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Il prestigioso trofeo "Teresa Herrera" conquistato il 4 giugno 1950
La Coppa Italia del 1958 è biancoceleste
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Il Messaggero celebra il primo Scudetto
Fabio Poli realizza la rete che evita la retrocessione in serie C
La Coppa delle Coppe conquistata al Villa Park di Birmingham
La Supercoppa Europea conquistata a Montecarlo contro il Manchester United
La Coppa Italia 2003/04
Miroslav Klose: il grande campione tedesco in maglia biancoceleste
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Dal "Tevere al Piave" sulla stele che ricorda Luigi Bigiarelli nel cimitero di Ixelles a Bruxelles
In memoria di Emiliano Filippini - 1983/2012
Il Messaggero riporta la notizia della nascita della Società "Lazio"
La prima foto conosciuta della Lazio: è il 16 maggio 1901. Courtesy M. Impiglia
L'intestazione ufficiale della S.P. Lazio nel 1913
Vittorio Emanuele III erige la Lazio ad Ente Morale
La seconda pagina del decreto
L'evento pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale
Lazio-Foggia 1-0 del 12 maggio 1974, il primo Scudetto
Lazio Campione d'Italia 1973/74
Sergio Cragnotti: sotto la sua gestione una Lazio vincente
Luigi Bigiarelli rappresentato nel giorno del Centenario
14 maggio 2000 ore 18.04: la Lazio vince il secondo Scudetto
Il Messaggero del 15 maggio 2000 celebra il tricolore biancoceleste
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LazioWiki: dal 2007 online il primo sito enciclopedico sulla Storia della S.S. Lazio

LazioWiki è un progetto collaborativo finalizzato alla creazione della più definitiva, accurata ed accessibile enciclopedia sulla S.S. Lazio. Aperto alla consultazione di tutti, LazioWiki non è dedicato soltanto alla raccolta di numeri e statistiche, ma soprattutto al racconto di una storia ancora in divenire, ricostruita attraverso le mille e mille voci di un'enciclopedia unica nel suo genere. Partite, persone, luoghi e vicende nati e vissuti dentro ed intorno questo sogno ultracentenario chiamato S.S. Lazio, sotto l'abbraccio della bandiera più grande del mondo. La sua redazione è iniziata il 14 maggio 2007; consiste attualmente di 28 025 articoli, di oltre 130.000 foto ed è in costante evoluzione. L'opera è aperta a chiunque desideri collaborare, non ha fini di lucro, non contiene pubblicità, si autofinanzia ed è consultabile in forma del tutto gratuita.
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Casacche Divise 1940-45 - Gli Atleti della Lazio nella Seconda Guerra Mondiale di Fabio Bellisario e Fabrizio Munno - Edizioni Eraclea

Dopo "Dal Tevere al Piave", che ha affrontato i temi relativi alla Grande Guerra, con "Casacche divise" gli storici di LazioWiki portano in luce con accuratezza il destino di tanti sportivi biancocelesti che, spesso loro malgrado ma sempre con valore, decisero di onorare la patria nella guerra coloniale e nel secondo conflitto mondiale, in molti casi passando nelle schiere partigiane dopo l'8 settembre 1943. Al commovente e drammatico racconto delle vicende umane e sportive si accompagna la rigorosa ricostruzione dei fatti storici. Ai sette caduti accertati dalla storiografia ufficiale, gli autori hanno aggiunto altri 23 nomi finora completamente ignorati. Il libro usa un registro serrato, secco, privo di pause, proprio come gli avvenimenti che interessarono la vita dei tanti atleti-soldati in quella guerra distruttiva. Emergono storie tragiche, esaltanti, commoventi di ragazzi che avevano amato lo sport e che si ritrovarono, spesso su fronti opposti - da qui il titolo del libro - a combattere. Tutte le vicende raccontate e le testimonianze sono inedite, così come gran parte dell'apparato iconografico che accompagna il testo.
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Società Podistica "Lazio" - Ideali sportivi olimpici unitari romani e biancocelesti di Marco Impiglia - Franzè Editore

Con due riunioni tenute il 9 e il 13 gennaio 1900, di martedì e di sabato, alla Pippa Nera e nell'appartamento dei Bigiarelli al vicolo degli Osti 15, nel rione Ponte, la Società Podistica Lazio si costituì. Fu l'atto alchemico conclusivo di una serie di conciliaboli avvenuti durante gite podistiche e su una panchina prospiciente piazza della Libertà, dove oggi una lapide ricorda l'evento. Il Zenone della situazione, l'artefice dell'opus nigrum, fu Luigi Bigiarelli, che letteralmente fece attraversare la fase della nigredo a quelli della Pippa Nera, e chiarificò il tutto in una pietra filosofale davvero magica, per che avrebbe saputo creare nel secolo a venire.
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Coppi 1945, una primavera a Roma - Fausto, Nulli e la Società Sportiva Lazio di Giampiero Petrucci e Fabio Bellisario - Edizioni Eraclea

9 gennaio 1945. Fausto Coppi si trova a Caserta, in un campo di prigionia degli Inglesi dai quali è stato catturato in Africa dove lui, ultimo vincitore del Giro d'Italia (1940) ed ancora recordman in carica dell'Ora (1942), ha combattuto come un qualsiasi soldato. L'industriale capitolino Edmondo Nulli, accompagnato da Pietro Chiappini (ex compagno di Coppi nella "Legnano"), gli offre un ingaggio per correre nella sua piccola squadra. Coppi accetta all'istante. Indosserà la maglia arancione della "Nulli" dopo aver firmato il regolare cartellino FCI con la Società Sportiva Lazio.

Inizia così una storia poco nota e spesso trascurata, ma che si rivelerà invece fondamentale nella vita e nella carriera di Coppi. A Roma Fausto trascorre l'intera Primavera, gareggiando e vincendo, ponendo le basi di quella fenomenale "rinascita" che lo porterà poi a diventare l'indimenticabile Campionissimo. Coppi-Nulli-Lazio: il trinomio che nel 1945, in un'Italia ancora spezzata dalla Linea Gotica, sale agli onori della cronaca romana ma che spesso è stato dimenticato, sottovalutando l'importanza di chi concesse al campione piemontese non solo un cartellino, una bici ed una maglia ma anche e soprattutto la fiducia e la speranza.

Coppi, sotto la paterna guida di Nulli e l'organizzazione professionale della Società Sportiva Lazio, ritrovò se stesso, come uomo e come atleta. Il libro si avvale di documenti e di un apparato iconografico in gran parte inediti con i quali è stato possibile ricostruire quel periodo difficile ma denso di speranze. Quei giorni meritano di essere rivissuti nel dettaglio perché nella Primavera del 1945 l'Airone volò anche sulle rive del Tevere.
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Ezio Sclavi Portiere Pittore di Fabio Bellisario - Edizioni Eraclea

Il racconto della vita di Ezio Sclavi, portiere della Lazio e della Nazionale tra gli anni '20 e '30, che ha saputo raggiungere i livelli più alti sia in campo sportivo sia artistico. Se la sua pittura gli consente di essere annoverato tra i massimi esponenti della "Scuola Romana" e della pittura aniconica italiana degli anni '50 e '60, il calcio, che lo ha visto portiere di Lazio, Juventus e della Nazionale, lo annovera tra i più straordinari interpreti del difficile ruolo.

Il libro è il racconto, affascinante come un romanzo, della sua vita, contrassegnata da momenti dolorosi e altri esaltanti, ma sempre improntata al coraggio, la passione, la sincerità e la coerenza. Un uomo, dalla personalità estremamente complessa, che è stato allo stesso tempo protagonista e vittima del suo tempo e del tempestoso contesto storico e sociale presente in Italia in quegli anni. Il libro si avvale di una documentazione quasi del tutto inedita, di tantissime immagini di calcio scovate miracolosamente, di riproduzioni fotografiche di circa cinquanta sue opere pittoriche e di testimonianze dirette, raccolte nei luoghi dove Sclavi è vissuto, da parte di chi l'ha conosciuto e apprezzato.

Le recensioni al libro "Ezio Sclavi Portiere Pittore" di Fabio Bellisario
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DAL TEVERE AL PIAVE - 1915-1918 - Gli atleti della Lazio nella Grande Guerra.

LazioWiki ha ricostruito con tale opera, con assoluta precisione storica, le vicende esistenziali, sportive e belliche degli atleti della Società Podistica Lazio impegnati nella Prima Guerra Mondiale, le azioni a cui parteciparono, le decorazioni ottenute sul campo, le circostanze in cui ben trenta di essi, e non undici come si era creduto, si immolarono, i luoghi dove riposano. Il tutto nel contesto storico in cui si svolsero gli avvenimenti bellici e il riflesso che essi ebbero a Roma.

Il libro si avvale di documentazioni e fonti iconiche-fotografiche in gran parte inedite, e di eccezionale rilevanza testimoniale. Sullo spartito di questo testo risuonano le note delle battaglie, delle sofferenze, degli eroismi di tanti giovani sportivi romani ammaliati dagli ideali biancocelesti e coscienti, ma senza alcuna retorica, di dover servire la Patria. La Presidenza del Consiglio dei Ministri, riconoscendo a questo libro il suo alto valore storico, ha voluto concedergli il logo ufficiale della Commemorazione del Centenario.

Dal Tevere al Piave - 1915-1918 - Gli Atleti della Lazio nella Grande Guerra - Edizioni ERACLEA - pag. 226 - € 14,90

Le recensioni al libro "Dal Tevere al Piave" di LazioWiki a cura di F. Munno e F. Bellisario
I libri sono disponibili nelle migliori librerie come Feltrinelli, Minerva, Pagine di Sport e ordinabili online su Amazon.it e Ibs.it


Eventi.jpg I racconti di Olimpia
PUBBLICATO per la rubrica "I racconti di Olimpia" il nuovo lavoro di Olimpicus: ► Cinque rasature e un taglio Novità.jpg

I precedenti racconti di Olimpicus già pubblicati su LazioWiki.org


Società Sportiva Lazio

La Società Sportiva Lazio (nota anche come S.S. Lazio o Lazio) è una Società Polisportiva fondata a Roma il 9 gennaio 1900 in Piazza della Libertà nel rione Prati. Probabilmente la sua genesi è anteriore alla data storicamente provata della sua nascita. Concepita come società podistica da Luigi Bigiarelli e dagli altri quattordici padri fondatori, ha visto via via aumentare le sue discipline sportive tra le quali quella che ha reso la Lazio più famosa, la calcistica (istituita nel 1901 ed ufficializzata nel 1910).

Grazie alla volontà di personaggi come Fortunato Ballerini e Sante Ancherani, il sodalizio biancoceleste iniziò a praticare il gioco del football che giunse nella capitale agli albori del XX secolo. I primi anni furono giocati a livello pionieristico ma numerose furono le vittorie in molti tornei, fino ad arrivare a disputare le finali nazionali nel 1913 e nel 1914 perse rispettivamente con la Pro Vercelli e il Casale.

Dopo una forzata inattività dovuta alla prima guerra mondiale, i biancazzurri ripresero l'attività arrivando a sfiorare lo Scudetto nel 1923 battuti solo dal fortissimo Genoa 4-1 all'andata e 0-2 al ritorno nelle finali nazionali. Nel 1921, intanto, la società biancazzurra venne eretta ad Ente Morale per Regio decreto. Nel 1927 è grazie al Generale Giorgio Vaccaro che venne evitata la fusione con altre squadre minori della Capitale che diedero vita ad un unico sodalizio che prenderà il nome di AS Roma.

I primi campionati a girone unico non portarono grandi soddisfazioni ma, a metà degli anni trenta, con l'acquisto del fortissimo centravanti Silvio Piola, la Lazio tornò a risiedere nei piani alti della classifica sfiorando di nuovo lo Scudetto al termine della stagione 1936/37. Sono gli anni del grande Presidente mecenate Remo Zenobi. Nel 1944 la Lazio vinse il Campionato Romano superando la Roma. Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale i biancocelesti si collocarono a metà classifica ma, tra il 1949 ed il 1952, centrarono per tre campionati consecutivi il quarto posto e nelle stagioni 1955/56 e 1956/57 ottennero il terzo posto.

Nel 1958 la Lazio vinse la sua prima Coppa Italia contro la Fiorentina, ma tre anni dopo conobbe l'onta della sua prima retrocessione in Serie B. Gli anni sessanta videro i biancocelesti, con gravi problemi economici, salire e retrocedere dalla massima serie. Neanche l'avvento alla presidenza dell'italoamericano Umberto Lenzini sembrò cambiare le cose. Nell'estate 1971, dopo un'altra retrocessione tra i cadetti, venne chiamato ad allenare la squadra Tommaso Maestrelli. Era la svolta che si attendeva da tanti lustri. Con Maestrelli in panchina e grazie alle reti del giovane centravanti Giorgio Chinaglia, la promozione venne subito centrata e l'anno successivo i biancazzurri sfiorarono un clamoroso Scudetto, perso a 2 minuti dalla fine dell'ultima giornata in un clima di pesanti sospetti.

Titolo rimandato di un anno, però, perché la stagione 1973/74 vide le Aquile dominare e laurearsi Campioni d'Italia il 12 maggio 1974 dopo aver battuto in casa il Foggia per 1-0. La Lazio mise in luce un gioco totale che fece invidia a tutti i più grandi club mondiali. Arrivata all'apice, però, iniziò la parabola discendente, causata dapprima dalla malattia di Maestrelli che lo porterà alla prematura scomparsa, e poi dall'improvvisa morte del calciatore Luciano Re Cecconi rimasto ucciso per un tragico equivoco.

La fine degli anni settanta vide i biancocelesti navigare a metà classifica, ma la vicenda del calcioscommesse, scoppiato nel marzo 1980 e culminato con l'arresto di alcuni giocatori, la vide precipitare in Serie B d'ufficio. Furono anni bui, ravvivati soltanto dalla promozione al termine della stagione 1982/83. Le attese della presidenza di Chinaglia vennero poi disilluse ed alla fine del 1985 i biancazzurri retrocessero nuovamente.

Un altro scandalo scommesse rischiò di farla precipitare in Serie C, ma la Lazio riuscì a salvarsi con una penalizzazione di 9 punti da scontare sulla classifica del campionato successivo. La squadra di Eugenio Fascetti ottenne la salvezza dopo un drammatico spareggio a tre con Taranto e Campobasso giocato sul campo neutro di Napoli. Persa la prima partita per 1-0 contro il Taranto, riusci a vincere con il medesimo punteggio contro il Campobasso salvandosi dalla retrocessione.

L'anno successivo la Lazio tornò nella massima serie e la squadra, guidata dal presidente Gian Marco Calleri, riuscì a navigare in acque tranquille fino all'inizio degli anni '90. Con l'acquisto del pacchetto azionario da parte del finanziere Sergio Cragnotti, la società biancoceleste fece registrare una svolta epocale. Grazie ad acquisti di grandi campioni, i biancocelesti s'imposero all'attenzione del panorama calcistico mondiale.

Nel 1998 la Lazio vinse la sua seconda Coppa Italia contro il Milan mentre il 6 maggio la Società biancoceleste è quotata nella Borsa Valori, prima società calcistica italiana ad entrare in Piazza Affari. Il 29 agosto conquistò la prima Supercoppa Italiana contro la Juventus. L'anno seguente la squadra, guidata da Sven Goran Eriksson, sfiorò lo Scudetto, perso nelle ultime giornate, ma vinse l'ultima edizione della Coppa delle Coppe ed aprì la successiva stagione aggiudicandosi la Supercoppa Europea contro il Manchester United. La stagione 1999/00 vide i biancocelesti laurearsi per la seconda volta nella loro storia Campioni d'Italia e vincere la terza Coppa Italia, contro L'Inter, centrando il Double (vittoria in Campionato e Coppa nazionale).

Nel settembre dello stesso anno la Lazio si aggiudicò la sua seconda Supercoppa Italiana di nuovo contro l'Inter. Finita l'era di Sergio Cragnotti, nel 2004 i biancocelesti conquistano la quarta Coppa Italia contro la Juventus. Una grave crisi societaria sembrò poi sfociare nel fallimento ma alla fine, con l'acquisizione del pacchetto di maggioranza da parte di Claudio Lotito, la situazione si sbloccò in maniera positiva. Dopo una difficile salvezza nel campionato 2004/05, la Lazio raggiunse un prestigioso terzo posto al termine della stagione 2006/07.

La stagione (2007/08) ha visto i biancocelesti, allenati per il terzo anno consecutivo dal riminese Delio Rossi, giungere al 12° posto nel campionato di massima serie. Il 13 maggio 2009 la Lazio conquista la quinta Coppa Italia, il primo trofeo dell'era Lotito, battendo ai calci di rigore per 7-6 (1-1 il risultato finale della partita), la Sampdoria. L'8 agosto 2009, la formazione biancoceleste si aggiudica la terza Supercoppa Italiana della propria storia nella gara, disputata a Pechino, contro l'Inter, battuta per 2 a 1.

La stagione 2009/10 vede la Lazio disputare un torneo mediocre e salvarsi con due giornate di anticipo, chiudendo il torneo a 46 punti e dopo aver sostituito il tecnico Davide Ballardini con Edoardo Reja dopo una sconfitta interna. Forti contestazioni al presidente biancoceleste Claudio Lotito sono state manifestate nel corso del campionato, per un torneo disputato sotto le attese. La partecipazione all'Europa League, ottenuta di diritto a seguito della conquista della Coppa Italia contro la Sampdoria, termina nella fase a gironi. La stagione 2010/11 vede la Lazio sempre agli ordini del tecnico goriziano Edy Reja e la Lazio si classifica al quarto posto con 66 punti, in coabitazione con l'Udinese la quale, per una migliore differenza reti, ottiene la qualificazione alla fase preliminare di Champions League relegando i biancocelesti alla partecipazione all'Europa League.

Nella stagione 2011/12 i biancocelesti si classificano al quarto posto in classifica e si qualificano ai play-off dell'Europa League, mentre nella stagione successiva, agli ordini del nuovo tecnico Vladimir Petkovic, conquistano la Coppa Italia, con una rete di Senad Lulic, nella storica finale disputata il 26 maggio 2013 contro la Roma. Secondo una statistica del 2001 di AC Nielsen, la Lazio vanta una platea di circa 1.100.000 sostenitori, sesta squadra in Italia dopo Juventus, Inter, Milan, Napoli e Roma. Altre discipline nelle quali la Lazio si è fatta notare sono il calcio a 5, il nuoto, la pallanuoto, il rugby, il baseball, il softball, il paracadutismo, il ciclismo e, in epoche meno recenti, la pallacanestro.


Polisportiva

La sezione calcistica è compresa in una società polisportiva, una delle più antiche d'Europa e più grandi del mondo, che conta attualmente, incluso il calcio, 46 sezioni sportive, 16 attività associate e, socio onorario, la Lazio Master di Calcio a 5. Queste le attuali Sezioni della Polisportiva:
S.S. Lazio Arti Marziali,
S.S. Lazio Atletica leggera;
S.S. Lazio Attività subacquee e di pesca sportiva;
S.S Lazio Baseball Softball & Lacrosse 1949;
S.S. Lazio Badminton;
S.S. Lazio Basket in Carrozzina;
S.S. Lazio Biliardo;
S.S. Lazio Bowling;
S.S. Lazio Bridge Liegi;
S.S. Lazio Calcio femminile;
S.S. Lazio Calcio a 5 Femminile;
S.S. Lazio Calcio a 5;
S.S. Lazio Cricket;
S.S. Lazio Canoa Polo;
Circolo Canottieri Lazio;
S.S. Lazio Ciclismo A.S.D.;
S.S. Lazio Equitazione;
S.S. Lazio Escursionismo;
S.S. Lazio Marines (Football americano);
S.S. Lazio Ginnastica;
S.S. Lazio Hockey;
S.S. Lazio Motociclismo;
S.S. Lazio Nuoto, Pallanuoto, Tuffi;
S.S. Lazio Pallamano;
S.S. Lazio Pallavolo;
S.S. Lazio Basket;
S.S. Lazio Paracadutismo;
S.S. Lazio Paralimpica;
S.S. Lazio Pattinaggio;
S.S. Lazio Pentathlon Moderno;
S.S. Lazio Pesca Sportiva;
S.S. Lazio Polo;
S.S. Lazio Pugilato;
S.S. Lazio Rugby 1927;
S.S. Lazio Scacchi;
S.S. Lazio Scherma Ariccia;
S.S. Lazio Sci Club;
S.S. Lazio Sport su Ghiaccio Mezzaluna;
► Squash;
S.S. Lazio Tennis;
S.S. Lazio Tennis Tavolo;
S.S. Tiro con l'arco;
S.S. Lazio Triathlon;
S.S. Lazio Vela;
S.S. Lazio Volo da Diporto o Sportivo.

Il Consiglio generale della S.S. Lazio nel mese di dicembre 2007 ha approvato delle importanti modifiche statutarie, tra cui quelle che hanno introdotto, accanto alle storiche sezioni sportive, le attività associate. Al momento se ne contano 16: Calcio a 8, Calcio Tavolo, Difesa Personale, Foot Volley, Golf, Surf e Boarding, Danza Sportiva, Burraco, Calcio Gaelico, Cheerleaders, Darts, Footgolf, Padboll, Spinning, Training Academy, Beach Soccer. In passato hanno fanno parte della famiglia laziale altre sezioni quali: Hockey femminile; Tennis tavolo, Calcio a 5 Master.

Il Consiglio generale della S.S. Lazio nel mese di luglio 2012 ha inoltre approvato l'ingresso di altre due sezioni sportive: lo Squash ed il Basket in carrozzina e delibera l'istituzione di un dipartimento di servizi in materia fiscale e giuridica a favore delle sezioni, nell'ambito del quale sarà possibile un confronto sulle normative di riferimento e che sarà coordinato da un commercialista. I Sodalizi biancocelesti diventano pertanto sessantadue: 46 Sezione Sportive, 16 attività associate e la Lazio Master di Calcio a 5 come socio onorario. La Polisportiva vanta iscritti nelle sue sezioni circa 10.000 atleti e 800 tra dirigenti e tecnici. Oltre alla già citata erezione ad Ente Morale nel 1921, la S.S. Lazio è stata insignita delle due massime onorificenze sportive italiane: la Stella d'Oro al Merito Sportivo e il Collare d'Oro al Merito Sportivo.


Palmares

La Lazio è una Polisportiva e pertanto si enumerano i trofei vinti dai suoi atleti senza suddividerli per specialità e limitatamente alle medaglie d'oro:

  • Giochi Olimpici: 10 medaglie d'oro
  • Campionati del mondo: 16 medaglie d'oro
  • Campionati d'Europa: 26 medaglie d'oro
  • Record europei: 2.

Inoltre la Lazio ha vinto più di 70 titoli italiani assoluti, i più recenti dei quali sono stati quello del Calcio a 5 Femminile nel giugno 2008, quello di Football americano conquistato vincendo il Campionato Italiano College U. 23 il 10 gennaio 2009 ed a settembre 2009 il titolo italiano di Paracadutismo specialità RW4, mentre i titoli individuali sono stati oltre 600. Gli ultimi quattro titoli italiani conquistati da Sezioni della S.S. Lazio sono stati quelli del Futsal Under 21 il 6 giugno 2014, quello Assoluto del Futsal Femminile l'8 giugno 2014, quello della Pallanuoto Under 20 il 10 luglio 2016 e nel 2018 quello del Calcio a 8. Impressionante il numero dei titoli individuali vinti a livello giovanile: circa 1.000. A fronte di tali numeri è indiscutibile considerare la Lazio la società più titolata d'Italia.





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Novità.jpg BIANCAZZURRI O BIANCOCELESTI? LA TIMELINE CE LO DICE
Timeline colori e simboli SS Lazio
"[...] e scoccare verso le strepeanti acque, frecciate biancazzurre, due ghiandaie".
Da Mediterraneo di Eugenio Montale, estrapoliamo questo momento così prezioso: l’entrata, nella letteratura italiana, del neologismo "biancazzurro".

I "composti giustappositivi bimembri di aggettivi coloristici" – come direbbe il pedante studioso – pare proprio siano, negli ultimi tempi, oggetto di controversia nel mondo degli affetti laziali. Biancazzurri o Biancocelesti, come li dobbiamo chiamare i nostri beneamati atleti? Di che colore devono essere le bandiere? L’Aquila ha sul timone un nastro bianco e celeste, una convessità gravida di vita ed emozioni, o invece reca un nastro bianco e azzurro, un gelido lapislazzuli persiano che svaria dal cilestro al turchino? Romano o medio-orientale, nelle pupille e sulle labbra, il nome comunque non tradisce e subitaneamente agisce: Lazio!

D’istinto, ci verrebbe di scegliere un colore oppure l’altro, e quindi seguire il consiglio di frate Guglielmo da Occam: Non sunt multiplicanda entia sine necessitate. Insomma, perché complicarsi la vita? I romanisti sono giallorossi, gli juventini sono bianconeri ("neribianchi stormi", scriverebbe Montale) e gli interisti e milanisti non dubitano d’essere nerazzurri e rossoneri. Ma noi laziali no: noi abitiamo in Danimarca: ci piace orzare per puro divertimento, mossi da una smania in tutto degna di Ulisse.

Una ulteriore risposta plausibile è che passiamo dal celeste all’azzurro e dall’azzurro al celeste perché intuiamo la ricchezza che annuncia il continuo cambiamento. Avvertiamo la forza psichica che emana da due sfumature di uno dei colori più belli in natura; e allora giù a leggere le teorie di Luscher e Kandinskij, che ci rivelano mille cose al riguardo. Più prosaicamente, e rivolgendoci a una disciplina che, pur non essendo una scienza esatta, in certi casi – e questo è il caso – è come la bussola amalfitana che fornisce i punti cardinali al navigante, è sufficiente armarsi di carta, gomma e matita per risolvere il piccolo enigma. La nostra mano, seguendo le direttive della mente, deve solo tracciare una "linea del Tempo".

In storiografia, nelle scienze naturali e anche in quelle forensi (pensate a investigatori da romanzo come Lincoln Rhyme, che hanno reso popolare il concetto), si utilizza la linea temporale per farsi le idee più chiare in merito a un’indagine. Non che questa nostra "Quest", sui colori "veri" della SS Lazio, unita al significato dei suoi simboli, abbia punti di contatto con l’identificazione di un serial killer, no: diciamo piuttosto che è più divertente. Un po’ come la "Linea" di Osvaldo Cavandoli che allietava i Caroselli degli anni Sessanta.

La Linea si muoveva e parlava, forse in lingua polacca perché davvero poco si capiva. La Timeline si muove uguale, scivola avanti e indietro nel Tempo, via via che la si aggiorna; la sua lingua è come una Stele di Rosetta, in quanto traduce in lampadine d’Archimede Pitagorico – tante belle lucette che si accendono in sequenza – una serie di Ka’ba nere e lucide che, altrimenti, ci stavano comprando il biglietto di sola andata per Copenhagen.

Costruiamo, ordunque (altro ricordo d’infanzia: Giocagiò, pastelli, scatole, colla e forbici...), la speciale Timeline sul tema: COLORI DELLA SOCIETA’ SPORTIVA LAZIO.

NATI BIANCHI

Lo "start" è la nascita della Società Podistica Lazio, il 9 gennaio del 1900. Il "final meeting" è oggi, ottobre del 2020. Diciamo subito che i punti di riferimento della nostra Timeline saranno i seguenti: gli statuti e i regolamenti societari, gli stemmi e le insegne ufficiali, le casacche utilizzate dalle squadre di football, le deliberazioni assembleari, taluni elementi iconografici e di emeroteca, le memorabilia. E procuratevi subito un prontuario di araldica, che senz’altro vi sarà utile.

La notizia della nascita della Podistica Lazio su Il Messaggero del 10 gennaio 1900
Pericle Pagliani
15 maggio 1904
Fortunato Ballerini
La Trattoria dell'Olmo
Romano Zangrilli
Bruto Seghettini
Il Messaggero del 7 gennaio 1912
Nel primo statuto, stilato il 13 gennaio 1900, non vi è traccia di colori sociali. Alcune nebulose immagini, che coprono i primissimi anni di attività, mostrano i podisti della "Lazio" con una casacca bianca dal collo alto e il taglio attillato, adatta a un lavoro invernale. Sul petto hanno ricamato il nome "Lazio" con un filo scuro. Questo era il modo comune alle società podistiche dell’epoca, esemplato dai club del nord, uno dei quali addirittura si chiamava "SP Lario".

Ma la SPL di Roma ebbe subito una sezione natatoria. Da una nota di emeroteca che data al 1939 e reca la firma del pioniere Vittorio Spositi, sappiamo che i laziali (Arturo Balestrieri), all’avvio dell’estate del 1900 portavano "mutandine a triangolo di tela azzurra". Non molto tempo dopo, alcuni podisti cominciarono a presentarsi alle gare con uno scudettino scuro sul petto. Come forma (a noi sembra uno scudo sagomato interzato in banda), l’emblema era simile a quello dei waterpolisti della Rari Nantes Roma. Società alla quale risultavano tesserati alcuni dei fondatori della SPL e che, come smalti, aveva il bianco e il celeste. E però, l’arme della RNR Waterpolo del 1901 era interzato in sbarra e bianco-azzurro! Vediamo già apparire, in questa annotazione, un fattore che non dobbiamo dimenticare, nel prosieguo dell’analisi: il celeste e l’azzurro erano intercambiabili, sulle vestimenta e sugli emblemi delle società fiumarole; un altro esempio l’abbiamo nel Club Canottieri Aniene, ufficialmente giallo-celeste ma anche giallo-azzurro; e perfino giallo-blu, a volte.

La nostra linea temporale scivola in avanti, per sostare a due date davvero fondamentali, entrambe concernenti l’anno 1904: la domenica del 15 maggio 1904 la squadra di football disputa, sui prati di Piazza d'Armi, la prima partita ufficiale con i "cugini" della SS Virtus. Siccome i rivali hanno da poco inaugurato una camiciola a scacchi bianchi e neri, coi bottoncini e all’ultima moda proprio, il capitano del team, Sante Ancherani, d’accordo con i compagni decide di farla in casa, una camicia uguale. Come materiale, la madre e una sorella di Santino indicano la flanella, che può essere confezionata sia con la lana che col cotone, è leggera, calda e resistente, e all’epoca la si usava per le lenzuola, le bende e i pannolini. Tra le varie tonalità, i calciatori optano per il celeste col bianco. Nasce una bella divisa, a scacchi bianchi e celesti. Ancherani, in seguito, avrebbe ricordato come l’abbinamento avesse subito incontrato il gradimento generale, in quanto giudicato "delicato e signorile". L’economicità del materiale, la qualità estetica, quindi, e anche una buona dose di casualità, furono alla base. La muta di maglie venne fatta lì per lì, cucendo le donne per tutta la notte tra il sabato e la domenica. Fino a quel momento, gli atleti laziali non avevano avuto bisogno di colori per distinguersi: bastava il nome cucito. Ora no: il gioco di squadra impone la differenziazione, e così arrivano i colori sociali. All’inizio, nessuno ci aveva pensato perché la Lazio era nata da un gruppo di ragazzi su un battello a capanna ancorato sul Fiume, con lo scopo dichiarato di marciare, correre e nuotare.

Seconda data cardinale nella genesi ed evoluzione degli smalti della Lazio: l’8 agosto 1904. Nel corso di un’assemblea straordinaria, tenuta nella sede-appartamento di via Pompeo Magno, il nuovo presidente eletto, il cavalier Fortunato Ballerini, dà l’incarico di creare un vessillo sociale. La bandiera viene inaugurata la domenica del 23 ottobre ad un banchetto alla Trattoria dell'Olmo, fuori Porta del Popolo. Dalla cronaca de Il Messaggero, non si evince nulla sul "drappo" a battesimo: né i colori né la loro disposizione. Ma una testimonianza di Ballerini, rintracciabile alla pagina 144 del volume La Federazione Ginnastica Italiana e le sue origini (Roma, 1939), è dirimente al riguardo: "La sua bandiera a strisce bianco-celesti è donata dal Vice Presidente del tempo Paolino Pastori e ne è madrina la socia Anna Tobia in Massa, che la confeziona con le sue mani". Tutto lascia pensare che la bandiera in questione fosse a rigoni verticali, e la tinta adoperata la medesima dei footballers. Un celeste che dobbiamo credere acceso, giacché quella era la tonalità dei tessuti in flanella in vendita nei negozi. Volete un paragone? Il fiocco di seta che si pone davanti alla porta quando nasce un maschietto...

Da questo momento, solo da questa data, cominciano i riferimenti sui giornali agli atleti della Lazio, impegnati in molteplici discipline, come ai "bianco-celesti": la "Società bianco-celeste". Romano Zangrilli, vincitore di un campionato di marcia nel giugno 1905, si fa fotografare con una canotta a larghe fasce biancocelesti.

Scorre la linea del Tempo. E qui abbiamo un primo documento originale, di quelli che il consocio Marco Impiglia ha scoperto all’Archivio Storico Capitolino. Nel marzo del 1906, in una lettera su carta intestata indirizzata da Ballerini al conte di San Martino e Valperga, compare per la prima volta l’emblema dell’aquila; un motivo araldico probabilmente già acquisito da alcuni mesi, stando a una rara foto scovata da LW in cui si vede Bruto Seghettini esibirlo sul berretto, sotto la forma di un distintivo metallico, durante una giornata sportiva a Villa Borghese la domenica del primo ottobre 1905. E stiamo parlando di quello stesso stemma, graficamente raffinato, che ipotizziamo sia stato creato nella bottega d’arte di uno dei "nove", Galileo Massa – scultore e fonditore purtroppo non aduso a firmare le proprie opere – e che recentemente è stato assunto come ufficiale dalla SS Lazio. Il rapace – figura araldica naturale femminile – ha una posa "alpina", plastica, assai lontana da richiami romano-imperiali, e reca nel becco un cartiglio di un bell’azzurro netto, quasi foncé. L’aquila guarda correttamente a destra.

Lo scudo, invece, è svizzero e presenta sette strisce verticali di cui tre in palo più chiare, nel monocromatismo obbligatorio per il modello e il tipo. Tutto fa pensare che quelle strisce azzurrine più tenui suggeriscano il celeste abbinato al bianco. Ma c’è di più: nello stesso periodo la SPL bandisce una manifestazione polisportiva a Villa Borghese, dove ha la sua nuova sede alla Casina dell'Uccelliera. Per l’occasione, oltre a gare atletiche è prevista a Piazza di Siena una sfida con il "Football Club di Roma" (il Roman: i futuri "giallorossi romanisti"). La partita poi non si gioca, e tuttavia, il fogliettino rosa, stampato dalla Lazio per pubblicizzare l’evento, reca in alto a sinistra il nuovo arme. Si vede benissimo lo stacco di tonalità esistente tra il cartiglio e lo scudo: due colori diversi: l’azzurro e il celeste! Le tre strisce centrali sono più fini rispetto alle quattro che le contornano. Nella simbologia, questa sottile ma importante distinzione significa che esse sono dei "pilastri" e rispondono al trinomio dell’Arte Reale che regge il Tempio massonico: Saggezza, Forza, Bellezza. Chi si intende di aspilogia, non può nutrire dubbi in proposito.

Tra l’altro, secondo le regole vigenti in araldica, la bandiera trasferisce in orizzontale ciò che sullo stemma è in verticale, per cui è lecito avanzare l’ipotesi che le "strisce bianco-celesti" citate da Ballerini fossero, in realtà, disposte in orizzontale. Un esempio classico ce l’abbiamo nella bandiera americana. Detto vessillo riprende lo scudo composto da sette strisce verticali, con le tre centrali bianche in palo, a copiare pari pari lo stendardo di Ugo di Toscana. La cosa venne suggerita a George Washington da Filippo Mazzei, toscano di Poggio a Caiano che faceva il mediatore d’armi in Virginia. (Davvero incredibile questo collegamento segreto tra la Toscana, gli USA e la Lazio; e allora viva la "americana" Olimpia!)

Ma non è finita qui. Stavamo dimenticando l’informazione cardinale che lo stemma del 1905 ci dona; un motivo che, con l’adozione da parte della SS Lazio Generale, pare valido tuttora. Il fatto che le strisce siano sette richiama la simbologia massonica del 7: secondo Pitagora, il sette, essendo l’unico valore numerico senza "madre" e, allo stesso tempo, "vergine" (non partorisce e non divide altri numeri compresi tra l’uno e il dieci), ha il significato di una ammonizione: l’unico valore per l’Uomo è la sua Coscienza, che ci rende tutti eguali e di pari dignità. Ecco, dunque, confermata indirettamente la leggenda, rintracciabile alla pagina 10 del volume Storia della Lazio, che vede Luigi Bigiarelli rinunciare ad assumere la prima presidenza della Società con le famose parole: "È stata un’idea di tutti, questa Lazio, non cominciamo a distinguerci tra noi".

Giunti a questo punto, è esiziale porsi la questione: quando vennero approvati, in assemblea, i colori sociali? E in quale, dei vari statuti pubblicati nel periodo anteguerra, entrò per la prima volta l’articolo riguardante? In questo campo, stante la mancanza di documentazione probante, possiamo solo avanzare ipotesi. Nel suo discorso di commiato alla presidenza, declamato nella sede di via Veneto il 22 febbraio 1922 – e che LazioWiki ha nella sua forma completa così come riportata sul bollettino "Lazio" numero 6 del 1922Fortunato Ballerini enumera, oltre al primo statuto successivo a quello di fondazione, risalente al 24 marzo 1901, tre altri statuti, datati 1° giugno 1904, 3 gennaio 1909 e 19 luglio 1917. Detti statuti ebbero la funzione di riassumere l’iter ordinativo che veniva continuamente mutando, ogni volta che a un’assemblea si approvavano modifiche. Come esempio, portiamo l’assemblea ordinaria del 14 gennaio 1906. Da una nota di emeroteca, sappiamo che quel giorno Luigi Bigiarelli fu fatto "socio benemerito" e si votarono "modificazioni allo statuto". Forse proprio in quella circostanza entrarono i colori sociali; per uno scherzo del fato, giusto nel giorno in cui al Fondatore si riconosceva un merito. È quasi certo che nel 1913 venne prodotta una ulteriore, corposa revisione, al fine di rendere conto dello sviluppo della Istruzione Premilitare. Ma noi non crediamo che, a quella data, la SPL fosse ancora senza colori ufficiali, cioè menzionati nello statuto. E vedremo tra poco perché.

In un libretto cartonato che ci plana tra le mani, stampato nel 2005 e storditamente impaginato alla rovescia, La maglia del cuore, si passano in rassegna le divise usate dalle squadre di calcio. Si afferma recisamente che la prima casacca biancoceleste è stata indossata nella "primavera del 1902". Indicazione che è un omaggio a Storia della Lazio. (Impiglia, nel suo Pionieri del calcio romano uscito nel gennaio del 2003, aveva già corretto la data al 1904, ma il revisionismo non era ancora stato digerito). Nel défilé, un po’ alla buona, e che comunque ha il pregio di non uscire dal Romance, si accenna alla prima maglia celeste a tinta unita del 1912: un’altra delle piccole scoperte del revisionista Impiglia. Una tenuta più uniforme nella fattura di quella del 1904, sicuramente acquistata in un negozio specializzato e indossata il 7 gennaio 1912 al Campo Due Pini, in casa del Roman. Nella circostanza, scrisse Alberto Caniggia, uno dei footballers di seconda generazione che si diedero al giornalismo, sul periodico L'Italia Sportiva: "La squadra della Lazio ha oggi inaugurato il nuovo costume sociale, serio, elegantissimo, abbandonando le vecchie casacche a quadri biancocelesti con una maglia celeste carico e cambiando i calzoncini neri con quelli di colore bianco". La maglia venne dai cronisti definita "turchina", e per un certo periodo i laziali furono chiamati "i blues", ma poi prevalse la dizione "biancazzurri".

Cosa ci suggerisce tutto questo? Due cose: 1) l’attuale divisa da gioco ufficiale della SS Lazio nasce il 7 gennaio 1912. Quella domenica, i nostri ragazzi giocarono contro la futura "Roma" e vinsero uno a zero; volarono botte, tra l’altro. Li capitanava Mario Levi, di lì a poco volontario nella Grande Guerra come Bersagliere Ciclista; 2) quel "celeste carico", che con tutta probabilità già era stato inserito nello statuto, subito è confuso dai cronisti con l’azzurro, e "biancazzurri" diventano i laziali nelle cronache coeve. Da questo momento, i termini "biancazzurri" e "biancocelesti" assumeranno, agli occhi della gente, un carattere di intercambiabilità. Piacerà più il primo termine che il secondo, però... un po’ come a Montale.

CELESTI CARICHI

Fossimo tipi normali, che so romanisti, torinisti o del Bussoacoppe, la vicenda del mistero dei colori della Società potrebbe dirsi risolta. Siamo nati belli bianchi senza quarti di nobiltà (se non morale), quindi senza blasone e fanfare (smalti ed emblema, un motto sociale), e poi ci siamo scelti un’aquila dei vicini Appennini come insegna abbinata a tre virtù cardinali, un antico passo latino a sostenerci nell’unità di azione e abbiamo vestito biancoceleste mentre tutti ci chiamavano "azzurri". Ad libitum.

Paolo Boselli
La medaglia celebrativa del 25° anniversario
Tutto chiaro? E – attenzione! – quel che finora si è detto ha un alto grado di oggettività. E’ scritto senza voli di fantasia, così come scriveva sui suoi registri il piccolo burocrate della Russia zarista nel racconto Il Cappotto di Gogol; o, se preferite la letteratura inglese, l’ha redatto lo scrivano Bartleby. L’analisi presente rinuncia a schemi astratti e aprioristici. Non cerca un modello, non vuole condurre all’altare un’idea iniziale, non intende creare un mito di fondazione: è la mera esposizione dei dati oggettivi disposti sulla Linea del Tempo. Ognuno di voi può interpretarli in maniera differente. L’esegesi è libera.

L’omino di Osvaldo (bello quel Verona, ricordate?) si ferma, col classico punto interrogativo e la manina portata al mento, al 1923. L’eroteme trasmuta in un punto esclamativo ed esplode il classico "Eureka! Eureka!" Quale lampadina si è accesa nel nido di Archimede Pitagorico? Sfogliamo cautamente un giornale, tutto a pezzi, che abbiamo solo noi monaci laziowikiani: il bollettino "Lazio" del 30 marzo 1923, un numero appartenuto a uno dei presidenti della sezione escursionismo. Oltre al bilancio patrimoniale, il giornale espone alle migliaia di soci il Regolamento revisionato; si tratta, in effetti, di una bozza che poi, in sede di assemblea generale, il 9 di aprile all’ex Convento dei Cappuccini, subirà ulteriori, lievi cambiamenti. Stampato dalla Cooperativa Tipografica "Egeria" in via San Giacomo, dalle parti del Mausoleo di Augusto, lo Statuto e Regolamento Generale del 1923 consta di 36 pagine ed è firmato in calce dal presidente Giorgio Bompiani e dal segretario generale Enrico Genna; esso riforma lo Statuto e Regolamento del 3 gennaio 1909. Nella parte statutaria, all’Art. 15, sta scritto: "I colori sociali sono il bianco e celeste. Il motto: Concordia parvae res crescunt". Nella parte regolamentaria, firmata in calce pure dal Presidente Onorario Paolo Boselli, l’Art. 66 recita: "I costumi sociali obbligatori in tutte le gare sono quelli indicati nella seguente tabella: Podismo. - Maglia celeste carico, con bottoniera sulla spalla sinistra, calzoncini bianchi. Nuoto. - Mutandine celeste carico. Calcio. - Maglia celeste carico allacciata al petto, calzoncini bianchi. Water Polo. - Costume celeste carico con bottoniera sulla spalla sinistra. Tennis. - Camicia e pantaloni bianchi con sciarpa celeste. Tamburello. - Idem. In genere, il bianco-celeste in tutte le gare sportive dovrà ritenersi come il distintivo della "Lazio"". Un manufatto originale, la medaglia celebrativa del ‘25, attesta la qualità del celeste in un nastrino che è rimasto "carico" a distanza di 100 anni!

Quale preziosa indicazione ci fornisce questo documento che la SS Lazio conserva in formato digitale? Semplice: in quanto revisione dello Statuto e Regolamento Generale 1909 (scelto tra gli altri statuti per via che era precedente all’ingresso degli articoli sull’organizzazione dell’Istruzione Premilitare), l’informazione che trasmette è che, al gennaio del 1909, la SPL avesse con buona probabilità ufficializzato i colori bianco e celeste.

Smalti che hanno un’ascendenza "calcistica" e non "podistica"; né, tanto meno, "olimpica". Fosse stato olimpico il motivo, perché non dirlo espressamente nelle carte statutarie? E con un’arme parlante di quel tipo, poi... Si potrebbe obbiettare sull’azzurro degli slip di Balestrieri. Perché proprio azzurri? A parer nostro, un caso dovuto al fatto che l’azzurro e il celeste erano colori usuali per i fiumaroli nuotatori nel Tevere; oppure collegabile a una "Podistica" uscita fuori tutta bella azzurra. Non abbiamo dubbi, invece, sull’assenza di suggestioni decoubertiniane per la scelta del celeste. Lo Statuto e Regolamento Generale del 1923 appare dettagliato, ma in esso non è ravvisabile alcun approdo all’olimpismo. Eppure, les Jeux Olympiques, in quel punto preciso della Timeline, erano un evento al quale i giornali ampiamente si interessavano, e non un qualcosa di sconosciuto ai più come nel 1900. In effetti, di Lazio nata biancoceleste perché "olimpica" non si parlerà mai, nei ricordi orali e scritti dei pionieri, nei documenti societari ufficiali, o sui giornali e sulle riviste, magari anche di marca laziale, fino al 1969. Settanta anni di silenzio perfetto su un particolare che, oggi, viene considerato fondamentale nella genesi della SS Lazio. Non vi pare bizzarro? Illogico? (Romantico?)

E CI CHIAMAVANO "AZZURRI"

Gli anni Venti registrano esiziali cambiamenti. La Podistica muta il titolo in "Società Sportiva" nel giugno del 1926. Entrano nuove discipline come il rugby e diventa fortissima nel nuoto e nella pallanuoto. Le maglie dei calciatori continuano ad adeguarsi alla moda di uno sport sostenuto dal campanilismo e oramai assai popolare, presentando una turnazione rapida (gli impegni sono tanti, per cui si logorano rapidamente) e raffinandosi nella struttura: esse sono quasi sempre celesti. Il Capodanno del 1920 è festeggiato con un veglione nella sede di Via Veneto. Una foto ritrae le signore socie della Podistica con i figlioletti in completa tenuta da baby-calciatori: pochi dubbi che quel colore così chiaro sia il celeste e non l’azzurro. Ma sul settimanale genovese Il Calcio del 15 luglio 1923 c’è una cronaca completa della finale di andata per il titolo nazionale col Genoa FC. Ebbene, l’anonimo cronista locale definisce gli ospiti "azzurri laziali". Evidentemente, a contrasto col verde del campo e col rosso-blu dei grifoni incarogniti, i nostri campioni non dovevano apparire tanto celesti. Anche negli anni anteguerra, a partire ovviamente dal 1912, i giornalisti del nord, a vedere i laziali della Capitale alle prese con le loro squadre, li avevano sempre definiti azzurri.

Il "Guerin Sportivo" del 23 giugno 1926 riporta la notizia inerente il cambio di nome da "Società Podistica Lazio" a "Società Sportiva Lazio"

Sta di fatto che la definizione "biancazzurri" prende il sopravvento nelle cronache del decennio successivo. Mentre la SS Lazio abbandona il glorioso stemma con l’aquila – alternato nei documenti ufficiali con un altro, tondeggiante, creato nel 1914 – e adotta un emblema esteticamente meno valido, e però più consono alla "sobrietà" dell’Era Fascista: uno scudo svizzero a sette strisce in palo bianche e celesti, che nel 1928 vede l’innesto di un imponente fascio romano al centro, con una banda (che scende da destra in alto a sinistra in basso) recante il titolo sociale. Occhio alla disposizione delle strisce, perché esse sono state scientemente invertite: spariti i tre pilastri Saggezza-Forza-Bellezza, ora il "pilastro centrale" è il Fascio, cioè la Forza! Abbiamo, quindi, quattro strisce bianche e tre celesti, queste ultime belle piene e non sottili. In ultima analisi: il pilastro che regge l’emblema è il fascio romano.

La "Brasilazio"
Ma – e qui è il bello! – su taluni giornali satirici, ad esempio Il Brivido Sportivo, che si diverte a riprendere la zoologia araldica inventata dal giornalista Carlin Bergoglio, la Lazio di Piola è rappresentata da un sorta di Minotauro: un calciatore con la testa di aquila.

Sovvertito almeno ufficialmente il simbolismo, la nuova SS Lazio, che ha in Benito Mussolini il primo socio, non cambia la tradizione quasi ventennale della divisa. Le maglie presentano un celeste a tinta unita, più o meno carico a seconda dell’alea ("Questo celeste c’avevano, a Dotto’…"); e anche una tenuta a righe verticali, nel 1931, per la famosa "Brasilazio". T-shirt usata poco e che resta la versione più fedele alla bandiera 1904 e allo stemma 1905: non sarebbe una cattiva idea se la Lazio Calcio la riproponesse per la stagione 2024-25. Del 1936 è un’altra casacca a righe, ma questa volta sottili e azzurre.

Al volgere dell’Era Fascista, la Lazio gioca in maglia celeste, dunque. Difficile chiamarla azzurra. Eppure, nelle cronache si descrivono le gesta del "biancazzurro Silvio Piola". "Gli azzurri della Lazio". Ma perché?! Un attimo e ve lo spieghiamo: il giustappositivo bimembro "biancazzurri" suona meglio, una volta stampato, e piace molto di più alla gente che va allo stadio. Provateci voi a gridare in pubblico "Forza biancazzurri! e Daje biancocelesti!", e sentite la differenza. La doppia zeta e la doppia erre sono così trasteverine...

Nei giorni in cui costruimmo un impero di karkadè, il nuovo modello di stemma rettangolare – assai vicino al tipo che in araldica si definisce "a bandiera" – che compare nelle tessere sociali e sulla carta intestata della SS Lazio, è tanto semplice quanto azzurro, sempre a sette strisce di cui tre azzurre e col fascio inserito; il distintivo da bavero propone, correttamente, il celeste. Perché l’azzurro qui e il celeste là? Una teoria possibile è che la difficoltà oggettiva di trasferire sulla carta intestata, porosa com’è, il colore celeste abbia portato i tipografi a preferire una tonalità azzurra, più facile nella stampa.

Un volantino del 1940 per il III Torneo Interno squadre ragazzi, proveniente dalla collezione della Famiglia Ancherani, evidenzia l’intercambiabilità: il foglio è diviso a trinciato, metà bianco e metà celeste carico, e in alto a destra campeggia l’emblema ufficiale biancazzurro a nuova partizione: le sette strisce rimangono in palo ma non più a tutto campo, e il titolo SS Lazio sta su una pezza in capo così come il fascio, inscritto in un bisante nel canton sinistro. Questo dettaglio in araldica è importante, perché dà potestà all’elemento principe della pezza onorevole – che in questo frangente è il fascio – allogato nel terzo superiore dello scudo.

Lo stesso anno, XVIII E.F., la medaglia commemorativa del quarantennale vede l’ingresso di una rozza aquila ad ali spiegate. In sostanza, un’aquila fascista imperiale, proterva e metallica, non in carne e piume come quella del 1905, molto più aggraziata lei e che bada cautamente agli affari suoi. Il celeste smaltato dà una vivace nota al fregio, con la futura "Olimpia" – ancora innominata bontà sua – che cavalca bellamente il duro fascio. Dall’aquila primo-novecentesca degli Appennini, appollaiata tranquilla sul picco, all’aquila-razzo-di-guerra, che veleggia ardita nell’aria come il Barone di Münchhausen, il passo è stato conseguente e, fortunatamente, non definitivo.

BIANCAZZURRI DI NOME E DI FATTO

L’aquila, già. Un simbolo forte: la figura araldica per eccellenza. Talmente ingombrante, che il fascismo l’aveva impallinata per sostituirla col fascio, e al diavolo l’odiosa simbologia dei "pilastri". Ma, caduto il regime, nell’Italia repubblicana e parlamentare, almeno l’aquila si ripresenta. Essa è dorata, guarda correttamente alla sua destra e sormonta uno scudo francese antico a sette strisce bianco-celesti eguali in larghezza, con le tre centrali bianche. Nella panoplia c’è il titolo "SS Lazio", posto in capo e in rosso.

Remo Zenobi
Ettore Varini
Costantino Tessarolo

Il 12 febbraio 1949, un’assemblea generale, tenuta a via Frattina sotto la presidenza del neo-eletto Remo Zenobi, mette finalmente mano allo statuto, non più toccato dall’assemblea del 18 luglio 1926: quella avvenuta all’indomani della trasformazione in "SS". Il nuovo statuto, una volta discusso e votato a maggioranza, viene stampato e ospita sul frontespizio uno stemma leggermente diverso dal precedente: le strisce sono bianco-azzurre, l’aquila è rivoltata (testa diretta verso il fianco sinistro dello scudo) e spiegata (punte delle ali verso l’alto, in questo caso in posa abbassata). Come la prima post-bellica, anche quest’aquila del periodo repubblicano è una via di mezzo tra la Art Déco del 1905, la "spiegata-abbassata" del 1914 e la fascista mai resa ufficiale dei primi anni Quaranta. E non crediamo di andare lontani dalla verità nello scorgerci un’impressionante somiglianza con lo stemma della casa Moto Guzzi, per altro assai popolare in quegli anni. Posti uno accanto all’altro, i due animali araldici sono graficamente identici e la nostra "Olimpia" allunga il collo verso destra (secondo l’osservatore, ché il modus araldico inverte) solo un po’ di più. L’atto è quello di spiccare il volo, quindi niente aquile-razzo o pigramente appisolate sulla cima del Soratte. A rifletterci un attimo, quest’aquila volitiva della Prima Repubblica ci dice pure qualcos’altro, un motivo che quasi commuove: essa sta "ripartendo".

Ma la data del 12 febbraio 1949, notevole picco sulla piana della Timeline, balza all’occhio piuttosto per un'altra ragione. Su deliberazione assembleare e "per referendum", la SS Lazio zenobiana, di matrice democristiana, statuisce, all’articolo uno, i nuovi colori sociali. Essi sono "il bianco e l’azzurro". Nel 1926 erano stati il bianco e il celeste. Pure se, il 23 luglio 1927, il presidente e generale miliziano, Ettore Varini, illustrando in ordinaria i programmi della Lazio fascistizzata, aveva definito azzurro l’abito sociale. Cosa potrebbe spiegare la strambata notevole della Lazio di Zenobi? Il ritrovamento, nel riordino delle carte per preparare l’assemblea, di uno statuto in cui la Podistica risultava nata azzurra? Non sarebbe poi così incredibile, se pensiamo al caso dei cugini giallorossi, che nello stesso periodo si riunirono a via del Tritone e scoprirono, da statuto, di essere nati il 2 maggio del 1927!

Non si levarono voci contrarie sul viraggio alchemico dal partito celeste al partito azzurro, pare. La squadra di calcio continuò a vestire preferibilmente tinte celesti. I giornali, d’altronde, da molto tempo descrivevano le gesta dei "biancazzurri", mai dei "biancocelesti". Questa abitudine reiterata al suono – biancazzurri – probabilmente influì sulla scelta: quasi un caso esemplare di usucapione. Tuttavia, a livello iconografico e documentale, anche qui notiamo la dicotomia che percorre tutta la storia: una tessera originale del 1951, appartenuta al direttore della sezione di scherma, il Maestro Vito Resse, presenta sulla fronte lo stemmino "Moto Guzzi" azzurrino e, sul retro, una simpatica sbarra diagonale celeste carico.

A "Papà" Zenobi, dunque, a questo presidente dalla personalità dura e inesorabile, a quest’uomo di sangue umbro appartenente a una delle grandi Famiglie Laziali che hanno sostenuto la Società nei momenti di travaglio (e quella stagione 1948-49 fu difficile, sul piano societario e sotto il profilo dei risultati calcistici), dobbiamo un cambiamento statutario destinato a durare trentatré anni. Seguiranno, infatti, altre assemblee e modifiche: nel 1952, 1955, 1964 e 1965, e via su fino al volgere del 1982, quando si riapproderà, per volere di Renzo Nostini, al bianco e celeste. Ma, a livello di stemmi ufficiali, già con Costantino Tessarolo giunto alla doppia presidenza (SS Lazio e Sezione Calcio) nella stagione 1953-54, si era tornati allo scudo francese antico a strisce bianco-celesti, di cui le tre bianche centrali. L’aquila, pure, in questi anni Cinquanta e Sessanta, perde la sua carica scultorea e viene raffigurata secondo uno schema essenziale di linee e colori.

Particolarmente importante fu la decisione del Consiglio assembleare del 2 maggio 1964, che riconobbe la trasformazione della SS Lazio 1926 nella nuova Associazione delle Società Sportive "Lazio", vale a dire l’amministrazione autonoma delle singole sezioni assurte a club a sé stanti. E allora vediamo che, all’Articolo 1 – Costituzione, scopo e sede –, lo Statuto del ’64 recita testualmente: "l’Associazione ha i colori comuni a tutti i Sodalizi aderenti, che sono il bianco e l’azzurro". Ergo, l’attuale SS Lazio è nata biancazzurra il 2 maggio del 1964. Questo ci dicono i registri e gli atti ufficiali.

La Timeline serve a fare chiarezza concettuale e, soprattutto, ha l’ufficio di spingerci a porre le domande giuste. In questo caso: perché l’azzurro, nel fondante Sessantaquattro? Solo per non divergere dalla tradizione degli statuti post-regime? Ma lo stemma ufficiale non era di nuovo bianco-celeste? Vero! E la squadra di calcio non giocava con le casacche celesti? Eh no, affatto! Dalla stagione della discesa in Serie B, nel 1961-62, la SS Lazio Sezione Calcio, e poi la SS Lazio Calcio, avevano dimenticato la fedeltà al celeste con cui s’era vinto il primo trofeo nazionale della storia: la Coppa Italia del 1958. I calciatori avevano iniziato ad usare, sempre più spesso in campionato e nelle competizioni, vari set di maglie azzurre, turchesi (azzurro-verde) o blu; inequivocabilmente blu. Sfogliando una collezione di Album Panini, per esempio l’annata 1966-67, la descrizione della divisa, posta sopra uno stemmino adesivo di un bell’azzurro, informa: "Colori sociali: maglia azzurra con bordi bianchi, calzoncini bianchi, calzettoni bianchi con risvolto bianco-azzurro". Il capitano della squadra quell’anno era Pierluigi Pagni, oggi socio decano del centenario Circolo Canottieri Lazio.

La Coppa Italia 1958
Pierluigi Pagni
La Lazio 1973/74
Chi di voi appartiene alla generazione dei "boomers" (i nati negli anni 1955-65) sa bene che l’imprinting, per loro, è arrivato su una Lazio biancazzurra. I negozi di articoli sportivi mostravano in vetrina sette maglie: Nazionale, Inter, Milan, Juventus, Roma, Lazio e Napoli. La tonalità della maglia azzurra girocollo bianco della Lazio differiva di poco da quella della Nazionale o anche del Napoli; in effetti, non c’era in vendita una Lazio celeste! La bandiera che sventolava sui tre pennoni dello Stadio Olimpico, sopra la Tribuna Tevere – qualcuno dei lettori certo se la ricorderà –, era metà bianca e metà azzurra (partito di destra azzurro e partito di sinistra bianco). La "Lazietta" dello Stadio Flaminio, dove era di casa anche perché vi aveva sede la Polisportiva, in altalena sofferta tra la A e la B per tutto il decennio, esibiva maglie a volte celesti e altre di un azzurro elettrico, quasi marino, cioè Navy; oppure Denim e Blu Reale, nelle sfumature sia chiaro che scuro; e via anche i pantaloncini bianchi, che negli anni del Boom economico, e fino al 1970-71, lasciavano sovente il posto a tenute interamente blu-azzurre. Gli "anni yé-yé" contrapposti alla "serietà" di una Lazio in scuro. E con le prime "English shirt" firmate da ditte britanniche, tipo la Umbro.

Sembrerà strano, ma, sulla Timeline, il celeste torna a regnare incontrastato in epoca di "Austerity": la crisi del petrolio. Nel 1972, il celeste con lo scollo a V è netto. La squadra vincitrice dello scudetto 1973-74 è addirittura cilestrina; e l’anno successivo Giorgione Chinaglia porta agli amici dalla natia Inghilterra un paio di scatoloni pieni di maglie di tonalità cerulea. Una casacca jersey a maniche lunghe di un tessuto di qualità superiore, rispetto alle maglie degli altri club professionistici italiani. Uno di noi Laziowikiani l’ha avuta tra le mani, quella bellissima maglia, e può testimoniare al riguardo. Essa rispecchiava lo standard sportivo britannico: rammentate le stupefacenti tenute dell’Inghilterra di Kevin Keegan?

Ma, non dimentichiamolo, la SS Lazio in tutte le sue diramazioni, ancora negli anni Settanta era sempre, ufficialmente, bianca e azzurra. Nel 1974, però, essa presenta un rivoluzionario stemma sociale, che sconfessa lo statuto in vigore: la grafica è modernissima, lo scudo, sempre di foggia francese antica, ha una bordatura celeste e le strisce sono biancocelesti, singolarmente abbinate in tre "colonne" che spiccano sul campo bianco. La versione "marchio" – in pratica il logo – non ha tracce di celeste: è tutto bianco e azzurro! Il problema è dato dal fatto che l’emblema confonde l’osservatore sul numero esatto delle strisce: sono sei? Così pare. E perché sei? Sicuramente solo un caso. Ma nella simbologia, uno dei significati del numero sei è il raggiungimento di un determinato obbiettivo.

Nel 1979, in omaggio alle strategie di merchandising, la SS Lazio S.p.A. per la prima volta nella sua storia diverge, nella scelta dell’emblema, dalla polisportiva. Infatti, la Lazio Calcio affida a Piero Gratton (designer milanese scomparso lo scorso aprile, a lui si deve il "lupetto" romanista del ‘78) la creazione di un logo di forte impatto e assai innovativo. Così che l’Aquila Reale abbandona il modello "Moto Guzzi", dimentica i suoi rigidi codici araldici, volge le iridi divine a mancina e un minimo si destruttura. La creazione di Gratton porta con sé un Blu Reale abbastanza consono. Il rapace si posa sulle maglie della Pouchain, dando vita a un logo lineare come il monogramma "SPL", bianco su fondo blu, usato sulle maglie dei primi anni Venti, ai tempi del mitico Fulvio Bernardini.

Ci sarebbe, poi, un ulteriore discorso: l’identificazione del simbolo nelle bandiere e negli oggetti in vendita, di cui è "spia" l’utilizzo negli album di figurine. E allora vediamo che, negli anni del Boom, la Lazio Calcio è simboleggiata da un campo azzurro o Blu Navy, traversato da una fascia bianca oppure da una banda. Nel decennio successivo, invece, torna lo scudo francese antico, con le sette strisce di cui le tre in palo celesti. Prepotente è il rientro dell’aquila dorata: la cara immagine svalutata prima e, a volte, perfino sostituita dalla "ciociara".

MA NO, GUARDATE LA STORIA: SIAMO BIANCOCELESTI!

E il balletto continua. Il 9 dicembre del 1982, nella sede di via Col di Lana, giusto a fianco del Bar Vanni dove, ogni tanto, noi monaci LW (nome acrostico-palindromico per il nostro ordine: significa "Viva la Lazio") ci riuniamo, un’assemblea decide che il bianco e il celeste debbano essere considerati i colori ufficiali della Società. Che ricambia il titolo in "SS Lazio", abbandonando il chilometrico "Associazione delle...". Quella stagione registra il passaggio della presidenza generale della Polisportiva da Nostini a Ruggiero Sandulli; e vede i nostri atleti entrare in campo con le mitiche "maglie bandiera" della ditta Ennerre (una curiosità: la sigla sta per "Nicola Raccuglia" e furono delle suore abruzzesi le prime a filarle) marcate Seleco, metà bianche e metà celesti, volante sul petto l’aquila-marchio realizzata da Cesare Benincasa su incarico del grande presidente, di Famiglia lazialissima, Gian Chiarion Casoni. Il logo ha una duplice versione, grazie a un poligono complesso a sei lati con panoplia bianco-blu-celeste; detto per inciso, la forma dell’esagono non è di quelle che consentono l’inscrizione al suo interno di una stella massonica. Inoltre, da ora in avanti il magico tris bianco-blu-celeste (il bianco e il blu abbinati sono molto usati nei marchi della finanza, esprimendo sicurezza e solidità, il celeste ha un suo "trasporto" spirituale) acquista una sua costante visibilità sui loghi e sulle maglie laziali.

Renzo Nostini
Gian Chiarion Casoni
Il logo dal 1993

Avete mai ballato il valzer? Arriva un momento che vi tocca fare la doppia giravolta completa, stando bene attenti che la vostra compagna (o compagno) non vada giù per le terre. Nel 1987, assieme alla prima maglia acetata (orribile visu) e per mano del presidente Gian Marco Calleri, lo stemma post-bellico riappare. La rivisitazione in chiave grafica, per dar vita al marchio brevettato, lo pone parecchio più in basso, come qualità estetica, rispetto agli emblemi araldici, pregni di messaggi sottesi, del 1945 e 1949. Ma l’aspetto basilare è che le righe del nuovo scudo, ora di tipo sannitico, si mantengono celesti e non azzurre, in accordo con lo statuto modificato. Cinque strisce di cui le due in palo bianche, obliando la tradizione risalente al primo Novecento: quella che ci ricordava la nascita di una Lazio composta da "tutti uguali". Non muta l’aquila, che è sempre la solita spiegata, rivoltata abbassata che volge il capo alla destra dell’osservatore.

Il restyling prosegue senza tregua e ha un upgrade nel 1993, con la super-Lazio di Sergio Cragnotti: l’aquila d’argento posa baldamente su uno scudo francese antico con la campitura celeste e una striscia in palo bianca: sono solo tre le strisce. Notiamo, soprattutto, che negli anni dei trionfi cragnottiani la SS Lazio S.p.A. si premura di adottare il pantone 297C come colore componente il logo coperto da copyright. (Della serie: ora non si può più sbagliare...). La Polisportiva segue prontamente la sua prediletta figlia nel pantone, ma fa di più: registra il vecchio emblema della prima "Podistica" e, nel 2015, lo affianca allo stemma del 1974: un logo "pas de deux" che riesuma l’aquila balleriniana e i suoi valori; tra i quali, senza dubbio, anche quelli "olimpici". Nel 2019 è stato registrato un ulteriore marchio: un bollino bianco, celeste e blu con dentro un Colosseo stilizzato, l’aquila dorata, il titolo e la data di fondazione della Società. Oggi, ogni società/sezione aderente ha il suo logo particolare, e diverse tra loro, ad esempio la SS Lazio Nuoto, mantengono lo scudo classico del dopoguerra, il più "repubblicano": il francese antico a sette strisce di cui le tre in palo bianche; l’aquila, così come le bordature, è tradizionalmente color oro e guarda a mancina.

Per concludere, è giusto sottolineare che una sorta di crociata, volta a favore del recupero del "biancoceleste" non solo sui loghi e sui marchi, sugli emblemi e sulle maglie, ma anche nelle cronache e nel tifo, è stata portata avanti nelle ultime due o tre decadi. Vero è che lo statuto in vigore, approvato dalla Società Sportiva Lazio il 12 luglio del 2012, parla chiaro. Esso recita, all’Art. 2: "I colori dell’Associazione e dei Sodalizi costituenti sono il bianco ed il celeste, propri della bandiera greca, scelti per esaltare lo spirito olimpico dell’Associazione".

Ecco, magari noi di LazioWiki avremmo qualcosina da obiettare sulla seconda parte della proposizione. Ma l’antica Costantinopoli dell’imperatore Giustiniano non c’è più, per cui non è il caso di impiantare qui un concilio per metterci d’accordo sul presunto "olimpismo laziale". Il monito per i più giovani, comunque, resta validissimo. Sempre che noi si vada indietro allo spirito olimpico in auge cento anni or sono ai tempi di Ballerini presidente; o anche solo cinquant’anni fa, quando Olindo Bitetti e Mario Pennacchia offersero la loro bella narrazione, tanto cara ai tifosi della Lazio nello scorrere della Timeline.

Timeline colori e simboli SS Lazio


I Terrapiattisti
Anassagora, Eratostene, Pitagora, Parmenide, pure quel pedante di Platone, Aristotele e poi Plinio il Vecchio, Sant’Agostino, l’Alighieri ne erano certi: la terra è una sfera. Poi intervennero Huyghens, Richer, Newton e ci spiegarono che proprio una palletta la terra non era, bensì un ellissoide. Gli astronauti ci hanno fatto vedere fotografie che solo qualche marziano probabilmente aveva scattato prima di loro e tutti ci siamo convinti che abitiamo su una superficie curva a forma di mela. Tutti? No, non tutti. Ci sono i "terrapiattisti". Coloro che giurano che la terra è una tavola, che il sole dista appena 5000 chilometri e che tutta la scienza precedente e quella attuale sono parte di un complotto; al punto che il loro teorico Charles Kenneth Johnson scrisse un dotto articolo dal titolo "L'idea di un globo rotante è una cospirazione fallace contro la quale Mosè e Colombo si batterono...".

In effetti, il mondo dei terrapiattisti (esiste anche la Società) è un assieme variegato come un gelato all’amarena, in quanto a idee bislacche e teorie fumose. Ci sono quelli che sostengono che le scie lasciate dagli aerei in cielo, normali fenomeni di condensazione, siano irrorazioni chimiche rilasciate a fini complottisti da alcune superpotenze. Altri affermano che l’uomo non sia mai stato sulla luna, che Leonardo fosse un alieno, che i "protocolli dei savi di Sion" fossero mezzi per permettere ai perfidi giudaico-massoni di dominare il mondo. Più o meno dalla metà dell’Ottocento circolano queste organizzazioni, e, guarda un po’, sorsero in America. Ricordiamo di aver letto, da ragazzi, una simpatica novella di Rudyard Kipling: The village that voted the Earth was flat. Un divertissement letterario in cui lo scrittore anglo-indiano dimostra come si possa tranquillamente sfruttare la credulità popolare.

Una caratteristica comune a tutti i terrapiattisti è che non si smontano nemmeno davanti alla prova provata. Niente, intignano. Sono refrattari. I terrapiattisti ci interessano perché pure nella nostra "piccola patria" laziale abbondano e prosperano. E’ vero: prudenza, tolleranza e saggezza vorrebbero che fossero lasciati liberi di credere a ciò che vogliono. Purtroppo, però, costoro instillano le loro convinzioni negli abitanti del villaggio di cui Kipling parla. E il risultato è che elementi storici oramai accertati scendono di rango, divenendo essi stessi oggetto di controversie aleggianti sul tam-tam delle radio e Tv private e dei blog, se non addirittura dichiarati falsi.

E qui LazioWiki, sito enciclopedico che da 13 anni, per primo, si adopera a ricostruire la storia della SS Lazio, artefice dell’aver portato alla luce almeno l’80% di tale storia tramite le 25.000 pagine pubblicate e i 130.000 documenti e fotografie messi a disposizione degli appassionati gratuitamente, noi (i "laziowikiani") che abbiamo pubblicato quattro libri sulla Lazio di grande successo critico e commerciale e collaborato alla redazione di un ulteriore volume di fondamentale importanza per conoscere – alla luce della storiografia più seria – la genesi della Società biancoceleste, noi – si diceva – ci alteriamo. Una alterazione amara, un sentimento delicato da luna che si riflette nel pozzo, un rammarico interiore, intimo. Notturno. Laziale. Ma che è successo di così grave?

Durante una recente trasmissione televisiva imperniata sulla Lazio, un intervistato, dopo aver dottamente spiegato la situazione concernente l’iter del procedimento teso a far assegnare alla Lazio ex aequo col Genoa il sacrosanto titolo di campione d’Italia 1914-15, nelle more affermava, ex abrupto e con inossidabile certezza, che la Lazio, in sostanza per circa un secolo, ha avuto i colori biancoazzurri e non quelli biancocelesti. A molti potrebbe sembrare una questione di lana caprina. Forse a Montale quel bianco-azzurro piacerebbe molto più del bianco-celeste. Ma per chi ha indagato per anni in biblioteche, emeroteche, archivi e istituti di ricerca, per noi che abbiamo sfogliato migliaia di pagine di giornali, libri, opuscoli, e tutto al fine di dimostrare quali fossero i veri colori della Lazio, udire il pressapochismo ci fa cadere letteralmente le braccia.

Dice l’intervistato che la Lazio è biancoceleste perché uno statuto di fine anni ’90 ha deliberato che i colori sociali sono il bianco e il celeste. Tuttavia, aggiunge, la Lazio nasce il 9 gennaio del 1900 e sceglie come bandiera quella greca che era bianca e azzurro chiaro e che prima del campionato 1912/13 la Lazio veniva riportata sui giornali solo per le Sezioni Escursionismo, Podismo e Nuoto e non veniva definita cromaticamente. Poi, dal 1912/13 è stata bianca e azzurra fino alla seconda guerra mondiale e fino agli anni ‘90 la Lazio è sempre bianco azzurra. Fino al 2001 ancora veniva comunemente indicata come biancoazzurra e solo con il nuovo millennio sia diventata biancoceleste.

Vogliamo prendere in considerazione la parte sottolineata. E’ certo che i giornali scrivessero "biancoazzurro" e addirittura "turchino", per indicare le maglie dei calciatori della Lazio; ad esempio, lo scrivono La Capitale Sportiva, L’Italia Sportiva e vari altri giornali. Ma la dizione più comune resta "biancoceleste". Se l’intervistato pone come vincolante la decisione dello statuto di fine millennio per il cambiamento da "biancazzurro" a "biancoceleste", perché mai non ritiene altrettanto vincolante lo statuto approvato nell’assemblea dei soci tenuta all’ex convento dei Cappuccini il 9 aprile 1923, in cui, all’articolo 15, si stabilisce che: I colori sociali sono il bianco e il celeste. Il motto: Concordia parvae res crescunt."? Tale decisione è confermata anche nel contemporaneo Regolamento della società che all’articolo 66 specifica nel dettaglio colori e divise.

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Se poi si desiderassero altre prove, è sufficiente scorrere le pagine de L’Italia Sportiva del 27 settembre 1920, e leggere un breve segmento dell’articolo dedicato all’inaugurazione dello chalet del Circolo Canottieri Lazio, che recita:

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Risibile, poi, è l’assunto dell’intervistato laddove afferma che prima del campionato 1912/13 la Lazio veniva riportata sui giornali solo per le Sezioni Escursionismo, Podismo e Nuoto e non veniva definita cromaticamente. "Ma siamo pazzi?", direbbe Totò. A parte che i giornali trattavano di Calcio e di Lazio quasi quotidianamente, per smentire che non ci siano stati riferimenti cromatici è sufficiente leggere una parte della cronaca del settimanale Roma Sportiva del 4 maggio 1908, relativa al match Naples FC-SP Lazio valido per la Coppa Salsi: "...Alle quattro e pochi minuti l’arbitro, il signor Lau-Esposito, chiama in campo le due squadre. La squadra della Lazio (camicette bianco-celesti) è favorita dalla sorte e il suo capitano, Dos Santos, sceglie il campo: alla squadra del Naples (camicette bleu-celesti), capitano Potts, resta la palla..."

E di che colore erano le sette strisce della prima bandiera sociale donata al presidente Ballerini alla trattoria dell'Olmo il 24 ottobre 1904? Bianche e celesti, naturalmente. Giunti a questo punto, sempre Totò esploderebbe la celebre frase: "Si informi e si convinca!" Tuttavia, dovendo convincere gli increduli, qui offriamo loro altre prove. Con quali colori il grande Santino Ancherani aveva fatto confezionare da sua madre e dalla sorella le camicie da gioco a riquadri per indossarle nella prima partita ufficiale Lazio-Virtus, giocata a piazza d'Armi il 15 maggio 1904? E’ facile: il bianco e il celeste. In un articolo apparso sul Corriere dello Sport nel 1961, il primo centravanti – l’antenato più lontano di Ciro Immobile – spiegava al giornalista Vittorio Finizio la cosa.

Il ritaglio proviene dall'archivio Ancherani


Fu lui, dunque, come ci ha ricordato il libro di Impiglia sulla "Podistica", l’atleta che diede ai compagni i bei colori. La storia della bandiera greca e dell’aggancio alle Olimpiadi fu una versione assai tarda, risalente alla metà degli anni sessanta, operata da Olindo Bitetti per il libro di Mario Pennacchia. Infatti, per quanto noi si sia solcato in lungo e in largo i mari della documentazione critica, archivistica o di emeroteca, mai è uscito fuori alcun accenno all’"olimpismo" genetico della SPL, avanti detta pubblicazione. Forse – come ci ha più volte detto l’amico Marco – l’idea geniale della bandiera greca sopravvenne a Bitetti in rapporto all’inaugurazione del vessillo sociale a rigoni bianchi e celesti, occorsa poco dopo l’avvento alla presidenza di Fortunato Ballerini. Che giusto in quei giorni portava avanti il progetto di allestire a Roma i Giochi Olimpici del 1908. E se c’è qualcuno che ha dato alla Lazio un assetto amatoriale altamente organizzato e lo spirito olimpico pan-culturale che fu del barone Pierre Fredy de Coubertin, costui è stato il grande Ballerini. "Sua Eccellenza", come gli si rivolgevano i pionieri. Crediamo sia inutile continuare, giacché i documenti da mostrare, a sostegno del nostro logos, sarebbero numerosi. E allora, ancora una volta ci viene in soccorso il Principe De Curtis: "Ogni limite ha una pazienza".

A noi di LazioWiki il biancoceleste piace. Ci gusta un chicchero. I primi footballers lo scelsero perché era "delicato e signorile" – come ricordò con tanta emozione e sentimento Santino –, motivo per cui ce lo teniamo ben stretto. Inoltre, resiste da 116 primavere. Ciò detto, rispettando il pensiero democratico di Gorgia, è pure vero che a ogni questione sono applicabili almeno due argomentazioni. Così la terra è rotonda e piatta allo stesso tempo. Ma a ognuno il suo mestiere, per cortesia!

Le "celestiali" maglie dello scudetto 1973/74 accudite e lavate dalla "sora" Gina Ciaschini a Tor di Quinto




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