Domenica 4 gennaio 1998 - Parma, stadio Ennio Tardini - Parma-Lazio 1-1

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4 gennaio 1998 - 2.765 - Campionato di Serie A 1997/98 - XIV giornata

PARMA: Buffon, Mussi, Cannavaro, Benarrivo, Stanic (77' Zé Maria), D.Baggio, Sensini, Blomqvist (65' Fiore), Crespo (46' Maniero), Chiesa, Nista. A disposizione: Apolloni, Crippa, Giunti. Allenatore: Ancelotti.

LAZIO: Marchegiani, Pancaro, Nesta, Negro, Favalli, Fuser (81' Venturin), Jugovic, Nedved, R.Mancini (65' Almeyda), Boksic (71' G.Lopez), Casiraghi. A disposizione: Ballotta, Marcolin, Grandoni, Rambaudi. Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Sig. Bettin (Padova).

Marcatori: 18' Boksic, 55' Chiesa (rig).

Note: espulso Favalli per doppia ammonizione: Ammoniti: Jugovic, Nedved e Maniero gioco scorretto, Casiraghi per proteste. Calci d'angolo: 8-7.

Spettatori: 21.783 per un incasso di 867.733.000 lire; paganti 3.169 per un incasso ai botteghini di 143.850.000 lire, abbonati 18.614 per una quota di 723.883.000 lire.

L'azione del vantaggio biancoceleste
Un altro fotogramma della rete di Alen Boksic
Il pareggio gialloblù di Enrico Chiesa
L'ammonizione comminata a Vladimir Jugovic
L'arbitro Bettin espelle Giuseppe Favalli

In tempi come questi, interamente assorbiti dalla corsa all'immagine, il lifting imposto da Sven Goran Eriksson alla Lazio poteva risultare perfetto, un autentico colpo da maestro. Giocare con tre punte e mezzo anche contro il Parma (Casiraghi-Boksic-Mancini, in ordine di sistemazione in campo, più Nedved), dopo aver rilanciato il modulo sfrontato contro Brescia e Vicenza all'Olimpico, e nonostante la vicinanza con il derby di coppa Italia (domani pomeriggio), rappresentava apparentemente un grosso atto di coraggio. In realtà, il confronto tra questi due complessi smozzicati, allo stesso modo incapaci di volare, molto presto ha smascherato il trucco e tolto il fard dal viso, dimostrandoci che la potenziale rivoluzione biancoceleste era rimasta ancorata alle intenzioni della vigilia, alle belle parole spese durante il viaggio verso la squadra di Ancelotti. Con Mancini quasi terzino e Casiraghi mediano, il primo a sinistra a spomparsi con Favalli, il secondo a destra a strusciarsi con Fuser, la Lazio ha rovesciato qualunque aspettativa, pur sfiorando una vittoria storica (sarebbe stata la prima in otto anni). Questo curioso catenaccione, magnificamente organizzato, a lungo ha spiazzato il Parma, costringendolo a interrogarsi sulle nuove contromisure.

Temendo forse una replica della caduta di un mese fa contro il tridente veramente offensivo schierato dalla Roma (sconfitta per 2 a 0, gol di Totti e Paulo Sergio), gli emiliani hanno cominciato studiando soprattutto l'atteggiamento tattico avversario, completamente diverso rispetto a quello ipotizzato. Il gol di Boksic (terzo consecutivo in altrettante gare), arrivato dopo 18 minuti di gioco, ha spazzato via ogni incertezza. Contemporaneamente ha fatto piovere sul "Tardini" le prime potenti lamentele contro l'operato di Bettin, arbitro sempre puntuale nel muoversi in una dimensione di mediocrità davvero deprimente (il guardalinee aveva segnalato la posizione irregolare dello stesso Boksic, lui invece ha fischiato una punizione per i biancocelesti per un fallo di Thuram sul croato). Pur non ricorrendo mai al fuorigioco, soluzione "elementare" per una squadra che gioca a zona da diversi anni (e con quali giocatori), che consente almeno di spezzare i ritmi e riprendere fiato, e grettamente accartocciata su sé stessa, la Lazio ha retto botta per quasi un'ora con la lingua tra i denti. Infruttuosi tutti i tentativi del Parma (bravo anche Marchegiani, tornato a parare), comunque di rado brillante nelle sue manovre di aggiramento e di sfondamento, inutilmente caricato dalla buona vena di Chiesa (il migliore dei suoi) e da qualche spunto laterale di Stanic e Blomqvist.

Il rigore concesso per fallo di Pancaro su Maniero (subentrato a Crespo nell'intervallo) e trasformato da Chiesa al 10' della ripresa, ha scatenato invece le ire della Lazio. Ire che si sono moltiplicate nemmeno un quarto d'ora più tardi, quando Favalli è stato mandato negli spogliatoi per doppia ammonizione. Eriksson, per la verità, ha poi parlato di "fallo stupido e di espulsione giusta", ma in presa diretta è sembrato che Stanic fosse andato addosso al capitano laziale dopo averlo saltato in velocità. Con un uomo in meno, la Lazio ha ritrasformato la sua immagine. Già uscito Mancini per Almeyda, il tecnico svedese ha tolto pure Boksic chiamando Lopez al centro della difesa: Negro si è così spostato a destra e Pancaro è finito sulla corsia opposta. La partita, già bruttina ad armi pari, senza altri sussulti è scivolata in un pareggio che serve pochissimo al Parma e ancora meno alla Lazio. Che ha addirittura chiuso in nove contro undici per l'infortunio della punta superstite, Casiraghi, scontratosi con Benarrivo durante l'ultima, clamorosa occasione da gol della partita. Un conto beffardo e salato per il tridente. Autocancellatosi, non peggio di come è stato utilizzato.


La Gazzetta dello Sport titola: "Adesso Boksic ci ha preso gusto. Il croato segna ancora e stavolta il Parma si salva soltanto su rigore. Il gioco organizzato degli emiliani contro il talento degli uomini di Eriksson. E' una sfida appassionante. Nonostante giochi con tre punte la Lazio non soffre. Anzi, va in vantaggio. E nel finale difende bene il pari, anche se resta in nove. Al Tardini finisce in parità l'importante scontro diretto tra gli emiliani e i biancocelesti".

Continua la "rosea": La sfida era talento contro forza. Il Parma del Feldmaresciallo Ancelotti assomiglia a una Panzerdivision col suo centrocampo compatto e i suoi sfondatori d'attacco, che cercano sempre, perfino col veloce Chiesa, la soluzione di potenza. La Lazio di Mancini e Jugovic preferisce accendere nel gioco il bagliore dell'invenzione, scintille che possono pure produrre, con Casiraghi e Boksic, esplosioni di pura potenza, ma non solo queste. Da un lato c'è il trionfo degli schemi, di geometrie d'acciaio, dall'altro il ricamo segue spesso le improvvisazioni della fantasia. Ieri per poco il talento non ha sconfitto la forza. E' bastata un'invenzione malandrina di Mancini e Boksic per costringere il Parma in affanno. La partita si è trasformata in una duna, sopra cui la Panzerdivision si è dovuta produrre in una torsione formidabile per riconquistare la linea di salvezza. I cingoli affondavano nelle sabbie, così, solo grazie a un rigore è stato raggiunto il pari. Gara bella, guerreggiata fieramente. Il Parma ha comandato il gioco, esercitando una pressione superiore, soprattutto nel primo tempo. Ma la Lazio non ha mai rinunciato al piacere del contrattacco. Schierata col 4-3-3, ha, invece, disputato una gara difensiva assai buona sul piano tattico, nonostante le scelleratezze di Pancaro e Favalli. Gli schemi, si sa, sono solo sigle, che la partita modifica a suo piacere.

Così delle tre "punte" laziali, solo Boksic ieri ha giocato costantemente in attacco, Casiraghi è risultato uno dei difensori migliori e perfino il talentuoso Mancini si è sacrificato nel rincorrere Mussi, una cosa che mai avrebbe fatto quando era giovane e scapigliato. Eccellente è stato il contributo dei centrocampisti, soprattutto Jugovic e Nedved, che si sono sacrificati nelle coperture. Il Parma era in superiorità numerica a centrocampo: 4 uomini contro 3. Ma tre di questi - Stanic, Sensini e Baggio - apparivano macchinosi e scolastici in costruzione. L'azione si sviluppava con lentezza ed era sempre prevedibile. Solo Blomqvist e Chiesa, che partiva da lontano, cercavano l'accelerazione bruciante. Ma non bastava. La pressione del Parma era gagliarda, ma sterile. La circolazione della palla mancava di rapidità e di fluidità. La cosa è diventata evidente nel finale, quando, con la Lazio mutilata - prima ridotta in 10 per l'espulsione di Favalli, poi in 9 per l'infortunio di Casiraghi - priva anche di un solo attaccante riusciva a difendere il pareggio. Nel primo tempo, in verità, era stato Marchegiani a salvare la Lazio con tre interventi di gran classe: prima aveva deviato un violento sinistro in diagonale di Blomqvist (2'), poi aveva salvato su sinistro folgorante di Chiesa (24'), infine aveva respinto di piede, d'intuito, su conclusione ravvicinata dello svedese (32').

Ma era stata la Lazio, che sembrava assopita come una vipera al sole, a segnare: da Jugovic a Mancini, che porgeva l'assist a Boksic, affrontato da Thuram, e il croato con una puntata di perfida bellezza infilava tutti nell'angolo più lontano (19'). Rommel-Ancelotti ordinava il cannoneggiamento e i suoi eseguivano. Invano. Rommel lanciava un altro Panzer, Maniero. Ma la Lazio mostrava una pericolosità mortale. In avvio di ripresa Buffon si salvava con riflesso prodigioso su un calcio di punizione di Mancini (4'). La partita era labirinto. Ma ci pensava Pancaro con un fallo su Maniero, che s'avventava per la deviazione di testa. Chiesa di piatto destro infilava l'angolino alla sinistra di Marchegiani (1-1). Buffon salvava neutralizzando un assist di Mancini a Fuser (14'), poi respingeva un sinistro esplosivo di Boksic (19'). Quando Favalli, con autolesionismo, si faceva espellere, la Lazio, senza tremare, si appostava col 4-3-2: Negro-Nesta-Lopez-Pancaro/Fuser-Almeyda-Jugovic/Boksic-Casiraghi. E piazzava anche il contrattacco: un assist di Nedved a Casiraghi costringeva Benarrivo al salvataggio estremo (39'). S'infortunava Casiraghi e la Lazio restava in 9. Ma il Parma non pungeva. Costruiva una sola occasione un po' fortunosa: un tocco di Fiore a Maniero veniva deviato da due metri sull'esterno del palo (44'). E' l'ultimo brivido. La Lazio esce dopo molti anni imbattuta dal Tardini. Il Parma conferma la sua solidità. Ma Ancelotti ha un enigma: come mettere nel gioco la scintilla dell'invenzione.


Alcune dichiarazioni post-gara:

Rabbia per Bettin, rammarico per la vittoria sfumata. La Lazio si condensa in questi due stati d'animo, mentre porta a casa da Parma un pareggio che le serve soltanto per un posto in zona Uefa al termine della stagione. Dopo le due vittorie consecutive contro Brescia e Vicenza in casa, prima della sosta natalizia, Eriksson voleva continuare questa piccola serie positiva anche su un campo dove i biancocelesti non sono mai passati negli ultimi otto anni. Sperando, poi, in qualche notizia buona da Milano (Inter-Juventus) e dall'Olimpico (Roma Udinese). La presunta rincorsa, invece, è finita praticamente sul nascere, a un mese dalla conclusione del girone d'andata. Tuttavia Eriksson si accontenta. La Lazio gli è piaciuta e il punto non è da buttare: "Ci fa comodo, visto il modo in cui è stato ottenuto e considerati la forza e il valore dell'avversario".

Difficile capirlo, anche perché, visto che i guai non vengono mai da soli, oltre ad aver buttato la vittoria, i biancazzurri devono fare i conti pure con l'infortunio di Casiraghi, decisamente la notizia più scoraggiante. L'attaccante si è scontrato con Benarrivo ed ha riportato una forte distorsione alla caviglia destra. Il derby di coppa Italia sarà privo, dunque, di uno dei suoi protagonisti più attesi. Eriksson sarà costretto a mandare in campo la strana coppia Mancini-Boksic e rinforzerà il centrocampo con il rientro di Almeyda, in panchina a Parma prima di entrare a metà del secondo tempo. "Un brutto colpo per noi - ha detto Eriksson - un contrattempo che proprio non ci voleva. Gigi è stato sfortunato, speriamo che possa riprendersi al più presto". Il tecnico laziale assorbe con eleganza le critiche per il modo in cui ha utilizzato il tridente: Mancini infatti ha giocato quasi da terzino, mentre Casiraghi ha fatto il mediano, specialmente nel primo tempo. "Si sono sacrificati tutti e due. Soprattutto Roberto, che poi ho sostituito perché affaticato. Durante la settimana avevo capito che i ragazzi volevano giocare così e anch'io mi sono convinto che potevamo rischiare. La prova di Parma ha dimostrato che avevamo ragione: quando tutti si sforzano per far restare corta e compatta la squadra, ci si può permettere qualsiasi modulo".

L'allenatore svedese critica velatamente l'arbitro Bettin per il rigore concesso al Parma. Peccato, senza quella decisione avremmo sicuramente vinto la partita. Non assolve invece Favalli, espulso a metà del secondo tempo: "Un fallo stupido, cartellino rosso inevitabile". Chi parla apertamente di rigore inventato è Marchegiani: "Non c'era, ha detto il portiere biancoceleste. Non c'era nel modo più assoluto: Pancaro e Maniero si sono appena toccati. Se viene fischiato un rigore come quello, bisogna darne dieci per ogni partita".


Dalla Gazzetta dello Sport:

Il segnale lo lancia Dino Zoff, uno non abituato alle polemiche: "Il rigore era quantomeno dubbio, ma non è nel nostro stile protestare. Non vorrei però che a furia di star zitti si finisca per passare per fessi o essere addirittura svantaggiati". Da un portiere all'altro, Marchegiani parte all'attacco: "Adesso le moviole fermeranno il momento dell'ultimo contatto e diranno che Pancaro ha commesso fallo su Maniero. Ma io vi assicuro che in area contrasti come quelli sono necessari, ce n'è tantissimi e il rigore non si fischia. Peccato davvero, perché non è giusto che quando siamo vicini a un grande risultato succeda sempre qualche episodio che non ci dà la possibilità di spiccare il volo. Penso al rigore fischiatoci contro con l'Inter a San Siro o a quello di Torino contro la Juventus. E dire che abbiamo giocato molto bene. Vedo una squadra molto maturata sotto l'aspetto tattico, quello che prima era un nostro difetto. Tra l'altro mentre nel primo tempo il Parma avrebbe meritato il gol, nella ripresa eravamo riusciti a incanalare bene il gioco e i nostri avversari senza quel rigore non avrebbero mai recuperato. Purtroppo i nostri progressi si notano poco in classifica". Eriksson, da parte sua, smorza i toni polemici elogiando i suoi: "Dalla panchina non mi è parso rigore, però non posso dirlo con certezza. Sono sicuro però che senza quel tiro dagli undici metri saremmo riusciti a vincere. Così come in undici avremmo potuto puntare a segnare ancora un altro gol. Invece Favalli ha commesso un fallo ingenuo, evitabile e in quel caso l'arbitro ha visto giusto. Anche Nedved poteva evitarsi il cartellino giallo, ma alla fine era subentrato un po' di nervosismo. Sono questi, però, gli unici aspetti negativi. Perché anche in dieci abbiamo creato un'occasione limpida con Casiraghi, che sull'azione si è fatto male. E abbiamo concluso in nove contro undici ancora con un tiro di Venturin, fuori di poco. Sono soddisfatto per il comportamento dei tre attaccanti e per quello di tutta la squadra, ottimo Jugovic. Anche se gli esterni Casiraghi e Mancini spesso hanno dovuto ripiegare per arginare l'avanzare sulle fasce di Benarrivo e Mussi, nelle ripartenze siamo stati pericolosi. E sullo 0-1 potevamo sfruttare meglio gli spazi che il Parma ci ha concesso rischiando". Una constatazione, però, consola l'allenatore svedese: "Peccato, ma devo dire che abbiamo affrontato un avversario forte e che ha giocato bene. Adesso pensiamo al derby. La Roma sarà più arrabbiata per la sconfitta all'Olimpico contro l'Udinese. Noi siamo più tranquilli perché stiamo giocando bene. Vedremo".