Martedì 21 agosto 2001 - Roma, stadio Olimpico - Lazio-FC København 4-1

Da LazioWiki.

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21 agosto 2001 - 2956 - Champions League - Terzo turno preliminare - gara di ritorno

LAZIO: Peruzzi, Negro (35' Favalli), Nesta, Mihajlović (61' Colonnese), Poborsky (53' Castroman), Mendieta, Simeone, Fiore, Pancaro, Crespo, C.Lopez. A disposizione: Marchegiani, Baggio, Stankovic, S.Inzaghi. Allenatore: Zoff.

KOBENHAVN: Kihlstedt, Rytter, Madsen (72' Fredgaard), Laursen, Jensen, Lønstrup, Poulsen, Røll, Thorninger (66' Bisgaard), Zuma, Jonsson (67' Fernandez). A disposizione: Petersen, Svensson, Nielsen, Christiansen. Allenatore Karlsson.

Arbitro: Sig. Krug (Germania).

Marcatori: 47' Crespo, 63' Crespo, 65' C.Lopez, 80' Zuma, 89' Fiore.

Note: ammonito Rytter. Recuperi: 1' più 3'.

Spettatori: paganti 37.133 per un incasso di 983.945.000 lire, migliaia di spettatori (circa quindicimila) entrati senza biglietto a causa di una affluenza imprevista. Ammonito Rytter per comportamento non regolamentare. Angoli 10-7 per la Lazio.


La pagina de La Stampa
L'undici biancoceleste
Lo stadio nel momento dell'ingresso in campo delle squadre
Il biglietto della gara
Mihajlovic si complimenta con Crespo dopo il primo gol dell'argentino
da La Stampa

Hernan Crespo sta benissimo e la Lazio molto meno, ma questo basta e avanza per andare in Champions League. Ci vogliono due gol del centravanti argentino, dopo un pessimo primo tempo, per spazzare dall'Olimpico la paura di un crac da quaranta miliardi, quelli che sarebbero mancati in bilancio in caso di mancata qualificazione.

Ma il risultato finale, arrotondato da Claudio Lopez, dal danese-sudafricano Zuma (interessantissimo) e da Fiore a tempo scaduto, non toglie parecchi dubbi sulla squadra di Dino Zoff, che ora si trova anche in completa emergenza-difesa: sono finiti k.o. Negro e Mihajlovic, due dei tre centrali titolari.

La "partita della vita", come l'aveva definita Zoff con insolita enfasi, finisce così in gloria ma il 4-1 non dice tutta la verità. Il primo tempo, infatti, è da povera Lazio. Perché finisce 0-0. Perché si fa male Negro, che sembra il simbolo di questa squadra alla ricerca dell'identità avendo cambiato il numero 2 della sfortunata stagione scorsa con il 18 lasciato da Nedved. Perché i nuovi acquisti Mendieta e Fiore sono forse i peggiori. Perché una bella parata di Kihlsted su girata di Crespo (13') e un tiro di Lopez respinto ancora di piede dal portiere (23') sono troppo poco.

I danesi impostano un 4-4-2 da calciobalilla e provano spesso il fuorigioco. I più incerti sembrano i due difensori centrali, ma la Lazio sente terribilmente la mancanza di Veron: nessuno inventa un passaggio dentro, tutti si limitano al tocco laterale. Il centrocampo a cinque non convince: Simeone galleggia davanti alla difesa, ma non è un vero regista e in quella posizione non trova mai spazio e tempo per gli inserimenti; Fiore tocca pochi palloni e finisce ai margini del gioco; Mendieta e Poborsky quasi si marcano tra di loro, facilitando Jensen che, sulla fascia, non soffre quasi mai.

Eppure si capisce che non ci vorrebbe molto per trovare il gol: il dislivello di classe tra le due squadre è vistoso, anche con questa Lazio a scartamento ridotto. A dimostrarlo bastano due minuti del secondo tempo e la prima azione con palla filtrante della partita. E' Claudio Lopez a pescare il taglio di Crespo e a mettere a nudo la lentezza dei due centrali difensivi: fuga di Hernan nello spazio vuoto, portiere saltato con un pizzico di fortuna e appoggio a porta vuota.

Dovrebbe essere finita e invece, proprio quando inizia la discesa, la Lazio si pianta. Gioca 10' rattrappita, concede due corner ai danesi e sul secondo si infortuna anche Mihajlovic, che lascia il posto a Colonnese.

Tocca ancora a Crespo risolvere per tutti: su cross di Favalli stoppa e fa partire un destro che trova l'incrocio (17'). Altri due minuti e sembra tutto finito: c'è un buffo "blocco" dell'arbitro a metà campo che favorisce la fuga di Mendieta, cresciuto nella ripresa; assist per Claudio Lopez e pare fatta. Ancora una volta, però, la Lazio non è capace di gestire la gara. Arretra troppo, lascia spazio ai danesi come aveva fatto all'andata e rischia ancora una beffa. Zuma si inventa un doppio dribbling e un bellissimo tiro a fil palo (35') che batte Peruzzi.

Gli ultimi dieci minuti diventano "veri", ma il Copenaghen è oggettivamente troppo debole per trovare un altro miracolo. La Lazio trema su due corner, ma nel recupero trova una prateria per Fiore che, con tutti i danesi all'attacco, si va a prendere il 4-1. Unica consolazione di una prova opaca. La Champions League c'è, ma per il campionato bisognerà lavorare. Anche sul mercato se, come si teme, oggi arriveranno cattive notizie dagli accertamenti medici per Negro e Mihajlovic. Ora più che mai servirebbe Cannavaro.


La Gazzetta dello Sport titola: “La Lazio salta l'ostacolo – Crespo, Lopez e Fiore incantano l'Olimpico - Dopo un avvio incerto i biancocelesti passano il turno”.

Roma - Tutto è bene quel che finisce bene. Ma durano troppo gli incubi della Lazio. Dopo un primo tempo quasi inguardabile li cancella Crespo con due gol, ma la sofferenza dura ugualmente fino al minuto novantuno, perché al 3-0 di Lopez risponde Zuma e basterebbe un altro golletto dei danesi per buttare fuori la malconcia brigata di Zoff. E' il secondo assist vincente di Mendieta, il migliore in campo, a regalare a Fiore il facile e decisivo 4-1, e in quel pallone c'è forse qualcosa di più, l’inizio di un dialogo tecnico tra i due giocatori che più degli altri devono tirare fuori la Lazio dagli impicci. Un dialogo cominciato qui, ma solo quando il match è ormai agli sgoccioli.

La Champions League, quella vera, è dunque riconquistata dopo l’1-2 dell'andata, e la si affronterà da testa di serie. Ma per durare a lungo in Europa, ci vorrà ben altro che la Lazio di stasera. Squadra piena di problemi e anche ferita. Si fa male Negro, e poi si fa male pure Mihajlovic. Nesta finisce col ritrovarsi ai fianchi quel piccolo combattente di Colonnese, in una difesa che un po' per cause di forza maggiore e un po' per buon senso del tecnico viene strada facendo riproposta a quattro.

I rinforzi, già auspicati da tempo (con le dovute proporzioni si ripropone la stessa storia della Roma, incluso il Lassissi fratturato), diventano ora una necessità, anche perché con tutto il rispetto Negro e Miha forse non si sono fatti male per caso. Per Zoff ci sarà da ripensare anche al modulo, inutile insistere col progetto di difesa a tre se non si possiedono i giocatori adatti. E visto che Nedved non c'è più e che bisogna evitare che Mendieta e Fiore si pestino i piedi stando troppo vicini, il vecchio 4-4-2 (con Fiore esterno sinistro) potrebbe tornare d'attualità.

Bastano pochi minuti per comprendere che tira un’ariaccia. Osserviamo Jonsson, il nazionale delle isole Far Oer, che all'andata non c’era e che gioca al posto del match-winner di allora Fernandez, scappar via a Nesta e poi impappinarsi. Osserviamo la Lazio iniziare un tentativo d'esercizio di bella calligrafia, ma tutto a quasi da fermo. Ogni tanto si ricorre al lancio chilometrico di Mihajlovic, ma va pure peggio, anche se si intuisce che i centrali della difesa danese, Madsen e Laursen hanno piedi non propriamente felici.

È subito brutta, la Lazio, anche se Mendieta si presenta bene e dopo una congrua pausa proseguirà meglio. Da centrodestra fa il regista e, per quel poco che serve visto come il Copenaghen pensa solo a contenere, l’interditore. Cerca e trova lì vicino Poborsky, che però non salta l’uomo (Jensen) nemmeno una volta, ed è bravo (mai geniale, però) anche nel gioco verticale.

Crespo si fa pizzicare talvolta in fuorigioco, ma in una circostanza a sbagliare è il guardalinee che lo ferma. Sarebbe la vera grande palla-gol della Lazio, visto come finiscono le altre, tutte addosso al portiere Kihlstedt.

Sono molte le cose che non funzionano. Il ritmo in generale e tutto il fronte sinistro della squadra, l’area di pertinenza di Mihajlovic dietro, Fiore e Pancaro in mezzo e Lopez davanti. Una verticale che non solo non decolla mai, ma dove il pallone puntualmente s'impantana tra mille fraseggi e finisce col venire restituito ad avversari che fanno dell’ordine (un 4-4-2 scolastico, quello messo su da Karlsson) la loro unica ma preziosa risorsa.

Indovinelli a piacere. La causa di tutto risiede nell'assenza di Nedved? O è piuttosto la crescita di Mendieta a togliere la parte a Fiore, due registi che partono ai fianchi di Simeone sono troppi? Oppure tutti i guai risiedono in Lopez, che per la verità ha un solo grande torto, quello di essere lo stesso della passata stagione e quanto a temperamento di rappresentare l’esatto contrario di Salas?

Dopo meno di mezzora Mendieta cala e la Lazio sparisce fino al termine del primo tempo. Ci si aggiunge il grave infortunio muscolare di Negro, che a metà campo si fa male praticamente da solo, cui Zoff pone rimedio inserendo Favalli a sinistra al posto di Pancaro e arretrando questi a destra, sulla linea di Nesta e Mihajlovic.

Brutti presagi per una ripresa che invece si apre col gol di Crespo in puro contropiede, felice l’assist di Lopez e stolti Madsen e Laursen, Hernan scarta pure il portiere. Si fa male anche Mihajlovic dopo una storica corbelleria, entra Colonnese, la Lazio si assesta tatticamente, il Copenaghen si sbilancia e arriva in tre minuti (18'-20’) l’uno due Crespo-Lopez, Favalli e Mendieta gli ispiratori.

Quando Zuma infila un pigro Peruzzi dalla distanza mancano dieci minuti alla fine, i danesi si riversano in avanti, e l’Olimpico insolitamente semipieno trema. Fin quando, finalmente, Mendieta e Fiore non si intendono.

► Nelle stesse pagine, La Gazzetta dello Sport esalta la prova del centravanti argentino: “Insostituibile, irrefrenabile Crespo segna e porta la squadra sulle spalle”.

Roma - Immenso. Irrefrenabile. Infallibile. Insostituibile. Impagabile. Scegliete voi l’aggettivo giusto per Hernan Crespo, o trovatene uno migliore, se potete. Perché questo centravanti da sogno, nel momento della difficoltà, dei nervi tesi, dell’insicurezza che ti fa tremare le gambe, si carica sulle spalle la squadra, sblocca la partita e poi finisce di atterrare il Copenaghen con un altro destro dei suoi.

In una serata particolare, con la squadra in difficoltà, bloccata psicologicamente e un po' macchinosa nella sua manovra a centrocampo, di palle giocabili non è che poi davanti ne arrivino moltissime. Ma il centravanti vero, quello che fa la differenza, è capace di imprese epiche.

E in questo momento Hernan non teme paragoni al mondo, nemmeno con Batistuta. Già, perché questo è un po' il suo tormento: al mondiale sarò titolare della favolosa nazionale argentina? Una domanda dalla risposta scontata, se l’alternativa non si chiamasse Gabriel Omar Batistuta. E poi c'è quel ct, Marcelo Bielsa, che non ha mai voluto prendere in considerazione l’idea di schierare insieme questi due fenomeni. Chissà, ancora c'è qualche mese per rifletterci. Sarebbe uno spettacolo vero per chi ama il calcio.

Ma la storia di questa strana notte della Lazio è diversa. Non inganni il risultato, di spettacolo se ne vede poco e ci vuole tutta la grinta e la voglia di buttare il corpo oltre questo ostacolo. Qui sta la grandezza di un campione, perché Hernan quando capisce che bisogna dare una mano è disposto a sacrificarsi: fa l’elastico, torna indietro a suggerire il passaggio al centrocampista che non sa a chi dare questo pallone che pesa. Mamma mia quanto pesa.

Un tempo d'attesa e una sola palla indirizzata in rete, quella che Lopez non si sente di tirare e gli passa anche in maniera sporca: lui si avvita, inventandosi una conclusione acrobatica. Non basta. Per il momento. Perché, se il pallone non va al suo profeta, è il profeta che lo insegue e così appena un danese si impappina lui è lì pronto ad approfittarne. Poi le braccia al cielo, portate in su per far salire l’entusiasmo della gente.

Un gesto che era di Veron. E quanto manchino le giocate di Seba lo sa solo lui, Hernan, amico discreto e professionista serio, al punto di non tirare mai in ballo antipatici paragoni con altri compagni.

Riflettevamo sul fatto di come sia importante per una squadra scendere in campo con un potenziale 1-0, visto che un centravanti così il suo gol, bene o male, lo fa. Ma stasera Crespo va oltre, firmando una doppietta bella nella sua varietà di conclusioni.

I numeri di questo ragazzo descrivono meglio di ogni altro aggettivo il suo splendido rendimento nel 2001: con la Lazio 25 partite giocate e 26 gol segnati; con l’Argentina 5 presenze e 6 gol. Nessuno può vantare una media così in questi otto mesi. E in una Lazio che sta perdendo pezzi per via delle plusvalenze, lui è l’unica grande certezza. Dimenticavamo. Nel finale l’abbiamo visto anche spazzare la propria area sui calci d'angolo battuti dai danesi: che volete di più?

La Stampa titola: “Crespo sveglia la Lazio - Doppietta, poi i gol di Lopez e Fiore - Preliminari di Champions League: La squadra di Zoff supera il Copenaghen, si qualifica, ma perde Negro e Mihajlovic”.

Roma - La corsa felice è quella di Crespo che libera il doppio urlo di un Olimpico prigioniero della paura di dover salutare la Champions League fin dall'assalto dei preliminari; il sigillo è quello di Claudio Lopez, l'argentino che incantava Valencia prima dell'acuto finale di Fiore.

Cragnotti, domani, sarà al suo posto nel salone delle feste di Montecarlo dove l'urna regalerà alla Lazio i nomi dei primi avversari nell'Europa che conta con l'immagine di una Lazio camaleontica, impacciata e senza idee al via, brillante e cinica dopo il primo acuto di Crespo e con un problema in più da risolvere in difesa, ora che ha perso Negro (stiramento alla coscia destra, fuori due mesi) e Mihajlovic (sospetta lesione del legamento collaterale de! ginocchio sinistro, tempi di recupero da stabilire).

Zoff aveva messo tutti sull'attenti, indicando nel Copenaghen una truppa di quelle da prendere con le molle. Ma, a complicarsi la vita, ci ha pensato una comitiva biancoceleste ancora lontana da quell'idea di squadra che ha in mente il tecnico.

La notte dell'Olimpico comincia con una sgradita sorpresa. In oltre 50 mila si presentano alla sfida del dentro o fuori abbattendo quelle che erano le stime della vigilia. Risultato: mancano i biglietti d'ingresso non stampati in numero sufficiente. Si accende un parapiglia, poi i cancelli e i pochi addetti alla sicurezza vengono travolti e in almeno duemila si accomodano sulle tribune senza sborsare una lira.

Zoff è in maniche di camicia e in piedi davanti alla panchina; la Lazio comincia a testa bassa, ma l'assedio non offre sussulti. I danesi confermano che sul piano fisico ci sanno fare e la barricata creata ad arte non lascia spazio a crepe. Ci prova Mendieta, ma il pallonetto prima e la saetta da fuori area poi, non vanno a segno. Tocca a Claudio Lopez, ma il fratello minore dell'argentino che incantava Valencia, non sfrutta un regalo di Laursen e colpisce il portiere da poco meno di due metri. Al 23' il giallo: calcio d'angolo di Mihajlovic, palla che rotola su Madsen e si ferma sulla linea o qualche centimetro oltre con le braccia di Kihlstedt che nascondono il pallone agli occhi dell'arbitro.

Nesta, Simeone e Mihajlovic suonano la carica, ma Fiore e Mendieta steccano; Negro viene saltato da Zuma e finisce la gara sulla barella, lasciando Zoff ancora più solo in un reparto, quello difensivo, già alla ricerca di un rinforzo di qualità e che nella ripresa deve pure fare i conti con il ko di Mihajlovic.

All'intervallo la faccia di Cragnotti è la fotografia di un presidente che vede in pericolo un progetto che non può fare a meno del massimo palcoscenico continentale. Zoff striglia la squadra e quando si riparte è una Lazio diversa. Crespo fa fuori il portiere danese e consegna il primo acuto: siamo al 3', il minuto che restituisce Nesta e compagni alla Champions League.

Passano 15' e l'attaccante argentino chiude il discorso consegnando sotto l'incrocio dei pali la saetta della tranquillità. Il finale è per Claudio Lopez che firma il 3-0 e per il primo gol in biancoceleste di Fiore. Il Copenaghen si consola con la rete di Zuma.

Cragnotti euforico a fine gara: "Ringrazio i tifosi, davvero eccezionali. Ai botteghini si sono presentati in un numero inaspettato e, per motivi di ordine pubblico, ho dato l'ordine di aprire i cancelli: almeno in 15 mila sono entrati senza pagare". E sul caso-Salas: "Sono sorti dei problemi, dipende da lui: se vuole rimanere con noi, la Lazio lo accoglierebbe a braccia aperte".