Sabato 22 novembre 1997 - Piacenza, stadio Galleana - Piacenza-Lazio 0-0

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22 novembre 1997 - 2.758 - Campionato di Serie A 1997/98 - IX giornata

PIACENZA: Sereni, Sacchetti, Vierchowod, Polonia, M.Rossi, Tramezzani, Piovani, Mazzola, Scienza, Stroppa (76' Rastelli), Murgita. A disposizion: Marcon, Valoti, Piovanelli, Delli Carri, Buso, Valtolina. Allenatore: Guerini.

LAZIO: Marchegiani, Pancaro, Negro, G.Lopez, Favalli (81' Gottardi), Fuser, Almeyda (72' Boksic), Jugovic, Nedved, Casiraghi, R.Mancini. A disposizione: Ballotta, Signori, Marcolin, Venturin, Rambaudi. Allenatore: Eriksson.

Arbitro: Sig. Messina (Bergamo).

Note: ammoniti Vierchowod, Favalli, Sereni. Al 17' Marchegiani ha parato un calcio di rigore di Tramezzani. Calci d'angolo: 3-10.

Spettatori: 10.265 dei quali 2.727 paganti per un incasso di lire 348.953.367 e lire 268.768.367 quota abbonati.

Il calcio di rigore parato da Luca Marchegiani
Roberto Mancini tenta la via della rete
Un'azione di attacco biancoceleste
Pavel Nedved
Pierluigi Casiraghi
Un momento dell'incontro
Duello tra Fuser e Vierchowod

Impegnata soprattutto a definire i propri limiti caratteriali sugli ostacoli facili, la Lazio riesce nell'impresa di non sgretolare il Piacenza, buttando via una delle ultime occasioni per puntare verso l'alta classifica. L'enorme differenza tecnica degli organici contrapposti, viene annacquata dal mutuo soccorso dei corridori di Guerini, rappresi attorno all'eterno Vierchowod, ma sprovvisti d'un decente finalizzatore quando azzardano trapassanti ribaltamenti. Quattro difensori, più il libero staccato Marco Rossi, costituiscono gli ormeggi che impiombano l'accoppiata Casiraghi-Mancini per quaranta minuti; il gran correre dei propulsori Scienza-Piovani-Stroppa sulle amnesie biancocelesti culmina presto nel sacrosanto rigore che potrebbe addirittura preannunciare la prima vittoria degli emiliani in questo campionato. Lancio scavalcante di Scienza, Stroppa salta Pancaro e si fa mettere giù. Esegue Tramezzani, scaricando maldestro addosso a Marchegiani. La presa di coscienza tardiva inizia da Casiraghi, quando manca poco all'intervallo: scorre il redivivo Pancaro e l'incornata del "Bisontino", finalmente attivato, centra il palo, quasi all'incrocio.

Poi, sullo slancio che sottintende il recupero d'un assetto combattivo e dignitoso, Nedved azzecca lo slalom filtrante e esagera nell'angolare l'esecuzione sotto misura. Nella ripresa la Lazio replica le illusioni di stagione, ricadendo nella sindrome da avversari di caratura nettamente inferiore. E, anche considerando le ristrettezze dell'organico, diventano più logici i movimenti simultanei del Piacenza, che commuove per l'impegno collettivo profuso fino all'area di rigore. La Lazio procede a sbalzi, con iniziative solitarie di Fuser o Nedved mentre Mancini soffre Polonia. Signori attende seduto, perfino escluso dal tridente finale, dove Boksic dilapida come sa. Tuttavia Eriksson si contenta e dice che Beppe-gol non guarderà tutte le partite dalla panchina. Nell'attesa, la Lazio rinfodera le sue ambizioni.


La Gazzetta dello Sport titola: "Svagata e imprecisa lascia al Piacenza un punto-salvezza. La prima a sbagliare è la squadra di Guerini, che fallisce un rigore, ma gli uomini di Eriksson non sono da meno e collezionano errori di ogni tipo, più un palo di Casiraghi. E sbaglia anche Eriksson togliendo Almeyda, il migliore".

Continua la "rosea": Presentandosi a una festa dove ci sono, beati voi, la Cucinotta, Naomi Campbell, Demi Moore ed Eva Herzigova, molte cose vi verrebbero da chiedere, tranne "dove sono le belle ragazze?". Allo stesso modo, andando a vedere la Lazio, di tutto ci si aspetterebbe tranne carenze in fase di tiro; chi ha la fortuna di poter schierare Casiraghi e Mancini dall'inizio, di aggiungere in seguito Boksic e di tenere in panchina Signori, una certa confidenza con il gol dovrebbe averla. Invece la Lazio, che in trasferta non vince da marzo (derby a parte), giochicchia una partitina discreta, tesse la tela di superiore qualità che i suoi uomini le permettono, ma giunta al dunque macchia il cashmere con un puntiglio che neanche Penelope ai suoi tempi. Il Piacenza spreca un rigore (17'); ma poi la Lazio, di simil-rigori, ne scialacqua un bel mazzetto, e con ammirevole fantasia. C'è il tiro fuori da ottima posizione (Fuser, Nedved), l'attimo perduto sotto porta (Mancini, Casiraghi), il bolide da tre punti che esalta Sereni (Nedved, Jugovic), persino il passaggio innocuo al portiere ormai seduto e sconsolato (Boksic). E' quasi paradossale il fatto che la chance alla fine più pesante, il palo di Casiraghi (42'), venga da un pezzo di bravura del centravanti, colpo di testa in controtempo sul legno opposto, anziché da uno dei molti momenti nei quali un laziale a caso si trova bello fresco in posizione di sparo. Dignitosissimo ma poverello, il Piacenza è davvero bravo a non concedere gaffe o svarioni: se la Lazio vuole vincere, e chi pensa allo scudetto qui non può pareggiare, deve dare il suo massimo. Guerini evolve il suo classico modulo all'italiana in un 5-4-1 elastico che, nelle rare occasioni in cui attacca in forze, diventa un 3-4-3: i terzini scendono, le ali Piovani e Stroppa s'accentrano, qualcosina di buono nel primo tempo viene distillato. Il rigore, per esempio: ingenuità di Pancaro su uno Stroppa indiavolato, peccato che Tramezzani vada sul dischetto abbagliato dal sottile dire e non dire del megastriscione in curva ("fuori le palle!"), e proprio a quelle (di Marchegiani) decida di mirare. Il portiere salva porta e virilità, da quel momento in poi dovrà preoccuparsi soltanto delle bordate da metà campo o quasi di Piovani.

Quasi offensivo, per Marchegiani, ricevere tiri del genere: "Ma per chi mi hai preso?". Sostanzialmente alla pari nel primo tempo, nella ripresa il Piacenza deve chinarsi come il giunco nella tempesta, ché Fuser affonda i colpi sulla destra, Nedved spedisce in porta alzo zero ogni pallone vagante e Casiraghi il suo ruolo di torre lo recita bene. Balla ma non crolla, la squadra di Guerini, salvata in prima battuta dagli errori avversari e in seconda dal brillante senso della posizione del libero Marco Rossi. Per saltarlo ci vorrebbero giocate da mammasantissima, e chi dovrebbe tirar fuori il coniglio dal cappello, Mancini, è in una di quelle giornate svagate che hanno fatto la fortuna dei suoi detrattori: un paio di appoggi, sapienti ma "molli", e nemmeno un tiro in porta. E sì che qualche golletto, in carriera, l'ha firmato. Eriksson a un certo punto immette Boksic, sbagliando il cambio perché tutti poteva togliere (Mancini in primis, ma anche Jugovic o Nedved) tranne il martello di centrocampo Almeyda. Ottiene così la palla-gol più gustosa della ripresa, il "passaggio" del croato a Sereni (41'), ma anche il ritorno di fiamma del Piacenza, che nel quarto d'ora finale domina il centro del quadrato spostando di qualche metro in avanti il poligono di tiro di Piovani. Il tocco finale, a certificare lo 0-0, è geniale e va messo in conto all'arbitro, che non ordina l'accensione dei riflettori malgrado il bel clima padano produca ormai un'oscurità da night-club. Sbaglia Messina, ma dopo tutte le bestialità viste in zona-gol, il suo errore è il meno. Sbaglia soprattutto la Lazio a danzare attorno a un'avversaria inferiore come una tribù di indiani attorno al palo della tortura, ma senza portare mai il colpo risolutivo. Casiraghi, Mancini, Boksic, Signori: ci credereste che a quest'organico, almeno in trasferta, manchi un uomo-gol?


La Stampa titola: "Il Piacenza sciupa l'occasione per ottenere la prima vittoria. Mancini dorme, la Lazio frena. E Marchegiani si salva parando un rigore".

L'articolo prosegue: Un punto a testa, tutti scontenti. Il Piacenza che sbaglia un rigore e perde una grande occasione per cogliere la prima vittoria. E la Lazio, ancora una volta bocciata all'esame da "grande". Niente da fare: con chi si ammucchia indietro e corre, gli assi biancazzurri stentano, non hanno la grinta necessaria per la scalata della classifica. Partita rallegrata da due difese perforabili, numerose le palle gol e bel sabato almeno per i due portieri che si guadagnano il 7 in pagella. Non c'è Mancini. Eriksson spera e lo lascia in campo fino all'ultimo. Ma questa volta "Mancio" proprio non ha voglia di giocare. Con un Piacenza che ha dato il meglio di sé nel primo tempo, il tecnico dà il via libera a Boksic solo a poco più di un quarto d'ora dalla fine. Signori nemmeno si alza dalla panchina. La frattura tra i due sembra insanabile, eppure un cecchino come Signori avrebbe fatto un gran comodo nell'assalto finale. Non ha avuto un grande coraggio Eriksson, si è accontentato. Anche se con la regola dei tre punti, ogni pareggio diventa una mezza sconfitta. Invece è stata giornata di gloria per Vierchowod, trentotto anni: sfida Casiraghi ad un scontro da gladiatori e alla fine lo vince.

Un calcione subito in avvio, forse per prendere le misure, è l'unica macchia dello stopper che poi si esibirà in un paio di salvataggi da applausi a scena aperta. Appena un gradino sotto Giovanni Stroppa: se il Piacenza non è riuscito a vincere può prendersela con tutti, non con lui. A Pancaro e Jugovic ancora gira la testa. La partita ruota intorno al rigore sbagliato. E' il 16', bel lancio di Scienza e prodigio (alla Mancini dei bei tempi) di Stroppa. Corsa, finta e Pancaro è saltato. La trattenuta del laziale è evidente, Stroppa comunque cade come fulminato. Rigore, ma va sul dischetto Tramezzani, piazza la palla e tira con la fretta di chi ha paura e vuole togliersi il pensiero subito. Pallone che centra Marchegiani e fa svanire i sogni di Guerini, allenatore sfortunato. Un minuto dopo c'è un groviglio sospetto, Negro-Piovanelli, in area. L'incerto Messina si gira di scatto per non vedere. Gli attacchi del Piacenza vivono sul genio di Stroppa e muoiono appena la palla arriva dalle parti di Murgita che potrebbe fare il concorrente nella "Corrida" di Corrado. La Lazio si vede dopo la mezz'ora, quando il Piacenza ha il fiato corto. Splendido Casiraghi in elevazione, palla che si schiaccia sul palo. Sereni, che ha appena evitato un autogol di Rossi, si rassicura e vola alla grande anche su un bolide di Nedved. Nella ripresa i biancazzurri provano a vincere. Ed è una sagra di gol sbagliati. Triangolo Almeyda-Favalli-Fuser: colpo di testa di quest'ultimo che sfiora l'incrocio dei pali. Almeyda salta un grappolo di piacentini e dal fondo offre ancora a Fuser un assist da antologia: macché, tiro sballato.

Poi è Nedved a non trovare la porta. Prima si libera bene in area, poi tira fuori da pochi metri. Un "siluro" di Jugovic, deviato, dà lo spunto ad [Eriksson Sven Goran|Eriksson]] per mandare in campo Boksic. Errore. Proprio il croato al 40' sbaglia l'occasione forse più bella. Grande mischia, palla che schizza fuori dall'area e finisce sui piedi di Boksic. Sereni è a terra, basterebbe alzare il pallone, invece Boksic centra il portiere. Tre minuti di recupero, Nedved vorrebbe metterli a frutto tuffandosi in area. L'arbitro non abbocca e lui rischia le botte. Guerini sospira: "Giocando così ci si può salvare. Il rigore? Tramezzani aveva segnato con il Vicenza, è stato bravo a prendersi la responsabilità. Murgita? Sfortunato, gli arrivano pochi palloni". Stesso discorso da Eriksson: "Nel secondo tempo ho visto una grande Lazio. La squadra sul piano del gioco ha reagito bene, dopo aver un po' deluso nei primi 45'. Signori? Non guarderà dalla panchina tutte le partite".


La Repubblica titola: "Ma la Lazio non fa più gol".

L'articolo prosegue: La Lazio doveva dimostrare di avere un passo d'alta classifica e ha mancato l'occasione, avendo anche rischiato il peggio nel corso della gara, salvata solo dall'errore di Tramezzani che ha sbagliato un rigore nelle fasi iniziali. La colpa più grave è apparsa quella di non riuscire a cambiare passo quando le circostanze lo richiedevano: anche nel suo momento migliore, poco meno di una mezz'ora nella ripresa dopo un distratto primo tempo, ha avanzato più con una forza compatta, ma senza mostrare una manovra tagliente, cattiva, che ferisse gli avversari così modesti. Questione di carattere, più che di personalità. L'impressione era che l'ingresso di Boksic potesse dare una svolta alla partita, in considerazione anche del fatto che il Piacenza, dopo tanto correre del primo tempo, quando era stato ispirato da un rabbioso Stroppa in cerca di rivincite, si era piegato sulle ginocchia. Ma la sostituzione è avvenuta, secondo quanto preferisce Eriksson, tirando via Almeyda, e arretrando Mancini, proponendo così ancora una squadra a due punte perdipiù impoverita a centrocampo dall'unico che costantemente aveva strappato palla agli avversari.

Il pomeriggio stralunato dell'ex sampdoriano non gli ha meritato la sostituzione: ma la squadra di Eriksson, dopo l'ingresso di Boksic, si è dimostrata incapace di assumere un altro assetto, giocando più o meno come prima, solo un poco più sfilacciata, sperando nel colpo a sorpresa. Eriksson, che si dirà soddisfatto del secondo tempo della squadra, confesserà di avere meditato la sostituzione di Mancini (addirittura!) con Signori ma che poi ci ha ripensato. Peccato, avrebbe fatto una cortesia al dirigente del Manchester United venuto qui con Damiani per parlare di un possibile trasferimento. Il Piacenza ha combattuto con le poche armi che aveva a disposizione, salvandosi grazie alla puntuale marcatura di Polonia su Mancini e di Vierchowod su Casiraghi. Il centrocampo ha controbattuto a lungo contro un reparto avversario tecnicamente superiore, anche in un pomeriggio in cui Jugovic era privo di qualità e Fuser solo nella ripresa ritrovava la voglia. Deliziose alcune giocate di Stroppa, uscito poi per stanchezza e qualche botta presa. Al 16' del primo tempo la chance per prendersi la partita: Stroppa sulla sinistra puntava Pancaro, lo stordiva in dribbling poi astutamente aspettava il tocco con il braccio del laziale per cadere a terra. Rigore chiaro.

Batteva Tramezzani, una botta violenta, ma centrale, addosso a Marchegiani che faceva niente di più che muro con il corpo. Non ci sarebbero state più occasioni così chiare per gli ultimi in classifica, ma anche la Lazio avrebbe faticato per dipanare una manovra limpida. La migliore del primo tempo, al 41' portava al cross di Pancaro, sul quale Casiraghi colpiva di testa, in controtempo su Sereni, ma centrando in pieno il palo lontano. Nella ripresa la Lazio sprecava molto. La palla della vittoria capitava a Boksic, al 40', su un pallone sporco filtrato attraverso Casiraghi: solo davanti a Sereni il croato si dimostrava un salvatore della patria mancato, dando ragione a Eriksson che esita a utilizzarlo.


Tratte dal quotidiano romano, alcune dichiarazioni post-gara:

Strana soddisfazione, quella di Eriksson. La Lazio pareggia a Piacenza contro l'ultima in classifica, per un tempo soffre contro una sicura candidata alla retrocessione, di fatto dà l'addio a qualsiasi sogno di vertice; eppure il suo allenatore si dichiara contento: "Del resto - dice Svennis - era da tempo che non pensavamo più allo scudetto, non solo da oggi...". Sarà, ma guardando la classifica qualche pensiero lo si poteva ancora fare, crederci si doveva e si poteva. Niente, invece. E allora l'uditorio si accontenta della strana soddisfazione di Eriksson, che dice: "Forse abbiamo perso due punti, forse nel primo tempo abbiamo sofferto troppo; ma nella ripresa la Lazio ha giocato benissimo, ha cercato di vincere, ha avuto l'atteggiamento giusto. I miei giocatori hanno creato occasioni da gol, ma non sono stati fortunati; oggi, se non altro, ho visto una squadra aggressiva e convinta. Se avesse giocato così in altre circostanze, avrebbe qualche punto in più. Mi auguro che si continui così, insomma". Va bene, ma quel primo tempo così affannoso? "Ricordiamoci sempre - si difende Eriksson - che c'è sempre un avversario davanti, che magari gioca bene come il Piacenza di oggi. Loro avevano un'ottima disposizione difensiva, erano attenti e ordinati, non era facile penetrare e rendersi pericolosi. Anche se noi dovevamo essere più incisivi, giocare con maggiore profondità. Il Piacenza, però, è stato lucido nell'impedircelo".

A pochi passi di distanza c'è Guerini, l'allenatore del Piacenza, che invece tanto contento non è, per un motivo preciso: "Avremo pure interpretato al meglio la partita, ma ricordiamoci quello che dice la classifica: siamo ancora la peggiore squadra della serie A". Appunto. E nel frattempo Eriksson, come spesso gli capita negli ultimi tempi, confessa le sue umanissime perplessità di allenatore condannato a scegliere: "Ho inserito Boksic nella ripresa perché volevo maggiore velocità, varietà di soluzioni in attacco, qualche cambio di marcia. Ma forse l'ho mandato in campo troppo tardi, chissà". Appunto. E Signori? "Ho pensato di buttare dentro anche lui, al posto di Mancini che non era brillantissimo. Ma non l'ho fatto". Appunto. E a proposito di Signori: in piedi davanti alla panchina, intabarrato in un cappottone lungo fino ai piedi, ha seguito la gara in silenzio, aspettando invano un cenno da Eriksson; e in tribuna c'era Damiani, il suo procuratore, in compagnia di un dirigente del Manchester United. A testimonianza che la pista inglese è sempre viva, e che l'ipotesi di un Signori d'Oltremanica non è affatto peregrina, anche a breve scadenza. La Lazio è tornata a Roma subito dopo la gara di Piacenza. Oggi pomeriggio i giocatori sosterranno un allenamento a Formello, poi domattina ci sarà la partenza per Vienna. Da valutare le condizioni di Nesta, ieri assente perché colpito da un virus influenzale. Se non dovesse farcela, ancora spazio a Negro al centro della difesa. Contro il Rapid vedremo ancora una Lazio con il 4-4-2, ma la coppia d'attacco è ancora da decidere. Appunto.


Dalla Gazzetta dello Sport:

Manca la rimonta alla vetta la Lazio, che non segna da due partite e non sa vincere in Italia lontano dall'Olimpico, eppure Eriksson è contento: "Forse abbiamo perso due punti, ma sono molto soddisfatto per la nostra ripresa. Mi auguro che la squadra continui a giocare così: vuol dire che vinceremo spesso". Già, però nel primo tempo la Lazio è apparsa leziosa. "Ma c'è anche l'avversario e questo Piacenza ha giocato bene, ha tanti marcatori. Difficile trovare spazio e creare occasioni da rete. E' vero che all'inizio avremmo dovuto cercare di più la profondità, ma nella ripresa siamo giunti più volte al tiro e ci è mancata la precisione". La lingua batte dove il dente duole: Boksic in campo solo per un quarto d'ora, Signori ancora seduto in panchina nonostante un Mancini non brillante: "Forse potevo mettere Alen prima, per sfruttare la sua progressione, ma ero indeciso perché la squadra andava bene. Signori? Poteva essere utile anche lui. Forse, perché non c'è controprova". Eriksson non accetta di parlare di Lazio ridimensionata in campionato: "Di scudetto non parliamo da tempo, ma le nostre ambizioni restano intatte. Io dico che avessimo giocato così contro Empoli e Atalanta avremmo 4-6 punti in più in classifica". Domani si parte per Vienna dove martedì c'è un altro impegno delicato di Uefa contro il Rapid: "Non penso che cambierò molto nell'assetto della squadra. Spero almeno di recuperare Nesta, ma lui ancora ieri sera soffriva per la febbre alta".

Per la prima volta Guerini ha lasciato lo stadio fra gli applausi. "Alla squadra - dice il tecnico del Piacenza - avevo chiesto due cose: la prima di avere il giusto atteggiamento agonistico, la seconda di riuscire a riappacificarsi con il pubblico. Abbiamo centrato entrambi gli obiettivi, la soluzione delle due cose è andata di pari passo". Peccato per quel rigore. "I nostri rigoristi sono Dionigi e Tramezzani, il primo non c'era, ovvio che abbia tirato il secondo. Ha sbagliato, ma chi si assume responsabilità merita rispetto". Uno squarcio di rosa nel futuro? "Stiamo calmi. I numeri dicono che siamo ancora gli ultimi del campionato. Ora pretendo che la squadra mantenga questo spirito, in partita ma anche in allenamento. Stroppa? Ha fatto molto, ma so che può fare di più". Stroppa aggiunge: "Ho chiesto la sostituzione, avevo preso un colpo al costato, facevo troppa fatica. Sono contento per la squadra e perché il pubblico finalmente ci ha davvero dato una mano".