Pagina di prova Maxlazio
Il Messaggero titola: "Lazio campione d'Italia. Decisivo successo sul Foggia con un rigore di Chinaglia e molto nervosismo. I pugliesi hanno praticato un gioco durissimo: Martini ha riportato l'infrazione di una clavicola e Garlaschelli si è fatto espellere per reagire a un fallo".
Prosegue il quotidiano romano: Come era giusto, anche l'ultimo passo per impossessarsi finalmente dello scudetto la Lazio l'ha compiuto con un gol di Chinaglia: ossia con la concentrazione, i nervi a posto, lo slancio, il tiro preciso del suo atleta più rappresentativo. La Lazio è divenuta campione d'Italia per la prima volta nella sua storia iniziatasi nel lontanissimo 1900 per l'iniziativa di quegli erranti cavalieri che sui prati di periferia di molte città furono i pionieri dello sport - la Lazio è divenuta campione d'Italia, si diceva, alle 17.15 di ieri pomeriggio, e più precisamente, al 15' del secondo tempo, allorché il pallone calciato da Chinaglia, dal dischetto del calcio di rigore, terminava in rete, rasoterra, alla destra di Trentini. Il calcio di rigore, che ha costretto il Foggia alla sconfitta e permesso ai biancazzurri di liberarsi definitivamente dell'immagine inseguitrice della Juve, è stato decretato dall'arbitro Panzino per un fallo di mano di Scorsa che, quasi sulla linea di fondo, affrontando Garlaschelli che stava eseguendo dalla destra il traversone, ha di scatto levato le braccia e deviato così il pallone. Può darsi che, da parte del difensore foggiano, sia stato un gesto istintivo: per evitare, però, che la sfera pervenisse a Chinaglia o altri appostati davanti a Trentini. Sicuramente, non è stato - vogliamo dire il gesto istintivo di chi, per esempio, cerchi di ripararsi il viso da una pallonata. Era pertanto, nel senso della volontarietà, o della intenzionalità di gioco, un fallo da rigore.
Nel momento in cui lo scudetto della Lazio giunge a interrompere - come furono già capaci nel dopoguerra la Fiorentina, il Bologna e il Cagliari - l'egemonia degli squadroni milanesi e torinesi e il ciclo ultimo della Juve che deteneva il titolo da due stagioni; nel momento in cui gli sportivi della nostra città possono esultare per un'impresa che una volta soltanto, trentadue anni fa era riuscita alla Roma, si dev'essere chiari nella valutazione del calcio di rigore che ha consentito ai biancazzurri di piegare la resistenza d'un Foggia battagliero bene organizzato, che di fronte ai nuovi campioni d'Italia si è battuto per la salvezza senza complessi d'inferiorità, né un gesto di debolezza. Il rigore c'era. Panzino sempre severo, che non esitava due minuti dopo il gol a espellere Garlaschelli, reo d'aver colpito in viso Cimenti dopo uno scontro di gioco, nulla ha regalato alla Lazio. Il che ancora per la precisione, avveniva al 12' del secondo tempo. Perché allora la protesta anzi la rivolta dei giocatori foggiani che, prima di consentire a Chinaglia di realizzare la massima punizione, hanno per tre minuti circondato il direttore di gara, gridandogli chissà che cosa e pigliandolo pure a spinte e dando proprio l'impressione d'essere sul punto di picchiarlo? A fatica e tenendo levato il cartellino delle ammonizioni, Panzino è uscito fuori dall'immeritato assedio.
Perché tanta baraonda? Specie dai gesti di Pirazzini si capiva la pretesa che l'arbitro si recasse a consultare il guardalinee. Il che, se fosse unicamente da giudicare la volontarietà o meno d'un fallo di mano, non potrebbe che sorprendere. Ma i foggiani, evidentemente devono aver ritenuto o cercavano di sostenere che fosse irregolare la posizione di Garlaschelli. Anche in questo caso avevano torto, perché l'azione è scaturita appena oltre la linea di metà campo da un intervento di testa di Petrelli che ha anticipato lo stesso Pirazzini e messo in moto, sulla destra, Garlaschelli. Sul pallone, però, in fase di recupero, si avventava Pavone che per precipitazione e colpendolo comunque male, l'ha precisamente dirottato sui piedi dell'ala destra biancazzurra. Da escludere, dunque, anche l'idea del fuorigioco. Regolarissimo il rigore e, regolarissima la vittoria della Lazio. Contro le congetture, le possibili malignità dell'ambiente del calcio o dei molti personaggi che, all'ombra degli squadroni settentrionali, sono da anni abituati a vedere e prevedere per tempo - perfino nella Coppa dei Campioni - la designazione di qualsiasi arbitro, questo della Lazio, questo storico scudetto conquistato per la prima volta, è uno scudetto pulito. Applausi e onore ai protagonisti. Ma è stato anche sofferto, questo scudetto, come forse nessuna squadra l'aveva mai sofferto. Tutto difficile, fino all'ultimo. Che cosa sarebbe accaduto, se non vi fosse stato il fallo di mano di Scorsa? Senza il rigore, sarebbero ugualmente riusciti Chinaglia e compagni a porre fini ieri al duello con la Juve?
Nell'interrogativo, l'arduo ostacolo che il Foggia ha costituito e, soprattutto, gli impacci, le trepidazioni, forse anche il logorìo d'una Lazio che funzionava e giocava come sa. Soltanto in una occasione, nel primo tempo (23') allorché D'Amico, incrociatosi con Re Cecconi ed eseguito lo scambio, ha potuto convergere al centro della sinistra ed era lesto a sparare in corsa, la squadra pugliese è parsa superata. A portiere battuto però, provvedeva il palo alla sinistra di Trentini a respingere la fucilata rasoterra di D'Amico. Per il resto - fatta eccezione per alcune punizioni-bomba di Chinaglia, dalle quali specie al 7' Trentini si salvava con molta fatica ed evidente strazio delle mani - la squadra di Maestrelli era protagonista d'un confuso assedio, in spazio sempre più ristretto che agevolava la resistenza foggiana. Che non fosse la Lazio delle occasioni migliori quella che a passo di carica seppe in pochi minuti travolgere e sbarazzarsi di Bologna, Vicenza e Juve, lo si è visto subito. Era il Foggia, all'inizio del gioco a prevenire i biancazzurri, sferrare il suo assalto e minacciare da vicino Pulici con Pavone e Rognoni. Un grosso rischio, anzi, la porta biancazzurra correva all'8', quando alla disperata Re Cecconi è giunto a precedere Valente che a un passo da Pulici s'accingeva a sfruttare il servizio dalla destra di Pavone.
Nelle grandi imprese, proprio quando non resta che l'ultimo passo e tutto sembra facile, inevitabili il turbamento e lo smarrimento. Come non comprendere oltre il dramma degli avversari costretti a tentar di rompere le uova nel paniere ai biancazzurri e al loro ex allenatore Maestrelli nel momento del trionfo, il dramma della stessa Lazio che, protesa da due anni all'inseguimento dello scudetto (e nello scorso campionato se lo vide soffiare proprio nell'ultima giornata), ha all'improvviso paura di perderlo anche quando ce l'ha in tasca? Non si dimentichi che per questo scudetto finalmente giunto finalmente romano, la Lazio era in fuga dalla nona giornata, ossia da cinque mesi. Non poteva che arrivare, sul traguardo, col fiato grosso e il cuore in tumulto. Questa, in primo luogo, la spiegazione del suo gioco di ieri, che non era il gioco che l'ha portata al primo posto del calcio italiano. Poi va tenuto conto della fermezza, delle marcature spietate del Foggia che, istruito con intelligenza da Toneatto, riusciva a soffocare la Lazio, colpendola nella cabina di regia. E' vecchia storia: chi ferma Frustalupi e non lascia respiro a D'Amico, pone più di un bastone tra gli ingranaggi della macchina biancazzurra. Di ciò è stato capace il Foggia. Fabbiani, l'ex interista, era alle costole di Frustalupi; non lo mollava un momento, risultando tale mastino da far spazientire il regista biancazzurro, che non visto dall'arbitro, stizzosamente gli allungava più d'una pedata.
Né, come in altre circostanze, poteva rimediare D'Amico che, sotto la guardia di Cimenti, poteva di rado esibirsi nei guizzi, nei colpi di destrezza e nel movimento che sapete. Non basta. Anche Re Cecconi, Nanni e Martini, rispettivamente sottoposti alla sorveglianza assidua di Valente, Colla (il più spigoloso) e Rognoni, stentavano a respirare. Di qui, a dispetto anche delle iniziative di Wilson, una pressione confusa, senza aperture e scatti in profondità, che permetteva soprattutto a Pirazzini (spesso elegante, negli interventi da libero) di brillare nella propria area, dove attendeva al varco i biancazzurri. In queste circostanze, nell'intero primo tempo, appena due volte veniva servito Chinaglia che invano cercava di scrollarsi di dosso Bruschini. C'è voluto, insomma, il rigore. Ad accentuare i disagi all'inizio della ripresa - poco prima di una punizione a due tempi in area foggiana, ordinata dall'arbitro per ostruzione di Colla ai danni di Nanni, e non sfruttata da Chinaglia - veniva pure l'infortunio di Martini che, investito, rudemente, travolto da Rognoni (ammonito per questo), rovinava pesantemente a terra, riportando una frattura alla clavicola destra. Veniva sostituito da Polentes. La situazione peggiorava per colpa di Garlaschelli che, come s'è premesso, s'è fatto cacciar via da Panzino, poco dopo il gol. Come non temere che, già balbettante e resa nervosa dal contegno spigoloso degli avversari, la Lazio - ridotta in dieci - finisse per cacciarsi in un grosso guaio?
Sono stati, per i biancazzurri, per Lenzini, per i tifosi riuniti per lo scudetto, i minuti interminabili della sofferenza. Tutti in piedi, il fiato sospeso. Toneatto, per giunta, potendo tentare l'assalto in massa, rafforzava l'attacco (21'), mandando in campo Golin e facendo uscire Bruschini. Golin, vedendosela con Polentes, permetteva a Rognoni di rimanere libero, mentre Scorsa, in sostituzione di Bruschini, si dedicava a Chinaglia. A questo punto, numericamente inferiori era tuttavia capace la Lazio di un sforzo che poco o nulla concedeva agli avversari. Una squadra che difendeva con le unghie il titolo di campione d'Italia. Chinaglia era dappertutto: in difesa e all'attacco. Attraversava il campo (28') e saltava ogni ostacolo e per poco non centrava di nuovo il bersaglio: angolato, ma fiacco, il tiro veniva annullato dal tuffo di Trentini. Come Chinaglia, gli altri, Wilson, Petrelli, Oddi, Polentes, tutti leoni a difesa dello scudetto. Il Foggia poteva rendersi pericoloso solamente con Rognoni (30') e Pirazzini (35'). Lo scudetto è giunto così. Ed è stato sofferto come si soffre per tutte le cose che si conquistano con le proprie mani, i propri mezzi, il proprio valore, e per la prima volta: in una vita che è incominciata nel 1900. Ed è proprio uno scudetto bello e pulito. La Lazio che, finalmente può cucirselo sul petto e rimirarselo allo specchio, se lo tenga da conto.
L'articolo così prosegue:
La Lazio ha vinto il "derby" di andata (97' della serie), quarto successo da quando Maestrelli è alla guida dei biancazzurri, con un gol dell'ex brindisino Franzoni e uno di Chinaglia, dopo aver chiuso il primo tempo in svantaggio per 1-0 (rete di Negrisolo). Sul piano del gioco, tanto biancazzurri che giallorossi, non è che abbiano brillato in maniera particolare, pur fallendo diverse occasioni favorevoli, anche se una valida attenuante sta nel fatto che un "derby" è un incontro tutto particolare, e il nervosismo è a fior di pelle. Ma le brillanti prove di Cagliari e contro il Napoli, non si sono ripetute da parte di alcuni uomini di un fronte e dell'altro. Nella Lazio sono apparsi sotto tono Frustalupi, Martini e Re Cecconi (pur riconoscendogli un buon lavoro di tamponamento a centrocampo, e il merito di aver scoccato il cross che ha permesso a Chinaglia di segnare la rete della vittoria). Bene ha tenuto la difesa, saltata da Negrisolo in occasione del momentaneo vantaggio della Roma (unico tiro in porta nel primo tempo), favorito però da uno stato confusionale di D'Amico che al 24' era stato colpito con una gomitata da Morini. Dopo il gol del giallorosso, il "baby" laziale si è portato verso la panchina, gettandosi tra le braccia del suo allenatore. A tutta prima sembrava che il giocatore non avesse retto allo choc del gol (Negrisolo era il suo diretto avversario), a causa della sua immaturità. Più tardi si è invece appreso che il "baby" lamentava una amnesia retrograda e stato confusionale, tanto che non ricordava neppure di essere stato " saltato" dal romanista e come lo stesso avesse poi segnato (facendo fuori come birilli Martini e Wilson).
Comunque il ragazzo è riuscito a raggiungere con i suoi mezzi la sua abitazione e il medico sociale, dott. Ziaco lo visiterà domani, nella speranza che intanto il giocatore si riprenda. Dopo essere stato fuori dal campo per ben 7' D'Amico è poi stato sostituito nella ripresa dal neo-acquisto Franzoni. La mezza punta era un emerito sconosciuto per la maggioranza degli appassionati (salvo coloro che seguono la "Under 23" di Bob Lovati, quando gioca al Flaminio). Ebbene egli è diventato di colpo il beniamino dei tifosi biancazzurri, quando neppure ad 1' della ripresa ha portato in parità la sua squadra, con un colpo di testa, magistrale per tempismo e precisione, su bella imbeccata di Garlaschelli. E Franzoni ha continuato ad imperversare in area giallorossa, assecondando Chinaglia e impegnando nuovamente Conti al 35'. All'attacco Chinaglia ha fatto vedere i sorci verdi a Batistoni, che non è riuscito a ripetere la bella prova di settembre nel "derby" di Coppa Italia, lasciando troppo spazio al centravanti biancazzurro. Garlaschelli non ha avuto grandi grattacapi con Peccenini, ma l'ala è chiaramente in un periodo involutivo e finisce per fare sempre un dribbling di troppo. Per Pulici poco lavoro, ma sul gol di Negrisolo ci è apparso fuori posizione, anche se è vero che il terzino ha scoccato un tiro di rara intelligenza. Nella Roma assai scarsi ci sono apparsi Rocca, che pare risenta di una certa stanchezza accompagnata ad una buona dose di inesperienza, e che rispetto a settembre, quando vinse tutti i duelli con Nanni, si è trovato a dover competere con lo stesso mediano laziale il quale nel frattempo è cresciuto notevolmente. Morini ha fatto tanto di quella confusione, apparendo anche il più scorretto, e il suo apporto alle manovre dei compagni è stato nullo. Su un buon livello Cordova che ha vinto alla lunga il duello con Frustalupi che nella ripresa non è mai esistito.
Domenghini si è dato molto da fare e ha colpito anche un palo a 3' dalla fine. Il rientrante Cappellini ha cercato in ogni maniera di sfondare, di appoggiare a qualche compagno, ma Prati era stato completamente annullato da Petrelli e al 35' della ripresa ha lasciato il posto ad Orazi, a causa di uno stiramento alla coscia destra, segno di una precaria condizione fisica. Al tirar delle somme, c'è da dire che la Lazio ha vinto grazie al Chinaglia in più che si ritrova, perché oggi il centravanti ha fatto vedere chiaramente di essere nella sua stagione "boom" stimolato anche dall'obiettivo Monaco (dovrà vincere la concorrenza di Boninsegna, Anastasi e Bigon). Il gol della vittoria è scaturito grazie alla sua caparbietà di gettarsi su tutte le palle, pur se è parso che egli abbia commesso un fallo su Conti e che Santarini ci abbia messo lo zampino, ma forse la moviola chiarirà ogni dubbio. Ed ora veniamo all'on. Lo Bello. Il suo arbitraggio, dopo un "riposo" di più di un mese, non è stato all'altezza della sua fama. Al 4' ha sorvolato un "mani" di Nanni in piena area, anche se poi ha compensato l'errore lasciando impunito un intervento duro, in area di rigore, di Batistoni ai danni di Chinaglia. Ha fischiato anche punizioni che non c'erano, insomma non è più quello di una volta. L'austerity e i prezzi troppo alti praticati da Lenzini e compagni, non hanno fatto registrare il tutto esaurito, come noi stessi avevamo preventivato. Infatti gli spettatori, in massima parte laziali, sono stati all'incirca 60.000 e l'incasso assai al di sotto del "tetto" raggiunto in Coppa Italia: quasi 148 milioni rispetto ai 225 di settembre.
Chinaglia Giorgio[modifica | modifica sorgente]
Attaccante, nato a Pontecimato, frazione di Carrara, il 24 gennaio 1947 e deceduto in Florida a Naples il 1° aprile 2012 in seguito ad un attacco cardiaco che lo aveva colpito il 30 marzo 2012 e per il quale era stato operato per l'applicazione di quattro stent. Giorgio Chinaglia nasce in una famiglia povera ma dignitosa che dimora in Pontecimato, frazione di Carrara. Il padre Mario emigra nel Galles dove svolge un duro lavoro in fonderia, mentre la mamma Giovanna, casalinga, aiuta la famiglia completata anche dalla sorella Rita. Giorgio vive con la nonna Clelia fino all'età di 6 anni quando si riunisce alla famiglia a Cardiff in Galles, dopo un viaggio con un cartello legato al collo che riportava l'indirizzo della famiglia nel caso si fosse perso. In Galles la famiglia Chinaglia non se la passa bene e il padre con il proprio lavoro riesce a stento a sfamare la famiglia che vive in due piccole stanze con un affitto molto caro da pagare. Il piccolo Giorgio frequenta la scuola cattolica "St.Peter's", e poi la "Lady Mary Grammar School"; qui fa la conoscenza con l'allenatore della squadra di rugby della "Lady Mary" che gli propone di allenarsi dopo aver avuto buone referenze dal professore di educazione fisica. E' il padre a respingere la proposta affermando che un Italiano deve giocare solo al calcio.
Con questo presupposto Giorgio inizia a dare i primi calci al pallone con profitto sicuramente migliore di quello scolastico. Molto presto il ragazzo è inserito sia nella squadra scolastica di calcio che in quella di rugby, malgrado il categorico divieto espresso dal padre. Intanto la famiglia Chinaglia riesce a traslocare in una casa più comoda e il padre, dopo anni di sacrifici e abbandonata la fabbrica, diviene un apprezzato chef ed apre un ristorante, il "Mario's Bamboo Restaurant", con ottimi profitti economici. Il piccolo Giorgio alterna la scuola al campo di allenamento e la sera dà una mano nel locale facendo il cameriere o lavando i piatti. Ha sempre in mente il calcio e il fisico lo aiuta: segna reti a grappoli e viene notato da un osservatore del Cardiff City che gli propone di entrare nelle giovanili della più importante squadra della città gallese previo un provino da effettuarsi sul campo della società. Ma il giovane Chinaglia rifiuta di fare il provino ed l'opportunità salta. Entra allora in scena la seconda squadra di Cardiff, lo Swansea che lo arruola nelle giovanili e così Giorgio inizia la gavetta di calciatore. Gli inizi non sono facili perché, pur segnando e giocando bene, Chinaglia non riesce ad entrare in prima squadra. La sorte gli viene in aiuto a causa di una decimazione dei titolari, dovuta ad infortuni e squalifiche, e Giorgio viene convocato esordendo in una gara di Football League Cup contro il Rhotheram quando non ha neanche 16 anni.
La sua seconda apparizione si registra solo un anno dopo contro il forte Portsmouth, in una gara in cui il giovane non tocca molti palloni, stretto dalla difesa avversaria formata da giocatori esperti e molto forti. E' il 1966 quando il neo presidente dello Swansea, Glen Davis, non credendo in lui gli concede lo svincolo gratuito che, nel calcio inglese, significa sostanzialmente la bocciatura definitiva di un calciatore. Per Chinaglia è un colpo durissimo. Il padre, nel frattempo, trovandosi in vacanza a Massa, era riuscito a trovare un accordo con la locale squadra della Massese che aveva acconsentito ad ingaggiare il giocatore con la promessa che dopo tre anni, se avesse sfondato, sarebbe stato ceduto ad una squadra di Serie A. La regola prevedeva infatti che ogni giocatore italiano, tesserato all'estero in precedenza, dovesse giocare 3 campionati di Serie C prima di poter essere tesserato come professionista. L'arrivo alla squadra toscana non è dei più sereni perché Giorgio, non abituato alle severe regole comportamentali delle squadre italiane, abbandona il ritiro lasciando basiti compagni e dirigenza. E' il padre a riportarlo in ritiro ricordandogli i suoi doveri e il rispetto delle regole ed il giocatore, convinto, lentamente si adatta alla nuova vita.
L'esordio avviene in una calda giornata di settembre proprio contro la Lazio, in una gara amichevole terminata 2-2, in cui l'attaccante segna una rete per i toscani addirittura con un colpo di tacco. Il primo anno in terza serie è per Chinaglia un'ottima esperienza maturata con 32 presenze, ma solo 5 reti all'attivo. Nel frattempo arriva anche la chiamata alle armi e il giocatore viene aggregato alla compagnia atleti di Roma alla Cecchignola. Una mattina, mentre è in cella di punizione per essere fuggito dopo il contrappello ed aver avuto uno scontro fisico con un tenente, apprende di essere stato ceduto alla neonata Internapoli per ben 100 milioni di lire. Appena appresa la notizia Chinaglia, che sperava di essere ingaggiato da una squadra di nome, va su tutte le furie, ma poi capisce ed accetta il trasferimento allettato anche da un ingaggio superiore e da bonus per ogni punto e rete segnata. Nella nuova squadra incontrerà un altro giocatore di origini inglesi, Giuseppe Wilson con cui legherà subito. Anche a Napoli gli inizi non sono facili, poi Chinaglia riesce a sbloccarsi, chiudendo la stagione 1967/68 con 10 reti, meritandosi la convocazione nella Nazionale di serie C, dove colleziona 2 presenze.
A questo punto manca una sola stagione per finire il "purgatorio" a cui la Lega costringeva i calciatori tesserati all'estero prima di compiere il grande salto, e quindi Chinaglia si prepara al meglio desideroso di mettersi in vetrina per gli osservatori delle grandi squadre di Serie A. Fra gli osservatori che lo avevano seguito con più assiduità c'è Carlo Galli, Direttore Generale della Lazio, che scrive continue note benevole su questo ragazzo a Juan Carlos Lorenzo, allenatore dei biancocelesti. Ad aprile parte da Roma l'offerta di 200 milioni per Chinaglia e Giuseppe Wilson e la società partenopea accetta senza esitazioni. Per il giocatore e il suo compagno si aprono improvvisamente le porte della massima serie. L'Internapoli intanto si piazza al terzo posto dopo un campionato estenuante e Chinaglia è protagonista con 14 reti che gli valgono altre 2 partite nella Nazionale di serie C. Giorgio si aggiudica al termine della stagione 1969 il Premio come Calciatore esemplare per la serie C, assegnato dal quotidiano Stadio al calciatore distintosi per qualità atletiche, tecniche, morali. Per il giovane attaccante, già felice per il trasferimento, arriva anche l'amore in quanto conosce una ragazza italo-americana sul lungomare di Napoli: Connie Eruzione, figlia di un ufficiale della Nato.
Fra i due scoppia una simpatia sempre più crescente che, in breve, sfocia in in un amore intenso. La scelta della Lazio è assolutamente gradita a Chinaglia in quanto rappresenta l'ingresso nella Serie A e anche per la vicinanza di Roma a Napoli, città che può raggiungere facilmente per andare a trovare la sua fidanzata. L'impatto con l'allenatore biancoceleste Juan Carlos Lorenzo è abbastanza felice in quanto il tecnico crede in lui ma intende farlo crescere tatticamente e disciplinarlo maggiormente. La stoffa del grande attaccante si vede subito e in molti si stupiscono del suo temperamento in campo dove lotta su ogni palla e cerca la via della rete da ogni posizione. L'esordio in campionato avviene alla seconda giornata, nella trasferta persa a Bologna per 1-0, quando all'inizio della ripresa rileva Ferruccio Mazzola. Ma è la domenica successiva, davanti al proprio pubblico, che il giovane attaccante gioca la sua prima gara da titolare, con il numero 10 sulle spalle, contro il Milan. Ed è un esordio travolgente, perché al 62' riesce a segnare la sua prima rete in Serie A e per giunta è il gol che fissa il risultato finale.
Praticamente diventa titolare inamovibile dell'attacco biancoceleste e il 19 ottobre 1969 nella gara vinta clamorosamente contro la Fiorentina, campione d'Italia uscente per 5-1, segna la sua prima doppietta in campionato e manda i tifosi in estasi. La partenza bruciante della Lazio comporta una flessione atletica a metà stagione e anche Chinaglia ne risente ma, alla fine del torneo, il suo "score" è di 28 presenze e 12 reti. Per un esordiente è un ottimo biglietto da visita, tant'è che viene convocato nella nazionale Under 23 dove gioca una partita valevole per la Coppa Latina ed il C.T. della Nazionale Ferruccio Valcareggi lo seleziona fra i 40 giocatori che possono aspirare ad andare a giocare i Mondiali del Messico. Purtroppo il giocatore non viene selezionato fra i 22, ma si consola sposando la sua fidanzata Connie. L'esplosione di Chinaglia nel panorama del calcio italiano si deve in gran parte al fiuto di Juan Carlos Lorenzo nel lanciare il giocatore e questo l'attaccante lo apprezza ripagando l'allenatore con una grande stima. La stagione 1970/71, che doveva essere quella della definitiva consacrazione, parte tuttavia male e la squadra si trova a combattere subito per non retrocedere.
Viene convocato nella Lega Nazionale dove disputa una partita. In Campionato Chinaglia lotta come un leone ma la squadra non gira e alla fine arriva penultima con l'inevitabile retrocessione in Serie B e soprattutto con l'esonero, peraltro già più volte preannunciato durante la stagione e poi sempre ritirato per le pressioni della tifoseria, di Juan Carlos Lorenzo. Per il giovane attaccante è un duro colpo tanto da arrivare a chiedere alla società di essere ceduto ma si ritrova deferito e multato dalla Lega, dove il neo Direttore Sportivo Antonio Sbardella lo ha deferito per le dichiarazione rese alla stampa. Non si sente di giocare nel campionato cadetto ma soprattutto sente la mancanza di Juan Carlos Lorenzo, sostituito nel frattempo dal giovane allenatore Tommaso Maestrelli. Intanto incombe la finale della Coppa delle Alpi e i giocatori raggiungono la Svizzera per giocare le partite conclusive di questo torneo, mentre i giornali sportivi parlano di un'offerta della Juventus, del Torino e del Milan per l'attaccante biancoceleste che sembra sul punto di essere ceduto per ricostruire, col ricavato, una squadra capace di ritentare subito la promozione nella massima serie.
Una sera di giugno a Chinaglia si presenta Tommaso Maestrelli che, con modi affabili, gli illustra tutto di un fiato il suo progetto per riportare la Lazio nell'olimpo del calcio e gli confessa che di quel progetto l'attaccante sarebbe stato il cardine principale. Chinaglia non replica, non ne ha il tempo, ma è molto colpito dal modo di fare del nuovo allenatore biancoceleste. Durante la fase finale della Coppa delle Alpi, Chinaglia è afflitto da una forte influenza e da mal di gola. Tommaso Maestrelli lo sprona e, spremendogli del succo di limone in gola, lo convince a scendere in campo e Giorgio segnerà una tripletta in 45 minuti. La Lazio vince il torneo mentre Lenzini rifiuta tutte le offerte per l'attaccante che si prepara a giocare la terza stagione in maglia biancazzurra, la prima in seconda divisione. Chinaglia è felice di essere rimasto perché i metodi di Tommaso Maestrelli lo entusiasmano e soprattutto apprezza la sua umanità nel trattare con la squadra. In Coppa Italia Chinaglia e compagni battono la Roma 1-0 e passano il turno.
Il Campionato cadetto si rivela duro e Tommaso Maestrelli è alle prese con soventi contestazioni capitanate da tifosi nostalgici di Lorenzo costituitisi in un gruppo chiamato "Coscienza della Lazio". Chinaglia, giocatore dalla correttezza cristallina, conosce anche la prima espulsione, a Reggio Emilia, in una gara persa 1-0 ma non ne ha colpa in quanto l'arbitro è ingannato da una sceneggiata del portiere Boranga. Comunque il centrattacco laziale segna molte reti e scende in campo anche con otto punti di sutura a una tibia per dimostrare il suo attaccamento alla maglia. Viene convocato nella Lega Nazionale di Serie B Under 25, dove disputa una partita. La Lazio riesce infine a centrare il secondo posto e la promozione in Serie A e per Giorgio (vincitore del premio Chevron Sportsman dell'anno per la Serie B), inaspettatamente, arriva anche la convocazione della Nazionale in tournée nei Balcani. Chinaglia raggiunge la Nazionale la sera della matematica promozione in Serie A e il 21 giugno 1972 esordisce segnando la rete del definitivo pareggio contro la Bulgaria.
Per un giocatore di Serie B è un record esordire e segnare in maglia azzurra. Naturalmente si scatenano di nuovo le grandi squadre per ingaggiarlo e arrivano ad offrire quasi un miliardo di lire, cifra stratosferica per l'epoca, ma ormai Chinaglia ha nella pelle questa squadra e questa maglia ed il Presidente Umberto Lenzini rispedisce al mittente tutte le offerte. Tornato di nuovo a giocare nella massima serie, Chinaglia si appresta a vivere una stagione tranquilla. La Società, dopo notevoli sforzi in campagna acquisti, chiede una salvezza tranquilla, obiettivo che sembra alla portata dei biancazzurri. Ma il pre- campionato e sopratutto la Coppa Italia non portano segnali positivi. La squadra non decolla e gioca male, Tommaso Maestrelli è nell'occhio del ciclone, ma con l'inizio del torneo tutto si trasforma e i biancazzurri iniziano a macinare bel gioco e a conseguire ottimi risultati fino ad arrivare a comandare la classifica fra la sorpresa di tutto il panorama calcistico. Ormai Giorgio fa parte del clan azzurro in pianta stabile, giornali e rotocalchi lo mettono in copertina e lo cercano per intervistarlo.
Negli spogliatoi Chinaglia è ormai il leader incontrastato, anche se la squadra è divisa in clan: da una parte lui e Pino Wilson, dall'altra Luigi Martini. Volano botte ed insulti a Tor Di Quinto ma, quando scendono in campo, i giocatori sono tutti amici pronti a sostenersi: nella gara Lazio-Napoli del 21 gennaio 1973, quando sia in campo che negli spogliatoi scoppia il putiferio fra Rimbano e Vavassori da una parte e Chinaglia e Wilson dall'altra con scambi reciproci di schiaffi e calci, tutti i biancazzurri si pongono a difesa dei loro compagni nonostante i due napoletani giurino di vendicarsi nella partita di ritorno. Intanto il Campionato nonostante una lieve flessione dei biancocelesti, continua e la Lazio è addirittura in lotta per lo Scudetto. Il Sabato Santo del 1973, nel big match contro il Milan, Long John (questo l'appellativo datogli dai tifosi) spezza addirittura due falangi al portiere rossonero Belli con una potente punizione, mandandolo in ospedale mentre lui esulta per la rete del raddoppio appena segnata.
Ma il sogno tricolore di Chinaglia e compagni si spegne all'89' minuto dell'ultima giornata quando, a Napoli, in un clima rovente, la Lazio subisce la rete della sconfitta, e la Juventus vince uno Scudetto dai torbidi contorni di cui si parlerà per molti anni a venire. E' una delusione cocente che solo in parte viene mitigata dalla tournée negli U.S.A. dove si giocano alcune amichevoli tra cui una con il Santos di Pelé. I calciatori sono accompagnati dalle mogli e passeggiare per le strade di New York, riaccende in Connie la nostalgia degli States e la voglia di tornarci a vivere. Anche Long John è affascinato dalla megalopoli ma al momento pensa solo a vendicare il terzo posto della stagione passata e non avrà pace finché non ci riuscirà. Il campionato 1973/74 inizia nel migliore dei modi per la Lazio con due vittorie nelle prime due giornate. Il desiderio di rivincita è tanto ma non è facile mantenere il passo delle squadre più titolate. Chinaglia segna e fa segnare e ha un nuovo compagno di reparto: un ragazzo del vivaio che si chiama Vincenzo D'Amico e che in campo è una furia. E' di Chinaglia il goal vincente nel Derby d'andata e ancora sue le reti decisive all'Inter (1-1), a Cagliari (0-1) e al Napoli (1-0).
Un poker di reti in quattro giornate a riscattare il rigore fallito con la Fiorentina qualche settimana prima. Chinaglia sembra possedere la forza per guidare da solo tutto il gruppo biancoceleste. In allenamento non vuole mai perdere e le partitelle vengono prolungate, con i fari delle macchine accesi, fino a che la sua squadra non passa in vantaggio. E Tommaso Maestrelli, complice, cerca sempre di accontentarlo perché ne conosce il carattere. A Natale la Lazio è così prima in classifica e viaggia verso il titolo. Giorgio è una furia nel febbraio 1974 contro la Juventus quando segna una doppietta e trascina i biancazzurri alla vittoria in una gara epica. Ma è anche capace di prendere a ceffoni Mario Maraschi reo, da ex, di aver segnato la rete della sconfitta a Genova contro la Sampdoria o a calci nel sedere Vincenzo D'Amico reo di averlo sbeffeggiato. E' guascone, trascinatore, attaccabrighe, come nel Derby di ritorno quando inizia a punzecchiare la curva giallorossa prima della gara, alzando un piede come se prendesse la mira e alla fine, uscendo dal campo tra i lacrimogeni, lanci di sassi, pezzi di suppellettili, dopo che in campo aveva fomentato il pubblico esultando alla sua maniera sotto la curva sud dopo un goal.
Per alcune settimane deve addirittura rifugiarsi nell'abitazione di Tommaso Maestrelli per sfuggire alla furia dei tifosi giallorossi che lo aspettavano sotto casa. La domenica successiva contro il [Napoli SSC|Napoli]], gioca, forse, la più bella gara della sua carriera segnando una tripletta con la quale rimonta e annulla per tre volte il vantaggio dei partenopei. Per fermarlo i difensori usano tutti i sistemi leciti ed illeciti ma è imprendibile e alla fine anche il pubblico ostile deve inchinarsi alla sua forza. Contro il Verona impone a tutti i compagni di restare sul campo, senza andare negli spogliatoi per l'intervallo, in attesa degli avversari perché la Lazio è in svantaggio per 1-2. Nel secondo tempo la Lazio vincerà 4-2 e per lui si prospetta anche il titolo di capocannoniere, in una lotta spalla a spalla con l'interista Boninsegna. Chinaglia e compagni si apprestato a coronare il loro sogno il 12 maggio 1974 quando, in uno stadio gremito ben oltre il limite della capienza, la Lazio si gioca il tricolore contro il Foggia. La partita è nervosa e la squadra sente troppo il risultato, ma al 60' un sacrosanto rigore per un fallo di mano offre all'attaccante laziale la palla del match-point che significherebbe Scudetto. Chinaglia è emozionato, chiude gli occhi e tira piuttosto male ma segna il goal che vale il titolo tricolore al portiere foggiano Trentini.
Mezz'ora più tardi lui e la Lazio si laureano Campioni d'Italia, dando vita a festeggiamenti senza precedenti che si concludono solo all'alba. Sempre nel 1974 Giorgio incide un disco dal titolo "I'm football crazy", brano scritto dai fratelli De Angelis e colonna sonora del film "L'arbitro" diretto da Luigi Filippo D'Amico ed interpretato dall'attore siciliano Lando Buzzanca. Chinaglia si laurea anche capocannoniere con 24 reti, record di tutti i tempi per un giocatore biancoceleste e si aggiudica il premio Chevron Sportsman dell'anno stavolta per la serie A e pochi giorni dopo riceve la convocazione per andare in Germania per i Mondiali tedeschi. Il Commissario tecnico Ferruccio Valcareggi aveva inserito alcuni giocatori laziali fra i 40 preselezionati: Luigi Martini, Giancarlo Oddi, Luciano Re Cecconi, Felice Pulici, Giuseppe Wilson oltre lo stesso Chinaglia. Martini si era tuttavia gravemente infortunato ad una spalla il giorno dello Scudetto e quindi era fuorigioco, ma si sperava nella convocazione degli altri. Invece sono solo in due, oltre Chinaglia, ad essere convocati: Re Cecconi e Wilson. Chinaglia non crede ai suoi occhi: "Non capisco come la Lazio, Campione d'Italia, possa essere rappresentata da soli 3 giocatori.... pazzesco", tuona alla stampa da dove gli fanno eco le dichiarazioni, non proprio positive di Luciano Re Cecconi, Wilson e del napoletano Juliano, che accusa apertamente il C.T. azzurro di non considerare i giocatori delle squadre meridionali.
Quello della Nazionale non era uno spogliatoio unito ma Chinaglia non si lascia intimorire ed ogni occasione è buona per far conoscere il proprio pensiero. In questo clima si arriva a giocare la prima gara contro l'Haiti, squadra che non avrebbe dovuto rappresentare un ostacolo. Chinaglia è in campo dal primo minuto ma i palloni buoni non arrivano, i centrocampisti non appoggiano per gli attaccanti e lui si perde nella mediocrità generale. A inizio della ripresa un contropiede di Sanon porta incredibilmente in vantaggio gli Antillani: lo spettro della Corea aleggia su Monaco. Fortunatamente arriva sia il pareggio che il vantaggio italiano nel giro di 18 minuti. Haiti ha un evidente calo fisico, ma al 69' Valcareggi richiama Chinaglia in panchina per sostituirlo con Anastasi. Le telecamere inquadrano "Long John" visibilmente contrariato che esce dal campo. Poco prima di arrivare sulla pista di atletica senza guardare in faccia il C.T., con la mano fa come il segno di scacciarlo e poi parte un Vaff...... in diretta mondiale. Negli spogliatoi rompe in terra tutte le bottiglie che trova e ci vogliono molte persone per calmare la sua rabbia. Ormai il fatto è di dominio pubblico. I giornali, all'indomani, escono con titoli di fuoco contro di lui. Allodi e Carraro vogliono cacciarlo via già la sera stessa dandogli del disadattato e Giorgio afferma di essere ben contento di andarsene ma infine il buon senso prevale.
Arriva il tecnico biancoceleste Tommaso Maestrelli in aerotaxi da Roma per convincerlo a ragionare e, come al solito, il saggio allenatore ci riesce. Chinaglia si scusa in una conferenza stampa messa su in fretta e furia dall'entourage della Nazionale, ma niente potrà essere di nuovo come prima. Chinaglia viene escluso nella gara pareggiata con l'Argentina ma, a sorpresa, rientra in quella con la Polonia che vedrà l'Italia perdere 2-1 ed uscire dal Mondiale. E' facile dare al giocatore la colpa dell'eliminazione, ma la verità è che quella Nazionale era ormai sfinita, con troppi giocatori anziani e demotivati che lasceranno presto la squadra. Infatti alla guida del team azzurro nel frattempo viene chiamata una vecchia conoscenza della storia laziale: Fulvio Bernardini. Rientrato in Italia, Chinaglia si rifugia in famiglia lontano da tutto e da tutti. Lo si rivede solo il giorno dell'inizio del ritiro a Pievepelago. La Lazio deve difendere il tricolore e le premesse per bissare il successo della stagione appena trascorsa ci sono tutte. Una squalifica inflitta alla Lazio in Coppa dei Campioni permette alla squadra di concentrarsi solo sul Campionato che parte, per altro, con ottimi risultati, ma per Chinaglia ogni trasferta è una salva di fischi ed insulti da parte dei tifosi avversari che non gli perdonano le vicende del Mondiale.
Inoltre pseudotifosi giallorossi minacciano più volte la moglie del giocatore, che ad un certo punto è costretta a trasferirsi a New York per motivi di sicurezza. Insomma non è una situazione tranquilla e anche la squadra ne risente, tanto che, dopo un'inizio promettente, subisce un calo di rendimento tale da allontanarla progressivamente dalla vetta della classifica. Chinaglia soffre molto questa situazione perché è convinto che l'ostilità dei tifosi avversari sia dovuta ad una montatura della stampa del Nord, indispettita per i suoi continui rifiuti di andare a giocare sia con le formazioni milanesi che con quelle torinesi. Si sente perciò il classico capro espiatorio del fallimento dei Mondiali ma del quale egli non è responsabile ma ne paga le conseguenze su tutti i campi di calcio che calca. Nel febbraio 1975 Chinaglia è tra i primi a notare che Maestrelli non è più in forma come prima. L'allenatore lo rassicura parlando di uno stato di stress che Chinaglia pensa sia dovuto all'eventuale decisione di lasciare la Lazio per andare ad allenare la Nazionale, come il presidente Artemio Franchi vorrebbe. Ma la verità è, purtroppo, ben diversa e, dopo una trasferta a Bologna, l'amato allenatore entra in clinica per accertamenti. Chinaglia si reca ogni giorno nella clinica per sollevarlo di morale e non è per nulla preoccupato perché crede ad un affaticamento nervoso come afferma lo stesso allenatore.
Prima della gara col Torino, invece arriva la ferale notizia che Maestrelli ha un cancro esteso al fegato con nessuna probabilità di sopravvivenza. Chinaglia lo apprende negli spogliatoi e crolla a piangere. Sia per lui che per la squadra il Campionato finisce lì, anche se ci sono da onorare le ultime partite. Non passa giorno che Chinaglia con la squadra non vada a confortare l'allenatore in clinica. Non si rassegna all'idea di vedere consumato dal male il tecnico che più di tutti lo ha capito e formato, sia come giocatore che come uomo. A fine stagione Giorgio parte per gli U.S.A. per raggiungere la famiglia, confortato anche da un lieve miglioramento di Maestrelli. La moglie Connie si era trasferita definitivamente nel New Jersey, stufa della vita a Roma, dove anche fare la spesa era diventato difficile per le continue angherie di alcuni tifosi non laziali. Chinaglia aveva accettato l'idea e anche lui meditava di stabilirsi dopo la carriera negli States. Il calcio negli Stati Uniti era a livello dilettantistico ma alcuni club avevano provato ad alzare il tono e l'interesse, allora scarso, per il "Soccer". Tra questi club ci sono i New York Cosmos che hanno ingaggiato addirittura Pelé e stanno creando una squadra di vecchie e nuove glorie ancora in grado di giocare divinamente. Una mattina Chinaglia viene raggiunto da una telefonata di Peppe Pinton, consulente della squadra dell'Hartford, che gli propone di giocare un'amichevole con la maglia di quella squadra contro la selezione polacca.
Chinaglia accetta e la Lazio dà l'autorizzazione previa assicurazione contro gli infortuni di ben 2 milioni di dollari. Per Chinaglia giocare quella gara è un successo mediatico. Infatti stampa e Tv si occupano di lui con servizi e trasmissioni inusuali per un calciatore di soccer. Intanto per l'esordio di Pelé nei Cosmos, Chinaglia, desideroso di assistervi, si era rivolto al Presidente della squadra Clive Toye per ottenere un biglietto. Questi lo invitò ad assistere alla partita assieme a lui. Durante la gara i due si parlano e Chinaglia esprime inaspettatamente il desiderio di giocare con i Cosmos, anticipando così il rientro definitivo negli Usa e potendo quindi stare di più con la famiglia di cui sentiva molto la mancanza. Fissato un appuntamento per l'indomani nella sede della Warner Bros, Chinaglia apprende della volontà di Toye di trovare un accordo. All'indomani i due si recano dal presidente della Warner, Steve Ross, anch'egli entusiasta della faccenda. L'unico ostacolo è rappresentato dalla Lazio e soprattutto da Lenzini che va su tutte le furie e nega ogni possibilità di accordo. Chinaglia arriverà ad acquistare un'intera pagina del Corriere dello Sport per spiegare ai tifosi il suo desiderio di tornare in famiglia, ma anche ciò servirà a poco. A fine agosto 1975 Giorgio deve fare ritorno in Italia per non incorrere in sanzioni e nelle squalifiche che il Presidente della Lazio aveva minacciato di effettuare nel caso in cui il centravanti non si fosse presentato.
A Fiumicino lo accolgono migliaia di tifosi e Giorgio sembra trovare nuovi entusiasmi ma amara è la realtà che trova a Tor Di Quinto. Tommaso Maestrelli, stremato dalla malattia, non è più l'allenatore della Lazio ed è sostituito da Giulio Corsini, un personaggio dal carattere opposto a quello del Maestro, che si atteggiava a sergente di ferro e che aveva voluto rinnovare la squadra smembrando quella formazione che solo due anni prima aveva vinto lo Scudetto. I due si scontrano immediatamente e non si sopportano vicendevolmente. La squadra va male e presto rimane impelagata nella zona retrocessione. Giulio Corsini accusa Chinaglia di remargli contro, Chinaglia a sua volta lo accusa di non capire nulla di calcio. Il 16 novembre 1975, nell'intervallo del Derby che la Lazio sta perdendo per 1-0, i due si scontrano ferocemente negli spogliatoi. Corsini a brutto muso urla a Chinaglia: "Finché io sarò l'allenatore tu non andrai mai negli Usa a vedere la famiglia!" Chinaglia risponde: "I patti con la Società sono che io vada negli USA una volta al mese e quindi non ti impicciare." L'allenatore tiene duro, Chinaglia scoppia a piangere per la rabbia ma a questo punto la squadra viene in soccorso al giocatore, attaccando violentemente Corsini. Chinaglia non sta a guardare e i due vengono praticamente alle mani.
Ci vogliono dirigenti e inservienti per evitare una tragedia. Ma ormai è ammutinamento generale e il giocatore torna in campo con una carica enorme e segna la rete del pareggio sotto un diluvio. La sera stessa parte per New York. La domenica seguente la Lazio perde ad Ascoli e Corsini viene esonerato. Al suo posto ritorna a sorpresa Tommaso Maestrelli che pare recuperato miracolosamente. Chinaglia si calma ma ormai è deciso a lasciare la Lazio, a costo di smetterla con il calcio. Lenzini deve cedere per non perdere soldi e la sera del 25 aprile 1976, dopo aver giocato la sua ultima gara in biancazzurro contro il Torino, Giorgio parte definitivamente per andare a giocare nei New York Cosmos chiudendo così la sua avventura in biancoceleste, dopo 209 partite in campionato e 98 reti. Il giocatore ormai è deciso, non può e non vuole tornare indietro, è troppo stanco di fare su e giù per visitare la famiglia ed è troppo stanco della stampa italiana che muove il dito contro di lui ogni qualvolta si trovi in situazioni particolari o quando gli capiti di giocare meno bene del consueto. Per evitare che i tifosi della Lazio, affezionatissimi al giocatore, gli possano impedire di partire, decide di prendere un aerotaxi diretto a Genova dall'aeroporto dell'Urbe. Da qui un altro aereo lo porterà a Parigi da dove finalmente volerà verso New York.
Ma ora lo aspetta "O Rei" Pelé, suo nuovo compagno di squadra e una nuova squadra. Chinaglia si trova ad affrontare il soccer americano con un bagaglio d'esperienza elevato. Tutto è molto facile perché i difensori americani non sono così arcigni e abili come quelli del campionato italiano e segnare per lui è facilissimo. L'intesa con Pelé è all'inizio un po' faticosa ma presto i due si intendono e costruiscono azioni fantastiche. L'esordio contro il Los Angeles di George Best è un trionfo: 2 reti di Chinaglia e 6-0 finale. Al suo primo anno segna 19 reti, un buon inizio insomma. Raggiunto dalla notizia della morte di Tommaso Maestrelli (avvenuta il 2 dicembre 1976), ritorna a Roma per i funerali e accompagna la bara piangendo. Poche settimane dopo viene gelato dalla notizia della morte dell'ex compagno Luciano Re Cecconi ma questa volta non se la sente di tornare. Gioca e vince campionati con i Cosmos, classifiche dei marcatori in serie, va in tournée in tutto il mondo e gioca anche contro la Lazio, accolto con affetto dai tifosi. Anche negli affari si fa largo e a New York si costruisce un piccolo impero finanziario. Nel suo ufficio c'è sempre un gagliardetto della Lazio. Nel 1978 convince l'amico di sempre Pino Wilson a raggiungerlo negli Usa ma dopo alcune partite, l'ultima il "NASL Super Bowl" vinto dai Cosmos in cui viene nominato MVP (miglior giocatore del match), quest'ultimo preferisce tornare a casa.
Diviene il più popolare giocatore di soccer in America surclassando gente del calibro di Neeskens, Beckenbauer, Carlos Alberto, ed è a tutt'oggi il giocatore con più segnature della storia del calcio professionistico americano. Passano gli anni e Chinaglia ormai è un mito negli Stati Uniti, anche se il soccer non è entrato mai completamente nei cuori degli americani. Le squadre si ridimensionano, gli sponsor languono e gli stadi si svuotano. La NASL, la lega americana, entra in crisi. Chinaglia, nel 1983, ha 36 anni e la carriera agonistica sta volgendo al termine. Una mattina di metà maggio di quell'anno, Giorgio sta ascoltando la radiocronaca di della gara Milan-Lazio, partita di Serie B, che vede i biancazzurri soccombere 5-1. Prende, come al solito, una decisione che viene dal cuore. Per lui rimasto laziale e tifoso, non resta che tornare: questa volta da Presidente. Malgrado il parere contrario della famiglia chiama collaboratori e avvocati vari e in gran segreto contatta il presidente della Lazio, Gian Chiarion Casoni, per chiedere la disponibilità a cedergli il controllo della maggioranza. La risposta è positiva e la domenica successiva prima di Lazio-Atalanta, il Corriere dello Sport pubblica la notizia dell'interessamento dell'ex bomber a rilevare la Società. Allo stadio accorrono in 55.000, ognuno con una bandiera o una sciarpa e portano la Lazio a vincere per 2-1 e a trovarsi a un passo dalla promozione.
I tifosi della Lazio possono iniziare a sognare dopo anni bui. Poche settimane dopo, a promozione avvenuta, Chinaglia sbarca a Roma tra il tripudio della folla. La Lazio è sua per 2 miliardi di lire. L'assemblea dei soci lo nomina Presidente il 13 luglio 1983. Purtroppo nessuno gli aveva detto che c'era un debito complessivo di 13 miliardi da coprire ma nonostante ciò, non si perde d'animo. Acquista il nazionale brasiliano Joao Batista e dalla Juventus Michael Laudrup, più altri giocatori e conferma sia Bruno Giordano che Lionello Manfredonia. Malgrado la Lazio sia una buona squadra, la salvezza arriva solo all'ultima giornata, dopo aver esonerato Giancarlo Morrone sostituendolo con Paolo Carosi. Prende anche una sonora squalifica per aver tentato di aggredire ad ombrellate l'arbitro Menicucci, durante l'incontro Lazio-Udinese, reo di aver fatto proseguire il gioco oltre il 90' permettendo così che i friulani pareggiassero. Per la stagione 1984/85 ha un piano molto preciso: vuole vendere i due gioielli Bruno Giordano e Lionello Manfredonia alla Juventus per incassare un bel po' di soldi per rimpinguare le casse e acquistare l'emergente attaccante Briaschi. Il piano salta perché sia il centrocampista che il bomber rifiutano di passare alla squadra bianconera. I tre litigano e lo spogliatoio si spacca. Il risultato è che la Lazio, nonostante un'ottima formazione, finisce penultima, retrocede in Serie B e la Società è sull'orlo del fallimento.
Chinaglia è costretto a cedere la società prima a Franco Chimenti a cui subentreranno poi i fratelli Calleri e Renato Bocchi. Troppo fiducioso nelle sue possibilità, tradito dagli amici, mal consigliato dai soci, dopo due anni e mezzo abbandona la Lazio da sconfitto. Tornato negli Usa Chinaglia si trasferisce in Florida dove apre un ristorante assieme alla sua nuova compagna. Sono anni tranquilli, mentre il soccer riprende vigore ed interesse anche negli States. Si occupa di calcio e ogni tanto ritorna in Italia dove ottiene un contratto da opinionista e commentatore di partite in televisione. Il carattere irrequieto lo porta spesso ad innescare polemiche ma il nuovo ruolo gli piace anche se gli va un po' stretto. In Italia si candida due volte alle elezioni ma non viene eletto. Nel febbraio del 1990 torna a giocare nella seconda categoria abruzzese con il Villa S. Sebastiano, realizzando una doppietta all'esordio. Diventa presidente del Foggia e del Lanciano ma le due esperienze si esauriscono presto. La Lazio di Sergio Cragnotti, intanto, comincia a vincere in Italia ed Europa. Spesso si accosta il suo nome a qualche ruolo dirigenziale o addirittura alla presidenza, ma non se ne fa mai nulla. Fra il patron e Chinaglia non c'è feeling. Partecipa alla serata del Centenario della Società il 9 gennaio 2000 tra l'ovazione dei 90.000 presenti. Poi ritorna in Florida.
Il nome di Chinaglia riappare all'improvviso all'inizio del 2006 quando si espone come portavoce di una cordata che vuole rilevare il controllo della Lazio dal presidente Claudio Lotito. Afferma che dietro c'è una importante multinazionale farmaceutica ungherese e tiene alcune conferenze stampa. Ma il Presidente della Lazio, tra molte polemiche ed accuse reciproche, non vuole saperne di cedere il controllo della Società e per questo Chinaglia fa ritorno negli States. Pochi mesi dopo viene raggiunto da un ordine di arresto in contumacia, assieme ad altre persone, per aggiotaggio e altri reati. Pare di capire che dietro le offerte di acquisto non ci fosse nessuna multinazionale, ma solo un tentativo di riciclaggio di denaro sporco. Chinaglia si dichiara innocente ed estraneo ai capi d'imputazione ma non farà più ritorno in Italia per evitare l'arresto. Sarà la giustizia a chiarire la vicenda. Intanto il 28 novembre 2007 la Consob multa l'ex giocatore emettendo questo comunicato: "La Consob ha multato Giorgio Chinaglia per 4,2 mln per condotte manipolative poste in essere in relazione ai titoli della SS Lazio spa e per procurato ritardo all'esercizio delle funzioni di vigilanza della Consob". La commissione dispone una sanzione amministrativa accessoria nei confronti di Chinaglia che prevede la perdita temporanea dei "requisiti di onorabilità e incapacità" ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo, per un periodo di 18 mesi.
Il 22 luglio 2008 vengono eseguiti sette arresti e il sequestro di due milioni di euro, parte del denaro che il clan dei Casalesi aveva "investito" per la scalata della S.S. Lazio. Questo il bilancio dell'operazione "Broken Wings", svolta dalla Guardia di Finanza e dalla Digos di Roma e illustrata nel corso di una conferenza stampa. L'obiettivo del potente clan di Casal di Principe era quello di entrare nel mondo del calcio, nel salotto buono della Serie A italiana. Per questo i Casalesi avevano messo su un meccanismo che operava su due livelli e che coinvolgeva anche dei professionisti. Da un lato la camorra dell'area casertana riciclava il denaro proveniente da attività illecite per scalare il titolo del club capitolino, e dall'altro coinvolgeva figure carismatiche del club, come Giorgio Chinaglia, per "preparare la piazza all'arrivo di fantomatici nuovi acquirenti". Chinaglia a cui è stato spiccato un secondo mandato di cattura, risultava ancora latitante. Il 30 settembre 2008 però, il tribunale del Riesame di Roma annulla l'ordinanza della misura applicativa della custodia in carcere per Giorgio Chinaglia e per altri soggetti coinvolti, non essendo provato per il Tribunale che il denaro destinato ad essere utilizzato per la scalata alla Lazio fosse provento di un'attività di riciclaggio.
E' una Domenica, come il giorno preferito dal Chinaglia calciatore quando arriva alle agenzie la tremenda notizia della sua morte. "Mio padre Giorgio Chinaglia è morto questa mattina". A confermare piangendo la notizia della scomparsa del leader del primo scudetto laziale data da Skysport, è al telefono dall'America il figlio Anthony: "E' morto questa mattina intorno alle 9:30. Era stato operato una settimana fa dopo un attacco di cuore. Gli erano stati impiantati 4 stent e l'operazione era andata bene. Era stato rimandato a casa dove sembrava essersi ripreso. Stamattina si era svegliato per prendere una medicina e si era rimesso al letto. Poi sono andato a controllarlo ed ho scoperto che non respirava più. Ho provato a rianimarlo ma non c'è stato niente da fare". In Italia sono da poco passate le 17 quando si sparge la notizia, tra lo sgomento dei tifosi biancazzurri. I notiziari sui programmi sportivi vengono interrotti per dare la notizia in diretta. La sera tutti i telegiornali nazionali gli tributano un ricordo. Così finisce la storia di una delle più grandi bandiere della Lazio. Giorgio Chinaglia è morto così in Florida l'1 aprile 2012, tradito dal cuore a soli 65 anni. Pochi giorni dopo la sua scomparsa, agli ex compagni Pino Wilson e Giancarlo Oddi viene l'idea di riportare le spoglie di Giorgio a Roma.
La famiglia di Tommaso Maestrelli, per bocca del figlio Massimo, mette a disposizione la tomba di famiglia al Cimitero Flaminio di Prima Porta. L'idea viene accolta favorevolmente dalla prima famiglia del giocatore, ma bisogna attendere tuttavia la sentenza di un tribunale statunitense prima di avere il via libera per il rientro della salma a Roma. Solo nei primi giorni di settembre 2013 viene resa nota la notizia del rientro in Italia ed il 15 settembre 2013 l'aereo con a bordo la bara di "Long John" atterra alle 6,30 a Fiumicino scortato dai familiari. Il giorno successivo viene allestita una camera ardente presso la Chiesa del Cristo Re a viale Mazzini e nel pomeriggio viene celebrata una Messa di suffragio. Migliaia sono i tifosi a rendergli omaggio. Nella serata dello stesso giorno Giorgio Chinaglia viene tumulato accanto a Tommaso Maestrelli.
- Foto e pagine di giornali della Lazio Calcio nei primi anni 70
| Data | Evento | Note |
|---|---|---|
| 29/8/1998 | Juventus-Lazio 1-2 | Torino - Stadio delle Alpi |
| 8/9/2000 | Lazio-Inter 4-3 | Roma - Stadio Olimpico |
| 8/8/2009 | Inter-Lazio 1-2 | Pechino - Stadio Bird's Nest |
| 13/8/2017 | Juventus-Lazio 2-3 | Roma - Stadio Olimpico |
| 22/12/2019 | Juventus-Lazio 1-3 | Riyad - King Saud University Stadium |