Domenica 19 marzo 2006 - Milano, stadio Giuseppe Meazza - Inter-Lazio 3-1

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19 marzo 2006 - 3.187 - Campionato di Serie A 2005/06 - XXX giornata

INTER: Toldo, J.Zanetti, Cordoba, Materazzi, Wome, Figo (71' Kily Gonzalez), Cambiasso, Veron, Cesar, Recoba (78' Pizarro), Adriano (84' Cruz). A disposizione: J.Cesar, Samuel, C.Zanetti, Martins. Allenatore: Mancini.

LAZIO: Peruzzi, Oddo, Siviglia, Cribari, Zauri, Behrami, Dabo, Liverani, Mauri, Pandev (77' Tare, 85' Bonanni), Rocchi. A disposizione: Ballotta, Giallombardo, Mudingayi, Belleri, Manfredini. Allenatore: D.Rossi.

Arbitro: T.Pieri (Genova).

Marcatori: 37' Figo, 46' Recoba, 54' Pandev, 72' Recoba.

Note: giornata discreta, terreno in mediocri condizioni. Ammoniti: Cribari e Cesar per gioco scorretto, Recoba per comportamento non regolamentare. Recuperi: 1' p.t., 3' s.t.

Spettatori: paganti 7.080 per un incasso di 144.930,50 euro, abbonati 41.738 per una quota di 740.906,68 euro.

Il biglietto della gara
Goran Pandev in azione
Recoba supera Angelo Peruzzi
Un'azione della gara
La prima pagina della Gazzetta del 20/3/2006

La Gazzetta dello Sport titola: "Si diverte l'Inter made in Chino. Perla di Figo, show di Recoba: Lazio k.o.".

Continua la "rosea": Buon compleanno, Recoba. Due giorni dopo aver festeggiato l'ingresso negli "enta", il giocatore più amato da Moratti regala all'Inter il passaggio da cui Figo ricava lo splendido gol dell'1-0, e soprattutto la doppietta che stende definitivamente la Lazio, illusa dalla rete di Pandev sullo 0-2. Giusto così: per i meriti della squadra nerazzurra in generale; e per quelli dell'uruguaiano in particolare, capace persino di battere Peruzzi di testa all'inizio della ripresa, prima di azzerare le ultime speranze di Liverani e compagni con il velenoso sinistro del 3-1 finale. Mai in partita, la Lazio si consegna con un atteggiamento colpevolmente remissivo all'Inter, come dimostra il bassissimo numero di falli commessi (appena 6), aspettando di essere in svantaggio per spaventare Toldo con maggiore convinzione di prima. E proprio perché la difesa nerazzurra concede spazi eccessivi, come si era visto la settimana scorsa contro la Sampdoria, è lecito chiedersi che cosa sarebbe successo se gli uomini di Delio Rossi avessero osato di più nella prima parte della gara, quella ancora apertissima cioè, in cui l'Inter cerca invano di fare la voce grossa, offrendo in realtà più fumo che arrosto. Padrona più del centrocampo che delle fasce laterali, grazie alla sicurezza con cui Veron e Cambiasso anticipano regolarmente i rispettivi dirimpettai Liverani e Dabo, la squadra di Mancini manca però in fase conclusiva, perché né Figo da una parte, né Cesar dall'altra riescono a smarcare Recoba e Adriano. Preoccupata più di tamponare che di attaccare, la Lazio per la verità sfiora per prima il gol con un gran tiro al volo di Oddo, bloccato senza problemi da Toldo.

Ma si tratta del classico lampo isolato, perché Behrami a destra stranamente fa scena muta e non certo per i meriti del fresco ex Cesar, mentre Mauri a sinistra corre a vuoto attorno a Figo. Così Pandev e Rocchi appaiono ancora più inoffensivi dei loro avversari Adriano e Recoba, anche a causa della grande giornata di Materazzi, preferito a Samuel come compagno di linea di Cordoba, tra capitan Zanetti a destra e il sempre più sicuro Wome a sinistra. Il rischio di appisolarsi nell'aria che introduce la primavera è elevato, ma dopo l'inutile lampo di Oddo ecco quello assai più concreto di Figo, che sveglia i tifosi nerazzurri per la precisione della lunga apertura in orizzontale di Recoba, e per la classe con cui il portoghese controlla il pallone, aggira Zauri, e infine lo scaglia di sinistro alle spalle dell'incolpevole Peruzzi. A questo punto incomincia un'altra partita, che fa emergere le potenzialità delle due squadre e di conseguenza la differenza che le separa in classifica. Pandev, per esempio, conferma il suo già noto talento sfiorando il pareggio alla fine del primo tempo, negatogli da una pronta chiusura di Toldo. Ma soprattutto affiora la classe dei singoli di Mancini, a cominciare da Recoba che apre lo show al 1' della ripresa con un raro colpo di testa, da grande opportunista, beffando Peruzzi uscito per raccogliere un incauto passaggio all'indietro, anch'esso di testa, del suo compagno Oddo.

E' l'avvio del momento migliore dell'Inter, ma paradossalmente proprio in questa fase in cui tutti vanno al tiro affiorano i difetti dei nerazzurri, che come tante altre volte quest'anno concretizzano poco in rapporto alle occasioni create, concedendo invece agli avversari la possibilità di colpirli con eccessiva facilità. E così, dopo le grandi parate di Peruzzi sui tiri dalla distanza di Veron e Wome, ecco il tocco ravvicinato di sinistro di Pandev, lasciato libero da Materazzi e Cordoba distratti da Rocchi, che supera Toldo. Il timore del pareggio viene allontanato in fretta dalla positiva reazione dell'Inter, che ha il merito di far valere la sua costante superiorità. E quando Recoba, al 27', firma la rete del 3-1, volando indisturbato sul lungo lancio in profondità di Veron, la Lazio si rassegna definitivamente senza doversi vergognare di questa sconfitta. Anche perché non perdeva contro l'Inter, a Milano, dal '93. Cose dell'altro secolo. Quando Mancini dava ancora spettacolo con la maglia della Sampdoria.


Il Corriere della Sera racconta così la gara:

L'attesa è finita, il derby per entrare in Champions League dalla porta principale continua. L'Inter è tornata a vincere contro la Lazio in campionato, dopo tredici anni di inutili tentativi. Non succedeva dal 9 maggio '93, in panchina c'erano Bagnoli e Zoff, decisivi l'autogol di Bacci e la rete di Schillaci. Poi tre successi dei biancazzurri e nove pareggi. A rompere il sortilegio (dopo lo squillo di Stankovic nei quarti di Coppa Italia, 2 febbraio) hanno provveduto Figo e Recoba: un colpo da maestro del portoghese (quinto gol in campionato, due in più della sua ultima stagione nella Liga con il Real) e una doppietta dell'uruguaiano. Il Chino non segnava due gol in una partita di campionato dall'1 febbraio 2004 (Inter-Siena 4-0) ed è arrivata la conferma che marzo continua a essere il suo mese benedetto (16 gol sui 63 complessivi realizzati), forse perché lui è nato a marzo (sotto il segno dei Pesci, come il club nerazzurro) e venerdì scorso ha compiuto trent'anni. Quella dell'Inter è una vittoria pesante (la ventesima in campionato, la quattordicesima a San Siro, dove ha perso due volte e mai pareggiato), perché le consente di proseguire il duello con il Milan in cerca del secondo posto che vale la Champions League, senza il rischio dei preliminari e senza dover accorciare le vacanze nell'estate del Mondiale. Ed è stato un successo non banale per almeno due motivi: perché i nerazzurri hanno ritrovato quella fluidità di gioco che avevano smarrito da Firenze (8 febbraio) alla Roma (5 marzo); perché la Lazio era in un buon momento: soltanto una sconfitta (Palermo) nelle ultime sette trasferte, con tanto di vittoria in casa della Fiorentina.

Del resto, la squadra di Delio Rossi, pur mettendo in vetrina "alcune distrazioni che di solito non commettiamo", ha provato a rientrare in partita anche quando si è trovata sotto di due gol e non ha mai rinunciato a giocare. Ma è stata colpita ogni volta che ha cercato di prendere in mano il filo del gioco. Perché l'Inter, dopo una partenza sprint, con Peruzzi (36 anni) subito decisivo, a difesa di compagni troppo timidi (e troppo bassi di baricentro, in continua sofferenza sul pressing alto di Veron e Cambiasso), si è scollata, in coincidenza con la momentanea eclissi di Recoba. Mancini ha richiamato con toni severi l'uruguaiano e Adriano, perché non riuscivano più a dare profondità alla squadra. Troppo statici, troppo prevedibili. Quando il Chino, temendo il cambio, ha avuto un sussulto e si è risvegliato, ha offerto l'assist che Figo ha trasformato nel vantaggio interista: controllo di destro, conclusione di sinistro, con un colpo da giocatore di biliardo, San Siro in estasi (36'). Il meglio di sé l'Inter lo ha offerto all'inizio della ripresa, quando un erroraccio di Oddo (colpo di testa arretrato e avventato dopo 35 secondi) ha consentito a Recoba (ammonito per aver sollevato la maglia) di segnare il secondo gol di testa della sua carriera italiana, dopo quello allo Sporting Lisbona (27 agosto 2002). Qui l'Inter ha dimostrato di saper essere micidiale, quando ha lo spazio per muoversi e giocare in velocità, andando in tre occasioni a pochi centimetri dal 3-0. Invece ha subito il gol della Lazio, perché Pandev, ex offesissimo per non essere stato considerato da Inter (è finito in comproprietà fra Lazio e Udinese, nell'ambito dell'operazione-Pizarro), non ha perso tempo a sfruttare il pessimo piazzamento della difesa interista.

L'Inter ha dato l'impressione di spaventarsi; ha frenato; ha lasciato spazio alla squadra di Delio Rossi, che ha cercato il pareggio con insistenza, anche se mai con tentativi nitidi. È stato Recoba, ancora lui, a chiudere i conti: quando Veron ha trovato l'ispirazione per metterlo in moto, il Chino non ha sbagliato la conclusione di sinistro, una rasoiata nell'angolo sull'uscita di Peruzzi, che ha tentato l'impossibile deviazione. La traduzione in ideogrammi cinesi della scritta dello sponsor Pirelli, che appare sulla maglia dal 14 giugno '95 (accordo destinato a resistere per chissà quanti anni ancora), porta fortuna. Era già successo il 16 ottobre 2005, ieri il bis. Conclusione: cinque gol al Livorno, tre alla Lazio.


Nota[modifica | modifica sorgente]

Azzerare i debiti. Costruire una squadra competitiva in lotta permanente per i primi quattro posti della classifica. Rivitalizzare il settore giovanile. Difendere il marchio. Ridare la Lazio ai laziali. Ecco lo spot pubblicitario firmato Giorgio Chinaglia. Una dichiarazione di intenti che non può passare inosservata sotto gli occhi del popolo biancoceleste, in conflitto con l'attuale dirigenza. L'idolo del popolo laziale, pur non facendo il nome del gruppo chimico-farmaceutico interessato a rilevare la società, ha ufficializzato il nome della banca incaricata a trattare l'acquisto: è la Investkredit Bank AG di Budapest. In periodo di elezioni politiche è normale che il candidato a una poltrona che conta presenti il suo "programma". Quello di Chinaglia, almeno a parole, è capace di attirare le simpatie e far sognare un popolo sofferente. In ballo c'è una poltrona per due: il presidente Claudio Lotito da una parte e Giorgio Chinaglia dall'altra. Con una differenza sostanziale, però: che Lotito è saldamente seduto sulla sua poltrona. L'altro candidato, per adesso, cerca consensi. E nella conferenza stampa di ieri Giorgio Chinaglia, oltre ad aver avuto un'ulteriore prova di quanto la gente laziale si sia aggrappata a lui, ha esposto il suo piano di lavoro, lanciando promesse (nel migliore dei casi) e/o illusioni (nel peggiore) a tifosi che non meriterebbero di rimanere delusi.

"Quando venni per la prima volta a Roma i tifosi già contestavano Lotito - ha dichiarato Chinaglia -. Dico a Lotito che, prima di offendere, dovrebbe ricordare i suoi trascorsi di imprenditore e che tra i suoi collaboratori c'è chi è stato inibito dalla Federcalcio per 5 anni (Walter Sabatini, consulente di mercato del club, n.d.r.). Io, con la Lazio, ci ho rimesso soldi miei e, per comprare un giocatore, sono stato costretto a vendere quattordici appartamenti che avevo a New York. Con il Foggia e il Lanciano, invece, non c'entro. Ora andrò a vedere la Lazio in tribuna autorità, insieme alla sparuta minoranza. Trovo strano che il signor Lotito chieda 500 milioni di euro per la Lazio, quando il Manchester è stato acquistato da Glazer per 700 milioni. Nel caso in cui questo progetto andasse in porto, abbiamo preparato un programma dettagliato. Come prima cosa, vogliamo azzerare tutti i debiti, dal fisco al piano Baraldi, e rilanciare il settore giovanile per recuperare quelle posizioni perse nelle precedenti stagioni".

L'idolo del popolo laziale chiarisce quale sarà il suo ruolo nell'ipotetica nuova società: "Non sarò io il futuro presidente, ma accetterò un altro ruolo. Adesso spero che ci sia la possibilità che la trattativa inizi veramente. Gli avvocati hanno fatto un primo tentativo, ma, per ora, senza risultato". Claudio Lotito, per nulla intimorito dai propositi di Chinaglia e dai malumori della piazza, rimane fermo sulle sue posizioni: "Anch'io, domani mattina, vorrei andare sulla luna. Io sono quello che, quando ha preso la Lazio, ci ha messo la faccia e mi piace parlare con le persone che mettono la faccia. Loro, invece, si sono nascosti. Posso soltanto dire che la Lazio, dal primo luglio, azzererà tutti i debiti. Io faccio i fatti, non le chiacchiere. Io ho risanato la società e ora qualcuno vuole godersi il mio lavoro. Ho valutato la società in 500 milioni di euro: 150 ne servono per il fisco e altri 150 per il decreto salvacalcio. Ma secondo voi, se dietro non ci fosse un progetto serio, fatto da persone corrette, Delio Rossi avrebbe firmato con noi un contratto di tre anni, visto quello che gli offrivano società come Sampdoria e Napoli?". Giorgio Chinaglia e Claudio Lotito sono impegnati in una battaglia dialettica sul futuro della società. Il pretendente sostiene di fare gli interessi di un gruppo chimico ungherese, ma aggiunge "i 500 milioni di euro chiesti da Lotito per cedere la Lazio sono troppi".