Sabato 15 aprile 2000 - Firenze, stadio Artemio Franchi - Fiorentina-Lazio 3-3
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15 aprile 2000 - 2.897 - Campionato di Serie A 1999/00 - XXX giornata
FIORENTINA: Toldo, Repka, Padalino, Pierini, Torricelli, Rui Costa (71' Rossitto), Di Livio (73' C.Amoroso), Heinrich (46' Tarozzi), Chiesa, Batistuta, Mijatovic. A disposizione: Taglialatela, Firicano, Okon, Balbo. Allenatore: Trapattoni.
LAZIO: Ballotta, Negro, Couto, Mihajlovic, Pancaro, Lombardo (57' Conceição), Veron (78' Ravanelli), Almeyda, Nedved, Salas (67' Mancini), Boksic. A disposizione: Marchegiani, Nesta, Gottardi, Simeone. Allenatore: Eriksson.
Arbitro: Sig. Tombolini (Ancona) - Guardalinee Sigg. Ivaldi e Zuccolini - Quarto uomo Sig. Camerota.
Marcatori: 25' Batistuta, 27' Nedved, 31' Boksic, 54' Chiesa, 89' Mihajlovic (rig), 90' Batistuta.
Note: giornata primaverile, terreno in perfette condizioni. Ammoniti: Torricelli e Repka per proteste. Angoli 14-0 per la Lazio. All'82' Toldo ha parato un calcio di rigore a Mihajlovic. Recuperi: 1' p.t., 4' s.t.
Spettatori: 37.417 di cui 4.912 paganti quasi interamente tifosi laziali giunti da Roma per un incasso di £.1.548.985.743.

dal Guerin Sportivo










Rocambolesca partita al Franchi di Firenze dove la Lazio abbandona quasi definitivamente i sogni Scudetto come l'anno precedente. I biancazzurri partono forte e costringono i viola sulla difensiva: padroni del centrocampo, attaccano ma non riescono a passare. A metà tempo l'azione biancoceleste si affievolisce e gli avversari ne approfittano per ricucire le trame di gioco a loro favore. Al 25' un cross dalla destra di Chiesa trova il colpo di testa vincente di Batistuta lasciato inspiegabilmente solo, a cui nulla può Ballotta. In svantaggio è rabbiosa la reazione dei biancocelesti che al 27' trovano l'immediato pareggio con Nedved ottimamente servito da Negro. Come leoni indomabili, i biancazzurri si riversano nella metà campo viola. Al 30' una punizione di Mihajlovic trova la testa di Boksic che insacca alle spalle di Toldo ribaltando il parziale. La Lazio ora domina ed i viola sono apparentemente al tappeto. Per mera fortuna riescono a limitare i danni e portarsi all'intervallo sotto di una sola rete. La ripresa inizia con uno svarione della difesa che al 54' si fa infilare da Chiesa, tra il tripudio dello stadio molto ostile, come l'anno precedente.
I biancocelesti reagiscono anche stavolta e nel finale accade di tutto e di più. All'82' Nedved viene atterrato in area e per l'arbitro è rigore. Batte Mihajlovic ma Toldo para anche grazie all'aiuto del palo. Cinque minuti dopo un altro rigore viene assegnato ai biancazzurri e stavolta il serbo non sbaglia. A tre minuti dalla fine la Lazio potrebbe sferrare un duro colpo al campionato, ma al 92', su un calcio di punizione, Batistuta trova il corridoio giusto gelando gli oltre 5.000 tifosi biancazzurri sugli spalti. Un pareggio immeritato che fa riallontanare la Juventus a quota 65 mentre i biancocelesti si portano a 60. A fine partita numerosi gli incidenti tra opposte tifoserie.
► La Gazzetta dello Sport titola: "Firenze fa felice la Juve". Continua la "rosea": "Alla Lazio manca il colpo del ko e Batigol firma il 3-3 al 92'. Una partita ricca di gol e di emozioni, il cui risultato premia più il cuore e il coraggio della Fiorentina che la qualità e la quantità della Lazio, ancora una volta fermata dai viola sulla strada dello scudetto. Troppe occasioni fallite da Salas e compagni, con Toldo che para un rigore a Mihajlovic".
Addio all'aggancio. E forse allo scudetto. Crudele come un anno fa, la Fiorentina si incarica di sbarrare di nuovo la strada ai sogni tricolori della Lazio. Allora l'1-1 diede via libera al decisivo sorpasso del Milan, a una giornata dal termine. Stavolta un più pirotecnico 3-3 costituisce il gradito bacio della buona notte per la Juventus, alla vigilia della sfida contro l'Inter. Mal che vada a San Siro per i bianconeri, due punti di vantaggio a quattro giornate dal termine sarebbero comunque meglio di quel niente sognato dalla truppa di Eriksson fino al 92': il minuto fatale della punizione-pareggio di Batistuta. Per non parlare, ovviamente, delle altre due ipotesi, comunque favorevoli alla capolista di ieri, di oggi, e soprattutto di domani. In attesa di sapere quel che accadrà stasera, resta il piacevolissimo ricordo di una gara con il risultato sempre in bilico, ricca di gol e di emozioni, ma dai contraddittori risvolti finali. Il pareggio, infatti, premia più il cuore e il carattere della Fiorentina che la qualità e la quantità offerte dalla Lazio. E siccome per ben due volte Negro e compagni si trovano meritatamente in vantaggio, al termine dei primi e dei secondi 45', si può capire perché il 3-3 alla fine rappresenti da una parte una sconfitta, e dall'altra una vittoria. Prima ancora di prendersela col destino, o la sfortuna, visto che stavolta è proprio impossibile accusare l'arbitro, la Lazio però dovrebbe recitare l'ennesimo "mea culpa" perché mai come in questa occasione dimostra di non avere la forza per concretizzare la propria schiacciante superiorità tecnica. In poche parole, tanto per cambiare, manca troppe volte il colpo del kappaò per chiudere la gara. E qui il discorso, in assenza di Inzaghi fuori causa in extremis, chiama direttamente in causa Salas, perché a centravanti invertiti con ogni probabilità non ci sarebbe stata partita.
Inutilmente infatti Trapattoni cerca di togliere spazio agli avversari, con rigidissime marcature a uomo in ogni parte del campo, a cominciare da quella di Di Livio, bravissimo a giocare d'anticipo su Veron. Non basta però chiudere un buco se poi si aprono voragini altrove, perché oltre al moto perpetuo Almeyda che tampona su Rui Costa e subito dopo riparte, Lombardo e poi Conceiçao costringono sulla difensiva Heinrich e il suo sostituto Tarozzi. Ma soprattutto Nedved dà spettacolo portando quasi sempre fuori zona Torricelli. Proprio il teorico esterno sinistro, che in realtà va dappertutto, è il primo a fare la differenza in mezzo al campo. E al resto provvede lo sbilanciamento tattico della Fiorentina, che fatica a costruire, lasciando troppo isolato il tridente Chiesa-Batistuta-Mijatovic, sui quali vigilano i due centrali Couto e Mihajlovic, visto che Negro e Pancaro si limitano a fare le sentinelle esterne. Tanta superiorità, testimoniata dal numero complessivo dei tiri in porta (11 a 5, rigori esclusi) e da quello degli angoli (14 a 0), viene comunque vanificata nell'area avversaria, dove non bastano né il gran movimento di Boksic, né le amnesie di Padalino, assistito da Repka e Pierini, per consentire a Salas di ritrovare il colpo da "matador". E così, dopo ben quattro occasioni da rete della Lazio, è la Fiorentina a segnare per prima al 25' con un gran colpo di testa ravvicinato di Batistuta. Ferita nell'orgoglio, la Lazio reagisce da grande e nel giro di 2 minuti prima va due volte al tiro con Veron, poi colpisce il palo con Boksic, e infine trova il rabbioso pareggio con Nedved, liberato da un "velo" di Salas. Passano altri 4 minuti ed ecco il raddoppio di Boksic, bravo a deviar di testa una punizione di Mihajlovic. A quel punto la Fiorentina sembra spacciata, specie dopo l'erroraccio di Chiesa che manca il pareggio.
E invece proprio Chiesa si fa perdonare al 9' della ripresa, quando conclude da pochi passi la più bella azione della Fiorentina, in spettacolare contropiede avviato da un rinvio di Pierini, proseguito da un tocco di esterno al volo di Tarozzi, e perfezionato da Mijatovic, bravissimo a fuggire da solo prima di servire l'assist decisivo. Per nulla rassegnata, la Lazio riparte all'assalto, ma Salas fallisce la deviazione ravvicinata di testa, prima della girandola di sostituzioni che toglie un po' di ritmo alla gara. Con Mancini al posto di Veron e Ravanelli al fianco di Boksic, ma soprattutto con un uomo in più, visto che Mijatovic nell'ultimo quarto d'ora rimane in campo zoppo, la Lazio riesce ad agganciare la Juve soltanto su rigore. Bravissimo a neutralizzare il primo tentativo di Mihajlovic, dopo un fallo prolungato di Repka su Nedved, Toldo si deve arrendere alla seconda trasformazione del serbo al 44', neppure minimamente contestata perché l'intervento di Torricelli su Nedved è nettissimo. Stavolta sembra davvero finita e nessuno avrebbe nulla da dire. Ma al 2' dei 4 minuti di recupero Batistuta firma il 3-3. Che fa esplodere la gioia della Fiorentina, e soprattutto la Juventus.
► Il Messaggero titola: “Lazio, a rischio le azioni scudetto”. Continua il quotidiano romano: “Incredibile pari: stasera ai biancocelesti non resta che fare il tifo per l’Inter. Firenze ancora fatale: decide Batistuta. Risse fra tifosi. Mihajlovic si fa parare un rigore da Toldo e ne mette a segno un altro, ma sul 3-2 ecco Gabriel: gol su punizione allo scadere”.
Come si butta via uno scudetto. La Lazio ne ha data un’altra dimostrazione pratica, arrendendosi a Firenze al più rocambolesco dei pareggi: un 3-3 che Batistuta ha colto nei minuti di recupero, sfruttando al meglio una punizione finanche dubbia. Una manna psicologica per la Juventus che stasera a San Siro potrà giocare per due risultati. E poche recriminazioni, davvero, per la squadra di Eriksson che ha potuto usufruire di due rigori di fila, il primo parato da Toldo, il secondo realizzato con identico tiro da Mihajlovic, nell’incredibile gioco di emozioni finale. Esattamente come l’anno scorso sembra dunque Firenze il capolinea dei sogni. Ma stavolta, per gli errori commessi in serie, la Lazio deve prendersela solo con se stessa. Perché i viola ci hanno messo solo Batistuta e Toldo a contrastarla e l’arbitro Tombolini ha avuto manica larga sul primo rigore (segnalatogli dal guardalinee). La squadra ha sbagliato molto in difesa, oltre a piegare a tratti le gambe e a sprecare l’impossibile sotto porta. Ma soprattutto non ha mai tirato fuori la cattiveria necessaria per chiudere un match che si era messo, già nell’atteggiamento tattico, tutto in discesa. Un azzardo vero quello del Trap: il convalescente Rui Costa, facile preda di Almeyda, dietro le tre punte, che poi, Batigol a parte, erano centrocampisti aggiunti, senza averne la tempra. Mijatovic e Chiesa di buono hanno confezionato solo il secondo gol, approfittando peraltro di un autentico suicidio laziale: come si fa, sul 2-1, a lasciare un contropiede tanto elementare a due giocatori così tecnici? Di colpe specifiche ne ha pure Ballotta, sorpreso, come Couto, da un innocuo cross dalla trequarti che Batistuta ha trasformato in oro con uno stacco indisturbato, e a tempo abbondantemente scaduto da una punizione del bombar argentino che solo a scavalcare la barriera poteva a essere scagliato.
Ora resta solo Eriksson a credere all'impresa. I suoi giocatori, complici la calura improvvisa e la stanchezza incipiente, si sono fermati sul più bello, dopo aver cioè ribaltato il punteggio in cinque minuti centrali di un primo tempo dominato in lungo e in largo. Aveva preso un palo Boksic, in mischia sullo 0-1, e subito dopo Nedved era piombato su un invito basso di Negro fintato da Salas per realizzare di giustezza. Poi ancora il croato, schierato a sorpresa per un malanno di Inzaghino, ha bruciato sul tempo l’inutile Repka, trasformando di testa in gol una punizione al bacio di Mihajlovic. Viola sulle gambe, in attesa di una mazzata che non è arrivata. E avvisaglie della prosopopea laziale, quando Heinrich è andato a centrare indisturbato da sinistra per il destro sciagurato di Chiesa. Chiuso qui il primo tempo, ci si aspettava un più concreto contropiede laziale, invece della replica tradotta sempre da Chiesa nel più semplice dei pareggi.
Così la Lazio è dovuta ripartire da zero, via via con forze fresche (Conceicao, poi Mancini e Ravanelli) ma senza lo spirito spaccamondo che la posta imponeva. Mentre il satollo Trap rinforzava gli ormeggi con Tarozzi, Amoroso e Rossitto, Salas e Boksic si sono pappati due nitide palle-gol di testa, sono fioccati gli angoli, ben 14 alla fine, ma la manovra è rimasta a lungo senza sbocchi, anche perché Nedved ora era braccato sulla sinistra da Torricelli. Solo quando il ceko, accentrandosi, è uscito dalla morsa, la Fiorentina ha tremato di nuovo. Due rigori di fila la Lazio non li ricordava da un pezzo: dubbio e contestatissimo il primo, visto che Nedved era stato sbilanciato ancor prima di entrare in area, indiscutibile il secondo quando Pavel, su corta respinta di Toldo su tiro di Boksic, stava per ribadire in porta. Il portierone viola ha ipnotizzato Mihajlovic una prima tolta con guizzo felino, ma niente ha potuto sulla replica. Due minuti ancora da giocare più il recupero, stavolta fatale. Con la partita in tasca e i tre punti vitali, la squadra biancoceleste è riuscita a regalare un'altra punizione inutile. Che Batistuta, pur col cuore in pezzi per gli amici argentini, ha spedito sotto l'incrocio. Per un boato che è tutto juventino.
► Il Tempo titola: “Lazio, in Paradiso e ritorno”. Continua il quotidiano romano: “A Firenze emozioni e sei gol. Mihajlovic tira due rigori: uno lo sbaglia. Batistuta agguanta il pari in pieno recupero”.
Firenze – Le vie dello scudetto, con ogni probabilità, sono finite all’Artemio Franchi. Quasi un maledetto gioco del destino, un pari come lo scorso anno. Ma stavolta la Lazio può prendersela solo con se stessa, magari può recriminare sulla punizione concessa a tempo scaduto a Batistuta che non c’era, ma ancora prima ha pesanti responsabilità sulla gestione di un risultato apparso, dopo il 2-1, alla sua portata. Ha sbagliato troppo la Lazio, concedendo spazi invitanti ad una Fiorentina che con i guizzi perentori dei suoi attaccanti ha finito col colpire in contropiede, soprattutto sul momentaneo 2-2 di Chiesa. Lazio immatura al punto tale da non riuscire a portare a casa una vittoria che al novantesimo aveva in tasca, incapace di gestire meglio la punizione di Batistuta. Le emozioni non sono mancate, e neppure le sorprese. Fiorentina spavalda a tre punte, Lazio che rinuncia all’ultimo momento a Simone Inzaghi che durante il riscaldamento ha riportato un leggero risentimento all’adduttore della coscia sinistra. Dentro Salas e Boksic, con Lombardo preferito a Conceicao a fungere da pendolo sulla fascia destra.
Un primo tempo al di là della noia, rattristito dalle alchimie di centrocampo e dalla paura di prenderle. La Lazio non affonda, la Fiorentina aspetta. Couto prende in consegna Batistuta, Negro va su Mijatovic, Pancaro deve soffrire per tenere l’esuberante Chiesa. In mezzo Almeyda blocca stretto Rui Costa che non è al meglio e si vede, Veron gioca sempre di fino, mentre Nedved è una spina nel fianco della retroguardia viola. E davanti Boksic è ispirato. Ma per venti minuti meglio le difese sui rispettivi attacchi. Solo accademia. Poi il guizzo di Chiesa che scappa sulla destra, Pancaro non lo tiene. L’ex parmense centra di giustezza per la testa di Batigol che salta in mezzo a Couto e Negro ed è l’1-0. La Lazio si scuote. Eriksson chiama Veron e chiede di accorciare le distanze tra i reparti. Passano due minuti e la Lazio pareggia, dopo che Boksic ha visto stamparsi sul palo una conclusione a botta sicura. Negro mette in mezzo dalla destra, velo di Salas e Nedved si ritrova sui piedi una palla troppo facile per poterla sbagliare. E non la sbaglia: 1-1. C’è appena il tempo di annotare il pareggio biancoceleste, che dopo altri tre giri d’orologio arriva il vantaggio. Superlativa punizione dalla destra di Mihajlovic, la testa di Boksic, stacco perentorio e palla sul palo più lontano dove neppure il gigante Toldo può arrivare.
Tutto qui il primo tempo e non è poco. Heinrich soffre troppo e così il Trap lo richiama in panchina prima dell’intervallo. Dentro Tarozzi a chiedere più spinta e tenere a bada Lombardo. La Lazio è messa meglio in campo, ma commette l’errore grossolano di voler chiudere subito la partita e così incredibilmente in controgioco arriva il pari dei viola. Mijatovic va via sulla sinistra, il lungo centro scavalca tutto il fronte difensivo biancoceleste e arriva proprio sui piedi di Chiesa (con Negro e Pancaro latitanti) che irrompe al volo e di destro fulmina Ballotta. Tutto da rifare. Nedved capisce il momento di difficoltà dei suoi, tenta di scuoterli. La Lazio ci crede e adesso spinge con più convinzione. Sparisce il centrocampo viola mentre Eriksson opera altre due sostituzioni: prima Mancini al posto di Salas, poi il fischiatissimo Ravanelli per Veron. La Lazio spinge ventre a terra, vogliosa di vincere. Tenta il tutto per tutto. Nedved e Almeyda recuperano palloni su palloni. Il Trap fischia e si sgola dalla panchina perché capisce il disagio dei suoi, ma la Lazio vuole vincere. Minuto 38 della ripresa, potrebbe essere la svolta perché Repka prende per la maglia Nedved che in area rovina a terra: Tombolini con qualche esitazione indica il dischetto dagli undici metri. Mihajlovic contro Toldo, la botta sul primo palo, troppo debole, il portiere viola respinge. Occasionissima persa, ma non è finita.
Saltano i meccanismi, si gioca adesso su sottili fili di equilibrio. I minuti passano ma la Lazio ci prova ancora con la forza della disperazione. Gran giocata di Boksic, conclusine mortifera che Toldo respinge alla meno peggio sui piedi di Nedved che in area finisce nuovamente a terra dopo un contatto con Tarozzi. Ed è ancora rigore: ma stavolta Mihajlovic non sbaglia. Lazio in vantaggio con due soli minuti da giocare. Ma i biancocelesti non hanno stelle in paradiso. Controllano senza difficoltà ma nell’ultimo affondo Tombolini vede una inesistente spinta di Couto su Batigol e comanda una punizione dai venticinque metri. Alla battuta lo stesso argentino. Ballotta parte con leggero ritardo ma la girata del bomber viola è imprendibile e gonfia la rete laziale. Disperazione biancoceleste perché non c’è più il tempo di nulla. Solo per capire che al “Franchi” con ogni probabilità sono tramontate le speranze scudetto. Amen. E senza bacioni da Firenze.
► Il Corriere della Sera titola: “Batigol fa un altro scherzo alla Lazio”. Continua il quotidiano: “Come un anno fa l’argentino ferma i biancocelesti, Toldo para un rigore. Non basta un Nedved super ai romani. Inzaghi s’infortuna nel riscaldamento”.
Firenze - Non è possibile capire come la Lazio non sia riuscita a battere una Fiorentina spenta e spompata, che ha chiuso virtualmente in dieci (Mijatovic infortunato a terzo cambio avvenuto), dopo essere stata anche in nove (Chiesa a lungo assente all'inizio e alla fine) o in otto e mezzo (Rui Costa in campo con la pubalgia). In compenso, abbiamo visto Di Livio lavorare per due o per tre (è scoppiato al 28' della ripresa), mentre la Lazio dissipava con indicibile e irresponsabile autolesionismo (un palo di Boksic, due occasionissime per Salas). Poche squadre al mondo sarebbero riuscite nell'impresa di segnare il rigore dell’aggancio alla Juve in testa alla classifica (Mihajlovic a segno al 43' della ripresa: complimenti per il coraggio), quattro minuti dopo averne fallito un altro (sempre Mihajlovic dagli undici metri, respinta di Toldo). Nessun'altra, probabilmente, a farsi agguantare su punizione di Batistuta a tempo scaduto.
Bisogna ammetterlo: la Lazio ha del genio. In campo, sotto forma di talento individualmente puro, e altrove. Il sospetto è che la Lazio il genio lo tenga anche in panchina. Lì tutti parlano e nessuno decide. O, nella babele che si crea, si decide quasi sempre per il peggio. Per esempio: se aveva senso tattico l'avvicendamento di Lombardo con Sergio Conceicao (a deludere è stato il portoghese per colpe proprie), meno plausibile era parso il ricorso iniziale all'ex doriano. O era in campo solo perché la domenica precedente aveva segnato il gol decisivo al Perugia? In secondo luogo, chi ha deciso l'ingresso di Mancini al posto di Salas? Stentiamo a credere che possa essere stato Eriksson, visto che a quel punto (21' della ripresa), la Lazio stava ancora pareggiando (2-2). Forse a ordinarlo è stato lo stesso Mancini, vice-allenatore del futuro. Peccato abbia mandato in campo un vice-giocatore del presente. E ammesso anche che la Lazio volesse attaccare con il solo Boksic a vantaggio degli inserimenti, perché allora optare undici minuti dopo per Ravanelli al posto di Veron, con Mancini a centrocampo? Ma parlare di errori nei cambi significa esercitare una critica di basso profilo. Per elevarci, chiediamo al responsabile tecnico come mai l'infortunio di Inzaghi nel riscaldamento abbia, di colpo, determinato un mutamento nel modulo (dal 4-5-1 al 4-4-2). Si può preparare una partita di tale importanza con un sistema di gioco e con certi uomini, per poi cambiare molto solo perché ne manca uno? Pensiamo di no. E tuttavia non è per questo che la Lazio non ha vinto. Non ci è riuscita perché credeva di averlo già fatto troppe volte nella partita, ben prima che fosse finita.
► La Stampa titola: “E alla fine la Lazio perde sempre”. Continua il quotidiano: “Batistuta dopo Kovacevic: sfuma l’aggancio-scudetto. Ultimi minuti fatali a Eriksson: a Bologna si impose la Juventus, ieri è risorta la Fiorentina. Sole a picco, emozioni mozzafiato. I biancocelesti hanno la partita in pugno ma sbagliano troppo (un rigore su due)”.
La ghigliottina di Batistuta condanna i fratelli argentini con cui si scuserà sotto la doccia, quasi pentito. Esattamente undici mesi dopo, la Lazio fa la stessa cosa: pareggia una partita che doveva vincere per continuare l'inseguimento allo scudetto e si rintana al secondo posto sperando negli dei con le spalle girate. Rispetto al maggio scorso, nessun rimpianto con l'arbitro: Tombolini concede a Eriksson due rigori, Mihajlovic ne sbaglia uno a 5 minuti dalla fine e trasforma l'altro 200 secondi dopo, ma una magia su punizione di Batigol riporta la bilancia in equilibrio a recupero quasi terminato e il totale dei suoi gol in campionato a 18, senza rigori (sbagliato l'unico tirato, contro il Torino). Sei reti, tanto caldo che alla fine riduce le gambe a cotolette. I rimpianti della Lazio sono per una superiorità evidente che ha permesso di ribaltare l'iniziale svantaggio (Batistuta naturalmente, di testa al 24') in appena 6 minuti: prima il palo di Boksic, poi il pari di uno straordinario Nedved dopo elegante finta di Salas (l'unica cosa buona del cileno in tutta la partita); quindi l'inzuccata di Boksic su punizione invitante di Mihajlovic.
Lì, la Lazio è sembrata padrone totale, di fronte una squadra con modulo atipico: tre punte oltre a Rui Costa con pubalgia incorporata e tre soli difensori. Una bestemmia, per il Trap. Non che Eriksson avesse scherzato, al proposito: indisponibile Inzaghi per improvviso affaticamento muscolare, dentro allora Salas più Boksic più Veron più Nedved più Lombardo preterito a Conceicao. Li, sul 2-1, la Lazio si è tagliata gli attributi, credendo fosse meglio controllare e tocchettare come al circo, anziché dare l'ultima frustata a una squadra in ginocchio e senza troppa voglia di dannarsi l'anima. Perché, a guardare l'intera sfida, il succo tattico è stato: squadre lunghissime, Lazio padrona della metà campo, con Veron in cattedra fino a quando i polmoni hanno dosato l'ossigeno e l'acido lattico non ha intorpidito la corsa e le scelte. In più, da incorniciare uno straordinario Nedved: perfetto il primo gol, su di lui i falli che hanno prodotto i due penalty, dai suoi piedi le iniziative migliori. Il ceko ha cercato ancora la porta dopo il 3-3: l'ultimo ad arrendersi.
La Lazio deve flagellarsi per una ripresa sciagurata: la prima nefandezza l'ha commessa quando ha subito il pari su contropiede impostato da Tarozzi, dall'intervallo al posto dell'abulico Heinrich. L'ennesima giocata a metà, palla persa, squadra sbilanciata, difesa pachidermica, Mijatovic lunghissimo e arcuato, Pancaro guarda e Chiesa – inguardabile fino ad allora - tocchetto preciso dietro Ballotta (8'). Ha ricominciato a macinare, la Lazio, con Conceicao al posto di Lombardo. Credendo nella propria superiorità. Eriksson ne ha avuto abbastanza di Salas, quando l'ex matador ha raggiunto tardi e male un cross di Conceicao bucato da Toldo (16'). Dentro Mancini, allora, e dentro pure Ravanelli per lo sfinito Veron. Pure Trap aveva abbozzato dalla panchina: Rossitto per Rui Costa, Amoroso per Di Livio, nuove tagliole seminate a caso per evitare il peggio. L'assalto biancoceleste ha prodotto mischie e angoli (14-0 il conto totale) e un tentativo di autogol di Padalino (25'). Fino al primo numero di Nedved, fuga con Repka appeso alla maglietta prima fuori, poi dentro l’area: Mihajlovic scoccava un dardo avvelenato, Toldo deviava (40'). Nedved ha ricominciato a tessere la tela, stavolta di Torricelli il fallo evidente: Mihajlovic spedisce nello stesso angolo, ma con più precisione e potenza (43'). Resta poco: mentre la gente sfolla, Couto salta sul collo di Batistuta. Tombolini fischia, il Re Leone punisce. Eriksson soffoca stordito: “Brutto perdere una partita così”. Non ha perso, ha solo pareggiato. Ma anche lui sa che il punto non serve neppure all'album delle figurine. Kovacevic al 90' a Bologna, Batistuta al 93': alla fine, per la Lazio, è sempre la fine.
► L'Unità titola: “Batigol e lo scudetto resta un tabù. La Lazio domina ma viene raggiunta in extremis dal bomber viola”.
Firenze - Condannati da Gabriel Batistuta. Per la Lazio è lui il “mostro” di Firenze. Sono due anni che un suo gol (ieri due), sempre decisivo, distrugge i sogni di scudetto dei biancocelesti. Nel campionato scorso la prodezza di Batigol costò il sorpasso del Milan, che poi ribadì la domenica seguente, nell’ultima giornata, il suo trionfo tricolore. Ieri, in piena zona recupero, con una punizione calciata in maniera magistrale, ha di nuovo inchiodato al pari la Lazio, allontanandola dal traguardo finale. Certo la Juve deve ancora giocare stasera nel posticipo con l’Inter, ma di sicuro il pari laziale a Firenze le rende la vita più semplice, almeno sul piano psicologico. Da grande squadra qual è non dovrebbe trovare difficoltà a controllare la partita e far scivolar via senza danni un’altra giornata di campionato. Dunque, sulla testa della Lazio, continua ad aleggiare il sortilegio di Firenze. Le lacrime di Negro, in ginocchio sul campo a fine gara, consolato dagli stessi avversari, sono forse il primo segnale della resa. Lo scudetto resta una chimera, un traguardo irraggiungibile, un frutto proibito. La matematica non la condanna ancora, l’Inter stasera, chissà, giocando la partita della vita, potrebbe aprirgli il cuore alla speranza. Ma resta il fatto che la Lazio ieri ha perso una grandissima occasione per ribadire le sue chances tricolori, così come era accaduto nel campionato scorso.
E questa volta non si può aggrappare ai torti arbitrali. Il signor Tombolini, arbitro della contesa, ha avuto il coraggio di concederle nel finale di gara due rigori nel breve spazio di sei minuti. Il primo, cavillando, potremmo definirlo discutibile, il secondo netto. Non è bastato. La Lazio deve prendersela con sé stessa, perché non ha avuto la capacità di gestire per ben due volte un vantaggio acquisito con merito. La prima volta, il 2-2 siglato da Chiesa, abile a spedire in rete un invito di Tarozzi sul quale Ballotta è rimasto a guardare, lasciandosi addirittura sorprendere in contropiede, cosa che a questa Lazio capita ormai troppo spesso. Ma alla Lazio va, soprattutto, imputata la responsabilità di non essere stata capace di aver ragione di un avversario decisamente inferiore. Il gol del momentaneo vantaggio “viola” messo a segno di testa da Batistuta al 25’ con Couto immobile, era stato soltanto un episodio negativo nel contesto di una partita tutta a tinte biancocelesti, specie a centrocampo dove Almeyda e Nedved erano padroni assoluti. Il ceco, davvero incontenibile, ha realizzato il gol del pari al 27’ (bello il velo di Salas che lo ha smarcato) e si è procurato i due rigori al 37’ e al 43’ della ripresa, costringendo al fallo prima Repka (il fallo inizia da fuori, ma prosegue anche dentro) poi Torricelli (classico sgambetto). Il Trap ha giocato la carta delle tre punte, con Chiesa più arretrato, cosa che ha sguarnito un reparto che restava incollato alla buona soltanto per la grande abnegazione di Di Livio, onnipresente, che aveva anche l’abilità di ridurre il raggio d’azione di Veron, fino a sfiancarlo e costringerlo ad uscire.
Anche Eriksson s’è giocato la carta delle punte, ripescando Salas e quel Boksic, reo di un litigio clamoroso con Eriksson domenica scorsa prima di Lazio-Perugia. Questa volta al croato devono avergli dato maglietta e calzoncini extralarge, visto che è stato tra i migliori. Lui ha ripagato il perdono, colpendo un palo al 26’ e segnando il gol del 2-1 al 30’di testa. Il servizio era stato di Mihajlovic. Sembrava dovesse trasformare in un monologo biancoceleste, visto che nella ripresa anche dopo il 2-2, la Lazio collezionava una quantità industriale di palle-gol, sciupate banalmente da Salas al 5’ e al 16’, da Boksic al 15’ ed altre opportunità di contropiede, che potenzialmente potevano avere uno sviluppo migliore, non sfruttate. Fino all’emozionante finale, al festival dei rigori, che potevano regalargli i gol della vittoria e della speranza-scudetto. Mihajlovic era il tiratore scelto. Toldo parava il primo al 37’, non poteva farci nulla al 43’. Sembrava fatta, ma non per Batigol che siglava il pari su punizione (fallo di Couto) a qualche attimo dal termine.