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Versione delle 22:45, 8 gen 2023

Foto di Francesco

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Come pagina di prova ho preso un testo dal Corriere dello Sport on-line
Hatayspor-Lazio 2-5
(articolo del Corriere dello Sport - versione on line)
MANAVGAT - Due vittorie su due. La Lazio chiude il ritiro in Turchia a bottino pieno. Dopo il 2-1 al Galatasaray ecco il 5-2 all’Hatayspor. Sette gol totali e 3 subiti. All’Emirhan Sport Center apre le marcature Vecino Falero Matías. Pareggio turco, poi vantaggio di Immobile su rigore e rete di Pedro. Andrade accorcia le distanze nella ripresa. Biancocelesti scatenati con Zaccagni (ancora dagli undici metri) e rete finale per la cinquina firmata Luka Romero. Sabato il ritorno a Roma, chiusa così la fase due della preparazione invernale. Sarri soddisfatto. Al 4 gennaio, giorno di ripresa ufficiale della stagione, manca sempre meno. La sua Lazio lancia segnali positivi.
► Il Corriere dello Sport titola: Sarri si mette Mou alle spalle. Mau imbriglia i giallorossi, un erroraccio di Ibañez favorisce il gol decisivo di Felipe Anderson: la Lazio scavalca una Roma AS deludente. E Pellegrini va ko. Senza Immobile e Milinkovic, i biancocelesti vincono un derby combattuto ma poco spettacolare. José assiste alla sterilità offensiva della sua squadra: solo una traversa di Zaniolo".
Prosegue il quotidiano sportivo romano: La Lazio vince un derby complicato, con un gol regalato dalla Roma AS. La Lazio ha meritato di vincere, è sembrata più squadra della Roma AS, ha saputo difendersi con ordine, senza concedere niente all’attacco spuntato di Mourinho nel secondo tempo durante il tentativo di rimonta. Il gol che ha deciso un derby dove lo spettacolo si è consumato soprattutto sugli spalti con coreografie da parte delle due tifoserie mai viste prima, è stato firmato da Felipe Anderson, al terzo gol contro la squadra giallorossa. La Lazio ha vinto il derby degli assenti. Senza Immobile e Milinković Savić Sergej è riuscita a cambiare pelle per complicare i piani di Mourinho, che mai come in questa partita ha avvertito l’assenza di Dybala. La Lazio ha snaturato il suo modo di giocare, è rimasta bassa e alla fine ha vinto il derby degli italiani. Sei in campo dall’inizio, più Cancellieri entrato nella ripresa. Nella Roma AS quattro titolari, più Belotti ed El Shaarawy. Non è facile vedere così tanti italiani in campo in serie A come nel derby capitolino. La Lazio ha scavalcato nuovamente la Roma AS in classifica e adesso è al terzo posto con l’Atalanta: l’eliminazione dall’Europa League fa meno male con questo successo che pesa.
La partita del 6 novembre 2022 Roma AS-Lazio è terminata 0-1 per i biancocelesti.
Lazio insolita. Mourinho ha preferito Camara a Matic, con Karsdorp a destra e Zalewski a sinistra ha messo in difficoltà Sarri, che ha tenuto bloccata la linea difensiva e quindi ha concesso spazio ai due esterni giallorossi. La Lazio con Luis Alberto (Romero Alconchel Luis Alberto) dall’inizio ha dato fastidio alla Roma AS, ma ha fatto fatica a salire senza un centravanti sul quale giocare. Immobile è andato in extremis in panchina, ma non era in grado di scendere in campo. Più compatta la squadra biancoceleste, che ha tenuto il baricentro più basso del solito e ha lasciato il possesso palla alla Roma AS. Marcature personalizzate a centrocampo: Cataldi ha fatto da schermo a Pellegrini (meno ispirato rispetto a giovedì scorso e condizionato dal problema muscolare che lo ha costretto alla resa all’inizio della ripresa), Cristante ha aspettato Vecino Falero Matías e Camara ha arginato Luis Alberto (Romero Alconchel Luis Alberto). La Roma AS ha attaccato dall’inizio, con Abraham troppo lontano dalla porta, in difesa ha concesso poco, ma un errore è stato fatale. Da una rimessa dal fondo Ibañez ha perso il pallone sulla pressione di Pedro, che lo conosce e gli ha rubato palla. Per Felipe Anderson (Pereira Gomes Felipe Anderson) è stato un gioco da ragazzi arrivare in corsa e battere Rui Patricio. Dietro anche Mancini ha faticato. Ammonito dopo 9 minuti, ha rischiato il rosso e Mourinho è stato costretto a lasciarlo negli spogliatoi nell’intervallo, inserendo Celik. Al 33' l’unica vera occasione dei giallorossi: Zaniolo, liberato da Abraham, ha centrato la traversa, dopo la deviazione di Marusic.
Il derby Roma AS-Lazio si è giocato in data 6/11.
Testo in grassetto
Testo in corsivo
L’amor di bandiera, ha scelto questa tattica per preparare e vincere il derby: "La dedica va al nostro popolo che ci criticherà anche, ma fondamentalmente ci è sempre vicino. Era d’obbligo "sparare" una prestazione di questo tipo". La lazialità ereditata e assorbita da Maurizio Sarri è stata continuamente allenata nei giorni pre-derby: "Ai ragazzi in mattinata ho detto "Oggi non si gioca per i punti, sono un nostro obiettivo, si gioca per il popolo laziale, pretende una prestazione di anima, cuore, personalità, generosità. Finirà come finirà, se daremo questo i tifosi saranno comunque contenti"". Niente calcio sgargiante, tanta forza e tanto sentimento, così Sarri s’è preso il secondo derby su tre contro Mourinho, lavorando su teste e cuori. S’è sciolto anche il maestro del calcio-scientifico, rimasto senza armi: "Vedere giocare i ragazzi con cuore e anima è ancora piu soddisfacente di vedere ordine e applicazione tattica. Questo è uno dei derby più sentiti del mondo, è diverso dagli altri. Io a Londra ne ho giocati tanti, ma non c’è certo la partecipazione emotiva di questo derby. Non è una partita normale e in questa settimana l’abbiamo pagata. La testa era qui".
Il tecnico: "Oggi abbiamo giocato bene" - chiosa Sarri - dobbiamo continuare così".
• Il Tempo titola: "Suicidio Roma AS. La Lazio gode. I biancocelesti vincono di misura il 157° derby della Capitale. Decide Anderson bravo ad approfittare dell’errore di Ibanez. Controsorpasso in classifica con la squadra di Sarri ora terza. Altra tegola Mourinho che perde Pellegrini per infortunio".
Prosegue il quotidiano romano: La Roma AS si suicida e la Lazio gode portando a casa il 157° derby della Capitale con un solo tiro in porta: anzi due. Ma basta e avanza per far male a una Roma AS che non fa molto di più se non attaccare in maniera sterile per tutta la gara senza mai trovare però la qualità giusta o la giocata decisiva per rientrare in partita dopo il generoso regalo di Ibanez alla mezz’ora. È l’episodio che, come spesso accade in una stracittadina, decide la sfida. La Lazio svolta quando il difensore brasiliano commette l’ennesima ingenuità (la quarta stagionale costata un gol per la retroguardia giallorossa) facendosi sfilare dai piedi una palla dolorosissima dall’ex compagno Pedro. Lo spagnolo è rapido e cattivo (tra i migliori dei suoi finché resta in campo), palla a Felipe Anderson (Pereira Gomes Felipe Anderson) e ospiti avanti. Il resto è una partita brutta, spesso interrotta, nella quale si concretizza raramente sotto porta.
La Roma AS attacca e la Lazio che fa quello che deve fare: ribatte colpo su colpo, sta stretta lì dietro e rinuncia al suo solito gioco per portare a casa la pagnotta: e gli riesce. Anzi, avrebbe segnato anche il raddoppio se Rui Patricio non avesse fatto un mezzo miracolo sempre su Anderson. Ma è chiaro che senza Immobile e Milinkovic la qualità davanti cala e i soliti meccanismi faticano a mettersi in moto per trovare la consueta fluidità. Però va bene anche così, perché dall’altra parte del campo c’è una squadra che non trova mai la lucidità e la concretezza per far male. Troppo poco la traversa colpita da Zaniolo (complice la deviazione di Marusic), così come l’apporto di Abraham: prob1ema che Mourinho prima o poi dovrà affrontare. E, visto che piove sempre sul bagnato, Mou perde anche Pellegrini in vista delle ultime due uscite di campionato prima della lunga pausa mondiale: altro infortunio, ancora una volta all'Olimpico... vorrà dire qualcosa?
Il bilancio finale rispetta i pronostici della vigilia che confermano come Orsato sia la bestia nera per la Roma AS al derby (mai vinto con lui a dirigere) pur non facendo errori clamorosi. E a proposito di scaramanzia, della serie "il pianto paga", ha vinto ancora una volta la squadra che ci è arrivava peggio a questa stracittadina. Tradizione rispettata al netto delle assenze pesanti con le quali entrambe le squadre si sono presentate all’evento dell’Olimpico. Cataldi va sotto la Nord a raccogliere i frutti del suo primo derby giocato con la fascia da capitano, Pellegrini passa in rassegna i suoi provando ad andare oltre perché il controsorpasso in campionato cambia più alla testa e all’umore che non a una classifica ancora tutta da definire. Lazio al terzo posto e Roma AS quinta agganciata dalla Juve e condannata (Ibanez in primis) a qualche giorno di penitenza cosi come i suoi tifosi costretti ad "abbozzare" alle battute dei rivali di sempre. Anche questo è derby.
Luigi Bigiarelli
Luigi Bigiarelli fondò la Lazio. Fino al 2007 non erano molte le notizie biografiche su questo personaggio e ciò rendeva complessa una ricostruzione esaustiva delle vicende umane e sportive dell'uomo che ebbe "l'Idea". L'impegno di LazioWiki, a partire da quell'anno, fu focalizzato a portare alla luce quanto più materiale possibile di questo straordinario uomo e sportivo. Nel 2009 le ricerche poterono dirsi concluse con l'acquisizione di molti documenti e immagini inediti e pertanto, con orgoglio, LazioWiki può vantarsi di aver ricostruito, per prima in assoluto, il percorso umano del Fondatore della Lazio.
Nato a Roma il 20 agosto 1875, figlio di Mariano, nato a Roma nel 1835 e deceduto a Roma il 6 luglio 1896 nella sua casa di Via degli osti n. 15 posta al 1° piano, 1° sergente della Guardia Pontificia e poi illustre botanico accademico, e Rosa Manni nata a Roma nel 1848 e deceduta a Roma l'8 gennaio 1880. Luigi morì a Bruxelles il 16 febbraio 1908. Resideva a Roma, alla nascita, in Borgo Vecchio n. 16, piano 2°, anche se sull'atto di nascita risultava nato in piazza Santa Marta n. 6 in territorio vaticano, nell'edificio oggi occupato dal Pontificium Hospitium Sanctae Marthae, voluto nel 1891 da Papa Leone XIII.
Anche lo zio paterno Pio era sergente della Guardia Pontificia. Il 28 giugno 1895 risultava già al servizio quale volontario ordinario nel 12° Bersaglieri con matricola 2.279. Il cognome "Bigiarelli" in Italia non è molto diffuso, ma si ritrova con una certa frequenza in una "enclave" delle Marche compresa nella zona tra Tolentino e Fabriano. E' probabile che gli avi di Luigi fossero quindi, come tanti romani, originari di tale regione. Ma tale ascendenza è molto remota se si pensa che il bisnonno, il nonno e il padre erano nati a Roma. Sappiamo anche che aveva un fratello minore di nome Giacomo e due sorelle più grandi, Pia nata a Roma il 18 ottobre 1872 e deceduta a Roma il 6 gennaio 1956 e Anna, nata a Roma nel 1886 e deceduta a Roma nel 1955. Più grandi di Luigi erano anche gli altri suoi fratelli Giuseppe, nato nel 1872 e morto giovanissimo e Camillo nato nel 1863 e morto a quasi 17 anni il 3 gennaio 1880, solo 5 giorni prima della morte della madre Rosa Manni. Una volta morta quest'ultima, Mariano prese in moglie in seconde nozze, 20 maggio 1882, la nobildonna Giulia Bellotti, nata a Roma nel 1832 e deceduta, sempre a Roma, l'11 giugno 1910.
Luigi risulta che da sergente del 14° Battaglione di Fanteria Africa prese parte alla tragica battaglia di Adua dell'1 marzo 1896 in cui furono uccisi, dagli Etiopi del Ras Maconnen, più di 5.000 soldati italiani del corpo d'armata del Gen. Oreste Baratieri, lì inviato dal Governo Crispi in un'illusoria ottica di espansionismo coloniale. Il 1 marzo 1896 ad Adua sono presenti due battaglioni di Bersaglieri per un totale di 773 uomini. A causa di problemi topografici i Bersaglieri, dopo una lunga marcia di avvicinamento, giungono in linea in ritardo sulle pendici del monte Zeban Daro, posizione che gli era stata affidata. L'occupazione viene perciò completata solo sulle pendici poiché l'ascensione presenta le difficoltà di una vera scalata alpina. Nonostante questo alcuni vi si accingono, ma trovano la vetta già occupata dal nemico e comunque riescono a farsi largo alla baionetta. La situazione si fa difficile per un continuo afflusso di soldati abissini che in questo settore sono in rapporto di 1 a 20 e che riescono a sfondare presto il reparto sul loro fianco. I Bersaglieri, presi d'infilata, per non finire accerchiati debbono retrocedere, ma lo fanno con ordine e sempre tenendo testa al nemico. Chi si salva deve sostenere violenti corpo a corpo. Dei 10.226 soldati bianchi impegnati ne morirono 4.050, oltre agli indigeni che combattevano al nostro fianco; molto più gravi le perdite subite dal nemico. Il nostro Fondatore era lì. Era partito, per questa sanguinosa guerra, da Napoli con il piroscafo Singapore il 16 dicembre 1895 ed era sbarcato a Massaua il giorno di Natale.
Scampato alla morte, Luigi tornò in Italia partendo da Massaua il 23 aprile 1896 e giungendo a Napoli il 3 maggio 1896 a bordo del piroscafo Vincenzo Florio. Ammalato, fu ricoverato per diverse settimane in ospedale. Tornato a Roma, essendo un giovane pieno di energia, decise di cimentarsi in prove sportive di vario genere, ma con una certa predilezione per il podismo. Già nel periodo di leva, del resto, aveva preso parte a gare di ginnastica, vincendo nel 1894 il Premio di S.A.R. il Duca d'Aosta (cronometro d'argento). Da alcuni documenti sembra che l'attività sportiva fosse stata intrapresa da Luigi per distrarsi dal ricordo assillante e doloroso di una storia d'amore finita male. Il luogo di Roma dove più si praticava lo sport era sicuramente quello compreso tra la sponda destra del Tevere e la collina di Monte Mario in cui vi era l'ampia spianata della Piazza d'Armi che ogni mattina vedeva le esercitazioni militari, ma di pomeriggio, era in uso agli atleti di varie discipline sportive. Qui il giovane Bigiarelli, insieme al fratello, si cimentava in allenamenti atletici di resistenza allo sforzo, di velocità e nel nuoto in cui aveva vinto delle gare. Il Tevere con i suoi aristocratici circoli natatori e di canottaggio, inavvicinabili dai più, era comunque il luogo per fare amicizia con altri sportivi e iscriversi alle varie gare che si organizzavano a Roma soprattutto per celebrare con l'esercizio fisico alcuni importanti avvenimenti cittadini. Alcuni di questi sportivi, tra cui Luigi e Giacomo, facevano parte di un gruppo non ufficiale chiamato "Liberi nantes" che faceva base su un barcone ancorato proprio sotto ponte Margherita che possedeva qualche scafo scartato dai circoli più ricchi e risistemato dal gestore.
Nel periodo più caldo invece si appoggiavano al galleggiante del "Bagno Talacchi" che si trovava sull'altra sponda. Il nome di questi atleti appassionati è stato tramandato dalla tradizione orale e da qualche documento e risultano essere stati nove e più precisamente: Luigi Bigiarelli, Giacomo Bigiarelli, Odoacre Aloisi, Alceste Grifoni, Galileo Massa, Arturo Balestrieri, Giulio Lefevre, Enrico Venier, Alberto Mesones. Costoro sono ricordati come i Fondatori ma sicuramente vi erano altri giovani che facevano parte del gruppo come Aurelio Bastianini, Angelo Golini, Ugo Novelli, Guido Annibaldi, Olindo Bitetti, Tito Masini, Tullio Mestorino, Giuseppe Valle, Rinaldo Fortini ed è sicuramente tra questi che vanno identificati gli altri sei che nel giornale "La bicicletta" del 18 gennaio 1900 vengono aggiunti, senza indicarli con il nome, ai nove tradizionalmente ritenuti fondatori. Il più determinato tra tutti era sicuramente Luigi. Costui aveva già partecipato a gare di podismo e aveva coperto la Roma-Firenze in 67 ore facendosi conoscere negli ambienti sportivi nazionali. Inoltre nel maggio 1899 aveva vinto una gara sui 120 m a Villa Pamphili che gli aveva permesso di divenire Campione del Lazio di corsa veloce. Insieme al podismo Luigi praticava con grande successo anche il nuoto e i giornali dell'epoca lo citavano sovente come specialista delle gare di fondo. Il 31 luglio 1898, ad esempio, si piazzò al secondo posto nel Campionato Roma su un percorso di m 7.500 che si sviluppava dalla foce dell'Aniene allo scalo della casina sociale della Rari Nantes in Riva Albero Bello, 22A. Erano convenuti i migliori specialisti romani e Bigiarelli fu battuto soltanto dal fortissimo Leonardo Forlivesi che impiegò 59 minuti contro i 70 di Luigi. La gara era stata organizzata del giornale "La Tribuna" e valeva per il titolo di campione romano del 1898.
Il 14 agosto dello stesso anno Bigiarelli partecipò ad una grande gara di campionato ad Anguillara e si misurò con i ventotto migliori nuotatori italiani giungendo nelle prime posizioni. Di lui abbiamo la descrizione fisica che ci è stata tramandata dai suoi amici: era di media statura, begli occhi azzurri e sinceri, lineamenti regolari e carnagione bruna. Era soprannominato, con tipica ironia romana, "er puntale" a causa di una barba che finiva con un angolo molto aguzzo. L'idea di formare una Società Sportiva venne a Luigi a cagione del fatto che il gruppo desiderava partecipare al "Giro di Castel Giubileo" del 21 aprile (Natale di Roma) del 1900, ma ne era impedito dal regolamento che permetteva l'iscrizione solo agli atleti appartenenti a società sportive ufficiali e quindi l'unica possibilità fu quella di costituirne una. Si sa anche che questi amici si erano allenati duramente in previsione della gara. Fu proprio Luigi che ebbe l'idea di formare una società negli ultimi giorni del 1899 e lanciò la proposta ai compagni che l'accettarono entusiasticamente. Le strategie operative venivano studiate su una panchina dei giardini di Piazza della Libertà, sovrastante il barcone succitato che fu chiamato beffardamente, per la sua modestia, Pippa Nera forse come deformazione irriverente del nome del circolo remiero Nera che nel barcone, già appartenuto ad un celebre traghettatore chiamato Toto Bigio e ceduto poi a tale Gambadilegno, aveva la sede.
Dopo molte discussioni ed escludendo volutamente il nome di "Roma" in quanto già esisteva la "Ginnastica Roma" e volendo comprendere tutta l'area latina in cui era Roma, fu deciso di chiamare la nuova società come "Società Podistica Lazio". Studi recentissimi e attendibili del socio di LazioWiki Marco Impiglia e della stessa LazioWiki, hanno però messo in dubbio una ricostruzione molto fantasiosa, seppur acriticamente dai più accettata, circa la scelta dei colori sociali e della loro ispirazione alla bandiera greca, patria delle Olimpiadi. Fino al 1904 in alcun documento e in alcun giornale viene infatti accennato a tali colori come quelli sociali e neppure il materiale fotografico sembra supportare tale tesi. Si ha ragione di credere che il bianco celeste sia stato adottato ufficialmente nel 1904. Da smentire decisamente anche la vulgata secondo la quale il simbolo dell'aquila fosse nato contemporaneamente alla creazione della Società. La prima immagine dell'aquila sul proprio stemma appare il 1 ottobre 1905, sotto la presidenza di Fortunato Ballerini.
Molto difficile risulta risalire a chi ebbe l'onore di scegliere il nome di questa Società*. E' probabile che fu un'idea comune, nata dalle proposte di tutti nel gennaio 1900, sebbene la tradizione voglia che il nome si debba proprio al giovane Olindo Bitetti. La Società nacque ufficialmente il 9 gennaio 1900, come riportato da un articoletto del "Messaggero" del giorno seguente. Sul luogo di nascita, come segno della nascita della nuova Società, fu scritto a lettere grandi con la vernice sul parapetto del fiume "S.P. Lazio". Che il fondatore più rappresentativo fosse proprio Luigi è testimoniato dal fatto che il giornale consigliasse di rivolgersi, per avere informazioni, all'indirizzo di Vicolo degli Osti 15 al 1° piano, che era l'abitazione, dietro Piazza Navona nel Rione Ponte, dei fratelli Bigiarelli. Solo più tardi la Lazio poté ottenere in affitto la propria sede in Via Valadier n. 21. E' curioso ricordare che la nuova Società aveva persino un inno, intitolato "Inno alla Lazio", che Balestrieri eseguiva con la sua ocarina ogni volta che un nuovo atleta diveniva socio laziale. Un discorso a parte si dovrà fare, una volta esperite ricerche più approfondite, sulle idee personali e le assonanze politiche e sociali intercorrenti tra i giovani fondatori. Tra di loro era presente ogni ceto sociale, ma appare significativo che la notizia della fondazione della Lazio apparve immediatamente sul "Messaggero" che notoriamente era schierato politicamente in senso molto laico e teso a illustrare e denunciare lo stato di disagio delle classi più basse della città, la corruzione dei poteri forti ed a sviare i tentativi dell'aristocrazia "nera", legata al Vaticano, di speculare sull'urbanizzazione della città capitale.
Non si possono quindi sottacere le velate accuse di suggestioni massoniche che venivano rivolte alle linea politica del quotidiano. Molto interessanti, a tal proposito, sono alcune recenti (gennaio 2012) notizie reperite su "Il Messaggero" del 1898. Luigi, insieme al fratello Giacomo anch'esso ottimo nuotatore e ad altri futuri cofondatori della Lazio come Galileo Massa e Alberto Mesones, si appoggiava e apparteneva ad un'organizzazione chiamata "Gioventù cristiana" che possedeva delle strutture sportive nella città. Ma, contrariamente a quanto potrebbe far immaginare il nome, essa aveva un'ispirazione fortemente liberale e anticlericale, legata com'era a movimenti evangelici protestanti e alla massoneria (**). Bigiarelli comunque non volle che ci fosse un presidente in quanto lo sport da lui veniva inteso come assoluta uguaglianza fisica e intellettuale e quindi negava il concetto di "primus". Era un tentativo il suo, per lui che aveva conosciuto la violenza della guerra, di diffondere il più puro ideale sportivo in termini di fratellanza e di universalità. Il 13 gennaio 1900 furono stabilite e pubblicate le ventuno regole dello statuto societario. Da quel freddissimo 9 gennaio, la Lazio ha cominciato quel percorso sportivo, sociale e culturale che non ha eguali a Roma e pochi rivali in Italia, in Europa e nel Mondo. Per pura informazione si ricorda che la corsa del 21 aprile di Castel Giubileo vide la Società Podistica Lazio vincere la medaglia d'oro a squadre. La Lazio nel frattempo era cresciuta come fama e come numero di soci e il potenziamento delle strutture si rese ben presto necessario. Le quote sociali che gli atleti potevano versare per la gestione erano sempre insufficienti e presto cominciarono a presentarsi gravi problemi finanziari.
Si ritiene che furono venduti anche i trofei che erano stati vinti e questa probabilmente fu una decisione che Luigi non poté sopportare in quanto il suo idealismo e la sua concezione dello sport negavano qualsiasi commistione con il denaro. Nel frattempo capitò che il fratello Giacomo dovesse trasferirsi a Bruxelles per i suoi affari legati al commercio e Luigi fu costretto a seguirlo. La partenza avvenne nel 1902 ma Luigi volle portare con sé le magliette da gara con la scritta "S.P. Lazio" sul petto. Da notare che nel 1900 Luigi assunse il ruolo di Direttore Generale dell'Audax Podistico Italiano la cui sede da Milano fu trasferita a Roma sotto l'egida della S.P. Lazio, ritenuta garante dei valori costitutivi di questo ente. L'A.P.I. era infatti un'Associazione nazionale che organizzava cimenti pedestri e ciclistici di lunga durata come mezzo di formazione fisica e morale. I fratelli Bigiarelli ampliarono il raggio dei loro affari in Belgio creando, grazie al credito concesso dalla Walter Barth & Cie dopo indagini quasi poliziesche sull'affidabilità dei due fratelli, una florida Società per il commercio agroalimentare, la "Bigiarelli Frères". A Bruxelles la loro residenza era situata nella zona dei mercati, in Rue de Sainte Catherine n. 6 (v. foto di una lettera autografa originale della Ditta). Negli anni seguenti sia "Il Messaggero" che "La Gazzetta dello Sport" riportarono i successi che Luigi coglieva in Francia e in Belgio in prestigiose gare podistiche internazionali, in cui il fondatore partecipava iscrivendosi, sia pur lontano, come atleta della Lazio di Roma. Sappiamo che Luigi fece registrare il tempo di 2 ore 28 minuti e 32 secondi sui 30 km di marcia che costituì, sia pur mai omologato, il record mondiale. La superiorità di Luigi era talmente netta che gli fu impedito di gareggiare in Belgio. Il vecchio ideale fu così eternato e propagato in Europa con infinito orgoglio di appartenenza e amore per quei due colori.
I risultati ottenuti e la conseguente fama acquisita portano Luigi Bigiarelli ad essere considerato un importante podista nel panorama pedestre italiano. Una riprova di ciò la possiamo trovare in un articolo de "La Gazzetta dello Sport" del 3 marzo 1903 (v. foto pubblicata) nel quale è riportata la notizia della visita di Luigi presso il Club podistico "Libertas" di Milano dove, acclamato e festeggiato, viene nominato socio onorario del sodalizio meneghino. Dopo appena un anno dal suo trasferimento, nell'aprile 1903 Luigi e Giacomo Bigiarelli ritornarono a Roma, forse per completare il trasloco, dove, come confermano i giornali dell'epoca, fu accolto con grande entusiasmo dalle società podistiche. Ad agosto Luigi e Giacomo partecipano ad un match di waterpolo ad Anzio (v. foto del ritaglio de "Il Messaggero"). Luigi Bigiarelli morì giovanissimo, a 32 anni, a Bruxelles il 16 febbraio 1908 probabilmente per una polmonite trascurata. La Gazzetta dello Sport comunicò la notizia della scomparsa con accenti commossi, ricordando che Luigi, nel frattempo, come atleta della Lazio, era diventato Campione mondiale di marcia podistica. La Gazzetta dello Sport del 2 marzo (v. foto) ne dava così notizia: "Qui non si parla di una nuova vittoria del forte marciatore romano. Da molto tempo Luigi Bigiarelli aveva abbandonato il suo sport preferito, pur rimanendo un amico appassionato, non dimenticando anche, nei brevi momenti lasciatigli liberi dalla sua professione, la nostra Gazzetta alla quale spesso collaborò. Oggi il suo nome è unito all'angoscioso annuncio della sua morte. A Bruxelles, dove con la sua attività insaziabile era riuscito a far prosperare una buona azienda, il nostro povero amico è stato strappato alla vita nell'ancora giovanissima età di trentadue anni. La notizia commoverà quanti come noi avendo conosciuto Luigi Bigiarelli ne apprezzarono le doti e la sincera sua passione per ogni manifestazione sportiva e riuscirà non meno dolorosa per quanti ricordano ancora il marciatore elegante e veloce e le sue clamorose vittorie. Luigi Bigiarelli fu con Arturo Balestrieri l'entusiasta fondatore della Società Lazio".
La notizia giunse a Roma il 5 marzo e, qualche mese più tardi, a Natale, così come si legge sul La Gazzetta dello Sport di dicembre, la Lazio organizzò, in memoria e in nome del suo compianto fondatore, una gara di corsa di 1.000 metri per giovanissimi al loro primo cimento sportivo . Il 25 dicembre sul percorso di viale delle Milizie parteciparono alla manifestazione 38 corridori e il Gran Premio Luigi Bigiarelli fu vinto dal laziale Mario Azzali. L'anno seguente fu primo al traguardo Francesco Giuseppe De Vito. Nel 1910 il campo di gara fu spostato al Prato dei Daini e Armando Marcucci si classificò al primo posto. Il Premio Bigiarelli fu ripetuto anche negli anni successivi: se ne trova infatti notizia anche nel febbraio 1912 quando la gara, svoltasi al Parco dei Daini, fu vinta da Costantino Crespi. Nell'agosto 1908 una lapide in memoria di Luigi fu donata, in una commovente cerimonia, dal Collegio Italiano dei Pionieri del Nuoto alla società Virtus, società nata da una costola della Lazio e con diversi atleti che si erano affermati con i colori biancocelesti (Vedi ritaglio de "Il Messaggero" del 20 agosto 1908). E' curioso evidenziare come un battello da trasporto passeggeri e merci di nome "Lazio", proprio dalla fine del 1899 solcasse il Tevere e transitasse due volte al giorno davanti al Pippanera. Una suggestione per la scelta del nome?
Chinaglia Giorgio
Biografia Carriera
Attaccante, nato a Pontecimato, frazione di Carrara, il 24 gennaio 1947 e deceduto in Florida a Naples il 1° aprile 2012 in seguito ad un attacco cardiaco che lo aveva colpito il 30 marzo 2012 e per il quale era stato operato per l'applicazione di quattro stent. Giorgio Chinaglia nasce in una famiglia povera ma dignitosa che dimora in Pontecimato, frazione di Carrara. Il padre Mario emigra nel Galles dove svolge un duro lavoro in fonderia, mentre la mamma Giovanna, casalinga, aiuta la famiglia completata anche dalla sorella Rita.
Dalla nascita ad emigrante nel Galles
Giorgio vive con la nonna Clelia fino all'età di 6 anni quando si riunisce alla famiglia a Cardiff in Galles, dopo un viaggio con un cartello legato al collo che riportava l'indirizzo della famiglia nel caso si fosse perso. In Galles la famiglia Chinaglia non se la passa bene e il padre con il proprio lavoro riesce a stento a sfamare la famiglia che vive in due piccole stanze con un affitto molto caro da pagare. Il piccolo Giorgio frequenta la scuola cattolica "St.Peter's", e poi la "Lady Mary Grammar School"; qui fa la conoscenza con l'allenatore della squadra di rugby della "Lady Mary" che gli propone di allenarsi dopo aver avuto buone referenze dal professore di educazione fisica. E' il padre a respingere la proposta affermando che un Italiano deve giocare solo al calcio. Con questo presupposto Giorgio inizia a dare i primi calci al pallone con profitto sicuramente migliore di quello scolastico. Molto presto il ragazzo è inserito sia nella squadra scolastica di calcio che in quella di rugby, malgrado il categorico divieto espresso dal padre.
Dallo Swansea alla Massese
Intanto la famiglia Chinaglia riesce a traslocare in una casa più comoda e il padre, dopo anni di sacrifici e abbandonata la fabbrica, diviene un apprezzato chef ed apre un ristorante, il "Mario's Bamboo Restaurant", con ottimi profitti economici. Il piccolo Giorgio alterna la scuola al campo di allenamento e la sera dà una mano nel locale facendo il cameriere o lavando i piatti. Ha sempre in mente il calcio e il fisico lo aiuta: segna reti a grappoli e viene notato da un osservatore del Cardiff City che gli propone di entrare nelle giovanili della più importante squadra della città gallese previo un provino da effettuarsi sul campo della società. Ma il giovane Chinaglia rifiuta di fare il provino ed l'opportunità salta. Entra allora in scena la seconda squadra di Cardiff, lo Swansea che lo arruola nelle giovanili e così Giorgio inizia la gavetta di calciatore. Gli inizi non sono facili perché, pur segnando e giocando bene, Chinaglia non riesce ad entrare in prima squadra. La sorte gli viene in aiuto a causa di una decimazione dei titolari, dovuta ad infortuni e squalifiche, e Giorgio viene convocato esordendo in una gara di Football League Cup contro il Rhotheram quando non ha neanche 16 anni. La sua seconda apparizione si registra solo un anno dopo contro il forte Portsmouth, in una gara in cui il giovane non tocca molti palloni, stretto dalla difesa avversaria formata da giocatori esperti e molto forti.
E' il 1966 quando il neo presidente dello Swansea, Glen Davis, non credendo in lui gli concede lo svincolo gratuito che, nel calcio inglese, significa sostanzialmente la bocciatura definitiva di un calciatore. Per Chinaglia è un colpo durissimo. Il padre, nel frattempo, trovandosi in vacanza a Massa, era riuscito a trovare un accordo con la locale squadra della Massese che aveva acconsentito ad ingaggiare il giocatore con la promessa che dopo tre anni, se avesse sfondato, sarebbe stato ceduto ad una squadra di Serie A. La regola prevedeva infatti che ogni giocatore italiano, tesserato all'estero in precedenza, dovesse giocare 3 campionati di Serie C prima di poter essere tesserato come professionista. L'arrivo alla squadra toscana non è dei più sereni perché Giorgio, non abituato alle severe regole comportamentali delle squadre italiane, abbandona il ritiro lasciando basiti compagni e dirigenza. E' il padre a riportarlo in ritiro ricordandogli i suoi doveri e il rispetto delle regole ed il giocatore, convinto, lentamente si adatta alla nuova vita. L'esordio avviene in una calda giornata di settembre proprio contro la Lazio, in una gara amichevole terminata 2-2, in cui l'attaccante segna una rete per i toscani addirittura con un colpo di tacco. Il primo anno in terza serie è per Chinaglia un'ottima esperienza maturata con 32 presenze, ma solo 5 reti all'attivo. Nel frattempo arriva anche la chiamata alle armi e il giocatore viene aggregato alla compagnia atleti di Roma alla Cecchignola. Una mattina, mentre è in cella di punizione per essere fuggito dopo il contrappello ed aver avuto uno scontro fisico con un tenente, apprende di essere stato ceduto alla neonata Internapoli per ben 100 milioni di lire.
L'esperienza all'Internapoli
Appena appresa la notizia Chinaglia, che sperava di essere ingaggiato da una squadra di nome, va su tutte le furie, ma poi capisce ed accetta il trasferimento allettato anche da un ingaggio superiore e da bonus per ogni punto e rete segnata. Nella nuova squadra incontrerà un altro giocatore di origini inglesi, Wilson Giuseppe con cui legherà subito. Anche a Napoli gli inizi non sono facili, poi Chinaglia riesce a sbloccarsi, chiudendo la stagione 1967/68 con 10 reti, meritandosi la convocazione nella Nazionale di serie C, dove colleziona 2 presenze. A questo punto manca una sola stagione per finire il "purgatorio" a cui la Lega costringeva i calciatori tesserati all'estero prima di compiere il grande salto, e quindi Chinaglia si prepara al meglio desideroso di mettersi in vetrina per gli osservatori delle grandi squadre di Serie A. Fra gli osservatori che lo avevano seguito con più assiduità c'è Carlo Galli, Direttore Generale della Lazio, che scrive continue note benevole su questo ragazzo a Juan Carlos Lorenzo, allenatore dei biancocelesti. Ad aprile parte da Roma l'offerta di 200 milioni per Chinaglia e Wilson e la società partenopea accetta senza esitazioni. Per il giocatore e il suo compagno si aprono improvvisamente le porte della massima serie. L'Internapoli intanto si piazza al terzo posto dopo un campionato estenuante e Chinaglia è protagonista con 14 reti che gli valgono altre 2 partite nella Nazionale di serie C.
Giorgio si aggiudica al termine della stagione 1969 il Premio come Calciatore esemplare per la serie C, assegnato dal quotidiano Stadio al calciatore distintosi per qualità atletiche, tecniche, morali. Per il giovane attaccante, già felice per il trasferimento, arriva anche l'amore in quanto conosce una ragazza italo-americana sul lungomare di Napoli: Connie Eruzione, figlia di un ufficiale della Nato. Fra i due scoppia una simpatia sempre più crescente che, in breve, sfocia in in un amore intenso.
L'arrivo alla Lazio
La scelta della Lazio è assolutamente gradita a Chinaglia in quanto rappresenta l'ingresso nella Serie A e anche per la vicinanza di Roma a Napoli, città che può raggiungere facilmente per andare a trovare la sua fidanzata. L'impatto con l'allenatore biancoceleste Juan Carlos Lorenzo è abbastanza felice in quanto il tecnico crede in lui ma intende farlo crescere tatticamente e disciplinarlo maggiormente. La stoffa del grande attaccante si vede subito e in molti si stupiscono del suo temperamento in campo dove lotta su ogni palla e cerca la via della rete da ogni posizione. L'esordio in Campionato avviene alla seconda giornata, nella trasferta persa a Bologna per 1-0, quando all'inizio della ripresa rileva Ferruccio Mazzola. Ma è la domenica successiva, davanti al proprio pubblico, che il giovane attaccante gioca la sua prima gara da titolare, con il numero 10 sulle spalle, contro il Milan AC. Ed è un esordio travolgente, perché al 62' riesce a segnare la sua prima rete in Serie A e per giunta è il gol che fissa il risultato finale. Praticamente diventa titolare inamovibile dell'attacco biancoceleste e il 19 ottobre 1969 nella gara vinta clamorosamente contro la Fiorentina, campione d'Italia uscente per 5-1, segna la sua prima doppietta in campionato e manda i tifosi in estasi.
La partenza bruciante della Lazio comporta una flessione atletica a metà stagione e anche Chinaglia ne risente ma, alla fine del torneo, il suo "score" è di 28 presenze e 12 reti. Per un esordiente è un ottimo biglietto da visita, tant'è che viene convocato nella nazionale Under 23 dove gioca una partita valevole per la Coppa Latina ed il C.T. della Nazionale Ferruccio Valcareggi lo seleziona fra i 40 giocatori che possono aspirare ad andare a giocare i Mondiali del Messico. Purtroppo il giocatore non viene selezionato fra i 22, ma si consola sposando la sua fidanzata Connie.
Lorenzo e la retrocessione in serie B
L'esplosione di Chinaglia nel panorama del calcio italiano si deve in gran parte al fiuto di Juan Carlos Lorenzo nel lanciare il giocatore e questo l'attaccante lo apprezza ripagando l'allenatore con una grande stima. La stagione 1970/71, che doveva essere quella della definitiva consacrazione, parte tuttavia male e la squadra si trova a combattere subito per non retrocedere. Viene convocato nella Lega Nazionale dove disputa una partita. In Campionato Chinaglia lotta come un leone ma la squadra non gira e alla fine arriva penultima con l'inevitabile retrocessione in Serie B e soprattutto con l'esonero, peraltro già più volte preannunciato durante la stagione e poi sempre ritirato per le pressioni della tifoseria, di Lorenzo.
Per il giovane attaccante è un duro colpo tanto da arrivare a chiedere alla società di essere ceduto ma si ritrova deferito e multato dalla Lega, dove il neo Direttore Sportivo Antonio Sbardella lo ha deferito per le dichiarazione rese alla stampa. Non si sente di giocare nel campionato cadetto ma soprattutto sente la mancanza di Lorenzo, sostituito nel frattempo dal giovane allenatore Tommaso Maestrelli. Intanto incombe la finale della Coppa delle Alpi e i giocatori raggiungono la Svizzera per giocare le partite conclusive di questo torneo, mentre i giornali sportivi parlano di un'offerta della Juventus, del Torino AC e del Milan AC per l'attaccante biancoceleste che sembra sul punto di essere ceduto per ricostruire, col ricavato, una squadra capace di ritentare subito la promozione nella massima serie.
L'incontro con Maestrelli, la serie A, la Nazionale
Una sera di giugno a Chinaglia si presenta Maestrelli che, con modi affabili, gli illustra tutto di un fiato il suo progetto per riportare la Lazio nell'olimpo del calcio e gli confessa che di quel progetto l'attaccante sarebbe stato il cardine principale. Chinaglia non replica, non ne ha il tempo, ma è molto colpito dal modo di fare del nuovo allenatore biancoceleste. Durante la fase finale della Coppa delle Alpi, Chinaglia è afflitto da una forte influenza e da mal di gola. Maestrelli lo sprona e, spremendogli del succo di limone in gola, lo convince a scendere in campo e Giorgio segnerà una tripletta in 45 minuti.
La Lazio vince il torneo mentre Lenzini rifiuta tutte le offerte per l'attaccante che si prepara a giocare la terza stagione in maglia biancazzurra, la prima in seconda divisione. Chinaglia è felice di essere rimasto perché i metodi di Maestrelli lo entusiasmano e soprattutto apprezza la sua umanità nel trattare con la squadra. In Coppa Italia Chinaglia e compagni battono la Roma AS 1-0 e passano il turno. Il Campionato cadetto si rivela duro e Maestrelli è alle prese con soventi contestazioni capitanate da tifosi nostalgici di Lorenzo costituitisi in un gruppo chiamato "Coscienza della Lazio". Chinaglia, giocatore dalla correttezza cristallina, conosce anche la prima espulsione, a Reggio Emilia, in una gara persa 1-0 ma non ne ha colpa in quanto l'arbitro è ingannato da una sceneggiata del portiere Boranga. Comunque il centrattacco laziale segna molte reti e scende in campo anche con otto punti di sutura a una tibia per dimostrare il suo attaccamento alla maglia. Viene convocato nella Lega Nazionale di Serie B Under 25, dove disputa una partita.
La Lazio riesce infine a centrare il secondo posto e la promozione in Serie A e per Giorgio (vincitore del premio Chevron Sportsman dell'anno per la serie B), inaspettatamente, arriva anche la convocazione della Nazionale in tournée nei Balcani. Chinaglia raggiunge la Nazionale la sera della matematica promozione in Serie A e il 21 giugno 1972 esordisce segnando la rete del definitivo pareggio contro la Bulgaria. Per un giocatore di Serie B è un record esordire e segnare in maglia azzurra. Naturalmente si scatenano di nuovo le grandi squadre per ingaggiarlo e arrivano ad offrire quasi un miliardo di lire, cifra stratosferica per l'epoca, ma ormai Chinaglia ha nella pelle questa squadra e questa maglia ed il Presidente Umberto Lenzini rispedisce al mittente tutte le offerte.
La beffa di Napoli e il viaggio premio negli U.S.A.
Tornato di nuovo a giocare nella massima serie, Chinaglia si appresta a vivere una stagione tranquilla. La Società, dopo notevoli sforzi in campagna acquisti, chiede una salvezza tranquilla, obiettivo che sembra alla portata dei biancazzurri. Ma il pre- campionato e sopratutto la Coppa Italia non portano segnali positivi. La squadra non decolla e gioca male, Maestrelli è nell'occhio del ciclone, ma con l'inizio del torneo tutto si trasforma e i biancazzurri iniziano a macinare bel gioco e a conseguire ottimi risultati fino ad arrivare a comandare la classifica fra la sorpresa di tutto il panorama calcistico. Ormai Giorgio fa parte del clan azzurro in pianta stabile, giornali e rotocalchi lo mettono in copertina e lo cercano per intervistarlo. Negli spogliatoi Chinaglia è ormai il leader incontrastato, anche se la squadra è divisa in clan: da una parte lui e Pino Wilson, dall'altra Luigi Martini. Volano botte ed insulti a Centro Sportivo Tor di Quinto-Tommaso Maestrelli ma, quando scendono in campo, i giocatori sono tutti amici pronti a sostenersi: nella gara Lazio-Napoli del 21 gennaio 1973, quando sia in campo che negli spogliatoi scoppia il putiferio fra Rimbano e Vavassori da una parte e Chinaglia e Wilson dall'altra con scambi reciproci di schiaffi e calci, tutti i biancazzurri si pongono a difesa dei loro compagni nonostante i due napoletani giurino di vendicarsi nella partita di ritorno.
Intanto il Campionato nonostante una lieve flessione dei biancocelesti, continua e la Lazio è addirittura in lotta per lo Scudetto. Il Sabato Santo del 1973, nel big match contro il Milan AC, Long John (questo l'appellativo datogli dai tifosi) spezza addirittura due falangi al portiere rossonero Belli con una potente punizione, mandandolo in ospedale mentre lui esulta per la rete del raddoppio appena segnata. Ma il sogno tricolore di Chinaglia e compagni si spegne all'89' minuto dell'ultima giornata quando, a Napoli, in un clima rovente, la Lazio subisce la rete della sconfitta, e la Juventus vince uno Scudetto dai torbidi contorni di cui si parlerà per molti anni a venire. E' una delusione cocente che solo in parte viene mitigata dalla tournée negli U.S.A. dove si giocano alcune amichevoli tra cui una con il Santos di Pelé. I calciatori sono accompagnati dalle mogli e passeggiare per le strade di New York, riaccende in Connie la nostalgia degli States e la voglia di tornarci a vivere. Anche Long John è affascinato dalla megalopoli ma al momento pensa solo a vendicare il terzo posto della stagione passata e non avrà pace finché non ci riuscirà.
Lo scudetto conquistato a suon di rabbia e reti
Il campionato 1973/74 inizia nel migliore dei modi per la Lazio con due vittorie nelle prime due giornate. Il desiderio di rivincita è tanto ma non è facile mantenere il passo delle squadre più titolate. Chinaglia segna e fa segnare e ha un nuovo compagno di reparto: un ragazzo del vivaio che si chiama Vincenzo D'Amico e che in campo è una furia. E' di Chinaglia il goal vincente nel Derby d'andata. E ancora sue sono le reti vincenti al Napoli e al Cagliari intervallate da un rigore fallito con la Fiorentina. Chinaglia sembra possedere la forza per guidare da solo tutto il gruppo biancoceleste. In allenamento non vuole mai perdere e le partitelle vengono prolungate, con i fari delle macchine accesi, fino a che la sua squadra non passa in vantaggio. E Maestrelli, complice, cerca sempre di accontentarlo perché ne conosce il carattere. A Natale la Lazio è così prima in classifica e viaggia verso il titolo. Giorgio è una furia nel febbraio 1974 contro la Juventus quando segna una doppietta e trascina i biancazzurri alla vittoria in una gara epica. Ma è anche capace di prendere a ceffoni Mario Maraschi reo, da ex, di aver segnato la rete della sconfitta a Genova contro la Sampdoria o a calci nel sedere Vincenzo D'Amico reo di averlo sbeffeggiato. E' guascone, trascinatore, attaccabrighe, come nel Derby di ritorno quando inizia a punzecchiare la curva giallorossa prima della gara, alzando un piede come se prendesse la mira e alla fine, uscendo dal campo tra i lacrimogeni, lanci di sassi, pezzi di suppellettili, dopo che in campo aveva fomentato il pubblico esultando alla sua maniera sotto la curva sud dopo un goal. Per alcune settimane deve addirittura rifugiarsi nell'abitazione di Maestrelli per sfuggire alla furia dei tifosi giallorossi che lo aspettavano sotto casa.
La domenica successiva contro il Napoli, gioca, forse, la più bella gara della sua carriera segnando una tripletta con la quale rimonta e annulla per tre volte il vantaggio dei partenopei. Per fermarlo i difensori usano tutti i sistemi leciti ed illeciti ma è imprendibile e alla fine anche il pubblico ostile deve inchinarsi alla sua forza. Contro il Verona impone a tutti i compagni di restare sul campo, senza andare negli spogliatoi per l'intervallo, in attesa degli avversari perché la Lazio è in svantaggio per 1-2. Nel secondo tempo la Lazio vincerà 4-2 e per lui si prospetta anche il titolo di capocannoniere, in una lotta spalla a spalla con l'interista Boninsegna. Chinaglia e compagni si apprestato a coronare il loro sogno il 12 maggio 1974 quando, in uno stadio gremito ben oltre il limite della capienza, la Lazio si gioca il tricolore contro il Foggia. La partita è nervosa e la squadra sente troppo il risultato, ma al 60' un sacrosanto rigore per un fallo di mano offre all'attaccante laziale la palla del match-point che significherebbe Scudetto. Chinaglia è emozionato, chiude gli occhi e tira piuttosto male ma segna il goal che vale il titolo tricolore al portiere foggiano Trentini. Mezz'ora più tardi lui e la Lazio si laureano Campioni d'Italia, dando vita a festeggiamenti senza precedenti che si concludono solo all'alba. Sempre nel 1974 Giorgio incide un disco dal titolo "I'm football crazy", brano scritto dai fratelli De Angelis e colonna sonora del film "L'arbitro" diretto da Luigi Filippo D'Amico ed interpretato dall'attore siciliano Lando Buzzanca.
I Mondiali del 1974
Chinaglia si laurea anche capocannoniere con 24 reti, record di tutti i tempi per un giocatore biancoceleste e si aggiudica il premio Chevron Sportsman dell'anno stavolta per la serie A e pochi giorni dopo riceve la convocazione per andare in Germania per i Mondiali tedeschi. Il Commissario tecnico Ferruccio Valcareggi aveva inserito alcuni giocatori laziali fra i 40 preselezionati: Luigi Martini, Giancarlo Oddi, Luciano Re Cecconi, Felice Pulici, Giuseppe Wilson oltre lo stesso Chinaglia. Martini si era tuttavia gravemente infortunato ad una spalla il giorno dello Scudetto e quindi era fuorigioco, ma si sperava nella convocazione degli altri. Invece sono solo in due, oltre Chinaglia, ad essere convocati: Re Cecconi e Wilson. Chinaglia non crede ai suoi occhi: "Non capisco come la Lazio, Campione d'Italia, possa essere rappresentata da soli 3 giocatori.... pazzesco", tuona alla stampa da dove gli fanno eco le dichiarazioni, non proprio positive di Re Cecconi, Wilson e del napoletano Juliano, che accusa apertamente il C.T. azzurro di non considerare i giocatori delle squadre meridionali. Quello della Nazionale non era uno spogliatoio unito ma Chinaglia non si lascia intimorire ed ogni occasione è buona per far conoscere il proprio pensiero. In questo clima si arriva a giocare la prima gara contro l'Haiti, squadra che non avrebbe dovuto rappresentare un ostacolo.
Chinaglia è in campo dal primo minuto ma i palloni buoni non arrivano, i centrocampisti non appoggiano per gli attaccanti e lui si perde nella mediocrità generale. A inizio della ripresa un contropiede di Sanon porta incredibilmente in vantaggio gli Antillani: lo spettro della Corea aleggia su Monaco. Fortunatamente arriva sia il pareggio che il vantaggio italiano nel giro di 18 minuti. Haiti ha un evidente calo fisico, ma al 69' Valcareggi richiama Chinaglia in panchina per sostituirlo con Anastasi. Le telecamere inquadrano "Long John" visibilmente contrariato che esce dal campo. Poco prima di arrivare sulla pista di atletica senza guardare in faccia il C.T., con la mano fa come il segno di scacciarlo e poi parte un Vaff...... in diretta mondiale. Negli spogliatoi rompe in terra tutte le bottiglie che trova e ci vogliono molte persone per calmare la sua rabbia. Ormai il fatto è di dominio pubblico. I giornali, all'indomani, escono con titoli di fuoco contro di lui. Allodi e Carraro vogliono cacciarlo via già la sera stessa dandogli del disadattato e Giorgio afferma di essere ben contento di andarsene ma infine il buon senso prevale. Arriva il tecnico biancoceleste Tommaso Maestrelli in aerotaxi da Roma per convincerlo a ragionare e, come al solito, il saggio allenatore ci riesce. Chinaglia si scusa in una conferenza stampa messa su in fretta e furia dall'entourage della Nazionale, ma niente potrà essere di nuovo come prima. Chinaglia viene escluso nella gara pareggiata con l'Argentina ma, a sorpresa, rientra in quella con la Polonia che vedrà l'Italia perdere 2-1 ed uscire dal Mondiale. E' facile dare al giocatore la colpa dell'eliminazione, ma la verità è che quella Nazionale era ormai sfinita, con troppi giocatori anziani e demotivati che lasceranno presto la squadra. Infatti alla guida del team azzurro nel frattempo viene chiamata una vecchia conoscenza della storia laziale: Fulvio Bernardini.
Fischi negli stadi
Rientrato in Italia, Chinaglia si rifugia in famiglia lontano da tutto e da tutti. Lo si rivede solo il giorno dell'inizio del ritiro a Pievepelago. La Lazio deve difendere il tricolore e le premesse per bissare il successo della stagione appena trascorsa ci sono tutte. Una squalifica inflitta alla Lazio in Coppa dei Campioni permette alla squadra di concentrarsi solo sul Campionato che parte, per altro, con ottimi risultati, ma per Chinaglia ogni trasferta è una salva di fischi ed insulti da parte dei tifosi avversari che non gli perdonano le vicende del Mondiale. Inoltre pseudotifosi giallorossi minacciano più volte la moglie del giocatore, che ad un certo punto è costretta a trasferirsi a New York per motivi di sicurezza. Insomma non è una situazione tranquilla e anche la squadra ne risente, tanto che, dopo un'inizio promettente, subisce un calo di rendimento tale da allontanarla progressivamente dalla vetta della classifica. Chinaglia soffre molto questa situazione perché è convinto che l'ostilità dei tifosi avversari sia dovuta ad una montatura della stampa del Nord, indispettita per i suoi continui rifiuti di andare a giocare sia con le formazioni milanesi che con quelle torinesi. Si sente perciò il classico capro espiatorio del fallimento dei Mondiali ma del quale egli non è responsabile ma ne paga le conseguenze su tutti i campi di calcio che calca.
La malattia dell'amato amico allenatore
Nel febbraio 1975 Chinaglia è tra i primi a notare che Maestrelli non è più in forma come prima. L'allenatore lo rassicura parlando di uno stato di stress che Chinaglia pensa sia dovuto all'eventuale decisione di lasciare la Lazio per andare ad allenare la Nazionale, come il presidente Artemio Franchi vorrebbe. Ma la verità è, purtroppo, ben diversa e, dopo una trasferta a Bologna, l'amato allenatore entra in clinica per accertamenti. Chinaglia si reca ogni giorno nella clinica per sollevarlo di morale e non è per nulla preoccupato perché crede ad un affaticamento nervoso come afferma lo stesso allenatore. Prima della gara col Torino, invece arriva la ferale notizia che Maestrelli ha un cancro esteso al fegato con nessuna probabilità di sopravvivenza. Chinaglia lo apprende negli spogliatoi e crolla a piangere. Sia per lui che per la squadra il Campionato finisce lì, anche se ci sono da onorare le ultime partite. Non passa giorno che Chinaglia con la squadra non vada a confortare l'allenatore in clinica. Non si rassegna all'idea di vedere consumato dal male il tecnico che più di tutti lo ha capito e formato, sia come giocatore che come uomo. A fine stagione Giorgio parte per gli U.S.A. per raggiungere la famiglia, confortato anche da un lieve miglioramento di Maestrelli.
Le sirene americane
La moglie Connie si era trasferita definitivamente nel New Jersey, stufa della vita a Roma, dove anche fare la spesa era diventato difficile per le continue angherie di alcuni tifosi non laziali. Chinaglia aveva accettato l'idea e anche lui meditava di stabilirsi dopo la carriera negli States. Il calcio negli Stati Uniti era a livello dilettantistico ma alcuni club avevano provato ad alzare il tono e l'interesse, allora scarso, per il "Soccer". Tra questi club ci sono i New York Cosmos che hanno ingaggiato addirittura Pelé e stanno creando una squadra di vecchie e nuove glorie ancora in grado di giocare divinamente. Una mattina Chinaglia viene raggiunto da una telefonata di Peppe Pinton, consulente della squadra dell'Hartford, che gli propone di giocare un'amichevole con la maglia di quella squadra contro la selezione polacca. Chinaglia accetta e la Lazio dà l'autorizzazione previa assicurazione contro gli infortuni di ben 2 milioni di dollari. Per Chinaglia giocare quella gara è un successo mediatico. Infatti stampa e Tv si occupano di lui con servizi e trasmissioni inusuali per un calciatore di soccer. Intanto per l'esordio di Pelé nei Cosmos, Chinaglia, desideroso di assistervi, si era rivolto al Presidente della squadra Clive Toye per ottenere un biglietto.
Questi lo invitò ad assistere alla partita assieme a lui. Durante la gara i due si parlano e Chinaglia esprime inaspettatamente il desiderio di giocare con i Cosmos, anticipando così il rientro definitivo negli Usa e potendo quindi stare di più con la famiglia di cui sentiva molto la mancanza. Fissato un appuntamento per l'indomani nella sede della Warner Bros, Chinaglia apprende della volontà di Toye di trovare un accordo. All'indomani i due si recano dal presidente della Warner, Steve Ross, anch'egli entusiasta della faccenda. L'unico ostacolo è rappresentato dalla Lazio e soprattutto da Lenzini che va su tutte le furie e nega ogni possibilità di accordo. Chinaglia arriverà ad acquistare un'intera pagina del Corriere dello Sport per spiegare ai tifosi il suo desiderio di tornare in famiglia, ma anche ciò servirà a poco.
Ritorno a Roma e le discussioni con Corsini
A fine agosto 1975 Giorgio deve fare ritorno in Italia per non incorrere in sanzioni e nelle squalifiche che il Presidente della Lazio aveva minacciato di effettuare nel caso in cui il centravanti non si fosse presentato. A Fiumicino lo accolgono migliaia di tifosi e Giorgio sembra trovare nuovi entusiasmi ma amara è la realtà che trova a Centro Sportivo Tor di Quinto-Tommaso Maestrelli. Tommaso Maestrelli, stremato dalla malattia, non è più l'allenatore della Lazio ed è sostituito da Giulio Corsini, un personaggio dal carattere opposto a quello del Maestro, che si atteggiava a sergente di ferro e che aveva voluto rinnovare la squadra smembrando quella formazione che solo due anni prima aveva vinto lo Scudetto. I due si scontrano immediatamente e non si sopportano vicevendolmente. La squadra va male e presto rimane impelagata nella zona retrocessione.
Corsini accusa Chinaglia di remargli contro, Chinaglia a sua volta lo accusa di non capire nulla di calcio. Il 16 novembre 1975, nell'intervallo del Derby che la Lazio sta perdendo per 1-0, i due si scontrano ferocemente negli spogliatoi. Corsini a brutto muso urla a Chinaglia: "Finché io sarò l'allenatore tu non andrai mai negli Usa a vedere la famiglia!" Chinaglia risponde: "I patti con la Società sono che io vada negli USA una volta al mese e quindi non ti impicciare." L'allenatore tiene duro, Chinaglia scoppia a piangere per la rabbia ma a questo punto la squadra viene in soccorso al giocatore, attaccando violentemente Corsini. Chinaglia non sta a guardare e i due vengono praticamente alle mani. Ci vogliono dirigenti e inservienti per evitare una tragedia. Ma ormai è ammutinamento generale e il giocatore torna in campo con una carica enorme e segna la rete del pareggio sotto un diluvio. La sera stessa parte per New York. La domenica seguente la Lazio perde ad Ascoli e Corsini viene esonerato. Al suo posto ritorna a sorpresa Maestrelli che pare recuperato miracolosamente.
L'Addio alla Lazio
Chinaglia si calma ma ormai è deciso a lasciare la Lazio, a costo di smetterla con il calcio. Lenzini deve cedere per non perdere soldi e la sera del 25 aprile 1976, dopo aver giocato la sua ultima gara in biancazzurro contro il Torino, Giorgio parte definitivamente per andare a giocare nei New York Cosmos chiudendo così la sua avventura in biancoceleste, dopo 209 partite in campionato e 98 reti. Il giocatore ormai è deciso, non può e non vuole tornare indietro, è troppo stanco di fare su e giù per visitare la famiglia ed è troppo stanco della stampa italiana che muove il dito contro di lui ogni qualvolta si trovi in situazioni particolari o quando gli capiti di giocare meno bene del consueto. Per evitare che i tifosi della Lazio, affezionatissimi al giocatore, gli possano impedire di partire, decide di prendere un aerotaxi diretto a Genova dall'aeroporto dell'Urbe. Da qui un altro aereo lo porterà a Parigi da dove finalmente volerà verso New York. Ma ora lo aspetta "O Rei" Pelé, suo nuovo compagno di squadra e una nuova squadra.