Domenica 19 giugno 1988 - Roma, stadio Olimpico – Lazio-Taranto 3-1

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19 giugno 1988 - 38 - Campionato di Serie B 1987/88 - XXXVIII GIORNATA

LAZIO: Martina, Marino, Beruatto, Pin, Piscedda, Esposito, Savino, Acerbis, Rizzolo (63' Galderisi), Caso, Monelli (74' Muro). A disp. Salafia, Brunetti, Camolese. All. Fascetti.

TARANTO: Spagnulo, Biondo, Gridelli, Chierici, Serra (28' Altamura), Picci, L.Rocca (46' Mirabelli), Roselli, De Vitis, Donatelli I, B.Russo. All. Pasinato.

Arbitro: Sig. Pezzella (Frattamaggiore).

Marcatori: 9' Marino, 47' Monelli, 53' Monelli, 79' De Vitis.

Note: giornata calda, terreno in ottime condizioni. Al termine della partita i giocatori della Lazio hanno inanellato diversi giri di campo per festeggiare la promozione. In tribuna Giorgio Chinaglia ed altre personalità.

Spettatori: 41.425 per un incasso complessivo di 1 miliardo e 84 milioni di lire.

Lazio in Serie A: Fascetti e Calleri si abbracciano al termine della partita
Lo stadio
Il volantino degli Eagles' Supporters
La terza rete di Monelli
Abbracci in campo
Giro di campo in festa
Abbracci in campo
Il titolo de "Il Messaggero" del 20 giugno 1988
Da l'Unità
Il goal di Marino (in alto) e il primo di Monelli (in basso)
Giro di campo

Si torna in Serie A. Ed è festa grande per i 42.000 dell'Olimpico, appesi alle radioline per il grande sprint con il Catanzaro, che non molla fino all'ultimo ma termina un punto sotto la fatidica quota.

E' Roma al centro dell'attenzione, la città biancoceleste riversata in strada nella calura domenicale di giugno con grandi cartelli e "A" a caratteri cubitali. Solo un anno fa si rischiava la serie C per i -9 di partenza, ma Eugenio Fascetti architetta il bis salvezza-promozione e si conferma allenatore pragmatico, efficace e granitico.

L'ultima col Taranto finisce 3-1, senza storia. I pugliesi recitano la loro parte di comprimari, già salvi e per nulla in grado di spezzare il sogno biancoceleste. Che si concretizza assai presto, dopo un paio di quasi-gol di Monelli e Rizzolo, grazie a una bordata da lontano di Raimondo Marino (che dedicherà al padre la sua prodezza).

Sbloccato il risultato, c’è in realtà poco da vedere, se non una reazione crescente dei pugliesi, che si affacciano pericolosamente dalle parti di Martina. Il vantaggio del Catanzaro a Piacenza crea un po' di apprensione e così la Lazio si ripresenta, in avvio di ripresa, con la chiara idea di chiudere il match. Ci pensa Monelli con una doppietta, raccogliendo in cinque minuti gli inviti di Pin e di Beruatto.

Il match di chiusura del campionato termina sul 3-1, De Vitis riesce solo ad accorciare le distanze per il Taranto. Il Catanzaro vince, ma la Lazio non si è fidata di aiuti altrui e ha pensato da sola a sbrigare la pratica. L'auspicio di tutti i tifosi biancocelesti è “mai più in serie B”.


Il Tempo titola: “Bentornata in paradiso – I biancazzurri attendono 9 minuti prima di andare in gol con Raimondo Marino. Poi comincia la festa. In campo e in tribuna. La squadra di Fascetti non ha mai corso alcun pericolo, giocando sempre con idee chiare. Doppietta di Monelli che ha concluso a quota 13. I pugliesi hanno messo in mostra De Vitis, autore della rete del 3-1".

Roma - Dura nove minuti l'attesa. Poi la serie A s’affaccia prepotente. Più lunga l'ansia per la certezza d'una promozione vissuta sul filo delle onde radio che riportano l’ostinata resistenza del Catanzaro. Ma il campo dice che di pericoli la Lazio non ne corre. E tuttavia il raddoppio, la sicurezza in grado di innalzare sicuro riparo a qualche scherzaccio, come tarda, offre qualche trepidazione. Abbondano, al contrario, i quasi gol. Non si contano le urla liberatrici smorzate.

La Lazio gioca con idee chiare, nessuna paura. Nella domenica della consacrazione rivela una freddezza che significa soprattutto sicurezza. Il Taranto fa la sua onesta parte, quella che gli ha assegnato il copione (permanenza nella cadetteria già acquisita) e quella al quale viene costretto sul campo. L'avvertimento, il primo, gli squilla che i sessanta secondi sono appena passati. Ed è Rizzolo a sbucciare.

Altri cinque minuti e al cross di Marino l'inzuccata di Monelli pecca d'imprecisione, giusto un pelino. E mentre alto s'alza il grido di tripudio per un trionfo annunciato, ecco Marino (favorito da un approssimativo controllo avversarlo) lasciar partite dai trenta metri un bolide che si intuisce soltanto quando va a sgonfiarsi nella rete sotto la traversa. La prodezza balistica mette le ali ai piedi Iaziali che premono per farla finita con largo anticipo.

Le annotazioni devono essere continue. Undici minuti ed è ancora un oh-oh che si perde a due fili d'erba dalla base del palo. Diciassette minuti ed è Piscedda a infiltrarsi, su calcio d'angolo, nell'area affollata e staccarsi di testa: sbagliato d'un niente. Dai biancazzurri non balugina ansia alcuna. La mentalità è quella giusta, con la consapevolezza che l'appuntamento non può essere mancato. Un tiraccio di Donatelli (22’) è soltanto una parentesi per rompere l'assedio.

Fascetti. però, non ammette distrazioni, ci mancherebbe. E come i suoi sembrano accomodarsi a inutili titic-titoc, li richiama all’assiduità, li invita, cioè, al raddoppio. La pausa, infatti, è breve. Nuova offensiva e ci riprova Piscedda (ancora lui, che lascia a Caso il presidio dell’area) con una bordata secca alla quale Spagnulo replica sorpreso di mano, come può: il pallone danza sui piedi di Savino che prende la mira mentre tutti cominciano a dare il via libera alle corde vocali esultanti; Savino opta per la botta di potenza però altissima, incredibile, più facile sarebbe stato mettere dentro che sciupare.

La seconda attesa, quella della certezza, dura ancor meno a inizio di ripresa. Esattamente un minuto e 45 secondi. Savino batte la punizione per Pin che rimette lesto e preciso per Monelli che prende di mira il palo più lontano: la serie A, amici, eccola, in fondo alla rete. Che gli altri (cioè il Catanzaro) vincano pure: Fascetti l'aveva promesso e cosi è. Meglio fare da soli che fidarsi degli altri.

L'Olimpico sprizza gioia. Un festival di bandiere. Suona da buonaugurio riuscito, adesso, guardando verso una curva di stadio che non c’è più, se non i bulldozer, quello striscione, enorme, “Grazie Lazio”, firmato “Il Tempo”: il bis, vien da pensare, dopo il riuscito raid europeo a Dusseldorf con le nostre copie a fare da altrettanto benaugurante viatico alla banda Vicini. Guarda un po’: due prodezze con l’azzurro in comune.

Che la festa cominci, è fatta, per davvero, senza più dubbi a frenare, senza più incertezze da soffrire. Comunque, non passano che cinque minuti e Monelli fa tre su cross di Beruatto. La caldaia biancazzurra sforna entusiasmi a lungo serpeggianti. La partita finisce qui. Non servono ulteriori annotazioni o rilievi. Giù il sipario sul campionato, la Lazio può anche ammiccare titic-titoc perditempo e basta: onore al Taranto che cerca il gol della bandiera, si dice così, e lo sfiora due volte almeno con De Vitis, il più vivo di loro, e l'ottiene, con Io stesso centravanti, al quale invano Caso oppone resistenza.

E tuttavia, il fresco Galderisi fa in tempo a gettare in quella curva che non c'è più il pallone del quarto gol, sarebbe stato Inutile, d'accordo, ma se Invece di azzardare il pallonetto avesse conservato la traiettoria bassa… L’arbitro sa che la partita è chiusa da tempo e continua a gettare occhiate al polso: ormai diventa difficile soltanto l'attesa della fine. Per l’apoteosi che accompagna il ritorno dove un giorno fu pure scudetto.

Il Messaggero titola: “Trionfo annunciato – Battuto il Taranto all’Olimpico: un gol di Marino e una doppietta di Monelli (al record personale di marcature) cancellano le paure. Dopo tre anni biancazzurri di nuovo in A – Soltanto a dodici minuti dalla fine, con De Vitis, i pugliesi sono riusciti ad andare in rete. Saggia prestazione della squadra di Fascetti, che non è mai stata condizionata dai risultati degli altri campi”.

È stato promosso prima il pubblico, poi la squadra, che ha battuto il Taranto senza affanno. Il vero spettacolo sugli spalti. Uno stadio sfondato con le ruspe sulle macerie della curva nord. Uno stadio in tuta da lavoro, ma vestito a festa con i colori del cielo. Migliaia di bandiere, sciarpe, striscioni e i volti di tutti i protagonisti che campeggiavano sulle gradinate della curva sud, presa a prestito dai cugini giallorossi per arrivare al ritorno in Serie A.

Uno stadio stracolmo con migliaia di tifosi, respinti e costretti a rubare immagini e sensazioni dalla collina di Monte Mario e dietro la rete di recinzione del cantiere della curva nord. E quando i giocatori del Taranto si sono affacciati dal tunnel del sottopassaggio, hanno subito capito l’aria che tirava all’Olimpico. Sono entrati in punta di piedi. Ospiti e intrusi in una festa che non li riguardava. E hanno cominciato a giocare proprio in punta di piedi, frastornati e intimiditi. Ecco perché la partita l’ha vinta prima il pubblico e poi la squadra. I giocatori pugliesi davano l’impressione di indietreggiare fino a volersi far da parte. E la Lazio ne approfittava per partire a mille sospinta da un tifo infernale.

E prima che il Taranto riuscisse a trovare il coraggio e la forza per organizzarsi, Marino la costringeva di nuovo a piegare la testa con una botta da 25 metri. Una mazzata terribile per una squadra così disorientata e impacciata. Perfino Biondo, il difensore saltato da Marino, applaudiva la prodezza del rivale. Spagnulo, il portiere rivelazione della salvezza della squadra pugliese, non provava sensi di colpa per quel bolide sparato con tanta rabbia e precisione.

La partita è finita qui. Il copione non prevedeva sciagurate sorprese e la Lazio ha pensato subito di farlo rispettare. Ma la facilità dell’esecuzione deve aver spinto i biancazzurri a farsi coccolare dai propri tifosi in vena di far festa grande. Qualche tocco di melina, poi tutti a cercar lo spunto personale da offrire alla platea. E il Taranto ne ha approfittato per saggiare la validità della difesa laziale. Prima timidamente, poi sempre con maggiore convinzione, la squadra pugliese si affacciava in casa Martina.Un solo brivido, ma di quelli che rischiano di farti cambiare espressione ed è splendido il portiere biancazzurro a distendersi con scatto felino sull’insidioso cross di Picci destinato a pescare De Vitis appostato proprio al centro dell’area, a quattro metri da Silvano Martina. Tutto questo mentre da Piacenza arrivano notizie della prima prodezza di Palanca. Le bandiere non sventolano più e sull’Olimpico scende il silenzio imbarazzato e forse anche qualche sapore di rimbrotto.

Nella ripresa torna tutto a posto. Bandiere al vento, entusiasmo alle stelle e biancazzurri di nuovo sul sentiero di guerra. È Monelli, in giornata di grazia, a trascinare i compagni. E nel giro di sei minuti (dal 47’ al 52’) fa correre inutilmente Spagnulo da un angolo all’altro della propria porta. Una doppietta che consente all’attaccante di migliorare il proprio record in fatto di segnature e soprattutto di ribadire il ruolo di protagonista della promozione. Due gol perfetti come esecuzione che rivelano le doti di un attaccante di razza e di un bomber di sicuro prestigio.

Questa volta la partita è proprio archiviata. E il gol di De Vitis dodici minuti prima della conclusione viene addirittura sottolineato dagli applausi dei tifosi biancazzurri, costantemente invitati dall’altoparlante a non invadere il terreno di gioco. È il riconoscimento a un giocatore che per tutto l’incontro ha cercato di misurarsi contro l’intera difesa biancazzurra. Più di questo il Taranto, privo di quattro titolari, e con la salvezza già in tasca, non poteva fare.

La promozione della Lazio è per certi aspetti legata alla squadra pugliese. Un successo maturato nel girone di ritorno e che cominciò a delinearsi proprio nella trasferta di Taranto. La vera svolta del campionato della squadra di Fascetti non fu a Barletta, infatti, dove pure conquistò la prima vittoria esterna della stagione scacciando i fantasmi della crisi sollecitata dalla sconfitta interna con l’Arezzo, ma proprio nella partita di andata contro la squadra di Pasinato. Dopo tante prove opache e rassegnate, soprattutto all’Olimpico, la Lazio trovò la forza di ribellarsi proprio a Taranto. Sotto di due gol, reagì con rabbia e disperazione conquistando un punto, ma soprattutto la consapevolezza della propria forza e quindi coscienza di poter puntare con pieno diritto alla lotta per la promozione.

E ieri, ancora contro il Taranto, ha chiuso definitivamente la lunga e snervante rincorsa. Dopo le incertezze e gli affanni della prima parte, la squadra è riuscita a tagliare il traguardo.

La Stampa titola: “Lazio e Atalanta, bentornate in A – I romani conquistano i due punti decisivi all'Olimpico con il Taranto, i bergamaschi battono in casa il Messina - Marino mette l'ultima pietra”

Roma — Ricorrendo ancora una volta agli ultimi novanta minuti al gioco, all'ultima partita di un campionato lungo nove mesi, la Lazio ha finalmente ottenuto il visto più ambito, più atteso, più sofferto: quello per la serie A. Già lo scorso anno, quando l'obiettivo da raggiungere era la permanenza tra i cadetti, i biancazzurri dovettero ricorrere all'ultimo incontro (vinto all'Olimpico contro il Vicenza grazie a una rete, a cinque minuti dal termine, di Fiorini) e, ancora, alla drammatica coda degli spareggi con Campobasso e, appunto, Taranto, per poter gioire.

E ieri, come un anno fa. i sostenitori biancazzurri sono accorsi sugli spalti dello stadio romano, sventrato dai lavori, a soffrire con i loro beniamini per l'ennesima volta. Ma, a dire il vero, non hanno dovuto soffrire molto: una Lazio determinatissima e un Taranto inizialmente svagato hanno permesso di tirare il fiato ai tifosi dopo soli nove minuti di gioco, quando, con un bolide all'incrocio dei pali da venticinque metri, Marino sbloccava il risultato e, con esso, il nodo alla gola di circa 40 mila persone intorno a lui. Era il segnale che finalmente la domenica giusta era arrivata.

Le notizie che giungevano da Bergamo e Piacenza non impensierivano più di tanto, anche perché la Lazio giocava un bel calcio e creava parecchie occasioni da rete, contro un Taranto rappresentato agonisticamente in campo dai soli Picci e De Vitis. Spingendo sull'acceleratore, i padroni di casa andavano più volte vicini al raddoppio. In due occasioni con Savino: al 17’ con un colpo di testa di poco a lato e al 33' con un clamoroso errore a porta sguarnita, dopo una corta respinta di Spagnulo su tiro da fuori di Piscedda. E ancora con Rizzolo, di testa al 43', con la palla nuovamente a fil di palo. Per Martina, solo un'occasione per mettersi in mostra, al 28' su tiro-cross di Picci.

Uno a zero stretto per i biancazzurri che, all'ingresso in campo nella ripresa, si presentavano di nuovo concentratissimi alia ricerca del gol-sicurezza. Passavano così solo due minuti e Monelli, in area di rigore mandava a terra due difensori con un paio di finte e appoggiava il pallone, con un delizioso tocco d'interno destro, alle spalle dell'incolpevole portiere tarantino.

La festa, sugli spalti, poteva avere ufficialmente inizio. Cinque minuti di ubriacante “ola” messicana rubavano spazio alla cronaca del campo, tanto più che gli stessi giocatori di entrambe le parti sembravano rimanerne affascinati. Ma c'era ancora tempo per il calcio: infatti, all'8', Monelli raccoglieva un cross lungo dalla sinistra di Beruatto e in diagonale insaccava la terza rete laziale, siglando anche la propria doppietta.

La partita non aveva praticamente più storia. Il centrocampo biancazzurro allentava la presa. Gli ottimi Pin e Caso tiravano i remi in barca e c'era spazio anche per gli ospiti. De Vitis, ormai libero da marcature assillanti, poteva affondare qualche colpo. Entravano anche Galderisi e Muro, entrambi in odore di cessione. Per “Nanu”, soprattutto, c'era l'ovazione del pubblico. Per De Vitis, invece, la soddisfazione del gol della bandiera (78'): splendida la sua incursione vincente sottoporta, ma evidente anche la complicità di una difesa ormai in vacanza.

Era il giusto 3-1, vista la sportività e la serietà con cui i tarantini hanno affrontato l'impegno. Anche per loro, al termine, c'erano gli applausi della festante tifoseria biancazzurra, civilmente rimasta sugli spalti invece di riversarsi come di consueto sul terreno di gioco. Ora, il presidente Calleri può guardare in modo ufficiale al futuro di serie A che attende la sua squadra. Già da tempo il massimo dirigente laziale si è mosso alla ricerca di validi rinforzi. L'argentino Dezotti, gli uruguayani Ruben Sosa e Gutierrez, dovrebbero arrivare d'oltre frontiera. Massaro, Lentini, Carillo, Drago e Contratto dall'Italia, per garantire ai tifosi laziali una stabile permanenza nella massima serie.




Risultati della 38 giornata e classifica finale del campionato di Serie B 1987/88