Sclavi Ezio

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Ezio Sclavi
Ezio Sclavi, penultimo seduto, durante il ritiro che precedette la partita Italia-Ungheria del dicembre 1931
Ezio Sclavi nel 1932
Un intervento in presa aerea del portiere biancoceleste
La torre medievale di Stradella. In tale cittadina Ezio Sclavi si trasferì in età giovanile dalla limitrofa natia frazione di Montù Beccaria
Sclavi con il Pulcino Armandino Longhi
Sclavi nel 1925 mostra ancora una chioma fluente
Sclavi para
Magnozzi e Sclavi, capitani di Milan-Lazio, si salutano prima di un match del 1931
Sclavi infortunato.
Sclavi risolve i problemi di avversari e compagni con un'uscita perfetta su un corner
Il 12 febbraio 1931 la Nazionale di Vittorio Pozzo, con Ezio Sclavi in porta, gioca un'amichevole a Carpi contro una mista Carpi-Modena vinta con il punteggio di 3 a 1. La partita era di preparazione al match Italia-Austria
Sclavi in Nazionale
Sclavi con l'amico-rivale Combi. I due più forti portieri dell'epoca. E' il 1934
Ezio Sclavi in Padova-Lazio 2-0, gara in cui ebbe una commozione cerebrale
Un'immagine di Ezio Sclavi nel 1930
Ezio Sclavi annuncia che partirà volontario per l'Africa
Sclavi volontario motociclista in A.O.,1936

Un grande portiere

Confidenze

L'artista

Galleria di immagini varie su Ezio Sclavi

Il ricordo di un Campione

24-25 Agosto 2012 Mostra/conferenza su Ezio Sclavi

La mostra-conferenza su Ezio Sclavi al Liceo Giulio Cesare di Roma del 5 aprile 2013

La scheda del libro Ezio Sclavi Portiere Pittore

Arma di Taggia, 13 maggio 2017 - Villa Boselli, presentazione del libro "Ezio Sclavi portiere pittore"

Monteveneroso, 23 luglio 2017 - Inaugurazione targa commemorativa e presentazione del libro "Ezio Sclavi portiere pittore"


Un grande portiere[modifica | modifica sorgente]

Ezio Sclavi, portiere, nacque il 23 marzo 1903 in Oltrepò Pavese a Montù Beccaria da genitori provenienti da Monteveneroso, un nucleo di poche case da cui è originario il ceppo degli Sclavi, oggi frazione di Canneto Pavese (PV), e morì ad Arma di Taggia (IM) il 31 agosto 1968.

La vicenda sportiva di Ezio Sclavi è indissolubilmente legata ad un giorno, il 22 luglio 1923, in cui egli non faceva ancora il calciatore, ma che fu importante per la Lazio e, di riflesso, per Ezio. Alla Rondinella si svolse la partita di ritorno tra i Capitolini e il Genoa che avrebbe deciso le sorti del campionato. Il Genoa, vincitore del girone nord, incontrò la Lazio, vincitrice del girone centro-sud, dopo che la partita di andata aveva visto trionfare i rossoblù per 4-1. La partita di ritorno alla Rondinella fu quasi una formalità per i campioni liguri, che si imposero per 2-0 conquistando il loro ottavo titolo, ma diede modo di far comprendere a tutti che il gioco del calcio aveva raggiunto larghi strati della popolazione e gli stadi non bastavano più per contenere la folla di appassionati che delirava per vedere un incontro come quello disputato nello stadio romano e soprattutto si capì che l'epoca del dilettantismo puro era finita e che, quindi, bisognava impostare le società di calcio su precisi modelli economici.

Lontani i tempi in cui Luigi Bigiarelli, sulle rive del Tevere, aveva scelto di fondare una società podistica dedita al più assoluto dilettantismo. Proprio quel giorno la Lazio indossò una maglia con l'azzurro intenso al posto del celeste come se la variazione cromatica, inconsciamente scelta, segnasse il discrimine tra il periodo pionieristico e le disincantate prospettive del nuovo modo di intendere il calcio. Dopo quella partita la Lazio vide andarsene alcuni fondamentali giocatori che approdarono nei grandi club del Nord, i soli che potevano garantire loro stipendi e ricompense. Nella Lazio il Presidente era Fortunato Ballerini, uomo all'antica che inorridiva solo al pensiero di una commistione tra denaro e sport, mentre uno dei principali dirigenti era Olindo Bitetti, uomo di più moderne vedute, che desiderava trattenere nella Lazio giocatori quali Augusto Faccani, Regazzoni e il portiere Ettore Agazzani che volevano andare a percepire un ingaggio in altre società. Il più potente, Ballerini, la ebbe vinta e i tre campioni si accasarono altrove.

L'"idea" era salva ma la Lazio si trovò priva dei giocatori più forti. E' a questo punto che entrò in ballo il destino. Alla Farnesina si riunivano tutti i giorni i soldati di leva che nella vita civile si dedicavano alle varie discipline sportive. Tra loro c'era un certo Ezio Sclavi che aveva praticato il salto con l'asta e la corsa piana, con ottimi risultati, sin dalla prima giovinezza trascorsa a Stradella, cittadina prossima al paese natale di Ezio. Fisico eccezionale su cui era impostato un volto sghembo, irregolare e così marcato da sembrare un nodo di ulivo. Il ragazzo si accorse che i commilitoni che praticavano il calcio godevano di un numero maggiore di uscite e poiché non amava la vita di caserma, decise di fare il giro delle società calcistiche romane per chiedere di essere provato come portiere. L'esperienza pregressa nel ruolo l'aveva avuta nella squadra del suo paese di residenza, la Stradellina, ma con risultati così disastrosi da essere stato cacciato dalla squadra. Le risposte delle società interpellate furono tutte negative.

Quel 22 luglio Sclavi fu inviato alla Rondinella con il suo reparto per montare delle tribunette supplementari atte a contenere il gran numero di spettatori previsti. Finito il lavoro, Ezio ne approfittò per reiterare la richiesta di effettuare un provino anche ad un dirigente laziale presente allo stadio. La risposta fu ancora negativa. La sera, come spesso accadeva, Sclavi si recava nel chiosco caffè di Piazzale Flaminio per passare le ore di libera uscita insieme ad alcuni commilitoni. Decisero di iscriversi ad un torneo di calcio amatoriale che si stava organizzando a Roma e cominciarono a incontrarsi con le altre squadre. In una di queste partite erano presenti alcuni soci della Lazio che furono molto colpiti dalle doti fisiche e dall'agilità di Ezio Sclavi. In breve fu tesserato per la Lazio e cominciò ad allenarsi con i giocatori biancocelesti. Con sua grande sorpresa gli fu detto che avrebbe esordito titolare in porta nella prima giornata del campionato 1923/24 contro la temibile Fortitudo.

Iniziò così la carriera del più leggendario, eroico, generoso, appassionato, epico giocatore che abbia mai indossato la casacca biancoceleste. Il portiere laziale disputò il campionato con un rendimento che andò oltre le più ottimistiche previsioni. Nel 1925 tre giocatori biancocelesti, lo stesso Sclavi, Antonio Vojak e Cattaneo, che svolgevano il servizio militare a Roma, furono congedati. Tutti e tre volevano restare alla Lazio ma la linea di Ballerini, come già detto volta al dilettantismo più radicale, non prevedeva nessun riconoscimento economico e quindi i tre calciatori furono costretti a tornare al Nord dove avrebbero potuto guadagnare qualcosa con il gioco del calcio. Il più insistente nella richiesta di restare a Roma fu Sclavi che arrivò a dichiarare che si sarebbe accontentato del solo vitto giornaliero pur di rimanere. Anche in questo caso la risposta fu negativa. Il portiere e Vojak furono allora ingaggiati dalla Juventus che, senza sborsare un centesimo, si accaparrò i due forti calciatori. Alla Lazio il posto di Sclavi fu dato a Bruno Nicolini, ex portiere della Pro Roma.

Mentre il 7 luglio 1926 il C.O.N.I. sconvolse la struttura dei campionati con scelte che penalizzarono la Lazio, quando quest'ultima aveva già dovuto assistere, impotente, al passaggio del suo miglior giocatore, Fulvio Bernardini, all'Internazionale, una bella notizia rasserenò un po' gli animi. Ezio Sclavi, dopo una stagione alla Juventus in cui aveva fatto da riserva a Combi e aveva giocato una sola volta contro la Reggiana e per di più nel ruolo di centromediano, aveva rifiutato il prolungamento del contratto e chiedeva di poter tornare alla Lazio, forte del fatto che la cessione di Fulvio Bernardini aveva fatto cadere le ultime anacronistiche barriere dei puritani. Questa volta la società non ci pensò un attimo e ingaggiò seduta stante il giocatore. Era talmente certa delle sue qualità che nel campionato seguente lo fece giocare, oltre che in porta, anche nel ruolo di centravanti. E' per questo che, oltre che per l'abitudine dei giornali dell'epoca di non riportare sempre le formazioni delle squadre limitandosi alle sole scarne cronache, risulta impossibile risalire al numero delle partite effettivamente giocate da Ezio prima dell'introduzione del Girone Unico. Comunque Sclavi non fu un uomo dalla personalità semplice. Ciò ha costituito spesso un pregio ma altre volte anche un limite. Un avvenimento rivelatore dell'uomo Sclavi accadde il 7 novembre 1926.

La Lazio giocava in casa con la Liberty Bari e si trovava in vantaggio per 1-0. Verso la fine del primo tempo una palla lenta arrivò dalle parti di Ezio che si accinse a rinviarla in tutta tranquillità. Forse una zolla di terra ne deviò la traiettoria e Sclavi, sicuro di calciare, si accorse troppo tardi che la sfera era rotolata in rete. Durante l'intervallo il pubblico offese a lungo il portiere e qualcuno gli urlò di essersi venduto la partita. La Lazio alla fine vinse per 2-1 ma da quel giorno Ezio non avrà nessun riguardo per il pubblico, ignorandolo persino nei momenti più belli. Evitata nel 1927, per merito del Generale Giorgio Vaccaro la funesta fusione con le altre squadre di Roma per dar vita all'A.S. Roma, la Lazio continuò a partecipare con alterne fortune ai vari campionati sempre fiera della sua specificità e del suo ideale. Sclavi divenne il perno e il riferimento della squadra. Salvò, con parate magnifiche, la sua squadra dalla retrocessione nel drammatico spareggio di Milano con il Napoli del 23 giugno 1929 e questa partita deve essere raccontata per capire cosa fu Ezio per la Lazio.

La squadra biancoceleste era in vantaggio per 1-0 alla fine del primo tempo. Al 55' Sallustro pareggiò e subito dopo Luigi Saraceni, provocato da Camillo Fenili, colpì con un pugno l'avversario e venne espulso. Con la Lazio in dieci Innocenti II non ebbe difficoltà a portare il Napoli sul 2-1. La Lazio appariva tramortita e solo le portentose parate di Ezio impedirono ai partenopei di chiudere la partita. Sclavi, piangendo a dirotto vedendo la rassegnazione in alcuni suoi compagni, urlava e li implorava di reagire. Insieme a lui anche Leopoldo Caimmi non volle arrendersi e proprio quest'ultimo, vedendo il compagno Franco Rier che non correva più, lo andò a colpire. Sclavi, che era il capitano, schizzò fino a centrocampo per dividere i due contendenti e convinse l'arbitro a non espellerli. Caimmi, preso dal nervosismo, sferrò un violentissimo schiaffo sul volto di Ezio che reagì abbracciandolo con uno stoicismo assoluto. Carlo Cevenini pareggiò per la Lazio con un goal fortunoso. Si arrivò ai supplementari e Sclavi parò tutto, tanto da essere soprannominato dai tifosi napoletani "San Pietro". La partita finì e quel punto consentì alla Lazio di salvarsi e condannò il Napoli.

Grandi le feste nello spogliatoio laziale ma mentre Caimmi era sotto la doccia, si vide raggiungere da uno Sclavi che si liberò della rabbia accumulata in campo, abbattendo con un pugno l'amico che, consapevole, non reagì. Ancora durante un Lazio-Ambrosiana del 27 ottobre 1929, Sclavi venne colpito da un calcio in testa da Balestrini che gli procurò un lungo svenimento. Rientrato in campo con la testa sanguinante, Ezio contribuì al pareggio per 1-1 con quella fortissima formazione. Il 27 aprile 1930 Lazio e Milan pareggiarono 0-0. Sclavi era preoccupato perché la situazione di classifica non era confortante. La sera, dopo ogni partita, tutti i Laziali si ritrovavano a Piazza Colonna per leggere i risultati di ogni partita disputata ed evidenziati su di un cartellone. Sclavi, pur convocato per la Nazionale, era nervoso perché il giornalista Ennio Mantella aveva criticato la scelta di Vittorio Pozzo e inoltre non perdeva occasione per criticare la Lazio. Sclavi credette di riconoscere il giornalista tra la folla e gli sferrò un pugno sul volto.

Ma la persona colpita non era Mantella ma il famoso giornalista Eugenio Danese. Alcuni volenterosi separarono i contendenti e la cosa sembrò finire lì. Il giorno seguente Ezio partì per Firenze perché doveva visitare alcune mostre d'arte e tornando in sede trovò il cartello di sfida che Danese, ottimo schermidore e ottimo tennista, gli aveva inviato. La sfida non si poté rifiutare e il giocatore, nominati come padrini lo schermidore Resse e il Generale Giorgio Vaccaro, si recò all'alba del giorno 30 a Grottarossa dove il duello ebbe luogo. Danese partì all'assalto e Sclavi, che non aveva mai impugnato una spada, rimase in posizione di guardia e la sorte fu dalla sua parte. Danese, nella foga, si era procurato un piccolissimo graffio al polso ma ciò fu sufficiente per porre fine al combattimento. Da quel giorno Sclavi e Danese divennero amici inseparabili. Nel frattempo Ezio inanellò partite su partite e parate su parate risultando quasi sempre il migliore in campo.

Il 7 dicembre a Testaccio si svolse il derby. Le due squadre attraversavano un ottimo momento e la partita fu spettacolare. Al 30' Volk sfuggì a Caimmi e si catapultò solitario verso Sclavi. Quest'ultimo lo aspettò tranquillo e al momento del tiro si lanciò sui piedi del gigante giallorosso. Testa rotta e goal evitato. La partità fini 1-1 e buona parte del merito fu dato al numero uno biancoceleste. Il 10 maggio 1931 in Alessandria-Lazio, terminata 1-3 per i biancocelesti, Sclavi fu colpito in testa da Scagliotti. Tradizionale svenimento e il prof. Ugo Bani ne approfittò per suturare una ferita lacero-contusa dietro l'orecchio del portiere. Naturalmente tornò in campo e poco dopo Chierico appioppò un ulteriore calcio in faccia al povero Ezio.

Questa volta la ferita era molto seria: il mento era aperto fino a veder le ossa. L'arbitro scongiurò i dirigenti laziali di portare il calciatore in ospedale. Altri punti di sutura e il medico tentò di accompagnare Sclavi negli spogliatoi. Infuriato, Ezio pretese di essere bendato e quando tornò in campo sembrava una mummia in quanto la fasciatura lasciava libero solo uno spiraglio sugli occhi. La Lazio uscì vittoriosa dal campo. Al ritorno a Roma a Sclavi fu regalata una medaglia d'oro con una dedica dei soci biancocelesti. Due settimane dopo si svolse il derby e prima della partita all'appello dell'arbitro risultò mancante Sclavi. Tutti pensarono ad uno scherzo ma l'allenatore Ferenc Molnar decise di far scendere in campo il portiere di riserva. Entrando in campo, Olindo Bitetti si accorse che Ezio dormiva beato dietro ad una delle porte. Il risveglio fu brusco come veloce fu il suo ritorno in porta. Quella partita ebbe uno svolgimento incredibile e ancora una volta uno dei protagonisti fu proprio Sclavi. Proprio all'inizio l'arbitro Gama annullò un goal alla Roma; al 27' Piero Pastore mandò in vantaggio la Lazio. Al 48' Volk pareggiò ma al 51' Juan Fantoni riportò i biancocelesti sul 2-1.

La Roma sembrò morsa da una tarantola e spinse forsennatamente per tutta la partita trovando una lastra d'acciaio a difesa della porta laziale. A due minuti dalla fine Bodini su punizione bucò l'acciaio e il 2-2 fu raggiunto. Mancavano 2 minuti alla fine ma i giallorossi non si fermarono. Un pallone andò fuori campo e il Generale Vaccaro, non accortosi che il giallorosso De Micheli lo stava velocemente recuperando, lo mandò in direzione opposta. A questo punto De Micheli ingiuriò e colpì Vaccaro che non ci pensò due volte a restiuire il pugno. Per evitare il propagarsi della rissa l'arbitro fischiò la fine e i carabinieri entrarono in campo. Durante il ritorno negli spogliatoi la maggior parte dei romanisti si scagliò contro Sclavi identificandolo come l'artefice del loro mancato successo. Sclavi, ricordando le sue doti di velocista, si barricò negli spogliatoi mentre a bordo campo si accese una rissa spaventosa che si propagò nelle tribune investendo i sostenitori delle due squadre. I carabinieri furono anch'essi aggrediti e la situazione divenne incontrollabile. Solo l'intervento di un intero squadrone di militi a cavallo riportò l'ordine allo stadio.

Octavio Fantoni riportò una commozione cerebrale. Il Direttorio squalificò entrambi i campi di gioco ma le colpe maggiori furono riconosciute ai giallorossi che si videro squalificare per molte giornate alcuni loro giocatori. A causa di ciò la Juventus riuscì a distanziare la Roma e a vincere lo scudetto. La stagione finì e la Lazio fu l'unica squadra, insieme al Bologna, ad non aver mai perso in casa. Sclavi ebbe l'onore di essere di nuovo convocato in Nazionale. Il 22 luglio la Lazio prestò alla Juventus il suo numero uno, cosa possibile allora, per fargli disputare la finale di "Coppa Europa" a Praga contro lo Sparta. La Juve perse la partita per 1-0 ma la stampa locale definì Sclavi "l'eroe della partita". Intanto Sclavi era divenuto un portiere leggendario e le convocazioni in Nazionale ne furono la conferma. I campionati lo videro sempre tra i protagonisti e lui ebbe un amore per i colori biancocelesti che andò oltre ogni immaginazione.

Ma tutte le vicende nascondono la perfidia dell'imprevisto e anche per Ezio Sclavi venne l'ora di fare i conti con la sorte avversa. Il 18 febbraio 1934 la Lazio era impegnata a Padova. Il consueto modo spericolato di uscire determinò un colpo sul capo del portiere. Il giocatore si rialzò subito e il gioco riprese. Ma Ezio stava male. Per la prima volta nella sua carriera chiese aiuto ai compagni che lo rincuorarono. Nell'intervallo il medico constatò che il giocatore soffriva di una commozione cerebrale. Sclavi naturalmente non sentì ragioni e volle tornare in campo, ma quando il patavino Polesel tirò in porta da molto lontano e il portiere non si accorse nemmeno che il pallone era entrato in porta, si capì la gravità delle sue condizioni. Finita la partita fu portato in ospedale ma il giocatore non ricordava nulla. Trattenuto per un po' in osservazione fu dimesso e poté ritornare a Roma. I giornali del lunedì scrissero impietosamente che Sclavi era stato colpito da amnesia e i dirigenti non capirono la portata di quelle rivelazioni e non tutelarono il giocatore che su tutti i campi veniva identificato come lo "smemorato".

A Genova l'ennesimo riferimento al suo malanno colpì profondamente l'amor proprio del calciatore che fece promettere a tutti i suoi compagni di dannarsi per vincere la partita. E così fu. I giornali parlarono di uno Sclavi in spettacolosa giornata. Proprio con quella sconfitta il Genoa retrocesse ma durante la gara Ezio, bloccato un difficile spiovente, senti un forte dolore al ginocchio. La settimana seguente era in programma il derby e grande fu la sorpresa nel non vedere in campo l'inossidabile portiere biancoceleste. Rientrò in campo l'1 aprile 1934 a Roma contro la Fiorentina. Durante la gara deviò in angolo un maligno cross di Perazzolo e sentì un lancinante dolore al medesimo ginocchio. Francesco Gabriotti lo sostituì in porta e la Lazio, che conduceva per 2-0, fu rimontata. La diagnosi fu quella di lesione del menisco.

Fu operato in tempi in cui l'operazione al menisco era estremamente complicata. Fu costretto a operarsi di nuovo. Nel frattempo la Lazio si era premunita ed aveva acquistato il portiere Giacomo Blason. Quando Ezio tornò al campo guarito gli fu detto che la società aveva provveduto e che lo onorava regalandogli la lista di trasferimento gratuita. La vita di Sclavi si fermò in quel momento: sconfitte dolorose, vittorie esaltanti, sacrifici, ferite, allenamenti, rinunce, sorrisi e lacrime, la giovinezza regalata alla Lazio, ai colori che lui aveva nel cuore e di cui era orgogliosissimo. Tutto finito. Allenerà il Messina l'anno seguente per qualche partita in sostituzione dell'esonerato Pietro Piselli e poi la decisione improvvisa ma esemplare: lasciò il calcio, Roma, l'Italia e si arruolò volontario, con il grado di caporale motociclista, per la guerra in Etiopia.

Al termine della campagna militare avviò un'attività di autotrasporto. Da lì, lacerato dai ricordi e provato da dure esperienze, tornerà in Italia solo nel 1947, dopo essere stato anche prigioniero degli Inglesi in Tanganika. Nel 1948 fu allenatore di una squadra giovanile della Viterbese, ma quest'esperienza durò molto poco. Trasferitosi sulla riviera ligure, non volle più sentir parlare di calcio "importante" e si dedicò ad allestire formazioni giovanili locali e a dare consigli tecnici. Soprattutto coltivò la sua passione per il disegno e la pittura fino al giorno della sua prematura scomparsa a 65 anni. La città di residenza, Arma di Taggia, volle onorare il campione dedicandogli il nuovo stadio comunale.

Ezio Sclavi è stato il più forte portiere che abbia mai avuto la Lazio. Agilissimo e potente, era dotato di un coraggio incredibile e di una presa ferrea. Imbattibile tra i pali e insuperabile in uscita bassa, era in possesso di un'elevazione non comune e di un colpo di reni proverbiale. Temuto e rispettato dai compagni e dagli avversari sapeva impartire ordini secchi e precisi ai suoi difensori. Trascinatore per indole, non aveva punti deboli nonostante l'altezza non elevata (m 1,77 per kg 80) per un portiere. La rivista specializzata "Noi portieri di Calcio" ha recentemente pubblicato una splendida foto di Sclavi in esemplare uscita su un avversario per dimostrare ai lettori quale sia la posizione giusta del corpo e delle braccia di un portiere che esce e l'ha intitolata, con molta pertinenza, "Il futuro nel passato". Sclavi ha giocato con la Lazio dal 1923 al 1934, salvo la stagione 1925/26 in cui militò nella Juventus, per un totale di 253 partite anche se il numero, come detto, non è sicurissimo.

Sicure sono invece le 153 partite che ha disputato dal 1929 al 1934. Il 22 luglio 1931 la Lazio prestò alla Juventus il suo numero uno, cosa possibile allora, per fargli disputare la finale di Coppa Europa a Praga contro lo Sparta. La Juve perse la partita per 1-0, ma la stampa locale definì Sclavi, che aveva parato anche un rigore, "l'eroe della partita". In Nazionale è stato convocato più volte ma ha disputato solo tre gare, anche perché ebbe come rivale lo juventino Combi che, sia pur fortissimo, godeva della protezione e della benevolenza del torinese C.T. Vittorio Pozzo. Sclavi giocò contro l'Ungheria a Torino il 13 dicembre 1931 (3-2), contro la Svizzera a Napoli il 14 febbraio 1932 (3-0) e contro l'Austria a Vienna il 20 marzo 1932 (2-1).


Confidenze[modifica | modifica sorgente]

Da un'intervista del Littoriale del 25 agosto 1931: "Il portiere è il più meticoloso spettatore che esista: spesso vede più chiaro e più severo dell'arbitro (e sia detto senza ironia!), conosce magagne e miracoli, vizi e pregi d'ogni singolo giocatore. Se un giorno a un portiere salterà in mente di scrivere un profilo rapido e prendere qualche istantanea là per là di questo o quel calciatore, molti valori si modificheranno, infocati da un punto di vista più giusto". "Io sono invece l'uomo delle poche emozioni: la mia maniera di giocare lo dice, la mia avventurosa vita lo dimostrerebbe con più di un esempio."

Sull'arrivo alla Lazio: "Ho cominciato a giocare con la Lazio. Ero soldato alla Farnesina e come calciatore niente altro che un tifoso. Morivo dalla voglia di provarmi, in qualsiasi dei posti disponibili, in una società seria però. Non sapevo in realtà a cosa fossi buono, ma ero un atleta completo, questo sì, e ambizioso quant'altri mai. Mi pareva che in qualsiasi sport mi fossi provato, avrei dovuto riuscire a non essere da meno che un campione. Per me l'atletismo è anche questione di volontà e di sagacia: senza qualcosa veramente vivo, qui dentro [punta un indice in mezzo alla fronte stempiata] non si può eccellere in nessuna delle tante discipline sportive. Dunque, mi presento all'Alba, alla Fortitudo: niente! Non mi accettarono neppure per una terza squadra: non ne avevano bisogno, forse, o mi giudicarono, a occhio e croce, un palo qualunque. Finalmente l'arbitro Sette parlò di me a Palmieri, il quale mi scrutò con il suo occhio clinico e accettò di mettermi alla prova. Venne bene che ci fosse, di lì a due giorni, un allenamento contro la Pro Roma e che fosse imprescindibile trovare d'urgenza un portiere che sostituisse Ettore Agazzani che era stato accaparrato in quei giorni dalla Reggiana. Il capitano della squadra laziale, Fernando Saraceni, si disperava di non imbroccare con chi non gli andasse a fagiolo; subito dopo mi accorsi però che mi guardava con una certa attenzione. E così il venerdì successivo mi annunziò netto e crudo: "Domenica, contro la Fortitudo, giochi tu!". Confesso che pensai: "E' uno scemo!" e che mi sentivo impreparatissimo. Il "nulla osta" arrivò la mattina di quel giorno fatidico: e fu un trionfo per Saraceni perché, malgrado la partita furibonda, la mia rete restò vergine. Io pensavo: "va bene, ma potrebbe essere un caso!" Ma ormai m'ero affezionato assai al mio ruolo e divenni di partita in partita inamovibile: in 7 partite che seguirono il debutto neppure un goal!"


L'artista[modifica | modifica sorgente]

Sembra impossibile come da quelle enormi mani da portiere siano potute uscire raffinate e significative pitture di altissimo livello. Prova ulteriore della grande sensibilità di un essere complesso e attento all'uomo, alla vita e alla natura. L'attività creativa di Sclavi cominciò intorno al 1932 quando iniziò a frequentare gli ambienti artistici più avanzati di Roma. Negli anni trenta la cultura artistica italiana è incentrata sul gruppo "Novecento", che vede riuniti i fautori di un nuovo e auspicato recupero della monumentalità classica, dopo le devianze trasgressive e sconvolgenti delle avanguardie primo-novecentesche. I rappresentanti di questa corrente rispondono ai nomi altisonanti di Sironi, Casorati, Severini, Carrà e di altri rappresentanti della migliore figurazione italiana. Pur con molte eccezioni in "Novecento" si trovano quegli artisti che, non sempre dichiaratamente fascisti, appartengono comunque a quell'"area di consenso" che il regime apprezzava e gratificava con commissioni e prebende. In opposizione a "Novecento" si vanno a formare dei piccoli gruppi che, non dimentichi della lezione delle avanguardie, trovano in queste la risorsa per sperimentare e formulare un'arte più libera e internazionale. Sono tre i gruppi che si formano in tal senso e che vengono talmente osteggiati da dover percorrere strade clandestine o dissimulate per non incorrere nelle ire del regime. Sono il gruppo dei "Chiaristi" lombardi, quello dei "Sei di Torino" e quello della "Scuola romana".

Con declinazioni differenti questi gruppi ripercorrono e modernizzano il sentiero espressionista che per loro è l'unico che può rompere con il monumentalismo e la staticità postmetafisica. Di questi tre gruppi il più propositivo sarà quello romano che punterà ad una critica diretta e dissacratoria dei valori di "Novecento". I rappresentanti più importanti sono Scipione, Raphael, Mafai, Fausto Pirandello, Ziveri, Cagli (che, in seguito, dovette fuggire in America perché d'origine ebrea) e i più giovani Afro, Leoncillo, Guttuso, Capogrossi e il nostro Sclavi. Il costruttivismo di Mafai, la visionarietà di Scipione, l'espressionismo attualizzato della Raphael, sono le pagine più alte della pittura di quegli anni. Ezio Sclavi si pone tra la formulazione espressionista, la liricità concretizzata di Cagli e un certo primordialismo, con un'originalità tutta sua. Legato proprio a Corrado Cagli da un rapporto più che profondo, Sclavi partecipa ad innumerevoli mostre ed esposizioni di altissimo livello in Italia e all'estero nonostante la sua assenza dall'Italia durata dieci anni a causa della guerra. Dalla permanenza in Africa troverà nel dopoguerra lo spunto per rivedere i suoi soggetti che risentiranno in modo deciso delle atmosfere struggenti e delle contingenze, a volte drammatiche, da lui vissute in quel continente.

Il trasferimento in Liguria, con una ritrovata pace esistenziale, attenua le asprezze di matrice espressionista per digradare verso l'astrattismo e la pittura di Sclavi si addolcisce pur mantenendo un'inquietudine di fondo che è forse la cifra più affascinante della sua pittura. L'opera di Sclavi è presente in diverse Gallerie e in importanti collezioni private. Molte opere di Sclavi hanno soggetti calcistici come alcuni suoi autoritratti, l'opera "Il portiere ferito" e quel quadretto meraviglioso intitolato "Il pulcino Giubilo" dedicato al giovanissimo portiere laziale della squadra pulcini che con le sue parate permise alla Lazio di uscire imbattuta da Vienna nella partita contro la fortissima squadra del Wacker l'11 giugno del 1933.

Corrado Cagli ritrae Sclavi nell'opera "Portiere", di grande ed epica intensità, in cui però lo stesso viene rappresentato con un'improbabile maglia giallorossa. Ma nell'opera hanno sicuramente inciso scelte di tipo cromatico e quindi giustificabili. Meno giustificabile appare una presentazione di un non informato tal Luca Beatrice che, scrivendo di alcune opere di carattere sportivo esposte a Torino nel Palazzo Bricherasio in occasione dei 110 anni della Juventus, cita alcune pitture di Sclavi e ricorda, come inciso, che giocò "alcune partite nella Lazio", tralasciando di dire che furono ben 253 e che fu anche portiere della Nazionale italiana. Chi volesse approfondire lo Sclavi artista, può consultare il catalogo "Le pitture di Ezio Sclavi" di P.M.Bardi, edito in Roma nel 1936. Alcune notizie biografiche e il prezioso testo che è riprodotto in Galleria ("àl Butaséi", nov. 1990, Stradella - PV), ci sono stati forniti, con squisita gentilezza, dal sig. Ercole Bongiorni che siamo andati a trovare nella sua casa di Monteveneroso, paese originario degli Sclavi, al fine di chiarire definitivamente alcuni dati personali che nella storiografia del calciatore Ezio Sclavi apparivano ambigui e contradditori. Ercole Bongiorni si interessa di storia e cultura locale ed è legato da parentela, per parte materna, con il nostro Ezio. Grazie a lui tali dati sono stati finalmente appurati. A lui i sentiti ringraziamenti di LazioWiki.





Un altro disegno che LazioWiki ritiene appartenente al romanzo "...raccoglie, fugge, centra...". E' conservato a Milano al Gabinetto dei Disegni e, come gli altri a corredo del romanzo è eseguito con una tecnica particolare. L'opera catalogata nell'inventario Nicodemi con il titolo di "Gruppo di ragazzi seduti" e con la dicitura "disegno a matita, eseguita su carta bianca con ricalco di carta carbone" è, invece, una composizione di figure realizzata con la tecnica del monotipo a olio la cui esecuzione consiste nel creare il disegno sul verso del foglio mediante uno strumento appuntito, in questo caso ancora visibile è il tratto dell'incisione con una punta d'argento. Il foglio viene poi appoggiato su una matrice preparata a olio, che a sua volta imprime il tratto sulla carta. L'utilizzo di tale tecnica dà come risultato un'estrema sintesi della linea. Nel disegno, infatti, un segno nitido e continuo descrive cinque giovani figure, intente a dialogare fra loro



Palmares[modifica | modifica sorgente]



Galleria di immagini varie su Ezio Sclavi[modifica | modifica sorgente]

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Il ricordo di un Campione 24-25 Agosto 2012 Mostra/conferenza su Ezio Sclavi La mostra-conferenza al Liceo Giulio Cesare di Roma del 5 aprile 2013 Torna ad inizio pagina