadio Via del Mare - Lecce-Lazio 1-0

Da LazioWiki.

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2 maggio 1998 - 2.793 - Campionato di Serie A 1997/98 - XXXII giornata

LECCE: Lorieri, Sakic (81' Viali), Cyprien, Bellucci, Annoni, Cozza (84' Govedarica), Piangerelli, Giannini, Casale, Atelkin (74' De Francesco), Palmieri. A disposizione: Aiardi, Baronchelli, Costantino, Iannuzzi. Allenatore: Sonetti.

LAZIO: Ballotta, Grandoni, Negro, G.Lopez, Favalli (67' R.Mancini), Gottardi (61' Nedved), Fuser (46' Venturin), Almeyda, Marcolin, Casiraghi, Rambaudi. A disposizione: Marchegiani, Nesta, Laurentini. Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Sig. Tombolini (Ancona).

Marcatori: 43' Palmieri.

Note: al 93' Lorieri para un calcio di rigore battuto da Marcolin. Espulsi: Annoni all'86' per doppia ammonizione e Cyprien al 92' per fallo da ultimo uomo. Ammoniti: Giannini per proteste e Lopez per gioco scorretto. La Lazio ha giocato con il lutto al braccio per commemorare la memoria della madre del Presidente Sergio Cragnotti recentemente scomparsa. Calci d'angolo: 3-12.

Spettatori: 1.827 paganti per un incasso di lire 51.495.000; 6.671 abbonati per una quota di lire 166.707.780.

La rete-vittoria dei pugliesi
Dario Marcolin in azione

Ancora una brutta figura per colpa d'un Lecce già retrocesso, ma stavolta Eriksson metabolizza subito il terzo dispiacere consecutivo in campionato (quarta sconfitta negli ultimi cinque turni), assicurando che i laziali pensano ormai solo a Parigi, dove mercoledì prossimo vorrebbero aggiungere l'attestato-Uefa alla Coppa Italia già catturata. Nell'attesa ci rimette soprattutto il football, mortificato fino all'harakiri da molti rincalzi biancocelesti; né Venturin, Nedved e Mancini, schierati troppo tardi, sanno impedire questo "flop" che qui ritengono quasi irreale, quando Lorieri para (esecutore Marcolin), agli sgoccioli, pure il suo quarto rigore stagionale, accordato causa una spinta di Cyprien sul fuggitivo Casiraghi, fruitore del maldestro retropassaggio di Piangerelli. Soddisfazione platonica per salvare la sesta vittoria dei leccesi nel disastro 1997-1998; o forse una trasfusione di dignità, resa pure possibile dal disimpegno laziale, mentre i pochi intimi presenti allo stadio escludono giusto l'allenatore Sonetti dagli insulti d'accompagnamento. Povero Lecce del gruppo Semeraro, colpevole d'aver diffuso illusioni e stipendiato brocchi, almeno volendo dare retta ai cori degli "ultra".

Cosa importa se il bistrattato Palmieri fissa di destrezza il vantaggio sulla Lazio 2, a pochi istanti dall'intervallo. Scesi in campo con il lutto al braccio per la scomparsa di Concetta Malfa Cragnotti, mamma del loro patron, i biancocelesti non sono mai entrati in partita, rincuorando l'opposizione centrocampistica diretta da un Giannini che fiuta aria di episodico riscatto proprio nella sua annata più avvilente. Esule romanista, è passato fra le rovine napoletane e pugliesi (doppia retrocessione) senza incidere mai, senza riprodurre le belle giocate che ora gli permettono i dirimpettai Fuser e Almeyda, bisognosi di riposo. Sven Goran ha precettato subito appena quattro titolari e la Lazio sfigurata è andata sotto nei contrasti o negli anticipi, abbandonando l'accoppiata Casiraghi-Rambaudi ad una funzione puramente contemplativa. Se abbassi bruscamente il tasso tecnico e i rincalzi demotivati non hanno voglia di correre, ciondoli per forza rassegnato anche davanti ad operai che si chiamano Sakic, Annoni, Cozza, Bellucci, impegnati nel difendere uno straccio d'immagine. La Lazio è disastrosa dietro, laddove operano in particolare Grandoni, Lopez e Favalli. Lo dimostrano presto tanto Casale quanto Atelkin, terminali d'una produzione leccese elementare e rapida nei varchi concessi. Fioccano le occasioni sciupate (almeno una mezza dozzina), viatico ad un successo atteso qui dal 23 novembre scorso.

Quali energie raschia Almeyda sbarcato da poche ore, ubriaco di fusi orari? E' lui che perde l'ennesimo duello; è Giannini che favorisce lo scatto trapassante, in verticale, di Casale; è Palmieri, destro in diagonale, che azzecca la finalizzazione sotto misura. Alleluja fra gli sberleffi. I peones leccesi sfiorano addirittura il raddoppio. Ballotta rimedia, dalla panchina sopraggiungono d'urgenza gli assi Mancini e Nedved, senza bacchetta magica. Sbaglia il facile pareggio Mancio, su torre di Casiraghi e proposta del partner boemo. Butta via il penalty, Marcolin. Forse Parigi, vale queste omissioni.


La Gazzetta dello Sport titola: "La Lazio ritorna sulla terra. Palmieri punisce lo scarso impegno dei biancocelesti, Marcolin sbaglia un rigore. Eriksson ha lasciato in panchina la metà dei titolari per risparmiare energie in vista di Parigi. Si è giocato a ritmi lenti e il Lecce ne ha approfittato. I tifosi di casa, inviperiti per la retrocessione, hanno comunque contestato".

Continua la "rosea": Meno impegnativa di un allenamento. Così Sven Goran Eriksson aveva programmato questa trasferta in Puglia e così è stato. Più di mezza squadra fuori dall'undici iniziale e i titolari "costretti" a giocare lo hanno fatto con l'unico intento di far passare i minuti senza subire danni fisici né sprecare soverchie energie. Con Jugovic e Boksic rimasti nella capitale, Mancini, Nesta, Nedved e Venturin tenuti in panchina non poteva essere un test attendibile in funzione della partita di mercoledì. Eriksson ha risparmiato qualche tuffo persino a Marchegiani e se avesse potuto avrebbe probabilmente schierato la Primavera. Tanto che in tribuna è stata subito coniata la battuta: "Ahò, ha spedito in tribuna l'addetto stampa soltanto perché la scorsa settimana non si era potuto allenà". Da una formazione mascherata in tal modo risulta impossibile trarre la pur minima indicazione in vista di Parigi. Ci si deve giocoforza limitare ad annotazioni a questo punto marginali come il virtuale abbandono del terzo posto perché oggi l'Udinese a Napoli ed il Parma, in casa, possono operare il sorpasso; ed anche la possibilità offerta alla Roma di ridurre a un solo punto il distacco.

E' evidente, comunque, che i biancocelesti possono ora godere di una giornata in più di riposo. Qui ha giocato solo il Lecce, che alla fine ha regalato all'indomito Sonetti la soddisfazione della prima vittoria in casa (che mancava dal 23 novembre) in un contesto di aspra contestazione fra settori delle due curve. Il gol è giunto dal piede di Palmieri sul finire del primo tempo, una rasoiata diagonale dentro l'area su assist di Cozza. Il capitano giallorosso, finito nel mirino degli ultras, è stato fra i pochi in grado di creare qualcosa di guardabile in un confronto trascinatosi per decine e decine di minuti senza il minimo sussulto. Ritmo da sfida amatoriale (senza però il mordente che gli incontri scapoli-ammogliati sanno sempre riservare), palloni trascinati avanti dalla Lazio senza un minimo di raziocinio e di precisione, svagatezza assoluta, come dimostrato anche dagli 11 fuorigioco fischiati dall'arbitro (con due o tre abbuonati per il vantaggio). Insomma, una figuraccia che nello spogliatoio non tutti hanno condiviso. Nella ripresa, Eriksson ha immesso i "migliori", ma sia Mancini sia Nedved si sono adeguati al clima da "speriamo che arrivi presto il 90'". Soltanto negli ultimi 5 minuti la Lazio ha liberato al tiro i suoi avanti.

Ma sia Mancio sia Nedved non hanno palesato la prontezza necessaria. Su un inutile retropassaggio di Piangerelli da centrocampo, Casiraghi nel recupero si trovava davanti il corridoio giusto. Il Bisontino si lanciava al galoppo, ma una volta giunto a tu per tu con Lorieri veniva spinto alle spalle da Cyprien. Inevitabile rosso più rigore. Sul dischetto veniva mandato Marcolin, specialista in assenza di Jugovic. Tiro basso, anche secco, ma Lorieri volava con tempismo. Il Lecce, dopo aver impallinato il Milan, si prende pure questa soddisfazione. Peccato sia ormai platonica, però può forse aiutare l'ambiente a digerire con maggiore maturità il trauma retrocessione.


Da La Repubblica:

Eriksson l'ha spiegata in mille modi in questi giorni, fino alla noia, questa indecenza: la Lazio pensa alle Coppe, in campionato ha mollato. Eppure c'è un limite anche al normale rilassamento. Contro il Lecce retrocesso è apparsa svagata, distratta, come in un'amichevole estiva giocata per far contento uno sponsor di pannolini. Bisognerebbe spiegarle che una grande non fa mai così, al massimo le può capitare un accidente in un pomeriggio. Ma qui la striscia è quasi vergognosa: dopo la sconfitta contro la Juventus ha preso un punto in cinque partite, con quattro sconfitte "cercate e volute" come avrebbe detto Berlusconi dei suoi. Il Lecce è uscito dal campo anche convinto di meritare un margine più ampio dell'1-0, se solo fosse stato capace di rendere concrete le tante occasioni avute, soprattutto con Casale (ma ci sarà anche un motivo se è retrocesso). La gara, sonnolenta nel primo tempo, ha avuto un finale drammatico, con la squadra di Sonetti che rimaneva in nove per due espulsioni, la prima di Annoni e la seconda, al 47', in pieno recupero, quella di Cyprien, per un fallo da ultimo uomo su Casiraghi che fruttava alla Lazio il rigore del possibile pareggio.

Ma ecco qui un'altra ineffabile dimostrazione del mal sottile, della coppite: Marcolin ha battuto, male, e Lorieri ha parato. Un rigore che voleva tirare Mancini, che poi ha fatto autocritica: "Non possiamo andare in giro a fare partite così". Che figuraccia. Neanche a dire che si volesse fare pretattica: mercoledì a Parigi non si gioca contro ignari uzbeki, ma contro l'Inter, che questa squadra conosce bene. Si è spesso ripetuto che vincere fa bene, cresce il morale: qui si è avuta la dimostrazione opposta, il magico quarto d'ora contro il Milan è svaporato in un disinteresse poco professionale, se non altro. Non ci sono giustificazioni sufficienti per spiegare questo abbandono, che, tra l'altro, sta riducendo la classifica a una cosa miserella: già oggi potrebbe essere scavalcata da Parma e Udinese, oltre che essere avvicinata dalla Roma. C'è quasi un cupio dissolvi che non è intonato a una società che si vanta di giocare in Coppa delle Coppe e non in Uefa, questa troppo facile perché c'è anche la Roma. Comportamenti e parole che non dovrebbero essere ammessi, per quanto a volte suscitati dallo stesso Cragnotti (colpito ieri dalla perdita della madre: la squadra ha giocato con il lutto al braccio).

Reduce dalla notte eroica con il Milan, si è visto Gottardi sbagliare tutto e poi, sull'ultimo errore, chiamare il cambio, si era stufato anche lui della sua bolsaggine. Lieve infortunio alla schiena per Nedved, è a rischio per mercoledì. Il Lecce è stato pulito, generoso e tenace. Ha giocato sotto la contestazione degli ultrà, ma il resto dello stadio disapprovava. Giannini ha ricamato la trama con senile saggezza: è stato nell'anno l'unico gialloroso (e romanista) ad aver battutto la Lazio (due volte! anche con il Napoli in Coppa Italia). Il gol della vittoria è arrivato al 43' del primo tempo, dopo una manovra aggirante che ha trovato la difesa laziale addormentata e ferma sulle gambe: l'ultimo sulla destra era Palmieri che, completamente libero, ha battuto a rete con sicurezza.


Tratte dal quotidiano romano, alcune dichiarazioni post-gara:

Per Sven Goran Eriksson il pareggio sarebbe stato il risultato più giusto, ma intanto la Lazio esce battuta anche dallo stadio di Lecce e pregiudica la possibilità di difendere il terzo posto in campionato. "Potevamo fare meglio dal punto di vista del risultato - ha detto il tecnico svedese a fine partita - perché il Lecce ha giocato meglio solo nel primo tempo. Purtroppo abbiamo sbagliato alcune conclusioni. Non credo che la squadra abbia risentito psicologicamente dell'attesa dell'impegno contro l'Inter. La verità è che è difficile giocare ad alti livelli con tre obiettivi: Coppa Italia, campionato e Coppa Uefa. Comunque speriamo di rivalutare questo campionato con le partite che ancora ci restano da giocare". Domenica prossima all'Olimpico la Lazio ospiterà la Fiorentina, quindi andrà in trasferta a Bologna per giocare gli ultimi 90 minuti del torneo.

Soddisfatto per la vittoria ovviamente Nedo Sonetti, allenatore del Lecce già retrocesso: "Sono contento per i miei ragazzi che hanno fornito una grande prova di orgoglio cancellando la brutta parentesi della partita con l'Empoli - ha commentato Sonetti - è stata l'unica partita della mia gestione che non mi ha soddisfatto. Non è giusto però criticare aspramente i giocatori che invece hanno compiuto fino in fondo il loro dovere. Su questa squadra costruiremo la formazione per tornare in A". Roberto Mancini ha qualche rimpianto per il calcio di rigore fallito dalla Lazio: "Avevo detto a Marcolin - racconta - di tirare centrale il rigore. Non mi ha voluto ascoltare e Lorieri lo ha beffato". Ma il fantasista della Lazio è, con il pensiero, già a Parigi ed alla finale Uefa contro l'Inter: "Ora prepariamoci a questo impegno: sogno un traguardo così dall'inizio del campionato". Infine Piangerelli, anche lui ha qualcosa da dire sull'episodio del calcio di rigore: "Ho passato io il pallone all'indietro nell'azione del calcio di rigore. Lorieri ha avuto la possibilità di esaltarsi e... deve ringraziarmi". I giocatori della Lazio hanno giocato con il lutto al braccio per la morte della madre del patron biancoceleste, Sergio Cragnotti. Concetta Cragnotti, 92 anni, è deceduta ieri mattina nella sua casa romana.


Dalla Gazzetta dello Sport:

Il capitano non ci sta a fare brutte figure ed alza la voce. "Queste prestazioni mi fanno molto arrabbiare - tuona Diego Fuser -, siamo la Lazio e dobbiamo dimostrarlo in ogni occasione. Non possiamo venire a Lecce e fare una scampagnata, bisogna essere responsabili. Io non ho mollato, i miei compagni non lo so. Potevamo giocar bene, fare dei gol e divertirci. Ce l'eravamo detto prima della partita di tenere alta la concentrazione, invece ci siamo creati problemi da soli. Domani avremo già dimenticato tutto. Ma queste figuracce mi fanno imbufalire". Il difensore Negro non cerca scuse: "è stata una figuraccia, dovevamo essere superiori e trovare gli stimoli giusti. Speriamo di ritrovarli per Parigi, altrimenti è meglio non partire". Non la pensa così invece Mancini: "Mi dispiace perdere, ma può capitare. Ma non sono preoccupato per Parigi, lì giocheremo con un'altra testa. Però non mi piace far queste figure. Perché su questi campi dobbiamo essere capaci di chiudere gli avversari nella loro metà campo e far prevalere la nostra maggior tecnica, a prescindere da chi gioca. Arrabbiato con Marcolin ? No. Ma gli avevo detto di tirarlo centrale il rigore, perché Lorieri sceglie sempre un angolo. E la cosa si è nuovamente verificata".

Preoccupato per le proprie condizioni fisiche Pavel Nedved (che dopo Parigi andrà in Giappone con la nazionale ceca): "Ho preso una brutta botta alla schiena ed ho fatto un movimento sbagliato. Mi fa molto male, non so se mercoledì potrò giocare". Il tecnico Eriksson invece appare fiducioso per il recupero di Jugovic: "Ha preso un pestone mercoledì, ma già ieri si è allenato a Formello. Boksic vedremo, però un suo recupero è improbabile. Certo, lo ammetto, mi dà proprio fastidio continuare a perdere così in campionato. Dopo la Juve la squadra non è più riuscita ad essere cattiva e aggressiva come lo era stata per quasi quattro mesi. La testa a Parigi ? Per certi versi è inevitabile, anche se ho evitato di parlarne con i ragazzi. Mi auguro che contro l'Inter avremo la fame giusta per vincere, anzi ne sono sicuro. Voglio rivedere i miei ragazzi con la stessa forza mostrata nel secondo tempo col Milan in coppa Italia. C'è il fascino di questa sfida unica. E poi anche i precedenti in campionato contano qualcosa". Già la Lazio quest'anno con l'Inter ha pareggiato a San Siro e vinto 3-0 all'Olimpico. Ma Parigi sarà un'altra cosa.




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